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| << | < | > | >> |Indice7 Introduzione 13 Capitolo primo - Storia di Eluana Dall'incidente al 2000 La decisione del padre Medicina contro diritto Laici e cattolici Dal 2001 al 2004 Terri, Eluana e Alessandro Dal 2006 al 2007: un nuovo processo Una svolta: la sentenza della Cassazione del 2007 La sentenza del 2008 Verso la conclusione: il ricorso della Procura di Milano 42 Capitolo secondo - Controversie generati Eutanasia: non è solo una questione di significato Vita e morte nell'epoca del progresso tecnico Piergiorgio Welby e l'esperienza della propria morte La posizione di Eluana e la sua ricostruzione Differenze tra cattolici Possibili strategie di accordo Stato vegetativo e coscienza 62 Capitolo terzo - Il discorso medico Etica e medicina Etica e linguaggio medico La medicina come discorso integrale Lo stato vegetativo persistente: Eluana secondo il suo medico Controversie e distorsioni Il dibattito scientifico 84 Capitolo quarto - Il discorso giuridico Un conflitto tra medicina e diritto Il caso olandese Il quadro europeo Medicina contro diritto 102 Capitolo quinto - Il discorso giornalistico Il ruolo dell'opinione pubblica La polemica come guerra Il nemico Stratagemmi giornalistici 121 Capitolo sesto - Il discorso cattolico La fine della vita Quale testamento biologico e per chi? Un dibattito tra cattolici 134 Conclusioni - È possibiòe un accordo? 139 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 7Introduzione
Nel momento in cui terminavo il volume, la vicenda terrena di
Eluana, per tanti anni sospesa tra la vita e la morte, è giunta a
conclusione. Per mesi ho scritto di lei al tempo presente, e ho
deciso di mantenere il libro così. È un modo per ricordare lei e le
circa tremila persone che in Italia ancora versano in stato vegetativo
permanente.
Questo libro è dedicato a Eluana Englaro, un ragazza in stato vegetativo dal 1992. Intendo ricostruire a grandi linee la sua vicenda personale e quella della sua famiglia. Due problemi mi interessano: la tormentata vicenda giuridica che, dopo dieci anni e innumerevoli ricorsi, ha portato alla sentenza della Corte di Appello di Milano e all'interruzione del sostegno vitale alla ragazza; il dibattito sui giornali, le strumentalizzazioni delle opposte posizioni e il mutamento dell'opinione pubblica intorno alle decisioni che riguardano la fine della vita in casi simili.
Mi sono affidato agli archivi elettronici di «la Repubblica», del
«Corriere della Sera» e dell'«Avvenire» per ricostruire l'intera
vicenda dal suo primo apparire sui quotidiani nazionali, e in
particolare il dibattito seguito alla sentenza del tribunale di
Appello di Milano del mese di luglio 2008, nodo di svolta per
la vicenda dei malati in stato vegetativo persistente in Italia.
Ho tentato di evidenziarne le controversie etiche, politiche,
giuridiche.
Fallimenti
Soprattutto, il libro riguarda una serie di fallimenti. Vi è in primo
luogo il fallimento della medicina, che in questo caso si è rivelata incapace di
perseguire il suo scopo morale: curare o, quando
non è possibile, alleviare le sofferenze del paziente. Abbiamo poi
un fallimento giuridico, laddove il diritto entra in conflitto con le
decisioni mediche che riguardano la fine della vita. Un terzo fallimento è di
natura politica, poiché in tutti questi anni non si è
pervenuti a nessun tipo di regolamentazione che riconcili diritto,
medicina e opinione pubblica. Dietro questo fallimento ve n'è
uno filosofico e morale che coinvolge tanto i laici quanto i cattolici, incapaci
di fornire risposte convincenti e condivise rispetto alla
definizione stessa di vita umana,
e che anzi hanno permesso
un'ideologizzazione del dibattito tesa non all'accordo ma alla
manipolazione dell'opinione pubblica. In Italia, un numero stimato tra 2.800 e
3.360 persone in stato vegetativo sta pagando fallimenti altrui sulla propria
pelle.
Confronti
In quanto autore è mia responsabilità dichiararmi laico; non è
però mia intenzione intervenire nella contrapposizione
laici contro cattolici.
Essa è fuorviante rispetto ai conflitti reali che ho riscontrato in questo caso.
Per provare tutto questo, confronterò
la vicenda di Eluana con quella dell'americana Terri Schiavo; esaminerò il caso
di Diane Pretty, che aiuta a comprendere le scelte
dell'Europa rispetto alla fine della vita; ancora, il processo di legalizzazione
dell'eutanasia in Olanda e in Belgio, che ha anticipato alcune discussioni di
questi anni in Italia.
Complessità e semplificazioni
Il dibattito che ha più spazio sui mezzi di informazione non riguarda laici
e cattolici: coinvolge semmai
laicisti
e
cattolicisti.
Esistono molte posizioni culturali rispetto a problemi tra loro
molto diversi: l'origine e la fine della vita; la sperimentazione genetica; il
rapporto tra scienza ed etica; il tema del controllo sociale sulla ricerca. Alla
luce dei molti giudizi su questi temi, si
può dire che esistano cattolici che condividono il punto di vista
laico e viceversa; non solo: è impossibile affermare che esista
un'unica posizione laica o un'unica posizione cattolica. Dunque
vanno spiegati i motivi di una tale estrema banalizzazione e dell'impoverimento
del dibattito. Partendo dalla constatazione sociologica per cui il conflitto
avviene inevitabilmente tra due parti
nonostante la ricchezza delle posizioni, la domanda è: perché
proprio queste due? Molte possono essere le cause dell'opposizione
laicisti contro cattolicisti.
Alcune non paiono avere attinenza con la vicenda di Eluana Englaro, e sono
piuttosto frutto di un tentativo di formare un consenso politico per la propria
parte, o del conflitto per il monopolio delle coscienze, degli interessi
economici e professionali in gioco.
La tecnica e il nostro rapporto con la vita La sentenza Englaro è una buona occasione per chiedersi come sia cambiato il nostro rapporto con la morte. Un tempo la morte era esperita come parte della vita quotidiana. Solo una frazione dei bimbi nati poteva arrivare in età adulta. Oggi, se un bambino muore alla nascita i genitori denunciano il medico. Emozioni a parte, molti di noi hanno della medicina l'idea di una scienza infallibile, o di una forma di magia che fa tornare a posto le cose. Le pratiche mediche hanno cambiato la morte: essa non è più un fenomeno puntuale, ma durativo, progressivo e, in alcuni casi, indefinitamente dilatato nel tempo. Questo è ciò che è accaduto a Eluana Englaro: la natura, fosse stato per lei, l'avrebbe resa morta tempo fa, la cultura l'ha trattenuta in stato vegetativo persistente. Una cultura medica tutt'altro che infallibile, che in casi simili può rimandare la morte ma non richiamare alla vita. Wojtyla, che pure era contrario all'eutanasia, scriveva: La rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia; esprime piuttosto l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte (Wojtyla 1995, p. 98). Il problema suscitato da Wojtyla è ineludibile: la nostra cultura attuale sembra negare ostinatamente che la morte sia una parte normale della vita perfino da un punto di vista tecnico, impedendo che i nostri cari se ne vadano naturalmente a forza di tubi, sonde e tracheotomie.
A margine, notiamo un paradosso: le posizioni morali che, in linea con la
tradizione, definiscono la vita in relazione alla natura sono anche quelle meno
interessate all'attuale fallimento
della tecnica, che tiene in sospeso la vita in modo assolutamente innaturale.
D'altro canto, le posizioni cosiddette laiche
non si pongono o quasi il problema del rispetto del fine etico
della medicina e della tutela del suo buon funzionamento.
Dalla legge olandese sull'eutanasia alla legislazione inglese sul
suicidio, vedremo molti casi in cui una morale giuridica perfettamente laica
confligge con le scelte di fine vita perfino quando intende favorirle.
Il metodo Questo libro denuncerà tutti i casi in cui il dibattito è evidentemente finalizzato al conflitto e non all'accordo. Si tratta di casi in cui l'interlocutore di idee contrarie è costantemente delegittimato, o lo è un'intera disciplina, o in cui si ricorre a sofismi o ad argomenti illogici, come il confronto strumentale con altre storie di altri pazienti, per suggerire analogie inesistenti. La mia disciplina, la semiotica, aiuterà a indagare i motivi per cui nei mezzi di comunicazione di massa l'esempio retorico e la narrazione prevalgono su un'informazione corretta. Ma quand'anche la volontà di scontro venisse messa tra parentesi per favorire il dialogo, questo non sarebbe affatto semplice: intorno alla definizione più generale di vita, di terapia, di eutanasia esistono disaccordi reali generati da disaccordi sui nostri valori più profondi. La semiotica può essere utile anche qui, nell'individuare e descrivere esattamente tali opposizioni per favorire il dibattito.
Nell'interesse del lettore, il volume conterrà solo i risultati delle
analisi esposti in modo il più possibile chiaro e semplice, evitando il ricorso
alla terminologia tecnica più ostica. Tuttavia, nel
semplificare la lingua, mi sforzerò di evitare ogni banalizzazione.
È possibile un accordo?
Forse non soddisferà tutte le parti in causa, ma un accordo è
possibile, scegliendo una strategia che parta da alcuni postulati
comuni. Uno di questi, il più importante e trascurato, è il riconoscimento di
uno spessore etico autonomo della medicina: preservare tale etica è necessario
al funzionamento della medicina
stessa. Al contrario, va bandita ogni interferenza politica, morale
o giuridica, di matrice tanto laica quanto cattolica, che porti alla
pratica tristemente nota come
medicina difensiva:
essa si ha ogni volta che il medico prende una decisione non finalizzata alla
cura o ad alleviare le sofferenze, ma per tutelare se stesso di
fronte alla legge o – aggiungiamo – alle strutture sociali di cui è
parte e da cui dipendono carriera e futuro.
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