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| << | < | > | >> |Indice9 Prefazione di Claudio Magris 15 L'autore e l'opera 23 Medea 197 Postfazione di Maddalena Longo 211 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 27(Davanti alle mura di Corinto. In mezzo, a sinistra, una tenda. Sullo sfondo il mare, lungo il quale, su una lingua di terra, si estende una parte della città. È la primissima alba, prima del sorgere del sole. Fa ancora buio. Uno schiavo, sul proscenio a destra, sta scavando dentro una fossa con una vanga e gettando fuori palate di terra. Dall'altra parte, Medea; davanti a lei un cofano nero, adorno di strani fregi d'oro, nel quale lei, durante il dialogo che segue, depone ogni sorta di cose, le più strane) MEDEA Allora? SCHIAVO Subito, mia signora. (Gora esce dalla tenda e si ferma, restando sullo sfondo) MEDEA Ecco, prima il velo e il bastone, la sacra verga della dea; addio per sempre, e in pace, non siete più per me. Passato, e per sempre, è il tempo della notte, di incanti e sortilegi. Tutto ora accade al limpido raggio della luce, il bene, il male, tutto, ed è giusto. Poi questa coppa, e le sue fiamme segrete, pronte a divorare chi la scoperchia ignaro, e anche questa, che dà rapida morte — via, sparite, in questa vita ora così chiara, serena e luminosa, non c'è posto per voi. E ancora queste erbe magiche, queste oscure pietre dal potere arcano... ecco, ecco, vi rendo alla terra, da cui siete nate. (si alza) Anche a voi, qui, pace, e per sempre. E adesso manca solo... (lo schiavo, che nel frattempo è uscito dalla fossa e si è messo dietro Medea aspettando che lei finisca, afferra un'asta, appoggiata all'albero dietro Medea. Attorno all'asta è avvolto qualcosa; l'involucro si apre e appare, splendente, lo stendardo col vello) SCHIAVO (afferrando il vello) Questo? MEDEA Fermo, aspetta! Voglio guardarlo ancora una volta, l'ultima, questo dono... già, dono... dono di un ospite antico, venuto da lontano a portare tante sciagure, ad annientare la mia stirpe, a versare il sangue di mio padre e mio fratello, a coprirmi di colpa e di vergogna, sì, anche me, Medea! (calpesta l'asta e la spezza) Così! E adesso giù, in fondo alla notte, da cui sei emerso a portare distruzione! (mette lo stendardo spezzato assieme alle altre cose nel cofano e chiude il coperchio) GORA (avanzando) Che stai facendo? MEDEA (guardandosi attorno) Lo vedi. GORA Vuoi seppellire le insegne degli dèi, e con esse la loro protezione? MEDEA Protezione? Non me ne danno e non me ne hanno data. Perciò possono sparire là sotto. Sono già protetta. GORA Dall'amore del tuo sposo? MEDEA (allo schiavo) Hai finito? SCHIAVO Sì, mia signora. MEDEA Allora sbrighiamoci. (afferra il cofano per una maniglia, mentre lo schiavo lo prende per l'altra, e lo portano insieme verso la fossa) GORA (restando lontana) Bel lavoro, nobile, proprio da nobile figlia di re. MEDEA Se ti sembra troppo pesante per me, perché non mi aiuti? GORA Sono l'ancella di Giasone, non la tua. Hai mai visto una schiava aiutare un'altra? MEDEA (allo schiavo) Adesso giù, nella fossa, e coprilo di terra. (lo schiavo cala il cofano nella fossa e vi getta sopra palate di terra. Medea si inginocchia) GORA (nel proscenio) Oh fatemi morire, dèi della mia terra! Sì, morire, piuttosto di vedere ciò che vedo! Ma che prima la vostra vendetta fulmini il traditore che ci ha portato alla rovina! Ch'io lo veda morire e poi, v'imploro, date pure a me la morte! MEDEA Tutto è compiuto. Ora premi bene la terra e va'! So che non tradirai questo mio segreto. Sei della Colchide, ti conosco. (lo schiavo se ne va) GORA (gridandogli dietro con ira e scherno) Soprattutto non tradirlo col vostro padrone, altrimenti guai a tutti e due! Hai finito? MEDEA (va verso di lei) Sì. E ora sono in pace. GORA Anche il vello, hai seppellito? MEDEA Anche il vello. GORA Allora non lo avete lasciato a Jolco, dallo zio del tuo sposo? MEDEA Lo hai visto qui, no? GORA Così era rimasto a te, tu l'hai sepolto e tutto è finito, è morto ogni passato. Non c'è più né passato né futuro, solo il presente, qui e ora. Non c'è mai stata la Colchide né i suoi dèi, tuo padre non è mai vissuto, tuo fratello non è morto. E allora non pensare alla tua miseria, prova a credere che il tuo sposo, il traditore, ti ha amata, e così forse anche lui... MEDEA (con violenza) Gora! GORA Cosa? Non devo parlare? Chi è colpevole ha da tacere, non io. Sei tu che mi hai strappato con tante lusinghe dalla mia patria, tu mi hai portata qui, a far la schiava del tuo duro amante, tu hai messo le catene alle mie braccia di donna libera, è per causa tua che passo le lunghe notti in sospiri di pena e di dolore, e con sospiro di pena e di dolore saluto, ogni mattina, il nuovo sole. Maledetti questi miei capelli grigi, maledetti questi miei vecchi giorni in cui raccolgo solo scherno e disprezzo, in cui tutto mi manca, tranne il dolore! E dunque ascoltami, devi ascoltarmi! MEDEA Parla. GORA Ah, i miei presagi! Tutto si è avverato. È solo un mese, un mese fa, che il mare, riluttante, vi ha portati entrambi a queste rive, la sedotta e il seduttore, e il mondo intero già vi fugge con ribrezzo. Il popolo ha in orrore la donna venuta dalla Colchide, ha paura della maga che conosce le potenze oscure. Quando ti mostri, ognuno si ritira da te e ti maledice. Ah, ricadesse sulle loro teste! Ed è per causa tua — sì, anche sua, ma tua... che odiano anche lui, il tuo sposo, perché ha sposato la principessa della Colchide selvaggia. Il fratello di suo padre gli ha chiuso la sua casa e quando è morto, di morte misteriosa, la stessa città dov'egli è nato, la sua patria lo ha scacciato in esilio. Non ha più casa, asilo, pace. E che pensi ora di fare? MEDEA Sono sua moglie! GORA E dunque pensi di... MEDEA Seguirlo nel dolore e nella morte. GORA Proprio così, nel dolore e nella morte. Fra i mendicanti, tu, figlia di Aiete! MEDEA Preghiamo gli dèi di darci un cuore semplice, come tutti, che meglio sopporta, più facilmente, un destino comune a tutti. GORA (ridendo con rabbia) Ha, ha! E il tuo sposo? MEDEA È già chiaro, vattene. | << | < | > | >> |Pagina 71(Atrio nella reggia di Creonte, a Corinto. Creusa è seduta e Medea è davanti a lei, su una stuoia più bassa, con una lira in braccio. E vestita come una greca) CREUSA Su, prendi questa corda, la seconda, questa! MEDEA Così? CREUSA No. Le dita più sciolte. MEDEA No, non va. CREUSA Sì che va bene. Solo devi impegnarti. MEDEA Ce la metto tutta, ma non va. (depone la lira e si alza) La mia mano è brava solo sui campi di battaglia, col giavellotto, o sui pascoli selvaggi. (sollevando la destra, sino agli occhi) Se potessi castigarle, queste dita, punirle come si meritano! CREUSA Ma guarda come sei! Io ero già contenta che tu potessi fargli una sorpresa, a Giasone, con la tua canzone. MEDEA Sì sì, Io so, hai ragione. Me l'ero dimenticato. Proviamo ancora una volta! Gli farà piacere, pensi, veramente piacere? CREUSA Certamente. Questa canzoncina la cantava già da ragazzo, al tempo in cui viveva nella nostra casa. Appena la sentivo saltavo di gioia, perché ogni volta annunciava il suo ritorno. MEDEA Quale canzone?
CREUSA Allora adesso ascoltami. È breve e non è neppure molto bella. Solo
che lui la sapeva cantare così bene, era così baldanzoso, così spavaldo, quasi
beffardo.
Oh Dèi, oh Dèi supremi ungete il mio capo affinché io vinca gli uomini e pure le amabili fanciulle. MEDEA Glielo hanno concesso, e come! CREUSA Cosa? MEDEA Quello che dice la canzone. CREUSA Come, quello che dice la canzone? MEDEA Di vincere gli uomini e anche le amabili fanciulle. CREUSA Non ci avevo mai pensato. La ripetevo solo come gliela sentivo cantare. MEDEA Sì, lui era proprio così, quando è apparso sulle rive della Colchide, quelle rive che gli erano così lontane, estranee: gli uomini si piegavano davanti al suo sguardo e con quello stesso sguardo trafiggeva il cuore dell'infelice donna che cercava di sfuggirgli, finché la fiamma a lungo nascosta e soffocata divampava e devastava rovinosamente in un rogo che tutto schiantava incendiava e annebbiava, ogni pace ogni felicità e ogni armonia. E lui era là, superbo di forza e di bellezza, un dio, un eroe, a sedurre e ad affascinare finché la vittima, sedotta e affascinata, era sua, era annientata e allora lui la gettava via, la lasciava cadere e nessuno era lì a soccorrerla, a rialzarla. CREUSA Tu sei sua moglie e parli così male di lui? MEDEA Tu non lo conosci, ma io sì, e a fondo! C'è solo lui, esiste solo lui, nel vasto mondo, e tutto il resto, gli altri, sono soltanto strumenti delle sue gesta. Pieno di sé, badando non all'utile ma solo alla propria immagine, lui gioca con la sua felicità e con quella degli altri. Se s'incapriccia della fama, è pronto ad abbattere chiunque, se vuole una donna se la prende e anche se così spezza il cuore di qualcuna, cosa gli importa? Quello che lui fa è bene, perché è bene ciò che lui vuole. Ah, tu non lo conosci, ma io sì, e a fondo! E se penso a tutto ciò che è accaduto, potrei vederlo morire e mettermi a ridere, sì, a ridere! CREUSA Addio! MEDEA Te ne vai? CREUSA Dovrei stare ancora ad ascoltarti? Dèi! Una moglie parla così del marito? MEDEA Sì, se lui è come il mio. CREUSA Dèi del cielo, se io avessi un marito, anche scellerato e cattivo, così come il tuo certo non è mai stato, e se avessi dei bambini, dei bambini da lui, suo dono e sua immagine, io li amerei tutti, a ogni costo, dovessero anche uccidermi. MEDEA È facile a dirsi, anzi è molto bello, ma poi, a metterlo in pratica... CREUSA Sarebbe meno dolce se fosse facile. Tuttavia fa quello che ti sembra giusto, io me ne vado. Dapprima tu mi attrai con parole buone e mi chiedi come fargli piacere e ora prorompi in odio e in insulti. Ho visto tanta cattiveria negli uomini, ma la peggior cosa è un cuore inconciliabile. Addio, cerca di diventare più buona. MEDEA Sei arrabbiata con me? CREUSA Quasi. MEDEA Oh, non respingermi anche tu, difendimi, proteggimi! CREUSA Ora sei così dolce e prima eri piena di odio. MEDEA L'odio è per me, l'amore per Giasone. CREUSA Allora tu ami tuo marito? MEDEA Sarei qui, se no? CREUSA Sto pensando e pensando e tuttavia non capisco. Ma se tu lo ami, io sarò di nuovo buona con te e ti suggerirei un modo sicuro per sciogliere come nuvole quei suoi umori, che conosco anch'io.
Diamoci da fare.
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