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| << | < | > | >> |Indice5 Prefazione MAURIZIO BARRACCO, Presidente Federculture 7 Introduzione ROBERTO GROSSI, Segretario Generale Federculture PARTE PRIMA Politiche e programmi 51 1.1 Industrie culturali e sviluppo locale PIER LUIGI SACCO 67 1.2 Quanto conta la cultura nell'economia europea? ROBERTO CARDANO 77 1.3 La nuova stagione delle politiche di coesione: la cultura nella prospettiva dei Fondi strutturali 2007-2013 CHIARA GIUSTI e MARCELLO MINUTI 103 1.4 L'attività legislativa nel 2006. Novità nella continuità GINO FAMIGLIETTI e DANIELE CARLETTI 117 1.5 Le politiche culturali nelle grandi città LUCA INTROINI e MASSIMILIANO DI BENEDETTO 155 1.6 Consumi culturali e creatività nelle politiche giovanili: linee di tendenza e prospettive SARA CIRILLO TAIANI, IVANA BOMBARDIERI, SIMONA GRIECO e DOMENICO IANNELLO PARTE SECONDA I sistemi di offerta 189 2.1 L'innovazione nei sistemi di offerta culturale, turistica e territoriale. Le esperienze del Premio Cultura di Gestione FLAVIA CAMALEONTE 203 2.2 Le gestioni autonome tra servizio pubblico e aziende culturali SILVIA BORGOGNONI 223 2.3 Strategia e governance della cooperazione interbibliotecaria: il caso della Fondazione Per Leggere ALESSANDRO HINNA e GIANNI STEFANINI 237 2.4 L'importanza e il ruolo dei musei scientifici nella società: il panorama europeo e il caso italiano FIORENZO GALLI, GIOVANNI CRUPI e GIUSEPPE DISTEFANO 249 2.5 Alcune coordinate per il futuro dello spettacolo dal vivo in Italia LUCIO ARGANO 2S9 2.6 L'intervento statale nello spettacolo dal vivo GIULIO STUMPO PARTE TERZA Turismo culturale e territori 275 3.I Il ruolo del turismo culturale nell'incoming internazionale dell'Italia PAOLO SERGARDI 289 3.2 La fruizione culturale tra marginalità e protagonismo LAURA VANNI 305 3.3 Il turismo culturale dalle città d'arte al territorio. nuovi fattori di attrattiva e forme di fruizione SABINA MENEGHELLO e MARIA CARLA FURLAN 335 3.4 I luoghi della mobilità nel paesaggio italiano SERENA MAFFIOLETTI e MANUELA VERONELLI APPENDICE 351 Rapporto 2006 sulla legislazione e sulla Giurisprudenza MARIA ROSARIA FAMIGLIETTI |
| << | < | > | >> |Pagina 7Introduzione
ROBERTO GROSSI, Segretario Generale Federculture
Tra le immagini del 2006, che rimarranno impresse per lungo tempo, vi è
quella dell'esecuzione di Saddam Hussein, che ha destato emozione in tutto il
mondo, suscitando sentimenti contrastanti di sdegno e preoccupazione, di pena
oppure di sollievo e soddisfazione.
Di certo ha toccato nel profondo le coscienze, lasciando del tutto irrisolti i
problemi di una terra e di una popolazione sulle quali sono concentrate le
attenzioni delle istituzioni, dell'opinione pubblica mondiale e soprattutto
enormi interessi economici. Il fallimento, ormai generalmente riconosciuto,
dell'intera operazione irachena voluta dagli Stati Uniti pone in risalto, ancora
una volta come in altre aree del mondo, una evidenza: la democrazia non si può
esportare né imporre. Da un lato, dunque, il giustizialismo e l'imperialismo
americano, dall'altro il tema dell'autodeterminazione dei popoli,
dell'integrazione e del rispetto delle diversità culturali, come obiettivo
fondamentale di un possibile equilibrio sociale e della pace nel mondo. Né in
Iraq né in altre situazioni di guerra e di tragedia umana può
considerarsi vero, come qualcuno vuol far credere, che sia in atto uno scontro
tra civiltà e culture.
Al contrario, è proprio l'assenza del loro incontro e dialogo, nel disinteresse
per l'individuo e le sue radici, che spiana il terreno alla cruda affermazione
delle logiche della sopraffazione e dell'interesse economico.
In profondo contrasto con le situazioni di distruzione, conflitto e dolore, è stato celebrato ovunque nel corso dell'intero anno, dall'estremità della Finlandia fino in Australia, l'anniversario dei 250 anni dalla nascita di Mozart. In effetti, può stupire che, ancora oggi, nell'era della rivoluzione digitale, il genio che cambiò la musica sia stato al centro di migliaia di eventi musicali, culturali e storici che hanno accomunato cittadini e giovani in tutto il pianeta. Ma la musica, attraverso le note del grande Amadeus, riesce a esportare ovunque un valore universale condiviso, che suscita emozioni individuali che non hanno spazio né tempo. Mettendo in moto una sorta di processo democratico che non è fatto di contenitori o di sistemi di relazioni, procedure e neanche di consumi, ma di sensazioni condivise e accessibili a tutti, che sono alla base della libertà e della pace. La musica di Mozart ha sviluppato anche diversi ambiti dell'industria culturale. Il cinema, ad esempio, ha tributato al maestro grandi successi internazionali, come con le pellicole del «Flauto Magico», «Amadeus», «Don Giovanni», che nel 2006, a diversi anni dalle prime uscite, sono state riproposte e accolte dal pubblico ancora con vivo interesse.
Nell'ambito più strettamente italiano, poi, numerose iniziative hanno
ricordato Enrico Mattei, nato cento anni fa nelle Marche. Una personalità di
spicco che, nel dopoguerra con la fondazione dell'ENI (1953), cambiò il sistema
industriale scommettendo sul sogno energetico.
Era l'Italia che oscillava tra rinascita economica e democratica e i misteri di
un potere statale invadente e di un mercato internazionale che si affacciava
prepotentemente sul mondo delle imprese e, in modo progressivamente dirompente,
sugli stili di vita e sui sogni delle famiglie italiane. Contemporaneamente si
svilupparono forti investimenti nella ricerca scientifica e nello studio di
soluzioni tecnologiche, che hanno portato, in quel periodo, alla
valorizzazione dei migliori talenti nella progettazione di innovative
applicazioni industriali.
Si crearono allora le premesse del boom economico, dell'affermazione di un
turismo non più d'élite ma aperto almeno ai ceti medio/alti. Con la crescita del
tempo libero e delle risorse disponibili, cominciarono a fare capolino nuovi
interessi per l'arte, non solo per i monumenti ma anche per le espressioni
contemporanee, stimolati da una televisione di Stato determinante
per l'alfabetizzazione del Paese e per l'affermarsi di una dimensione nazionale
del modello di società che andava strutturandosi. Modello che sta oggi
decisamente cambiando senza, però, che vi siano una strategia e un disegno
generale di sviluppo. Dopo cinquant'anni si pongono in termini del tutto nuovi e
ancor più urgenti i problemi delle fonti di energia alternative al petrolio e
del risparmio energetico, insieme alla salvaguardia dell'ambiente naturale.
Ma anche un altro avvenimento nel corso del 2006 è destinato a segnare
l'immaginario popolare e le cronache del tempo: al torneo di calcio in
Germania l'Italia è campione del mondo. Almeno nello sport, in un evento
internazionale di grandissima risonanza, il Paese è in cima alla classifica ed è
applaudito per le sue gesta atletiche, in un gioco che ormai fa parte
anche della cultura contemporanea. Peccato che il grave scandalo che ha
coinvolto il mondo del pallone italiano, dalle scommesse ai sorteggi arbitrali
truccati, abbia offuscato la vittoria della nostra nazionale. Quello che era uno
spettacolo quasi artigianale, come ai tempi di Rivera e Altafini, si è
trasformato, ormai da qualche tempo, in un grande business, cedendo anche a
fenomeni di corruzione e frode sportiva. Sono state coinvolte alcune storiche
società e, come è accaduto per Tangentopoli, così il sistema del calcio è
imploso, affossandosi nel suo stesso ambito.
In questo quadro di avvenimenti e contrasti, che generano sensazioni e reazioni nuove da parte della gente, si può facilmente comprendere perché, per la prima volta in Italia, il pubblico del teatro abbia superato quello degli stadi e degli eventi sportivi: 13,5 contro 12,7 milioni di spettatori nei primi sei mesi dell'anno passato. Non solo per gli effetti negativi della violenza alle partite di calcio o per gli scandali societari, ma anche perché il settore del teatro, dopo la crisi profonda degli ultimi anni, sta migliorando i programmi, la gestione, la comunicazione. È un dato estremamente rassicurante, se confrontato con quanto sta avvenendo nei teatri nazionali francesi che, dal 1996 al 2006, hanno avuto un calo di presenze del 12%. Insomma, il teatro in Italia desta maggiore interesse rispetto ad altre forme di intrattenimento. Nel quadro di un nuovo fermento, emerso ormai da qualche anno a questa parte, verso l'arte, la cultura, l'ambiente naturale e la storia.
Infatti, anche nel 2006 i consumi culturali aumentano in tutte le tipologie
di offerta, dai musei, ai festival, dal teatro alla musica. Ma l'elemento da
sottolineare è che i risultati migliori vengono dove e quando le proposte sono
nuove e di qualità e l'offerta è ben organizzata e comunicata. Insomma, le città
e le località che sono state capaci di promuovere meglio se stesse, attraverso
la valorizzazione delle proprie identità culturali e storiche, ma anche grazie a
progetti innovativi, sperimentazioni e gestioni più efficienti, sono riuscite a
ottenere i maggiori successi.
È sempre più evidente, dunque, che la partita della qualità della vita e dello sviluppo sociale si gioca su entrambi i fronti: quello del contesto internazionale e quello riferito alle specifiche realtà sociali ed economiche locali. È proprio sullo scenario mondiale si pone l'altro grande tema, che ha importanti ripercussioni nei territori: quello della definitiva frattura dell'equilibrio tra ambiente naturale, sviluppo della produzione, acquisizione di più elevati livelli sociali e di qualità della vita delle popolazioni del Terzo mondo. Cambiamenti climatici, immigrazioni epocali, industrializzazione di Paesi come Cina e India, rischiano di mettere sotto scacco il fulcro dello sviluppo mondiale degli ultimi secoli, centrato sul modello culturale ed economico espresso dai Paesi europei, tra cui in primo piano l'Italia. Mentre il nostro Paese continua a prestare la propria opera e competenza per ricostruire e restaurare i grandi musei e beni culturali dell'Iraq, giustamente in quanto appartengono al patrimonio dell'umanità, i nostri archivi storici, unici al mondo, rischiano di chiudere per carenza di finanziamenti e di organico, i grandi siti archeologici e monumentali non riescono neanche a essere tutelati e il patrimonio paesaggistico è continuamente preso d'assalto dalle speculazioni e dal cemento. | << | < | > | >> |Pagina 20La cultura nella società dei consumi. Il valore dell'immaterialeLa cultura, sia essa ascoltare Tchaikovsky, un disco di Peter Gabriel, contemplare un'opera di Piero della Francesca oppure prendere in mano un violino o sfogliare le pagine web di un archivio storico, è quella parte dell'immateriale di cui non possono fare a meno l'individuo e la società. Viceversa, con una progressione impressionante, a partire dagli anni cinquanta-sessanta, l'Occidente e la società dei consumi stanno riempiendo l'esistenza di oggetti. Si tratta spesso di cose che non sappiamo più dove mettere, né riusciamo più a contemplare o di cui non siamo in grado di percepire gli echi simbolici di una volta. La società dell'«Avere» si sostituisce a quella dell'«Essere», diceva Eric Fromm. Per secoli la nostra civiltà ha vissuto di cose che richiamavano un preciso significato per l'uomo del tempo: il letto di Ulisse, il profumo di Baudelaire, il biscotto di Proust e la seggiola di Van Gogh. Oggi siamo circondati da miliardi di prodotti indifferenti, che scarnificano la nostra vita interiore. Si deve ricercare, invece, anche per l'arte e la cultura, l'attenzione, la discrezione, l'amore per forma, colori e suoni, così da recuperare qualche interesse profondo rispetto ai milioni di oggetti che ci sopraffanno. Insomma, non si può essere schiacciati solo sul presente. D'altra parte, però, è bene anche affrontare il tema della fruizione e dell'accesso massiccio alla cultura sotto le lenti dell'economia e del mercato. Il gusto e i consumi di libri, musica, teatro e cinema si modificano di continuo. E questo avviene con meccanismi economici e con quelli legati all'offerta delle proposte che vengono immesse nel sistema di informazione. Non sempre c'è conflitto tra la cosiddetta «mercificazione dell'arte», il gusto di massa e la qualità. Due esempi, uno del passato e uno della cronaca recente. La musica di corte del XIX secolo non era un bene commerciale. Veniva commissionata da benefattori e ne usufruivano i ceti e i gruppi sociali a loro vicini. È stata la crescita dei ceti borghesi, in grado non solo di comprendere ma anche di permettersi economicamente la musica, a determinare l'origine e lo sviluppo del teatro d'opera. Il secondo caso: la città di Brescia, bellissima ed efficiente, ma non sufficientemente apprezzata per le sue ricchezze artistiche, ha ospitato due tra le prime dieci mostre più visitate nel 2006 presso il Museo di Santa Giulia. La prima in graduatoria, «Gauguin e Van Gogh», ha registrato in pochi mesi oltre 541.000 presenze paganti e la sesta, sui capolavori di Millet, circa 272.000. Un successo eccezionale di pubblico, che ha posto Brescia in primo piano sulla scena internazionale, dimostrando che si può gestire la cultura in termini manageriali, integrarla con il territorio e proporla in modo non noioso ma comunicativo. Tutto ciò grazie al curatore dei record, Marco Goldin che, per sei anni di seguito, ha trovato il modo di portare visitatori a frotte, dimostrando che un buon progetto scientifico non è alternativo alla cultura di massa. Le critiche che sono arrivate sono emblematiche dell'apparente dualismo. Alcuni gridano al consumismo culturale e all'approccio commerciale al quale avrebbe «ceduto» il Comune, nonché alla scarsità di ricadute economiche durevoli per il territorio. È come se i giovani e tutti coloro che affollano concerti, mostre, visite nei palazzi storici appena riaperti, non fossero mossi da motivazioni emotive e culturali, indipendentemente dalle sirene delle mode e dal costume. È vero che spesso il consumatore è passivo e che la maggioranza ha una scarsa coscienza dell'interesse generale e raramente si mobilita per difenderlo. Cosa che accade, purtroppo, per i grandi temi dell'ambiente, e anche per quelli decisamente meno importanti, ma che toccano l'interesse quotidiano, come nel caso di un servizio di utilità pubblica bloccato da un pugno di tassisti, che riesce a paralizzare una città. È difficile che siano gli utenti dei taxi a scendere in piazza. Questa è un'asimmetria della società di oggi che, tuttavia, non deve farci intendere che i consumatori non abbiano potere. Dalle battaglie americane degli anni sessanta alla riforma Bersani gli interessi dei cittadini si esprimono attraverso movimenti di protesta e di opinione ma, soprattutto, attraverso le scelte su dove e come indirizzare i propri consumi. Basta dare uno sguardo ai cambiamenti, non sempre evidenti e tuttavia significativi, nell'uso del tempo libero e nei consumi di cultura di ogni giorno, per constatare che la ricerca di novità è decisiva per la cultura, non solo per rinnovare la produzione artistica, ma anche per favorire il mercato. Se mettiamo a confronto, infatti, l'affluenza nei principali musei e siti monumentali italiani nel 2006 con le nuove forme e tipologie di offerta di eventi culturali, risulta ben evidente che il trend pur positivo dei primi è, tuttavia, decisamente inferiore rispetto all'inaspettato successo, in termini di dimensioni, delle seconde. Cerchiamo di capire meglio: il Palazzo Ducale di Venezia, con i suoi 1.499.000 visitatori, il primo museo italiano non archeologico, davanti anche agli Uffizi, è cresciuto del 3,6% rispetto all'anno precedente. Come i Musei Civici di Genova che, raggiungendo la quota di 403.000 visitatori, sono aumentati del 5,4% sul 2005. O il Polo Museale Fiorentino, con 5,1 milioni di visitatori, pari all'8,2% in più dell'anno precedente. Anche per quanto riguarda i musei e le aree archeologiche dello Stato, che hanno superato i 34 milioni di visitatori e i 200 milioni di euro di introiti, si può segnare un incremento rispettivamente del 4,4% e dell'11%. In sintesi, si sta registrando una dinamica di forte crescita, che conferma l'attitudine dell'offerta di nuove tipologie di eventi a stimolare la domanda, mettendo in luce che la qualità degli eventi culturali e il loro continuo rinnovamento, nella forma e modalità di partecipazione dei cittadini, è assolutamente determinante. La Notte Bianca a Roma, ad esempio, ha mobilitato nel 2006 oltre 2,5 milioni di persone per oltre quattrocento eventi programmati, con un giro d'affari di 94 milioni di euro, 25 milioni di euro incassati dallo Stato in gettito fiscale, a fronte di una spesa pubblica di soli 3 milioni di euro. È la dimostrazione di quanto una manifestazione innovativa per il panorama culturale italiano abbia generato un gradimento da parte del pubblico, spingendo anche alla diffusione di formule analoghe in altre ventitre città italiane. Le Olimpiadi della Cultura di Torino (475.000 visitatori in dieci giorni), l'Ottava Settimana della Cultura (1,5 milioni di visitatori, con un incremento di ingressi di circa il 18% rispetto al 2005), la Festa del Cinema di Roma (500.000 visitatori all'Auditorium Parco della Musica, 56.000 biglietti venduti, 150.000 spettatori). Ma non solo. Anche in altri settori, fino a pochi anni fa assolutamente marginali, si sta riscoprendo un forte interesse. Al Festiva Letteratura di Mantova 41.000 spettatori hanno partecipato, in una settimana, alla presentazione di libri e a dibattiti. C'è, dunque, un pubblico sempre più ampio che si rivolge alla lettura dei versi romantici di George Byron e a quelli aspri di Pasolini. Lunghe code per ascoltare dibattiti e letture di poesie, da Leopardi, Quasimodo, Belli a quelle di autori appartenenti ad altre culture, come il persiano Jalal Al-Din Rumi. Le file interminabili, sin dalla mattina presto, per assistere alle Lezioni di Storia organizzate al Parco della Musica sono divenute un fenomeno europeo. Oltre 5.000 persone al giorno per partecipare al racconto di eventi legati alla storia della propria città. Insomma, dati alla mano, è evidente che sta nascendo un nuovo tipo di domanda culturale in Italia, che va ad affiancarsi a quella più tradizionale di chi visita gli scavi di Pompei o la Galleria Borghese di Roma. Anche gli sforzi per le nuove aperture e la riorganizzazione dei sistemi museali di Torino e dei Musei Civici di Roma sono stati accolti con grande interesse da parte dei cittadini. Basti guardare alla riapertura di Palazzo Madama che in pochi giorni, dal 16 dicembre 2005 alla fine dell'anno, è stato visitato da circa 30.000 persone; al rilancio del Museo Egizio, che ha segnato un aumento del 58% rispetto al 2005, e al successo continuo del Museo Nazionale del Cinema che, grazie alla dinamica degli eventi, ha portato a una crescita del 16%; allo sviluppo dei Musei Capitolini, alla riapertura dell'Ara Pacis, 200.000 visite in otto mesi, e ai risultati derivanti dalla riorganizzazione dell'offerta dei Musei di Villa Torlonia. L'offerta fa emergere, quindi, una domanda da parte degli italiani verso una produzione culturale di qualità, legata a nuove forme di comunicazione e di intrattenimento. Indicando, così, una tendenza diversa di consumo rispetto agli anni passati. | << | < | > | >> |Pagina 237L'importanza e il ruolo dei musei scientifici nella società: il panorama europeo e il caso italiano
A cura di FIORENZO GALLI, GIOVANNI CRUPI e GIUSEPPE DISTEFANO,
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano
Il ruolo dei musei scientifici nella società odierna In quanti luoghi della città è possibile vedere un bambino «giocare» con uno di quei robot industriali che eseguono in fabbrica il montaggio di un'automobile, grazie a un'interfaccia disegnata appositamente per lui? Oppure che un adulto possa estrarre da solo e portare via il proprio DNA visibile in un flacone trasparente dopo averlo confrontato con quello di un pomodoro? Cercare di spiegare la scienza moderna è una questione sempre più rilevante perché, come cittadini, siamo chiamati ogni giorno a fare delle scelte su temi spesso controversi legati alla scienza e alla tecnologia. Molti di questi temi necessitano di essere spiegati o dibattuti in luoghi accoglienti dove poter approfondire la propria comprensione del mondo. Oggi i musei scientifici sono meno focalizzati sul passato, interpretano il presente e guardano al futuro. Offrono in modo consapevole e strutturato esperienze fisiche, emotive e cognitive dirette da condividere insieme agli altri. I temi scientifici che riguardano la vita quotidiana sono resi attraenti sotto forma di programmi educativi ed esperienze accattivanti per i visitatori. Questi musei rappresentano e forniscono un ponte tra i modelli educativi tradizionali e il desiderio del pubblico di vedere la scienza come qualcosa di accessibile. Per assolvere a un compito così complesso, i musei scientifici devono essere «concentrati di oggetti e fenomeni», utili per affascinare e per sviluppare nelle persone capacità critica e consapevolezza del metodo scientifico. Questo rappresenta un nuovo modello ibrido verso cui possono evolvere musei scientifici e science centre. I musei tradizionali hanno bisogno di essere reintepretati da luoghi di collezioni di oggetti e di significati a veicoli di idee per un pubblico finalmente posto al centro dell'azione culturale. Le collezioni vengono usate per decodificare messaggi per il pubblico ma lo sguardo sull'attualità, sulla società contemporanea deve suggerire nuovi temi e aprire nuovi fronti di dialogo. I science centre, visti da alcuni detrattori come poco più di centri per il divertimento, offrono già un ambiente partecipativo per l'esperienza diretta con i fenomeni scientifici attraverso gli exhibit. Per il modo in cui sono presentati, questi sono però spesso privi di un contesto sociale e storico di riferimento. Musei e science centre hanno bisogno di diventare propulsori di un modello partecipato e dialogante che coinvolga la comunità scientifica, il sistema produttivo, le istituzioni e i cittadini. I musei oggi stanno diventando sempre più influenti e sono visti come agenti attivi del cambiamento sociale contemporaneo. Sono parte essenziale del lavoro di ciascun governo che voglia aiutare i propri cittadini a capire se stessi, la propria storia, la propria comunità e il mondo che li circonda. La nuova museologia mira ad ampliare le possibilità di coinvolgimento rendendo i musei luoghi vivi e attivi per tutti, esperti e non esperti, giovani e adulti, per le comunità locali e per i turisti. I musei devono essere occasioni di intrattenimento e non solo di offerta di stimoli intellettuali, luoghi vibranti, eclettici. Abbracciare piuttosto che escludere temi, linguaggi, persone. È necessario offrire autorevolezza, esercitare una funzione educativa i cui frutti possano essere disponibili per molti, prendersi cura del pubblico così come delle collezioni. Il pubblico prova grande interesse e curiosità per la scienza che ha un impatto rilevante sulla vita quotidiana e sull'immaginazione. A partire dagli anni novanta abbiamo assistito a una vera infatuazione per i musei d'arte contemporanea e per i musei scientifici interattivi, che sono spesso diventati un simbolo per le città, trascendendo il ruolo di luogo per presentare l'arte e la scienza. Il museo moderno indipendentemente dal suo tema o soggetto, attraverso l'immaginazione e la professionalità, il buon design e la programmazione delle attività, la capacità di comunicare e di coinvolgere, sta divenendo sempre più un luogo dialettico e straordinariamente persuasivo, aperto a tutti. Al suo interno l'insieme delle collezioni, delle esperienze e dei temi possono coesistere con attività di intrattenimento in un confronto efficace e creativo. La licenza sociale per decodificare il passato, così come il presente, dipende dalla possibilità di rinnovarsi. Spesso i musei sono percepiti come istituzioni statiche e ai margini dei dibatti economici, politici e sociali. La realtà è molto diversa. I musei non sono immuni ai cambiamenti culturali, tecnologici e sociali. Cercano di rispondere innovando ed evolvendosi, rimodellando il modo di lavorare e di coinvolgere, migliorando la qualità e il pubblico beneficio di ciò che offrono. Devono rimanere istituzioni rilevanti, capaci di «ispirare» ed emozionare. Se per lo sviluppo futuro dell'Europa si pensa all'attuazione della strategia di Lisbona, e in particolare si intende competere usando come punti di forza l'eccellenza, l'innovazione e la creatività, nel modello socioeconomico per rendere tale approccio efficace e sostenibile devono essere inclusi non solo i centri di ricerca ma tutti gli attori del contesto sociale. Le organizzazioni culturali, soprattutto i musei, possono ricoprire un ruolo importante per lo sviluppo collettivo di un orientamento all'innovazione e alla creatività e concorrere alla formazione di cittadini consapevoli, informati e responsabili. Quali sono gli elementi indispensabili per tradurre la funzione sociale ed educativa in progettualità visionaria e azione efficace? Risorse, competenze e cooperazione. Promuovere l'arricchimento culturale di un numero sempre più ampio di persone, aumentare l'impatto dell'azione culturale ed educativa per rispondere al livello crescente della domanda e per soddisfare bisogni di divertimento intelligente impongono e richiedono staff più ampi, strutture e adeguati finanziamenti. Purtroppo le analisi in ambito nazionale e il confronto internazionale rivelano che i musei in Italia non sono considerati risorse strategiche per lo sviluppo della comunità. Ciò è dimostrato dal fatto che gli investimenti statali resi disponibili per la crescita e per la gestione di queste istituzioni sono limitati, di gran lunga insufficienti. La mancanza di una policy pubblica per i musei risulta penalizzante per il Sistema Paese, anche considerando che il patrimonio culturale italiano è un fattore di attrazione turistica significativo. Analogamente le città italiane soffrono di un impoverimento che colpisce diverse dimensioni: la vivibilità, la qualità delle persone, dei servizi e dell'ambiente, anche in termini di dinamismo culturale.
Appare evidente la crisi nella responsabilità delle istituzioni pubbliche
nazionali, regionali e locali che dovrebbero operare costruttivamente tanto
nella politica culturale tanto in quella economica.
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