Copertina
Autore Maurizio Gasperini
Titolo L'universo prima del Big Bang
SottotitoloCosmologia e teoria delle stringhe
EdizioneMuzzio, Roma, 2002 , pag. 200, dim. 140x210x12mm , Isbn 978-88-7413-052-8
LettorePiergiorgio Siena, 2003
Classe fisica , cosmologia , inizio-fine
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Indice

    Premessa e ringraziamenti 7

1.  Introduzione 11
2.  La relatività generale e la cosmologia standard 29
3.  L’universo primordiale e la cosmologia di stringa 45
4.  La teoria delle stringhe 63
5.  L’inflazione e l’inizio dell’universo 77
6.  Il fondo cosmico di radiazione gravitazionale 95
7.  Altri resti fossili dell’universo primordiale 127
8.  La cosmologia quantistica 145
9.  Il futuro del nostro universo 157
10. Recenti sviluppi: la cosmologia delle membrane 175
11. Conclusione 191

    Bibliografia 196

 

 

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Pagina 45

3. L’universo primordiale e la cosmologia di stringa


Leggendo l’introduzione, ci sono senz’altro varie domande che sono sorte spontanee, e sono rimaste senza risposta. Per esempio: perché lo scenario che abbiamo chiamato pre-big bang è nato nel contesto della teoria delle stringhe, e non nel contesto della cosmologia classica basata sulle equazioni di Einstein? E che cos’è la teoria delle stringhe?

Per una risposta alla seconda domanda rimandiamo il lettore al capitolo successivo. Per quel che riguarda invece la prima domanda, le motivazioni (che ora discuteremo) sono molteplici, ma si può forse dire che la motivazione fondamentale riguarda le simmetrie che sono presenti nella teoria delle stringhe, e non sono presenti invece in quella di Einstein.

Prendiamo infatti la relatività generale. Come tutte le teorie della fisica classica, essa gode di una importante proprietà di simmetria temporale, secondo la quale tutti i processi descritti dalla teoria sono invarianti per inversione del tempo (purché ovviamente ciò non sia in contrasto con le leggi della causalità relativistica). Questo significa, ad esempio, che se c’è una soluzione delle equazioni che descrive una particella che si muove con velocità costante da sinistra verso destra, deve allora esistere una soluzione che descrive lo stesso processo visto andando indietro nel tempo, ovvero che descrive una particella identica, che si muove con velocità identica, ma che si muove da destra verso sinistra.

Ancora, se c’è una soluzione che descrive una particella che decelera, andando da sinistra verso destra, deve esistere la soluzione che descrive la stessa particella che accelera, andando da destra verso sinistra. E così via. In altri termini, la teoria deve funzionare come un video-tape che ci permette di visionare le immagini registrate, facendole scorrere sia in avanti che all’indietro.

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Pagina 53

[...] Sotto tale ipotesi l’universo attuale, che è caratterizzato da una geometria molto piatta, e da una densità ed una temperatura in media bassissime rispetto agli standard macroscopici, dovrebbe avere nel lontano passato una controparte duale simile allo stato presente, e quindi dovrebbe aver attraversato un regime molto piatto, vuoto e freddo che, andando indietro nel tempo, tende a diventare sempre più piatto e vuoto sino ad identificarsi, asintoticamente, con lo stato chiamato il "vuoto perturbativo" della teoria di stringa. Nella fase iniziale, che possiamo identificare con la fase precedente al big bang, la crescita della curvatura ha portato l’universo verso uno stato sempre più curvo, sempre più denso, finché la radiazione prodotta a livello microscopico è diventata dominante, ovvero si è innescata l’esplosione primordiale di energia e materia (il big bang) che ha finalmente portato l’universo alla fase attuale di curvatura decrescente.

Per essere auto-duale è però essenziale, come abbiamo già detto, che l’evoluzione della geometria sia associata anche ad un’evoluzione del campo dilatonico presente nelle teorie di stringa. Attualmente la forza gravitazionale ha un’intensità costante, fissata dalla costante di Newton G, e quindi il dilatone, che ne determina l’intensità, deve essere costante. Nello stato che rappresenta la controparte duale di quello presente, ovvero nella fase di pre-big bang, il dilatone risulta invece crescente nel tempo, e descrive una costante d’accoppiamento gravitazionale in evoluzione: il valore odierno della costante di Newton viene dunque raggiunto partendo da un valore iniziale pressoché nullo, come mostrato nella figura 8. Questo aspetto delle soluzioni duali ha un’altra conseguenza importante, visto che nei modelli fisici tendenti ad una descrizione unificata di tutte le forze della natura, e basati sulla teorie delle stringhe, il dilatone deve determinare non solo il valore della costante di Newton, ma anche le costanti di accoppiamento delle altre forze. Si ottiene dunque, come conseguenza della dualità, che nello stato iniziale dell’universo tutte le costanti di accoppiamento tendono a zero, ovvero tutte le forze e tutte le interazioni tendono ad essere infinitamente soppresse.

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Pagina 87

Secondo questa rappresentazione della fase iniziale, precedente al big bang, il nostro universo potrebbe allora generarsi da questo collasso, e corrispondere dunque ad una porzione di spazio all’interno di uno di questi buchi neri. Nel modello cinematico più semplice, affiché il collasso porti alla formazione di un universo con caratteristiche simili a quelle attuali, si può calcolare che il buco nero iniziale deve avere almeno le dimensioni di un nucleo atomico (10^-13) centimetri), al momento della sua formazione. Se usiamo la metrica della relatività generale, che descrive una contrazione, queste dimensioni iniziali diventano sempre più piccole, e l’universo sempre più compatto. Nella rappresentazione in cui la metrica durante la fase di pre-big bang si espande — e cioè nella metrica sentita dalle stringhe — queste dimensioni, anziché contrarsi fino a dare un punto, si dilatano invece in modo inflazionario, a causa della crescita del dilatone. Al momento in cui il raggio di curvatura raggiunge il minimo permesso, Ls, e la fase di pre-big bang presumibilmente finisce, le dimensioni dello spazio all’interno del buco nero sono passate dai 10^-13 centimetri iniziali a poco meno di un millimetro, che sono appunto le dimensioni richieste affinché, con un’evoluzione di tipo standard, si riproduca il nostro universo attuale.

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Pagina 157

9. Il futuro del nostro universo


Uno degli aspetti senz’altro più affascinanti dei modelli cosmologici, oltre alla loro capacità di descrivere in modo accurato lo stato presente dell’universo, e di ricostruirne la storia passata, è la possibilità di fare anche previsioni per l’evoluzione futura. Tali previsioni, naturalmente, sono tanto più accurate ed affidabili quanto più è accurata la conoscenza dello stato attuale. Con l’aumentare delle osservazioni, e della loro precisione sperimentale, la nostra conoscenza dell’universo attuale è soggetta ad una revisione e ad un aggiornamento continui e, di conseguenza, anche le previsioni per il futuro ne risentono, dovendo spesso essere riviste e perfezionate.

In questo capitolo vogliamo concentrarci su quella che può senz’altro considerarsi una delle più grosse scoperte di fine secolo (del XX secolo, ovviamente), che ha rivoluzionato una visione consolidata da tempo e tutte le nostre aspettative più abituali sul futuro dell’universo: l’espansione dell’universo, anziché lentamente rallentare come vorrebbe il modello cosmologico standard, sta accelerando!

Per spiegare bene la portata "dirompente" di questa scoperta, ed il sottile legame che potrebbe esserci tra questa accelerazione e la cosmologia del pre-big bang che abbiamo illustrato nei capitoli precedenti, andiamo per gradi, e cominciamo col ricordare che il modello cosmologico standard ci fornisce, tramite le equazioni della relatività generale, una descrizione geometrica molto precisa dell’universo attuale. Va detto, per inciso, che la teoria della relatività generale è certamente valida e corretta per applicazioni cosmologiche che descrivono geometrie con curvatura molto bassa rispetto a quella di Planck (come nel caso dell’universo attuale), perché in tal caso le eventuali correzioni dovute ad effetti quantistici diventano irrilevanti. pag 191

11. Conclusione


Il messaggio centrale che speriamo di aver trasmesso al lettore, con questo libro, è che non ci sono dati osservativi ed argomenti teorici inoppugnabili per credere che il big bang rappresenti l’istante iniziale dell’universo, e che prima di questa esplosione non ci fosse nulla. Al contrario, ci sono seri motivi basati sui recenti sviluppi della fisica teorica per pensare diversamente, nonché validi strumenti scientifici che ci permettono di investigare e di ricostruire, in linea di principio, la storia dell’universo in epoche precedenti al big bang, e che ci permettono (già da oggi, e ancora meglio nell’immediato futuro) di sottoporre questa ricostruzione ad una efficace verifica sperimentale.

I dettagli, cinematici e dinamici, di questa fase cosmologica iniziale precedente al big bang sono al momento ancora piuttosto incerti. Ci sono vari modelli, varie ipotesi, e molte possibilità restano ancora inesplorate. La situazione certamente diventerà più chiara dopo il lavoro degli astrofisici teorici e sperimentali dei prossimi decenni. Ciò che sembra chiaro fin da ora, però, è che il big bang potrebbe perdere il suo ruolo quasi mistico di "istante iniziale del tutto" per assumere quello meno altisonante di «istante iniziale della fase attuale dell’universo», ovvero dell’universo nella forma in cui lo conosciamo, fatto di radiazione, materia, atomi, galassie e uomini. Resterebbe comunque un momento molto importante della storia dell’universo, senza il quale non avrebbe fatto la sua comparsa la vita nella forma quale noi conosciamo.

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