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| << | < | > | >> |Pagina 3 [ inizio libro ]Leprotti, se uno si può chiamare Leprotti, sedeva su una panchina verde, verniciata di verde il venerdí prima, una panchina sicura per sedersi già il sabato mattima col sole temperato ad asciugarla ben prima delle dieci di domenica, l'ora in cui sedeva, col giornale, Leprotti.Prima di Leprotti si erano seduti Azal Kaleb e Chab Riza per contare i soldi, settantaduemilatrecentolire, della pulitura dei vetri delle macchine. Ma Azal e Chab si erano macchiati il culo dei pantaloni e la camicia marrone all'altezza delle spalle, solo un segno, perché nel rilassarsi della conta e della giornata si erano un po' gettati all'indietro e avevano sentito subito, coscienti, l'appiccicaticcio della vernice verde dell'amministrazione comunale data con la mano frettolosa del venerdí sera, della corsa veloce al riposo settimanale, senza l'avvertenza del verde pitturato di fresco. Soltanto Chab aveva pensato di spendere seimilalire per la pulitura lavasecco dei pantaloni che dovevano essere pronti, nell'interpretazione autentica dei gesti di lui e della donna dietro d bancone, almeno per il martedí, sera dell'appuntamento di Chab con una ragazza italiana, Samantha Trillini, figlia del Trillini del negozio di ferramenta Trillini, quello delle viti, dei bulloni e delle triple, che non voleva. | << | < | > | >> |Pagina 103 [ fine libro ]Leprotti sa tutte queste cose ma mentre, dal fondo del vialone vede arrivare il ciclista Rotella, non se la sente di andare avanti a immaginare e sapere di piú.Due operai del Comune gli fanno cenno di alzarsi. Devono dare un'altra mano di vernice verde alla panchina della pubblica amministrazione.
Leprotti, che è sensibile e vive tuttora, si alza e,
calcolando il tempo che servirà alla vernice per asciugarsi,
in attesa di sedersi di nuovo, se ne va.
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