Copertina
Autore Michael D. Gershon
Titolo Il secondo cervello
EdizioneUTET Libreria, Torino, 2006, Frontiere , pag. 424, ill., cop.fle., dim. 148x230x25 mm , Isbn 978-88-02-07231-9
OriginaleThe Second Brain: a groundbreaking new understanding of nervous disorders of the stomach and intestine [1998]
TraduttoreSilvia Currò, Claudio Porcellana, Antonella Ricagno, Ornella Vecchio
LettoreCorrado Leonardo, 2006
Classe biologia , medicina , scienze cognitive
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice

 VII Presentazione di Umberto Solimene
XIII Ringraziamenti
XVII Prefazione

    PARTE PRIMA
    Le conquiste iniziali

  5  1. La scoperta del secondo cervello
 12  2. Il sistema nervoso autonomo e la storia
        della neurotrasmissione chirurgica
 47  3. La svolta
 73  4. Il workshop

    PARTE SECONDA
    Diario di viaggio

107  5. Dietro i denti: il territorio di caccia
        della pirosi e dell'ulcera
148  6. Avanti e in basso
189  7. La fine non arriva mai
231  8. Un cattivo intestino

    PARTE TERZA
    Il secondo cervello: origine e disturbi

249  9. Il sistema nervoso enterico oggi
310 10. Gli immigrati e il colon dei quartieri bassi
361 11. La destinazione è tutto!
402 12. Lo stato dell'intestino

411 Nota conclusiva
415 Indice analitico


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina VII

Presentazione


Secondo cervello, una nuova concezione dell'uomo

Il Prof. Gershon ci presenta una rivoluzione copernicana nella concezione dell'organismo umano: la visione del corpo dominato dalla mente lascia il posto a una visione integrata, dove l'intestino è un secondo cervello. La caduta dell'impero retto dal cervello unico sovrano apre la via a un sistema pluricentrico. La storia di questa scoperta è anche la conferma di alcune conoscenze tradizionali: l'affermazione neurobiologica della stretta connessione tra mente e corpo, in particolare tra cervello e intestino.

Nella storia della medicina moderna, l'intestino per molto tempo è stato considerato una struttura periferica dell'organismo, deputata a svolgere funzioni se non marginali, sicuramente secondarie rispetto a più nobili attività svolte da altri organi quali il cervello e il cuore.

La radice di questo pregiudizio è rintracciabile nell'antica idea platonica del corpo visto come composto dal soma — il corpo inerte del morto — vivificato dalla psiche — l' anima — che conferisce vita e intelligenza al tutto. Più tardi Cartesio si sentirà in obbligo di sottolineare la predominanza di una res cogitans deputata a controllare e dirigere la passiva res extensa, inerte. Nel corso della storia della medicina, in questa visione che assegna al corpo il ruolo di passivo esecutore di ordini impartiti dall'alto, nel ruolo di imperatore si alterneranno differenti organi. I principali coordinatori dell'organismo saranno essenzialmente due: cuore e cervello. L'intestino non sarà mai coinvolto in queste guerre di palazzo e nei secoli resterà relegato nell'oscuro ruolo di cloaca dei palazzi imperiali. Solo la medicina cinese azzarderà una sua promozione a Ministro delle Dismissioni, ma ciò non lo avvicinerà di un passo a quella stanza dei bottoni da cui gli organi imperatori coordinano le attività funzionali dell'intero organismo. È pur vero che in questo lungo periodo le menti più eccelse avevano dovuto constatare come le più nobili passioni o le idee più audaci potessero essere ridotte al nulla da banali mal di pancia. Come afferma Gershon, «Nessuno riesce a pensare seriamente se la sua mente è concentrata sulla toilette». Tuttavia queste insurrezioni coliche non avevano mai dato origine a riflessioni serie sui rapporti intercorrenti tra cuore, mente, cervello e intestino.

La scoperta dell'intestino «sede indipendente di integrazione ed elaborazione neurale» costituisce, quindi, un'importante innovazione, che ha rilevanti implicazioni a livello della valutazione delle relazioni organismo/intestino, ma anche, e soprattutto, a livello di un mutamento di concezione della struttura dell'uomo, di cui probabilmente siamo solo agli albori. Ma non basta. Le importanti scoperte di Gershon portano a intravedere nell'intestino non un regno oscuro e caotico, contrapposto all'impero chiaro e ordinato del cervello, bensì un altro ordine, un altro tipo di strutturazione, non per questo barbara. Fornisce gli elementi di base per capire come l'attività dell'imperatore, cuore o cervello che sia, venga condizionata dagli influssi di questo regno periferico, non meno di quanto essa condizioni la vita e il funzionamento dell'intestino stesso. In questo senso, uno dei meriti principali dell'autore è proprio la sua capacità di far emergere con chiarezza come l'uomo non possa essere paragonato a una macchina o a un robot perché, in realtà, è una struttura complessa, ove tutte le parti, in costante contatto tra loro, contribuiscono in maniera paritetica allo sviluppo e al mantenimento dell'unità dell'essere, nella salute come nella malattia.


Visioni del mondo e struttura integrata dell'organismo

Per lungo tempo, la funzione di imperatore dell'organismo è stata occupata dal cuore. Il cuore palpitante, trasalente, in gola, in procinto di uscire dalle orbite sotto le varie spinte emotive per le sue strette relazioni con la vita emozionale dell'uomo, è stato, per lungo tempo, considerato il custode e l'ordinatore della vita emotiva, nonché di quella vegetativa, trasmessa a tutto l'organismo attraverso il sangue. In seguito, è stato il cervello che, con le sue strette e infinite connessioni, ha ricoperto il ruolo di monarca, in grado di comandare, coordinare e dirigere tutta la vita emozionale, affettiva, cognitiva e somatica dell'uomo. E il cervello, divenuto la casa del pensiero assoluto, è stato ritenuto in grado non solo di coordinare la vita biologica dell'organismo, ma di produrre tutta la vita interiore tipica dell'uomo dando una salda base biologica alla nozione di anima. In breve, la cartesiana metafora della res cogitans e della res extensa trova nel binomio cervello/corpo la sua espressione più organica e, per così dire, la sua dimostrazione.

Tuttavia, è indubbio che il mondo stia marciando, nella sua globalità, verso ordinamenti democratici, in cui i centri di potere si moltiplicano diventando più d'uno, in costante confronto e cooperazione tra loro. Gli studi e le scoperte scientifiche degli ultimi vent'anni sembrano mostrare un trend analogo per quanto riguarda il corpo umano. È così che l'organismo è visto come composto da più centri integrati tra loro, strutturati per comporre l'unità del corpo umano. Al momento attuale la psico-neuro-immuno-endocrinologia costituisce la disciplina che meglio descrive questa molteplice e integrata rete di comando.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina XVII

Prefazione


Gli esseri umani sono un gruppo egocentrico. L'evoluzione — o, da un punto di vista fondamentalista, la creazione — è considerata una storia a lieto fine. Il culmine di tale processo sarebbe la produzione della specie suprema, l'unica a immagine di Dio. Poiché ci consideriamo speciali, qualsiasi cosa limiti la centralità della condizione umana è inevitabilmente guardata con sospetto, se non con vera e propria ostilità. Copernico e Galileo non ricevettero certo il consenso dei loro contemporanei quando avanzarono l'idea che il sole, le stelle e i pianeti avrebbero anche potuto non girare attorno alla Terra. Ciò succedeva perché gli esseri umani vivono sulla Terra. Sembrava completamente irragionevole credere che Dio avesse collocato la specie suprema su un pianeta fuorimano in una galassia di terz'ordine. Negare la centralità della posizione umana equivale a negare Dio, un'impresa che non si intraprende mai senza correre dei rischi.

La scienza interferisce spesso con l'immagine che il genere umano ha di se stesso. Le sue osservazioni non si curano del loro potenziale impatto sui sentimenti umani. La Natura è la Natura. Non sono gli scienziati a produrre o inventare i princìpi, essi semplicemente li scoprono. Pertanto, si tratta di una professione tediosa. La scienza non è creativa come, per esempio, l'arte. Un artista produce un'opera, uno scienziato osserva semplicemente i fatti e li comunica. Per uno scienziato, la felicità è aver ragione; per un artista, la felicità è essere bello, stravagante e creativo. La natura laboriosa della loro professione spesso è, per gli scienziati, causa di dolore. Seguono i loro sentieri di scoperta a prescindere da dove questi conducano, e a volte la destinazione sono i problemi.

Considerate il modesto intestino e il suo sistema nervoso. I visceri non sono certo il genere di organo che fa battere il cuore. Nessun poeta scriverebbe mai un'ode all'intestino. A esser sinceri, l'opinione generale è che il colon sia una parte ripugnante dell'anatomia. La sua forma è nauseante, il suo contenuto disgustante e ha un cattivo odore. L'intestino è una cosa primitiva, viscida e simile a un serpente. Il suo corpo giace attorcigliato nella pancia e quando si muove striscia. Per farla breve, l'intestino è spregevole e abietto, diversamente dal cervello, dal quale affiorano pensieri saggi. L'intestino è decisamente un organo che soltanto uno scienziato potrebbe amare. E io sono uno di quelli.

In realtà, sono un neurobiologo. La maggior parte dei miei colleghi studia il cervello. Pochi si occupano di fare ricerca sul midollo spinale o sui «modelli», i sistemi nervosi di animali più primitivi, e sperano che ciò li aiuterà a comprendere come funziona il cervello. Sono più che rari quelli di noi i cui percorsi di scoperta hanno condotto all'intestino. Siamo un po' sul versante comune dell'eccezionale. Ho fatto l'abitudine, ai meeting della Società di Neuroscienze, a essere considerato l'ultima moda della casa. Fino a una recente rivoluzione, che ha portato all'istituzione del nuovo campo della neurogastroenterologia, il sistema nervoso intestinale non era considerato una cosa da prendere sul serio. E io ne soffrivo.

Tuttavia, eccomi qua, un neurobiologo che ha dedicato tutta la sua carriera alla parte del sistema nervoso che comanda i visceri. Il mio percorso verso l'intestino è stato tortuoso. È iniziato anni fa, nel 1958, quando studiavo alla Cornell. Frequentavo un corso sulla neurobiologia del comportamento e iniziai a interessarmi a ciò che era, a quei tempi, una sostanza chimica del corpo appena scoperta, la serotonina. La serotonina aveva suscitato un grande interesse all'epoca, perché si era appena scoperto che l'LSD era in grado di bloccare la capacità della serotonina di contrarre l'utero di un ratto. Ora, prima che iniziate a ridere e liquidiate l'osservazione come il genere di cosa che turberebbe un professore di qualcosa, o altro, ricordate che era l'epoca di Timothy Leary. Gli effetti psicotropi dell'LSD e le allucinazioni che esso provoca erano grandi notizie. Si sapeva che la serotonina era presente nel cervello. Se l'LSD poteva bloccare l'azione della serotonina sull'utero di un ratto, pensava la gente, allora sembrava logico presumere che lo stesso LSD bloccasse anche l'azione della serotonina nel cervello. Se l'azione della serotonina era importante per la funzione cerebrale, il che era probabile, allora l'antagonismo della serotonina da parte dell'LSD poteva essere la base degli effetti allucinogeni di quest'ultimo. Inoltre, lo stato mentale provocato dall'LSD era considerato simile alla schizofrenia. Pertanto, forse si poteva spiegare la schizofrenia come una malattia causata da mancanza di serotonina.

Se pure era vero che volevo apprendere di più sulla serotonina, il cervello mi spaventava. È un organo molto complicato e mi intimoriva troppo. Desideravo un sistema nervoso semplice, uno che fossi in grado di comprendere. Quando appresi che oltre il 95% della serotonina del corpo si produce nell'intestino, decisi che quell'organo faceva ben sperare. Di fatto, ora so che il mio concetto di partenza di un sistema nervoso «semplice» era sbagliato. Un sistema nervoso semplice è un ossimoro, come dire un nanerottolo gigante; tuttavia, il sistema nervoso enterico dell'intestino è più semplice di quello del cervello, e il suo studio mi è servito a stare lontano dalla strada. Nonostante i problemi che il sistema nervoso enterico mi ha a volte causato, esso mi ha offerto una vita meravigliosa, piena di sorprese, esaltazione e un certo grado di interesse che ha persino attirato i media. Sebbene l'intestino possa essere abietto come un rettile, la gente subisce il fascino dei rettili. Allo zoo ci sono lunghe file davanti alle loro gabbie e nessun museo è mai andato in fallimento pubblicizzando la sua mostra di dinosauri. I neurobiologi, come i teologi precopernicani, in passato saranno anche non riusciti a guardare oltre l'universo che potevano vedere, ma le scoperte della scienza, se esatte, sono state alla fine riconosciute, perfino le più scandalose.


L'intestino pensieroso

Sappiamo che, per quanto il concetto possa apparire inadeguato, il sistema gastroenterico è dotato di un cervello. Lo sgradevole intestino è più intellettuale del cuore e potrebbe avere una capacità «emozionale» superiore. È il solo organo a contenere un sistema nervoso intrinseco in grado di mediare i riflessi in completa assenza di input dal cervello o dal midollo spinale. L'evoluzione ci ha giocato uno scherzetto. Quando i nostri avi emersero dal brodo primordiale e acquisirono una spina dorsale, svilupparono anche un cervello nella testa e un intestino con un'intelligenza propria. In tal modo, l'organismo poteva dedicarsi a cose più piacevoli, tipo cercare cibo, sfuggire alla distruzione e fare sesso con altri organismi. Tutto ciò poteva verificarsi mentre l'intestino si occupava della digestione e dell'assorbimento, fuori dalla norma comunemente accettata della cognizione. Non era necessario dedicare dell'energia cerebrale a faccende relative ai visceri, perché questi si occupavano personalmente di se stessi.

Quel sistema nervoso primitivo ci accompagna ancora. Di fatto, man mano che gli animali divenivano sempre più complicati, altrettanto accadde al sistema nervoso enterico. È questo lo scherzetto giocato dalla natura. Il cervello dell'intestino si è evoluto al passo con quello della testa. Il nostro sistema nervoso enterico non è neppure tanto piccolo. Nell'intestino tenue vi sono più di cento milioni di neuroni, un numero grosso modo uguale al numero di neuroni presenti nel midollo spinale. Aggiungete i neuroni dell'esofago, dello stomaco e dell'intestino crasso e scoprirete che abbiamo più neuroni nell'intestino che nel midollo spinale. Ci sono più neuroni nel sistema intestinale che in tutto il resto del sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso enterico è anche un grande deposito di sostanze chimiche, all'interno del quale è rappresentata ciascuna delle classi di neurotrasmettitori che si trova nel cervello. I neurotrasmettitori sono le parole che i neuroni usano per comunicare l'uno con l'altro e con le cellule sotto il loro controllo. La molteplicità di neurotrasmettitori che si trova nell'intestino suggerisce che la lingua parlata dalle cellule del sistema nervoso enterico sia ricca e simile a quella del cervello nella sua complessità. I neurologi, il cui orizzonte termina ai fori nel cranio, continuano a stupirsi nello scoprire che la struttura e le cellule componenti il sistema nervoso enterico sono più simili a quelle del cervello di quelle di qualsiasi altro organo periferico.

Il sistema nervoso enterico è una curiosità, un residuo che abbiamo conservato dal nostro passato evolutivo. Di certo, non suona come qualcosa che possa attirare l'interesse di tutti, anche se dovrebbe. L'evoluzione è un potente revisore. Le parti del corpo futili o non assolutamente necessarie hanno poche possibilità di riuscire a superare le difficoltà della selezione naturale. Tuttavia, un sistema nervoso enterico è stato presente in ciascuno dei nostri predecessori nel corso dei milioni di anni di storia dell'evoluzione che ci separano dal primo animale dotato di spina dorsale. Quindi, il sistema nervoso enterico deve essere più di una reliquia. Di fatto, il sistema nervoso enterico è un centro di elaborazione dati moderno e pieno di vita che ci consente di portare a termine alcuni compiti molto importanti e spiacevoli senza alcuno sforzo mentale.

Quando l'intestino assurge al livello di percezione cosciente, sotto forma, per esempio, di acidità di stomaco, crampi, diarrea o stitichezza, non si entusiasma certo nessuno. Vogliamo che siano i nostri visceri a occuparsene, in modo efficace e al di fuori della nostra consapevolezza. Poche cose sono più penose di un intestino inefficiente dotato di sensibilità.

Gli studi hanno mostrato che oltre il 40% dei pazienti che ricorrono alle cure di un internista lo fanno a causa di problemi gastrointestinali. Metà di questi presenta disturbi «funzionali». Il loro intestino funziona male, ma nessuno sa perché. Non vi è alcun difetto anatomico o chimico evidente. I medici si irritano. I pazienti che si presentano ai medici con problemi senza soluzione sono percepiti come una minaccia e spesso sono dimessi come affetti da squilibrio mentale, con l'epiteto di «rottami» bisbigliato alle loro spalle. Sono considerati esempi di protoplasma scadente i cui processi di pensiero nevrotico si riflettono sul loro intestino. Così, il loro intestino si mette a fare i capricci in modo tale da sfidare il meglio che la medicina moderna ha da offrire, che in questo caso è l'ignoranza combinata alla mancanza di compassione.

Se è indubbiamente vero che il cervello può influenzare il comportamento dell'intestino, quest'ultimo può anche farcela da solo, senza seguire le istruzioni del cervello. Solo mille o duemila fibre nervose collegano il cervello al centinaio di milioni di neuroni presenti nell'intestino tenue. Quel centinaio di milioni di neuroni riesce abbastanza bene a svolgere il proprio compito, anche quando si interrompe ognuna delle loro connessioni con il cervello; tuttavia, i medici solo recentemente hanno cominciato a credere che potrebbe essere possibile per le malattie intestinali insorgere all'interno dell'intestino.

Dal momento che il sistema nervoso enterico può funzionare in modo autonomo, bisogna considerare possibile che il cervello intestinale abbia le proprie psiconevrosi. Tale nuovo concetto, per quanto possa essere semplicistico, è probabile si riveli altrettanto rivoluzionario e promettente delle scoperte di Copernico. Una volta comprese le malattie, arrivano anche le cure. Il funzionamento anomalo del sistema nervoso enterico potrebbe essere resistente alle terapie mirate alla testa, ma le terapie mirate all'intestino potrebbero invece funzionare.


Il fascino dello sconosciuto

Fino a poco tempo fa, il destino del sistema nervoso dell'intestino è stato crudele. Ignorato, disprezzato e fastidioso, le sue attività interne (normali e anormali) sono sfuggite alla scoperta. Manca ancora una mappa dei suoi microcircuiti, non abbiamo ancora ascoltato la sinfonia chimica suonata dai suoi neurotrasmettitori e ignoriamo persino la portata dei comportamenti da esso controllati. Fino a poco tempo fa, lo stato della nostra conoscenza del sistema nervoso enterico è stato, in pratica, medievale. Tuttavia, anche l'ignoranza medievale ha dovuto un tempo arrendersi di fronte al Rinascimento, e il Rinascimento ha portato alla fine all'Illuminismo. È in corso un rinascimento dell'intestino. È lì che si trova il prodigio di questo sistema. È una frontiera inesplorata. Potrebbe forse resistere qualsiasi persona curiosa, per non parlare di chi si definisce uno scienziato, o meglio ancora, un ricercatore? I ceppi della resistenza scientifica all'ovvio stanno scomparendo. Per parafrasare il Presidente Reagan, è mattino nell'addome.

È ragionevole chiedersi perché tutti noi dovremmo essere interessati al fatto che siamo dotati di un secondo cervello quando, nella migliore delle ipotesi, ci si aspetta di averne uno. La risposta, naturalmente, è che dovremmo avere cura del nostro secondo cervello per le stesse ragioni che ci spingono a occuparci del primo. Cartesio può aver detto «Penso, dunque sono», ma l'ha detto solo perché il suo intestino glielo ha consentito. Il cervello dell'intestino deve lavorare bene, o nessuno potrà permettersi il lusso di pensare affatto. Nessuno pensa bene quando la sua mente è concentrata sulla toilette.

Ecco un nuovo campo, un nuovo orizzonte e una nuova scienza. È allettante. Per me, la presenza nell'intestino di un secondo antico cervello non è semplicemente una questione che riguarda la scienza, è anche la storia di una scoperta intrigante e sorprendente che voglio far conoscere al mondo. Miracolosamente, strada facendo si trovano delle vie d'uscita ed è entusiasmante essere uno di quelli che possono essere portavoce del loro arrivo. La serotonina mi ha preso all'amo e mi ha collocato su un percorso che doveva presto scombussolare molti dei miei predecessori scientifici. Sono rimasto coinvolto in una guerra scientifica che infuriava sul sistema nervoso enterico e il suo contenuto di serotonina. Quel conflitto è stato alla fine risolto da uno straordinario deus ex machina, fra tutti i luoghi possibili, a Cincinnati. La risoluzione di quella piccola guerra molto personale, tuttavia, non ha posto fine alla storia. Di fatto, la storia si sta tuttora rivelando e diventa sempre più interessante mentre lo fa.

Questo libro racconta l'inizio della storia del secondo cervello. Vorrei fosse possibile includere l'epilogo, che, tuttavia, giungerà in futuro. Il principio di questo inizio, la Parte I, fornisce il background di questo narratore particolare e presenta alcuni degli altri scienziati la cui opera ha salvato questo argomento dalle tenebre scientifiche. La Parte prima contiene inoltre le necessarie informazioni su come è costruito e come funziona il sistema nervoso.

La Parte seconda presenta una specie di «diario di viaggio», dalla bocca all'ano, del luogo sacro interno dell'intestino. Questa sezione segue essenzialmente la catena alimentare dall'ingestione all'egestione e tratta, nel suo corso, i processi cruciali della digestione e dell'assorbimento. Essa si occupa inoltre delle minacce al corpo e descrive la cooperazione tra il secondo cervello e il sistema immunitario nel difenderci da un esercito malvagio di microbi che tenta continuamente di trasformare l'intestino in una rotta di invasione.

La Parte terza si occupa dei risultati della ricerca moderna nello sviluppo e nei disordini del secondo cervello. Alcuni di tali disordini, di fatto, devono essere trattati nel modo più esauriente possibile, perché spesso sfuggono all'attenzione dei medici per la fretta di attribuire i sintomi gastrointestinali alla psiconevrosi del cervello della testa. Considerato nel suo complesso, il libro offre una storia di scoperte scientifiche e qualche intuizione cu come esse sono state realizzate Racconta di un processo operato non dalla magia, né dalla preghiera, ma dal duro lavoro razionale di una moltitudine di persone normali.

Infine, il libro termina con la nota di speranza che le nuove conoscenze sul secondo cervello porteranno a milioni di persone, e in particolare al 20% di americani che soffrono di disturbi funzionali dell'intestino.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 107

5. Dietro i denti: il territorio di caccia della pirosi e dell'ulcera


Il vantaggio principale di una descrizione sintetica dell'intestino è che diventa evidente il modo armonioso in cui la struttura e la funzione si spiegano a vicenda. L'anatomia dell'intestino è evoluta in modo da consentire all'organo di eseguire il suo compito; è quindi meglio prendere in considerazione ed esaminare allo stesso tempo forma e funzione. Quest'idea può apparire ovvia e persino banale quando lo si dice senza pensarci; ho tuttavia scoperto che, in pratica, il concetto non è frequentemente apprezzato dagli operatori del campo. Alcune persone, dotate di un senso estetico ben sviluppato, restano stupefatte di fronte all'incredibile bellezza delle strutture biologiche e desiderano catturare tale avvenenza trasformandola in parole e disegni. Queste persone odiano essere distratte da quanto ritengono riguardi la «semplice utilità» dei loro soggetti. Altri, che si considerano scienziati «puri», sono razionalisti e ritengono che l'anatomia sia sconvolgentemente complessa e impossibile da condensare in una struttura logica. La struttura degli esseri viventi non può essere facilmente descritta con una formula matematica e deve essere documentata tramite illustrazioni, piuttosto che numeri. Questi soggetti, secondo cui le prove visive sono «tenui» e prive di quella precisione che essi associano ai dati numerici, si rivolgono con sollievo ai fenomeni fisici e chimici che sottostanno all'attività biologica. Questi processi possono essere più facilmente concettualizzati con l'uso di grafici e, nei casi migliori, mediante equazioni. In verità, tutti gli atteggiamenti relativi alla ricerca che tentano di separare la forma dalla funzione sono artificiosi e ne impediscono il progresso.

La struttura dell'intestino non è stata creata dal Padreterno al solo scopo di fornire un piacere visivo a quelli che lo scoprono. Né è stata fornita dal diavolo per tormentare gli scienziati razionali con dettagli illogici. Al contrario, la struttura stessa dell'intestino lo rende capace di svolgere il suo compito. La conoscenza della struttura può quindi essere utilizzata per prevedere e spiegare la funzione, mentre le informazioni sulla funzione possono essere impiegate per prevedere e spiegare la struttura. L'ampio corrugamento della mucosa dell'intestino, per esempio, può essere inteso come modifica strutturale avente uno scopo fondamentale: aumentare l'area di superficie disponibile per il completamento della digestione e l'assorbimento dei nutrienti.

Estrarre e riuscire a far entrare il combustibile e i materiali necessari a mettere in moto e sostenere il corpo, partendo da qualcosa di così complesso come una bistecca, è un compito veramente difficile. Non si può semplicemente frantumare la carne e introdurla per via endovenosa. Prima, deve verificarsi una grande quantità di processi chimici altamente sofisticati per liberare ciò di cui abbiamo bisogno da quello che mangiamo e quindi trasportare questi nutrienti fondamentali nell'organismo. Per indurre le necessarie reazioni chimiche a proseguire, l'ambiente interno dell'intestino deve essere regolato, il suo contenuto deve essere mescolato e gli enzimi che aggrediscono i cibi devono essere presenti esattamente nelle giuste concentrazioni. Perché ogni cosa vada bene, è necessario disporre di un sistema di sensori in grado di rilevare il progredire della digestione e valutare le condizioni presenti nell'intestino momento per momento. Le informazioni ottenute attraverso questi sensori devono quindi essere coordinate per garantire che l'ambiente interno dell'intestino favorisca la digestione e l'assorbimento. Oltre alla nutrizione vera e propria, l'intestino deve anche difendere se stesso e, per estensione, il resto dell'organismo dall'invasione di un'armata di germi ostili continuamente sul punto di attaccare approfittando dei momenti in cui l'intestino abbassa la guardia. Solo il tipo di controllo militarista che un cervello può esercitare su un sistema di organi può garantire che ogni elemento dell'apparato intestinale deputato alla digestione, all'assorbimento e alla difesa lavori come si deve e sia presente quando è necessario. Per fare funzionare correttamente l'intestino, occorre una potenza nervosa talmente immensa che l'evoluzione ha reputato del tutto sensato mettere il necessario cervello nell'organo stesso. Sono stati coinvolti così tanti neuroni che se tutti questi dovessero essere controllati centralmente nella testa, lo spessore delle vie nervose di collegamento sarebbe intollerabile. Queste vie potrebbero anche costituire un pericolo; reciderle comporterebbe l'interruzione della fondamentale funzione digerente dell'organismo. È quindi più sicuro e conveniente lasciare che l'intestino badi a se stesso. Il cervello nella testa è quindi libero di dedicarsi a compiti molto più interessanti che liquefare una bistecca.


Noi tutti siamo vuoti

La struttura del corpo può essere compresa parafrasando T.S. Eliot. Siamo davvero uomini vuoti e, sebbene Eliot non l'abbia dichiarato (era uno sporco sessista), anche donne vuote. Lo spazio chiuso dalle pareti dell'intestino, il suo lume, fa parte del mondo esterno. Il tubo aperto che inizia con la bocca finisce con l'ano. Paradossalmente, l'intestino è un tunnel che consente a ciò che sta all'esterno di passare proprio attraverso di noi. Qualsiasi cosa si trovi nel lume dell'intestino è in realtà al di fuori dei nostri corpi, anche se ciò sembra irragionevole. Il corpo si ferma in realtà alle pareti dell'intestino. Niente ci appartiene veramente finché non passa questo confine ed è assorbito; tutto ciò che passa attraverso la parete intestinale in direzione inversa, verso il lume, è perso. Se sanguiniamo nel lume dell'intestino, il sangue si perde così come quando gocciola sul pavimento. Quando un alcolizzato perde sangue dalle vene varicose (edematose e sporgenti) nel lume dell'esofago, può facilmente avere un'emorragia mortale. Un'emorragia fatale può quindi verificarsi anche senza che sia visibile una sola goccia di sangue. Anche il passaggio dell'acqua dal corpo verso il lume dell'intestino può essere mortalmente disidratante come un viaggio attraverso il Sahara senza borraccia. La diarrea uccide i bambini disidratandoli proprio in questo modo e il colera è una patologia mortale per la stessa ragione.

Dal momento che siamo vuoti, abbiamo due superfici che separano la nostra parte interna da quella esterna. Uno dei confini, visibile e quindi ovvio, è la pelle. Questa superficie è nettamente impermeabile. L'acqua non vi passa attraverso molto facilmente. Per questa ragione, non possiamo evaporare in un ambiente secco né scioglierci nella vasca da bagno. La cute è anche resistente e protettiva, contrastando l'abrasione nonostante il costante maltrattamento e prevenendo l'invasione da parte dei batteri che, se non fossero tenuti fuori dalla pelle, ci considererebbero un ottimo brodo di coltura in cui vivere. L'altro confine, che ci separa da un ambiente esterno non meno reale di quello opposto alla pelle, è la mucosa dell'intestino. Questa superficie, tuttavia, si modifica per risolvere problemi molto più complicati di quelli affrontati dalla pelle.

La mucosa dell'intestino, come la pelle, deve proteggerci impedendo l'eccessiva perdita d'acqua (nel lume dell'intestino) e l'invasione da parte di microbi ostili. Noi ingeriamo germi con il cibo e, inoltre, alcuni sono ospiti permanenti della bocca e del colon. D'altra parte, a differenza della pelle, la mucosa dell'intestino deve anche partecipare ai processi fondamentali della digestione e dell'assorbimento. Digestione è il termine che descrive la varietà di mezzi con cui le molecole complesse e talvolta molto grandi presenti nel cibo sono convertite a formare molecole più semplici e piccole che possono poi essere fatte passare dal lume dell'intestino nell'organismo. Assorbimento è il termine che descrive il trasporto dei prodotti della digestione attraverso la mucosa dell'intestino per raggiungere il sangue e i vasi linfatici presenti nella parete intestinale. Questi vasi raccolgono i nutrienti assorbiti e li distribuiscono alle cellule dell'organismo. La digestione e l'assorbimento sono quindi fondamentali per la vita, altrettanto quanto lo sono il battito cardiaco e la respirazione. Quando la digestione o l'assorbimento sono compromessi, si profila l'inedia. La mucosa dell'intestino, quindi, non può essere costruita come la pelle, cioè come una barriera resistente e impenetrabile. Al contrario, essa deve consentire ai nutrienti di passarle attraverso. Molti di questi nutrienti devono essere in realtà aiutati ad attraversare la mucosa intestinale dalle cellule che rivestono l'intestino e che lavorano molto duramente superando notevoli ostacoli per assolvere a questo compito. L'intestino dimostra quindi, nello svolgere le proprie funzioni di base, un'abilità che la pelle non possiede.

Sebbene la mucosa dell'intestino separi il mondo interno da quello esterno, questa separazione è attuata in modo selettivo. L'acqua e le altre molecole si spostano in entrambe le direzioni attraverso la mucosa intestinale, ma se l'intestino funziona normalmente, ciò che deve stare dentro resta «dentro» e ciò che è meglio rimanga fuori resta «fuori». Da un lato, né l'acqua, né le altre sostanze che ci servono si perdono eccessivamente nelle feci. Dall'altro lato, i batteri che ingeriamo continuamente non ci invadono. È evidente che l'intestino è un organo davvero straordinario ed è probabilmente per questo che ha sviluppato un cervello tutto suo.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 244

Progresso

Per poter riconoscere una malattia del sistema nervoso enterico, nel caso fosse presente, è necessario riuscire a paragonare le cellule nervose che si rilevano nell'intestino disturbato con quelle di un intestino che funziona correttamente. Inoltre è necessario paragonare l'aspetto delle varie cellule nervose in un intestino potenzialmente anormale con l'aspetto delle rispettive cellule sane. Se dovesse essere presente un numero o troppo alto o troppo basso di un determinato tipo di cellule nervose, o se la loro forma apparisse distorta o strana, allora avremmo le prove di malattia. Questa è l'essenza della neuropatologia. Noi (e qui intendo l'intero settore della neurogastroenterologia, non solo il mio laboratorio) abbiamo prodotto ciò che sembra un inventario completo dei tipi di cellule nervose che normalmente sono presenti nel sistema nervoso enterico dell'intestino del porcellino d'India. Queste cellule sono classificate da un'unica combinazione di molecole, neurotrasmettitori o enzimi, che contengono. Il nostro lavoro ha inoltre evidenziato le forme delle cellule non solo grazie alla colorazione argentica ma mediante eleganti esperimenti in cui le singole cellule nervose sono state impalate e riempite con marker fluorescenti o opachi. Questi marker consentono di visualizzare l'intera cellula trattata e tutti i suoi processi. Le ricerche su specie diverse dal porcellino d'India hanno evidenziato che, nonostante vi siano differenze tra vari animali, l'organizzazione di base del sistema nervoso enterico di tutti i mammiferi è molto simile.

Naturalmente le informazioni desunte dalle ricerche sul porcellino d'India non possono essere applicate all'intestino umano senza apportare le dovute modifiche: tuttavia, i fondamenti generali dell'organizzazione delle cellule nervose enteriche emersi dagli studi sugli animali hanno permesso di arrivare più velocemente e più facilmente a creare un inventario completo dei tipi di cellule nervose presenti nel sistema nervoso enterico umano, rispetto al lavoro di ricerca che si era reso necessario all'inizio per raccogliere dati equivalenti sul porcellino d'India. Una volta che si conoscono le cellule nervose che appartengono al sistema nervoso enterico umano normale e come appaiono, un adeguato esame dell'intestino ammalato fornirà la classificazione neuropatologica delle malattie del sistema nervoso enterico umano che Schuffler stava tentando di ottenere. L'identificazione delle malattie specifiche è il primo passo che porterà inevitabilmente a terapie efficaci. L'idea di produrre un inventario completo delle cellule nervose dell'intestino umano e un elenco delle malattie a cui sono soggette, sembra oggi molto più fattibile rispetto ai progressi ottenuti in questo campo sin dalle prime volte in cui ci si interessò a esso, al congresso della Society for Neuroscience del 1981.

Oggi, l'alterazione funzionale dell'intestino è un complesso di sintomi che non ha un collegamento con la patologia. Un domani, sono sicuro che l'elenco lascerà il posto a varie entità patogene riconosciute. La malattia di Crohn era considerata una forma di disturbo funzionale dell'intestino ma è stata riclassificata dopo la scoperta della sua patologia. Allo stesso modo, alcune specifiche malattie verranno fuori da quello che io ritengo sia un grande gruppo di problemi che semplicemente provoca sintomi simili.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 411

Nota conclusiva


Gli animali nella ricerca medica

DESIDERO spiegare perché gli scienziati biomedici sono disposti ad uccidere gli animali. Nessuno di noi prova piacere nella sofferenza e non abbiamo alcun desiderio di essere gli agenti dell'inutile morte di un qualunque essere vivente. Perciò applichiamo standard rigorosi di cura e pietà nel modo in cui trattiamo le cavie. Vivono in ambienti spaziosi e con aria condizionata e vengono nutrite con alimenti indicati che loro amano. Per garantire che gli standard siano osservati, in tutte le strutture di ricerca con fondi federali sono stati creati comitati per la cura e l'impiego degli animali.

Diversamente dagli scienziati biomedici, la malattia non pone limiti al grado di sofferenza che provoca, sia negli animali che negli esseri umani. Il cancro diffuso alle ossa, per esempio, ne può causare la rottura senza tregua o possibilità di guarigione, ed ogni rottura è agonizzante. Le ulcere provocano dolore e quando perforano l'intestino, l'infezione risultante, lo shock e il tormento sono strazianti. Pertanto ciò che porta gli scienziati ad eseguire esperimenti sugli animali è semplicemente l'effettiva compassione che provano per i propri simili. Inoltre, gli studi sugli animali sono stati e continuano ad essere necessari ed efficaci. Gli importanti progressi della medicina che ora diamo per scontati sono tutti dovuti alla sperimentazione sugli animali. Quasi nessuna malattia può essere trattata senza fare uso di agenti o procedure, che sono il risultato della ricerca eseguita sugli animali.

Le persone contrarie alla ricerca sugli animali sono cieche di fronte ai benefici che comporta. Soffrono per gli animali, ma non soffrono per le persone. Nelle crociate per i diritti degli animali, gli attivisti spesso accusano gli scienziati di «specismo», un termine che eguagliano al razzismo o al sessismo. Tuttavia, usare semplicemente il termine «specismo» è proclamare di non essere in grado di comprendere che la vita umana è sacra. Siccome la ricerca sugli animali allevia la malattia e la sofferenza umana, le richieste che questa ricerca si fermi sono in verità proposte di diffusione della malattia e di incitamento alla sofferenza umana. Questo è inaccettabile. Adolf Hitler si oppose alla ricerca sugli animali e ciò per lui era moralmente coerente. La sua alternativa era Dachau. Da quando gli scagnozzi di Hitler furono giudicati a Norimberga, è stato stabilito un codice di comportamento etico. L'articolo tre vieta specificamente che vengano eseguiti esperimenti sulle persone se non sono basati su risultati precedentemente acquisiti con gli animali. Pertanto i prodotti e le procedure non sono applicati sugli esseri umani fino a quando non si dispone almeno di un percorso che ne qualifichi la sicurezza.

Io non ho mai notato coerenza morale negli attivisti di diritti animali. Chi si oppone alla ricerca sugli animali dovrebbe rinunciare all'uso di prodotti e di tecniche che provengono da essa. Gli attivisti devono, in quanto tali, proclamare ed eseguire il boicottaggio personale, per esempio, di antibiotici, terapia tumorale, antidolorifici, vaccini e cardiochirurgia, che sono tutti frutto della sperimentazione sugli animali. Se qualcuno l'ha fatto, io non ne ho mai sentito parlare. Se un attivista dei diritti degli animali rinunciasse ai vantaggi della sperimentazione sugli animali, io lo considererei una persona incredibilmente stupida e ne prevederei una morte prematura e probabilmente dolorosa; però, lo piangerei come una persona che ha vissuto una vita davvero corretta e coerente.

L'impiego di animali per migliorare la vita umana è stato considerato morale durante la storia. L'uso di animali da parte dell'uomo si riscontra nelle fonti antiche ed è esplicitamente riconosciuto nella Bibbia. «Dio disse. Creiamo il genere umano a nostra immagine, secondo il nostro desiderio! Che domini sul pesci del mare, sugli uccelli del cielo, su tutti gli animali della Terra e sulle cose che strisciano su di essa!» (Genesi I: 26). Questo è un precetto di cui non si deve abusare, ma che non va neppure dimenticato. Gli animali lavorano con e per noi. I cavalli tirano carri e portano fantini. I buoi arano i campi. I cowboy guidano le mandrie di bovini da carne e la maggior parte di noi ama le costine di agnello. I vegetariani che non desiderano mangiare la carne, ne fanno una questione personale e questa decisione non danneggia nessuno. Questo è ammirevole. Invece i tentativi degli attivisti di impedire la ricerca sugli animali sono dannosi per gli altri e pertanto non sono ammirevoli. Il fondamentalismo, che allarga il proprio credo personale agli altri, non è migliore quando è praticato nel nome degli animali piuttosto che dagli ayatollah in nome di Dio.

Talvolta si suggerisce di usare computer o cellule coltivate in coltura invece degli animali. Queste idee sono proposte da chi non sa nulla di ricerca o biologia. I computer manipolano le informazioni che vengono inserite, non esplorano l'ignoto, come fanno gli scienziati. I computer sono utili per creare modelli che si possono verificare attraverso esperimenti effettivi, sono stupendi per ritrovare i fatti sepolti in mezzo ad enormi quantità di dati e sono spettacolari per manipolare i numeri, ma non inventano né scoprono.

Anche le cellule coltivate in coltura sono utili, ma in ultima istanza derivano sempre da persone o animali. Ancora peggio, non pensano come un cervello, non pompano come un cuore, non corrono come un atleta, né digeriscono come un apparato gastrointestinale. Le cellule si aggregano per formare tessuti che a loro volta si aggregano per formare organi; perciò, gli studi limitati a cellule singole, su piastre di coltura, non possono rivelare le attività di tessuti o organi in corpi viventi. In particolare nel mio caso, non esiste alcun sistema nervoso enterico in una cellula coltivata in coltura. Perciò l'intestino e il sistema nervoso enterico possono essere studiati solo dove si trovano, negli animali e nelle persone. Noi apprendiamo dai problemi delle persone e facciamo esperimenti sugli animali per risolverli. L'obiettivo, che è stato e continua ad essere raggiunto ad un livello incredibile, è il miglioramento della condizione umana.

Per determinare che cosa fa una sostanza all'intestino, è necessario isolare l'apparato intestinale, per accertare che la molecola in esame agisca davvero direttamente sull'intestino stesso. Se invece il composto fosse somministrato ad un animale intatto, la molecola potrebbe diffondersi in tutto il corpo. Questa disseminazione rende possibile tutte le tipologie di effetti indiretti. Gli ormoni, che possono influire sull'intestino, possono essere rilasciati in organi distanti e raggiungere l'intestino attraverso la circolazione. I nervi possono essere stimolati ovunque e influenzano l'intestino, direttamente o indirettamente. I composti possono inoltre influire sul comportamento dell'intestino, modificando la disponibilità della sua vascolarizzazione, per esempio, aumentando o diminuendo la frequenza cardiaca, o contraendo o dilatando i vasi sanguigni. Gli scienziati non possono affrontare questo genere di complessità, perché impedisce la chiara interpretazione dei fenomeni che osservano. Desideriamo che gli esperimenti siano semplici, in modo da poter stabilire la casualità, con la probabilità che sia corretta in nostro favore. Introduciamo un fattore disturbante ed osserviamo la reazione. Minore è il numero degli elementi presenti in un sistema da sottoporre al nostro fattore disturbante, maggiore è la probabilità che sia chiaro l'effetto di tale disturbo.

Perciò la sperimentazione animale è una parte essenziale e morale della vita. Come dipendiamo dagli animali per cibo e lavoro, così dipendiamo da loro anche per la conoscenza di come migliorare la salute dell'umanità. Non sappiamo ancora abbastanza su come prevenire o curare molte delle malattie che ci affliggono. Fino ad allora, dobbiamo continuare ad affidarci agli animali per imparare quello che dobbiamo sapere. La riscoperta del secondo cervello è stato un evento relativamente recente, i cui vantaggi stanno appena iniziando ad evidenziarsi. Per mantenere attivo il flusso delle scoperte e sfruttarne le promesse, è essenziale testare nuovi farmaci, procedure e ipotesi sperimentali sugli animali. Fortunatamente, gli animali domestici e da fattoria che hanno stabilito una partnership con gli esseri umani e che dipendono da noi per il soddisfacimento dei propri problemi, trarranno lo stesso nostro vantaggio dai progressi raggiunti dagli scienziati biomedici. Non c'è ragione di credere che gli essere umani siano gli unici ad avere un sistema nervoso enterico che funziona male. I veterinari sono coinvolti e si aspettano che i nuovi farmaci e le procedure siano disponibili per gli animali domestici e da fattoria. Perciò la sperimentazione animale deve continuare. Sia gli esseri umani che gli animali dipendono da essa.

| << |  <  |