Copertina
Autore Anna Gavalda
Titolo Io l'amavo
EdizioneFrassinelli, Milano, 2003, Narrativa 246 , pag. 146, dim. 140x210x13 mm , Isbn 978-88-7684-737-0
OriginaleJe l'aimais [2002]
TraduttoreSilvia Ballestra
LettoreElisabetta Cavalli, 2003
Classe narrativa francese
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Pagina 1

«Che dici?»

«Dico che le accompagno. Gli farà bene andare via , per un po ...»

«Ma quando?» ha chiesto mia suocera.

«Adesso.»

«Adesso? Non credi che...»

«Credo.»

«Insomma, ma che vuol dire? Sono quasi le undici! Pierre, tu...»

«Suzanne, sto parlando con Chloé, Chloé, ascolta. Ho pensato di portarvi via di qui. Ti va?»

«...»

«Pensi che sia una cattiva idea?»

«Non lo so.»

«Vai a prendere le tue cose. Partiremo appena torni.»

«Non mi va di passare a casa.»

«Allora non andarci. Ci arrangeremo lo stesso.»

«Ma lei non...»

«Chloé, Chloé, per favore... Lasciami fare.»

Mia suocera protestò ancora: «Ma insomma! Almeno non svegliate le bambine! La casa non è nemmeno riscaldata! Non c'è niente là! Non c'è niente per loro. Loro...»

Lui si era alzato in piedi.


Marion dorme sul suo seggiolino, il pollice appoggiato alle labbra. Lucie, accanto, è raggomitolata su se stessa.

Guardo mio suocero. È bello dritto. Le mani strette al volante. Non ha detto una parola da quando siamo partiti. Vedo il suo profilo quando incrociamo i fari di un'altra macchina. Credo che sia infelice quanto me. Che sia stanco. Che sia deluso.

Si accorge del mio sguardo: «Perché non dormi un po'? Dovresti dormire, sai, dovresti abbassare il sedile e dormire. La strada è ancora lunga...»

«Non posso», gli ho risposto, «veglio su di lei.»

Mi sorride. Appena un sorriso.

«No... tocca a me.»

E ripiombiamo nei nostri pensieri.

Piango con le mani sul viso.

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Pagina 57

«Non avrei dovuto parlarti di queste cose...»

«Sì, sì. Sono anche i miei ricordi... Bisogna solo che mi ci abitui un po'. Non so se se ne rende del tutto conto ma la situazione, per me, è nuovissima... Quindici giorni fa ero ancora una madre di famiglia, moglie devota. Nella metropolitana sfogliavo l'agenda per organizzare le cene e mi limavo le unghie pensando alle vacanze. Mi chiedevo: 'Le bambine le portiamo o andiamo noi due da soli?' Capito, che dilemmi...

Mi dicevo pure: 'Dovremmo cercare un altro appartamento, questo va bene ma è troppo buio...' Aspettavo che Adrien fosse più tranquillo per parlargliene perché vedevo che negli ultimi tempi non era proprio al massimo... Nervoso, suscettibile, stanco... Mi preoccupavo per lui, mi dicevo: 'Me lo ammazzano in quell'ufficio di pazzi, che cavolo di orari fanno?'»

Lui s'era girato verso il fuoco.


«Moglie devota ma non astutissima, eh?

Lo aspettavo per cenare. Aspettavo ore. Tante volte capitava che nell'attesa mi addormentassi... Alla fine rientrava, la faccia sfatta e la coda fra le zampe. Mi dirigevo verso la cucina stirandomi. Mi mettevo in moto. Non aveva fame, certo, aveva la decenza di farsi passare l'appetito. Può essere che spiluccassero prima? Può essere...

Quanto doveva costargli sedersi di fronte a me! Come dovevo essere stucchevole con la mia solita allegria e i miei romanzi a puntate sulla vita della piazzetta Firmin-Gédon. Che supplizio per lui, a pensarci... A Lucie è caduto un dente, mia madre non sta bene, la ragazza alla pari polacca del piccolo Arthur esce con il figlio della vicina, stamattina ho finito il mio marmo, Marion s'è tagliata i capelli in un modo terribile, la maestra vuole degli imballaggi per uova, hai l'aria provata, prenditi una giornata di ferie, dammi la mano, vuoi altri spinaci? Poveretto... Che supplizio per un uomo infedele ma scrupoloso. Che strazio... Ma non mi accorgevo di niente. Non mi sono accorta di niente, capisce? Come si può essere così ciechi? Come? Un po' perché ero totalmente deficiente, un po' perché avevo una fiducia assoluta. È la stessa cosa, evidentemente...»

Scivolai all'indietro.

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Pagina 107

«E quando ho ripreso l'aereo, per la prima volta in vita mia, non ho avuto paura. Mi dicevo: può esplodere, può cascare come un sasso e schiantarsi, non è grave.»

«Perché si diceva ciò?»

«Perché?»

«Ah, be'... Io mi sarei detta il contrario... Mi sarei detta: 'Adesso so davvero perché ho paura e questo cazzo di aereo non deve cadere!'»

«Sì, hai ragione. Sarebbe stato più furbo... Ma ecco che arriviamo al cuore del problema, io non mi dicevo questo. Anzi, speravo quasi che cadesse... Così la mia vita si sarebbe risolta...»

«Aveva finalmente incontrato la donna della sua vita e prendeva in considerazione l'idea di morire?»

«Non ho detto che volevo morire!»

«No, neanche io ho detto questo. Ho detto che 'prendeva in considerazione l'idea' di morire...»

«Io credo di avere presente quest'idea tutti i giorni, tu no?»

«No.»


«Pensi che la tua vita valga qualcosa?»

«Eh... Sì... Un po' almeno... E poi ci sono le bambine...»

«È un buon motivo.»

Era riaffondato nella poltrona e il suo viso era di nuovo sparito.

«Sì. Sono d'accordo con te, era assurdo. Ma ero stato così felice. Così felice... Ero attratto e pure un poco spaventato. Era normale essere così felici? Era giusto? Che prezzo avrei pagato per tutto questo?

Perché... Dipende dal peso dell'educazione o dell'istruzione dei preti? Era il mio carattere? Non sapevo che cosa pensare ma quello che è certo è che mi sono sempre paragonato a una bestia da soma. Il morso, le redini, i paraocchi, la stanga, il vomere, il giogo, la carretta, il solco... Tutto questo folklore... Da quando sono giovane, cammino per strada a testa bassa e guardo fisso per terra come se fosse una crosta da spaccare, una scorza troppo secca.

Il matrimonio, la famiglia, il lavoro, i meandri della vita sociale, tutto. Ho attraversato tutto a testa bassa e mascelle serrate. Tutto imparato con diffidenza. D'altronde sono, insomma ero, bravo a giocare a squash e non è un caso; mi piaceva sentirmi chiuso in uno spazio troppo piccolo e battere il più forte possibile una palla che mi tornasse fra le braccia come un colpo di cannone. Lo adoravo.

'Tu ami lo squash e io il jokari, ecco cosa...' aveva riassunto Mathilde una sera mentre mi massaggiava una spalla dolorante. Era stata in silenzio per un attimo e poi aveva aggiunto: 'Dovresti riflettere su quello che ho appena detto, non è una sciocchezza totale. Le persone che sono rigide dentro ricevono dei contraccolpi nella vita facendosi sempre male, mentre le persone che sono molli... no, non molli, ma piuttosto tenere, ecco, è così, tenere dentro, ebbene quando ricevono dei colpi soffrono meno... Credo che dovresti cominciare a giocare al jokari, è molto più divertente.

Non ho raccolto e lei ha continuato a massaggiare in silenzio.»

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