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| << | < | > | >> |IndicePag. 7 Introduzione SAGARANA 13 L'asinello bigio picchiettato 65 Il ritorno del marito prodigo 104 Sarapalba 122 Il duello 147 La mia gente 186 San Marco 210 Invulnerabile 234 Conversazione di buoi 263 L'ora e il momento di Augusto Matraga 301 Glossario 309 Postfazione |
| << | < | > | >> |Pagina 13 [ inizio libro ]Era un asinello bigio picchiettato, minuto e rassegnato, veniva da Passa-Tempo, Conceiçao do Serro o non so dove nel sertao. Si chiamava Settebello, e ai suoi tempi era stato un campione come non ce n'era un altro, né mai ci potrà essere.| << | < | > | >> |Pagina 48Mentre succedeva tutto questo, nella stalla di Reynéro, lì vicino, allentati i sottopancia e tolti i morsi, i cavalli si stavano riposando. In disparte, nell'angolo più scuro e scomodo della tettoia, c'era Settebello. Solo e serio. Senza sprechi, senza mostrarsi disorientato, compiuto il suo dovere, occupava un altro po' degli infiniti tempi morti dell'esistenza.All'improvviso, nella sterpaglia secca del sonno, crepitò e fiammeggiò un rumore: vennero uomini indesiderati che si muovevano come vermi di formaggio nel caldo spessore del silenzio. Erano i bovari che tornavano a prendere i loro cavalli. Arrivarono, montarono, uscirono. Penultimo, Silvino, che prese il baio dalla criniera bianca; ultimo, Joao Manico, che s'impossessò del puledro pezzato; tutt'e due parlando e ridendo molto. Così, nel tempo sufficiente a sferrare un buon calcio, e tranne il misero Settebello, il capannone restò vuoto. C'era una volta, c'era un'altra volta, nell'ombelico del mondo, un asinello picchiettato. | << | < | > | >> |Pagina 188Sciocchezze: in cielo e in terra la mattina era grande: azzurro alto, glaciale, a grandi pennellate; solo sulla linea a sud dell;orizzonte si arenavano cumuli sfilacciati di gelato di cocco; a est sorgeva il sole, enorme, generoso - un dolce giallo di miele con favi brillanti che si rimescolavano al centro.Mi portavo dietro nello zaino un bel po' di provviste e il binocolo. Solo l'ingombro della spingarda già pesava e mi dava fastidio. Ma era necessario, perché non potevo permettere che la gente sapesse che mi addentravo nel bosco e ci passavo l'intera giornata solo per osservare la crescita di una piantina di mirto dalla terra in una cavità del tronco di un sapindo; per assistere alla carica frontale delle formiche gibbose contro la peluria frastagliata ed elettrificata di un bruco urticante; per incantarmi agli amori dei passerotti dal sottocoda rosso, posati sui lunghi rami dello schino; per sapere con certezza se il mio amico "Joao-de-barro" avrebbe chiuso davvero la sua fabbrica di mattoni, osservando il riposo domenicale; per fare scommesse da solo sulla gara di salto con l'asta fra i grilli verdi e i grilli grigi; per studiare gli sforzi di concentrazione del "jabirù" acromegalico; e per ridere alle spalle dei ragni acquatici che corrono qua e là zampettando sulla superficie dell'acqua dei laghetti, pensando che sia terra ferma su cui poter camminare. | << | < | > | >> |Pagina 196E non è per nulla che le parole hanno canto e piumaggio. E che il cafoncello analfabeta Mattutino Solferino Roberto da Silva esiste davvero e quando arriva al negozietto ordina: "Datemi dieci réis di briscotti in cosatola", perché vuole prodotti raffinati e crede che "scatola", con quel suo aspetto plebeo, sia un termine deturpato. E che il mio collega Josué Cornetas è riuscito ad allargare un po' i limiti mentali di un tizio solo bidimensionale insegnandogli questi nomi: intimismo, parallasse, palinsesto, sinclinale, palingenesi, prosopeico, amnemosine, subliminale. E che la popolazione di Calango-Frito non si sente edificata dai sermoni del nuovo parroco padre Geraldo ("Insomma, lo capiscono tutti...") e mugola di nostalgia delle lagne e arringhe del defunto padre Girolamo, in cui "c'era molto più latino"... E che la frase "Sub lege libertas!" proferita in un comizio di una grande città, poté soffocare sul nascere una potente sommossa. E che il piccolo Francisquinho si spaventò e scoppiò a piangere, un giorno, per paura del suono di "frottola" che aveva ripetuto a voce alta quindici o dodici volte per uno scherzo sciocco e poi se n'era scordato e aveva ricominciato a fare il selvaggio. E che l'ordine "Apriti Sesamo ecc." faceva spalancare la porta della caverna-cassaforte... E che, come stavo dicendo, scrissi sul bambù.| << | < | > | >> |Pagina 300 [ fine libro ]Poi Augusto Matraga socchiuse gli occhi, con un sorriso intenso sulle labbra macchiate di sangue, e dal suo viso traspariva una contenuta felicità.Diede ancora uno sguardo in giro, cercando con gli occhi Joao Lomba, e soggiunse, ora in un sussurro che si smorzava: - Portate la mia benedizione a mia figlia... Dovunque sia... E Diodora... Dite a Diodora che è tutto okéi!
Poi, morì.
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