Copertina
Autore Donna J. Haraway
Titolo Testimone_Modesta@ FemaleMan©_incontra_OncoTopo™
SottotitoloFemminismo e tecnoscienza
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2000, Interzone , pag. 318, dim. 142x220x23 mm , Isbn 978-88-07-46024-1
OriginaleModest_Witness
EdizioneRoutledge, New York, 1997
CuratoreLiana Borghi
TraduttoreMaurizio Morganti
LettoreRenato di Stefano, 2000
Classe epistemologia , scienze sociali , biologia , semiotica , femminismo
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


Introduzione

Donna Haraway: se il mondo è un dialetto
    chiamalo metafora
    di Liana Borghi                          11

I PARTE

    Sintassi: La grammatica del femminismo
    e della tecnoscienza                     25

    Saperi                                   27
    Tasti                                    30
    Figure                                   35
    Tempo e spazio                           39
    Contenuti                                42

II PARTE

    Semantica:
    Testimone-Modesta@Secondo_Millennio.
    FemaleMan©_Incontra_OncoTopo™            49

Capitolo 1
    Testimone-Modesta Secondo-Millennio      55
    Testimone modesta                        55
    Secondo millennio                        76

Capitolo 2
    FemaleMan©incontra-Ontopo™
    Topi nei cunicoli dello spazio-tempo:
    fuga tecnoscientifica in due parti       87

    Parte l. Parentela                       87
    Elementi transuranici                    92
    Organismi transgenici                    94
    Vita allo stato puro                     99
    Rappresentare la tecnoscienza           103
    Sorella-fratello maggiore - FemaleMan©  108
    Sorella-fratello minore - Oncotopo™     118
    Significanti sintetici                  125
    Brevettazioni                           127
    Attori pubblici                         134
    Topi e molecole cooperanti              137
    Parte 2. Atti naturali                  143

III PARTE Pragmatica:
    Tecnoscienza in ipertesto               177

Capitolo 4
    Gene
    Mappe e ritratti della vita stessa      187
    Scienza della creazione                 188
    La vita stessa                          190
    Feticismo della mappa                   192
    Metafore dei possesso                   194
    Corporealizzazione e feticismo genetico 198
    Genoma 206
    Ritratto™                               212
    In compagnia dei geni                   221

Capitolo 5
    Feto
    Lo speculum virtuale nel Nuovo ordine
    mondiale                                235
    Il sacro e il comico                    237
    Stazioni di lavoro fetali
    e studi femministi tecnoscientifici     250
    Lo speculum adatto allo scopo           255
    La statistica dei progetti di libertà   261
    Il feto invisibile                      267

    Bibliografia                            291

    L'autrice                               317

 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 27

Sintassi

La grammatica del femminismo
e della tecnoscienza

    "La possibilità di accedere
    all'informazione è potere", disse Nili con
    quel leggero accento nella voce roca... "La
    capacità di leggere e scrivere apparteneva
    alla chiesa a eccezione degli eretici.  E
    degli ebrei, naturalmente.  Noi siamo il
    popolo del Libro: abbiamo sempre
    considerato l'acquisizione della conoscenza
    come parte dell'essere umani.'
                       Marge Piercy, Cybergolem

Saperi

Nili bat Marah Golinken è la guerriera ebrea matrilineare, manipolata geneticamente e dotata di protesi tecnologiche in quel che resta del mondo dopo l'olocausto nucleare immaginato da Marge Piercy in Cybergolem. Il romanzo esplora vari tipi di confine messi in questione dalla creazione blasfema di un golem, nel ghetto di Praga del Diciassettesimo secolo, e di un cyborg, in una città ebraica nel Nord America del Ventunesimo secolo, ambedue assemblati per difendere le rispettive comunità in pericolo. Presentandosi a casa di Malkah, l'anziana donna che ha aiutato il suo collega Avram a programmare 9 cyborg, Nili dice di sé:

[...]

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 29

Questo libro è come lo schermo di un computer in cui si aprono, una dentro l'altra, numerose finestre, ciascuna delle quali è un rapporto sugli umani e i non umani, sulla tecnoscienza e il femminismo, sulla democrazia e la proprietà, la razza, la storia e la parentela. Fin dai tempi, ormai miticí, passati alla storia come gli anni della Rivoluzione scientifica, la modesta testimone racconta storie su configurazioni immaginarie chiamate Nuovo ordine mondiale, Inc., e Secondo millennio cristiano. Ho imparato presto che l'immaginario e il reale si configurano nel fatto concreto; prendo dunque assai seriamente l'attuale e figurale in quanto elementi costitutivi delle realtà vissute, materiali e semiotiche. Avendo imparato a leggere e scrivere sulle narrative della storia di salvezza cristiana e del progresso tecnoscientifico, non sono un'eretica, un'infedele, o un'ebrea, ma una donna segnata e in-formata da questi e altri saperi appresi alla nascita e con l'educazione. Sono cresciuta disintegrata, al centro e contemporaneamente ai margini del potere e dei discorsi egemonici incarnatí nella mia eredità europea e nordamericana. Quindi non dimentico come l'antisemitismo e la misoginia si siano intensificati in Europa durante il Rinascimento e la prima Rivoluzione scientifica, come il razzismo e il colonialismo siano germogliati in quella propensione al viaggio tipica dell'Illuminismo cosmopolita, e come l'aggravarsi della povertà di miliardi di uomini e donne si radichi obiettivamente nelle libertà transnazionali del capitalismo e della tecnoscienza. Tuttavia non dimentico i sogni, il puntuale conseguimento di libertà contingenti, i saperi situati, e il sollievo della sofferenza che sono parte integrante di quest'ibrido, triplo retaggio storico. Rimango figlia della Rivoluzione scientifica, dell'Illuminismo e della tecnoscienza. La mia modesta testimone non potrà mai essere semplicemente un soggetto antagonista; sarà piuttosto un essere sospettoso, coinvolto, istruito, spaventato e fiducioso. Nella rete di storie, attività e strumenti che costituiscono la tecnoscienza, questa testimone è impegnata a imparare come evitare le finzioni e le realtà della Rete che, allo scadere del Secondo millennio cristiano, minacciano il suo mondo. La mia testimone modesta, o testimone modesto che sia, cerca dunque di apprendere e praticare quella consapevolezza differenziale e quei saperi incrociati più adeguati al funzionamento del mondo, a cominciare da quello tecnoscientifico.

Questo libro si situa allora come un nodo verso Internet, sineddoche della ricchezza di connessioni che costituisce quell'uníverso semiotico-materiale, specifico e finito chiamato tecnoscienza.

Testimone_Modesta@Secondo_Millennio. FemaleMan©_Incontra_OncoTopo™ è un indirizzo di posta elettronica. Vediamo come i suoi nodi e i suoi operatori sintattici mappano i tropi e gli argomenti di questo libro.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 34

Sono affascinata dal potere di marche "sintattiche" come il © e il ™. Mi interessa moltissimo individuare quali specie di corpi e quali forme di alleanze sociotecniche, sclerotizzate o mobili (alias relazioni sociali), portino questi piccoli orpello, e soprattutto a spese e a beneficio di chi. In particolare sono interessata a quei manufatti bastardi, come la FemaleMan e l'OncoTopo, che portano in modo tanto disinvolto questi marchi distintivi. Sono affascínata dal supplemento, dall'eccesso e dal commento impliciti in queste piccole marche; mi chiedo che tipi di entità si possano marcare in questo modo. Sono irresistibilmente attratta dai "marchi" intesi come "generi", come marche di genere che funzionano da direttrici sulle mappe di potere e sapere. Mi incuriosisce il modo in cui i membri delle culture tecnoscientifiche sono letteralmente investiti nella loro rete di relazioni proprietarie, sia dal punto di vista psichico sia commerciale.

La proprietà è quel tipo di relazione che pone la merce fuori dei rapporti, e la rende cosa che può essere esaustivamente misurata, mappata, posseduta, di cui ci si può appropriare e di cui si può disporre. Da marxista caparbia e non rieducata, rimango molto interessata al modo in cui le relazioni sociali vengono reificate e sostituite da cose decontestualizzate. Ma, a differenza di Marx, io mi sono alleata con pochi studiosi di materie scientifiche, brillanti e lucidamente folli, con interi eserciti di scienziati e ingegneri potentissimi e per definizione sani di mente, e con una banda variopinta di ecofemministe pazze e patiti di fantascienza. Insisto quindi a dire che non umani e umani sono partner attivi nelle relazioni sociali (o sociotecníche, che è la stessa cosa per questa strana congerie di esseri). Non è vero che tutto ciò che non è umano sia fuori della specie intesa come comunità umana, fuori dagli ordini di signifícazione, e dunque escluso dallo scambio di segni e sogni.

Figure

I segni e i sogni ci portano a considerare un'altra pratica contaminata che pervade il libro e che già il titolo denuncia: la figurazione. In Testimone_Modesta@Secondo_Millennio, il testimone modesto della rivoluzione Scientifica, la FemaleMan© prodotto commerciale del femminismo transnazionale, e l'OncoTopo™ della guerra biotecnica al cancro sono figure che appartengono a secolari narrative di salvezza tecnoscientifica. In questo genere di storie le promesse di salvezza vanno a braccetto con la minaccia di una fine imminente. L'Apocalisse, nel senso della distruzione finale del mondo, e la commedia, nel senso sia di risoluzione buffa, sia di ricomposizione armonica di ogni conflitto attraverso il progresso, sono compagne nella soap opera della tecnoscienza.

[...]

La figurazione ha molti significati che intersecano o eccedono l'eredità del realismo cristiano. Le "figure del discorso" aristotelico hanno a che fare con i dispositivi spaziali della retorica. Una figura è geometrica e retorica; sia i luoghi (topoi) sia i tropí sono concetti di natura spaziale. Inoltre, figure (figura) è il termine francese per volto, un significato mantenuto in inglese nel concetto di lineamenti di una storia. Il verbo inglese to figure (figurare) significa contare, calcolare e anche essere in una storia, avere un ruolo. Una figura è anche un disegno. Le figure appartengono alla rappresentazione grafica e alle forme visive in generale, un fatto di importanza non secondaria in una cultura tecnoscientifica visivamente satura. Le figure possono non appartenere alla sfera della rappresentazione e della mimesi, ma devono essere tropiche; cioè non possono essere letterali e tautologiche. Le figure devono implicare un certo spostamento capace di incrinare identificazioni e certezze.

Le figurazioni sono immagini performatíve che si possono abitare; siano esse verbali o visive, sono mappe sintetiche di mondi contestabili. Tutto il linguaggio, incluso quello matematico, è figurativo, cioè fatto di tropi, groppi che ci fanno deviare dal significato letterale delle parole. Se insisto sulla figurazione è per rendere chiara e ineludibile la qualità tropica di tutti i processi material-semiotici, in particolare quelli tecnoscientifici, basti pensare a una piccola serie di oggetti intorno a cui ruota il nostro mondo: il chip, il gene, il seme, il feto, il database, la bomba, la razza, il cervello, l'ecosistema. Questo mantra di oggetti è fatta di atomi implosi o di densi nuclei pronti a esplodere in una molteplicità di pratiche. Il chip, il seme o il gene sono termini al contempo letterali e figurativi. Abitiamo e siamo abitati da questo genere di figure che mappa universi di sapere, potere e prassi. Leggere queste mappe attraverso competenze ibride e multiple, senza l'anelito totalizzante, le appropriazioni, l'incombere dei disastri apocalittici, delle risoluzioni comiche e delle narrative di salvezza che caratterizzano il realismo cristiano secolarizzato, è l'obiettivo della mia "mutata" testimone modesta.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 42

Contenuti

Testimone_Modesta è organizzato intorno a un'anatomia dei significati. Le sezioni del libro corrispondono alle parti di quella scienza umana che è la semiotica. La prima parte, "Sintassi: la grammatica del femminismo e della tecnoscienza", corrisponde alla sintassi, ovvero alla struttura formale della significazione. La seconda parte, "Semantica: Testimone_Modesta@ Secondo_Millennio. FemaleMan©_Incontra_OncoTopo™, corrisponde alla semantica, cioè ai contenuti e alle figure della comunicazione. La terza parte, "Pragmatica: la tecnoscienza in ipertesto", si richiama alla pragmatica, cioè alla fisiologia della significazione. Infine, inventando una quarta categoria della semantica e creando una sorta di allegoria a partire dagli aspetti convenzionali che strutturano il soggetto, concludo il libro con Diffractions (Diffrazioni), il dipinto di Lynn Randolph in cui una figura scissa si muove, attraverso uno schermo, in un mondo dove modelli di interferenza possono modificare il modo in cui i significati vengono creati e vissuti. Ogni capitolo può essere letto come un saggio autonomo, anche se, letti in sequenza, i capitoli compongono nel loro insieme una sorta di Pilgrim's Progress attraverso percorsi narrativi, apparati material-semiotici e questioni d'interesse politico in cui biologia e informatica coabitano e si riproducono. Guidando chi legge attraverso la grammatica del titolo, ìa prima parte spiega l'indirizzo di posta elettronica e l'intreccio di saperi differenziali necessari per trovare una via d'uscita da chiusure millenarie, e dalla pratica di figurazione contaminata che pervade il libro interfacciando e mescolando finzione narrativa, discussione biologica, analisi storica, indagine politica, giochi matematici, rielaborazioni religiose, letture critiche e immaginarío vísuale. Questo libro è eterogeneo; la mescolanza di generi e l'interdigitazione di organi verbali e visuali che lo compongono richiedono a chi legge una certa generosità di lettura. Tutto sommato, è una specie di manuale su come evitare una lettura miope nell'affrontare una seria ricerca morale e politica sul femminismo, l'antirazzismo, la democrazia, la conoscenza e la giustizia in alcuni importanti campi della scienza e della tecnologia contemporanee. Infine, desidero che chi legge Testimone_Modesta si diverta: in questo testo il comico è sia argomento sia metodo.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 55

Testimone_Modesta
Secondo_Millennio

   Un uomo le cui storie sono state considerate
   specchi della realtà era certamente un uomo
   modesto: i suoi resoconti dovrebbero rendere
   visibile tale modestia.

                Steven Shapin e Simon Schaffer,
                Il Leviatano e la pompa ad aria


Testimone modesta

La testimone modesta è colei che trasmette e riceve messaggi al mio indirizzo di posta elettronica. Come si intreccia la sua posizione soggettiva alle reti materiali e ai simboli contenuti in queste pagine? La testimone modesta è una figura nel plot di questo libro e serve a riconfigurare in modi diversi i soggetti, gli oggetti e il commercio comunicativo della tecnoscienza. La riconfigurazione materializzata mi affascina perché penso sia un progetto in cui sono impegnati sia tecnoscienza sia il femminismo. Una figura mette insieme molte persone, dà corpo a significati condivisi in storie che si insinuano sotto la pelle di chi le legge. Ho preso l'espressione testimone modesta dall'importante libro di Steven Shapin e Simon Schaffer del 1985, Il Leviatano e la pompa ad aria: Hobbes, Boyle e la cultura dell'esperimento in cui ovviamente si parla di un testimone. Affinché la modestia cui si riferisce l'epigrafe sia visibile, l'uomo - il testimone le cui storie rispecchiano la realtà - deve essere invisibile, deve cioè appartenere a quella straordinaria "categoria non marcata" che viene determinata dai potenti codici della propria invisibilità a se stessi. Nei termini straordinariamente suggestivi di Sharon Traweek, quest'uomo deve abitare uno spazio teorico che sia percepito da chi vi si trova come la "cultura della non cultura" (1988).

[...]

Negli annali della Rivoluzione scientifica e della Reale società di Londra per l'incremento delle scienze naturali, Robert Boyle (1627-1691) è ricordato come il padre della chimica e, soprattutto, del metodo sperimentale. Nell'Inghilterra della Restaurazione, subito dopo la Guerra civile, Boyle ebbe un ruolo chiave negli sviluppi che definirono le tre tecnologie fondamentali del nuovo metodo scientifico, cioè: "una tecnologia materiale costituita dalla costruzione e dalla funzionalità della pompa ad aria compressa; una tecnologia letteraria attraverso la quale i fenomeni prodotti dalla pompa venivano portati alla conoscenza di coloro che non ne erano stati diretti testimoni; e una tecnologia sociale comprendente le norme e le consuetudini che i filosofi sperimentali avrebbero dovuto adottare tra di loro e nel valutare le nuove scoperte" (Shapin e Schaffer 1985:25). La filosofia sperimentale - cioè la scienza - poteva espandersi solo grazie all'espandersi delle sue pratiche materiali. Non era una questione di idee, ma dell'apparato di produzione di ciò che poteva contare o meno come sapere.

Al centro di questa storia c'è uno strumento, la pompa ad aria. Collocata all'interno delle tecnologie letterarie e sociali della "testimonianza", e sostenuta dal lavoro sommerso che ne rendeva possibile la costruzione, la manutenzione e il funzionamento, la pompa ad aria acquisì lo straordinario potere di stabilire dati di fatto indipendenti dalle interminabili polemiche politiche e religiose dell'epoca. Questi dati di fatto contingenti, questi "saperi situati", erano costruiti in modo tale da avere l'incredibile capacità di fondare oggettivamente, letteralmente, l'ordine sociale e il sapere. Distinguere tra il sapere tecnico e l'opinione per legittimare un modello di vita senza appellarsi ad autorità trascendenti o astratte certezze, fu un atto fondante della modernità - la separazione della tecnica dalla politica. Nelle dimostrazioni della pompa ad aria di Boyle era in gioco molto più che l'esistenza o la non esistenza del vuoto. Come dicono Shapin e Schaffer: "Il dato di fatto può servire da fondamento del sapere e assicurare il consenso se non è ritenuto una costruzione. Ciascuna delle tre tecnologie di Boyle funzionava come una risorsa oggettivante facendo in modo che i fatti sembrassero dati, non arte-fatti" (1985:77). Le tre tecnologie, metonimicamente integrate nella pompa ad aria vista come strumento neutro, svuotavano il fattore umano dal prodotto. Il filosofo sperimentale poteva così affermare: "Non sono io a dirlo; è la macchina" (íbid.). "Doveva infatti essere la natura, non l'uomo, a forzare e a determinare il consenso" (1985:79). E con ciò il mondo dei soggetti e degli oggetti era a posto, e gli scienziati potevano accomodarsi strategicarnente dalla parte degli oggetti. Fungendo da portavoce trasparenti di questi ultimi, gli scienziati, uomini la cui unica dote visibile era una limpida modestia, si guadagnarono i più formidabili alleati ed entrarono a far parte di quella che abbiamo definito la "cultura della non cultura", mentre tutti gli altri si trovarono automaticamente relegati nel dominio della cultura e della società.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 60

Shapin (1994:xxii) appoggia gli sforzi compiuti per portare in primo piano le voci e le opere di coloro che furono esclusi e cancellati dalla storia, tuttavia sostiene anche la legittimità di scrivere la storia di coloro che chiama, in modo solo parzialmente scherzoso, "Maschi Bianchi Europei Morti". In questa storia sono le loro opere e i loro metodi di conoscenza a contare - e non solo per se stessi. Sono perfettamente d'accordo con Shapín quando insiste nel porre l'accento sugli uomini, di qualsiasi categoria, quando sono le loro azioni a contare. L'autorità maschile, inclusa la cultura aristocratica dell'onore e della verità del Seicento, è stata considerata legittima da uomini e donne di ogni strato sociale. Non sarebbe di alcuna utilità al femminismo nascondere questo problema. Non credo che Shapin, o Shapin e Schaffer avrebbero dovuto scrivere i loro libri sulle donne; Shapin (1994) ha comunque molte cose interessanti da dire sulle iniziative delle aristocratiche e pie sorelle di Boyle, in campo domestico e religioso. Senza studiare i "Maschi Bianchi Europei Morti" sarebbe impossibile capire il genere, in campo scientifico e altrove. Tuttavia, credo che Shapin non arrivi a chiedersi se e come proprio l'ambiente di questi scienziati gentiluomini sia stato strumentale alla conservazione di vecchi stereotipi di genere, e a forgiarne di nuovi. Se il metodo sperimentale ha prodotto l'esclusione delle donne in carne e ossa, oltre che dei simboli e delle pratiche culturali considerate femminili, da ciò che contava come verità in ambito scientifico, la pompa ad aria è stata in tutto e per tutto una tecnologia di genere collocata al centro del sapere scientifico. Quello che ha "generato" il metodo sperimentale in un senso piuttosto che in un altro è stata la complessiva assenza, e non l'occasíonale presenza, delle donne, di qualsiasi classe, lignaggio o colore - e i modi storicamente specifici in cui la semiotica e la psicodinamica della differenza sessuale funzionavano.

Mi domando: che ruolo ha tutto questo nel determinare ciò che conta come sapere nella poliedrica tradizione scientifica? Il genere è sempre una relazione, non una categoria precostituita di esseri umani, o qualcosa che qualcuno può possedere. Il genere riguarda tanto le donne quanto gli uomini. Il genere è la relazione tra vari tipi di categorie costruite, di donne e di uomini (e tra tropi variamente assemblati), differenziati per nazione, generazione, classe, lignaggio, colore e quant'altro. Shapin e Schaffer mettono insieme tutti questi elementi cercando di dire qualcosa su come il genere sia stato uno dei prodotti della pompa ad aria; ma la loro analisi è viziata da un punto cieco, una zona d'ombra che consiste nel considerare il genere sinonimo di donne, invece che una relazione. È possibile che nel suo libro successivo Shapin abbia ragione quando afferma che l'incontro tra scienza e civiltà non ha prodotto niente di interessante per quanto riguarda il metodo sperimentale e le sue procedure di verifica dei fatti. Ho tuttavia l'impressione che il modo in cui formula le domande sulle categorie degli esclusí gli abbia impedito di rispondere in modo soddisfacente a due interrogativi che mi intrigano: 1) In che modo è stato costituito il genere nello stile di vita derivante dal metodo sperimentale? 2) Questo fatto influì o meno, e come, su ciò che poteva essere considerato sapere affidabile in campo scientifico durante e dopo il Seicento? In che modo la costruzione del genere nel metodo sperimentale divenne parte attiva nella negoziazione del confine, sempre tormentato, tra "interno" e "esterno" della scienza? In che modo la definizione dei rapporti di genere è legata alla definizione di ciò che contava per oggettivo e soggettivo, politico e tecnico, astratto e concreto, credibile e ridicolo?

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 66

L'autoinvisibilità e la trasparenza che caratterizza il testimone modesto di Boyle - cioè, l'"indipendenza" fondata sul potere e sull'invisibilità coatta di coloro che sostengono la vita e la conoscenza di un soggetto - rappresenta il cuore della critica femminista e multiculturale del tardo Ventesimo secolo alle circoscritte e tendenziose forme di "oggettività" tipiche della prassi tecnoscientifica che si autoproduce come "cultura della non cultura". La scienza femminista antirazzista riesamina ciò che significava, e tuttora significa, venire cancellati dalla modesta testimonianza di chi è, per sua speciale virtù, trasparente e invisibile. "In principio", l'esclusione delle donne e dei lavoratori era strumentale alla gestione di un confine critico tra il guardare e il testimoniare, tra chi era scienziato e chi non lo era, tra la cultura popolare e il fatto scientifico. Non sto affermando che le gesta di Boyle e della Royal Society furono da sole capaci di forgiare la scienza sperimentale e teorica così come oggi la conosciamo, sarebbe ridicolo. Come ogni figlia/o della Rivoluzione scientifica tendo a puntualizzare continuamente i fatti in modo fondato. Quindi uso la storia di Boyle e del metodo sperimentale come una figura della tecnoscíenza. La storia cioè ha un significato che va oltre lo spirito della sua lettera. La mia affermazione è duplice: 1) ci sono eredità pratiche che hanno conservato la loro forza pur avendo subito molte riconfigurazioni nel corso del tempo; e 2) le storie della Rivoluzione scientifica costituiscono una narrativa sulla "oggettività" che continua a interferire con la tecnoscienza più adeguata e autocritica, impegnata nella definizione di saperi situati. La pratica cruciale della testimonianza attendibile è insomma ancora in gioco.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 87

2

FemaleMan©_incontra_OncoTopo™

Topi nei cunicoli dello spazio-tempo: fuga tecnoscientifica in due parti

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 91

Incroci, innesti e trasgressione di confini sono tutti temi prediletti dai commentatori statunitensi di questa fine secolo, e non posso pretendere di essere un'eccezione. Dunque consentitemi di seguire la devastata genealogia della tecnoscienza attraverso la prima epigrafe, un gioco matematico sulla trasgressione sotto fonna di proporzione:

ELEMENTI TRANSURANICI : ORGANISMI TRANSGENETICI
 :: LA GUERRA FREDDA : IL NUOVO ORDINE MONDIALE

Per esteso, questa proporzione si legge così: gli elementi transuranici (come il plutonio prodotto dai reattori nucleari) stanno agli organismi transgenici (come i topi prodotti dall'ingegneria genetica e i pomodori confezionati nei laboratori biotecnologici) come la Guerra fredda (alimentata dal suo fondamentale generatore di cultura nucleare) sta al Nuovo ordine mondiale (spinto dal suo generatore dinamico di cultura d'impresa transnazionale).

In Secrets of Life, Secrets of Death, Evelyn Keller (1992a) ha esplorato le connessioni scientifiche e psicoanalitiche che sussistono tra la ricerca del "segreto" dell'atomo, che risale alla metà del secolo e ha portato alla fisica e alle armi nucleari, e la ricerca del "segreto" della vita che emerge nel campo della genetica molecolare e dell'ingegneria genetica. Scandagliare questi "segreti" è una delle principali narrative di trasgressione erotica nel campo della tecnoscienza.

[...]

Nella suddetta proporzione, che mette in relazione il plutonio con gli organismi progettati geneticamente e li colloca nei rispettivi cronotopi storici, dalla Seconda guerra mondiale al Nuovo ordine mondiale, passando attraverso la Guerra fredda e gli anni ottanta fino ai giorni nostri, mi interessano sia la questione della tassonomia e della categoria, sia lo status naturale di entità artificiali - insomma, le affinità e le parentele. La parentela è una tecnologia per produrre l'effetto materiale e semiotico di una relazione naturale, di una specie comune.

Elementi transuranici

Nel 1869 il chimico russo Dimitri Ivanovich Mendeleyev pubblicò il suo lavoro sulla regola periodica e sulla tavola periodica degli elementi. I 63 elementi allora conosciuti vi erano ordinati secondo proprietà che sembravano ripetersi come funzioni del peso atomico. Più tardi alcuni chimici sostennero che la tavola era in realtà ordinata in base al numero atomico, ovvero il numero dei protoni del nucleo, e non in base al peso atomico (neutroni più protoni). All'inizio del Ventesimo secolo Niels Bohr mise a punto un modello atomico che leggeva le ricorrenti proprietà degli elementi come una funzione di numeri quantici, cioè, il numero degli elettroni presenti nel "guscio esterno" di un atomo.

La cosa notevole è che in tutte le sue diverse interpretazioni la tavola periodica prediceva molti elementi sconosciuti che sarebbero stati scoperti o creati in seguito, e le cui proprietà avrebbero confermato in modo rassicurante i pronostici; con le sue relazioni diagonali, verticali, orizzontali e transitorie, rappresentava i valori tradizionali della famiglia nell'ambito della chimica. La tavola periodica degli elementi sta ancora appesa in tutte le aule di chimica che conosco, ed è molto più che una creazione storica capace di dimostrare graficamente l'autorità della scienza e il suo potere di ordinare le proprietà fondamentali della materia per i milioni di studenti che hanno trascorso ore e ore sotto la sua egida. La tavola periodica continua a generare sapere secondo il metodo sperimentale; è un potente strumento tassonomico per quello che i miei simili considerano natura. Le relazioni di affinità tra gli elementi sono un oggetto naturale e tecnico di conoscenza che colloca, semioticamente e strumentalmente, ogni cosa terrestre al suo posto.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 94

Organismi transgenici

L'ultima novità degli anni novanta, come dimostra il supplemento economico di un qualsiasi quotidiano, sono gli organismi transgenici prodotti in un altro genere di reattore autofertilizzante della cultura d'impresa transnazionale: il laboratorio biotecnologico. Alla metà del Settecento, il naturalista svedese Linneo definì una gerarchia di categorie tassonomiche al di sopra della specie (genere, famiglia, classe, ordine e regno) e introdusse il sistema binario di nomenclatura che ancora oggi dà a tutti gli organismi viventi sulla terra un nome composto dalla specie e dal genere. Le specie, ritenute conformi a un archetipo o discendenti da un ceppo comune, erano considerate entità naturali tassonomiche la cui purezza era protetta da un involucro naturale. Nel 1859, con L'origine delle specie, Charles Darwin fornì un resoconto evolutivo e un meccanismo plausibile capace di unificare diversi principi di classificazíone e spiegazione sia per la trasformazione sia per la relativa stabilità delle specie. Alla metà di questo secolo, la sintesi neodarwiniana importò massicciamente la genetica della popolazione nel pensiero evoluzionista. Secondo questa teoria, il mutamento genetico è il mutamento evolutivo; la mutazione e la variazione nella ricorrenza genetica delle popolazioni costituiscono la sostanza e il motore della vita. Se la tavola periodica ha collocato gli elementi terrestri in famiglie stabili, la teoria evolutiva e la genetica hanno uniformato il concetto di vita sulla Terra. Gli esseri umani sono interpellati nell'una e nell'altra definizione delle specie.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 102

Può sembrare perverso da parte mia avvertire i pericoli del razzismo nell' opposizione all'ingegneria genetica e specialmente a quella transgenica, proprio nel momento in cui si sono formate coalizioni nazionali e transnazionali di organizzazioni non governative di nativisti, consumatori, femministe, ambientalisti e di sviluppo per opporsi alla "brevettazione, commercializzazione ed espropriazione di materiali genetici umani, animali e vegetali". Sebbene le implicazioni economiche, morali e scientifiche non siano affatto semplici, io mi oppongo alla brevettazione di animali, di geni umani e di gran parte del materiale genetico vegetale. Tuttavia, non si possono ridurre la scienza e lo sviluppo all'uso di geni per profitto. La scienza e la politica genetica sono al cuore delle battaglie per l'uguaglianza, la democrazia e la vita sostenibile. La mercificazione globale delle risorse genetiche è un'emergenza politica e scientifica, e le popolazioni indigene hanno un ruolo chiave nella biopolitica, proprio come l'hanno avuto nella cultura nucleare. Ma la "sinistra" politica in cui mi riconosco tende a collassare la genetica molecolare, la biotecnologia, il profitto e lo sfruttamento in un'unica massa indifferenziata; questo errore non è meno grave di quello della "destra" che riduce la complessità biologica o informativa al gene e alle sue incarnazioni, dollaro incluso.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 104

In terzo luogo, insieme a molti altri studiosi che oggi si occupano di tecnoscienza, credo che la scienza sia una prassi culturale e una cultura della prassi. Il laboratorio è un luogo speciale, non per una qualche ragione epistemologica che potrebbe confortare filosofi positivisti, matematici dispeptici o i loro colleghi biologi, ma perché il laboratorio è un insieme e una concentrazione di azioni e di attori umani e non umani, e di risultati che mutano le entità, i significati e le vite su scala globale. Tuttavia il laboratorio non è l'unico luogo in cui la tecnoscienza prende forma. L'interpretazione culturale, anziché togliere concretezza, materialità e autorità scientifica alla definizione della conoscenza, conferisce alla tecnoscienza presenza, dinamismo, contingenza e spessore. Il termine "cultura" denota non ciò che è irrazionale ma ciò che ha significato.

[...]

I guardiani della vecchia ortodossia non se la prendono con lo spessore, la fantasia o l'ordinarietà della scienza vista come prassi e cultura, ma con il fatto che si apra alla contestazione. Alcuni scienziati e filosofi, secondo me, sono allarmati dalla tesi che la scienza sia una pratica culturale, poiché ciò consente a una variopinta banda di intrusi di intervenire nella definizione di ciò che conterà come sapere scientifico, a vantaggio di chi e a quale costo. Nella scienza vista come "cultura e prassi", non è più possibile occultare la costruzione e la manutenzione dei confini, che peraltro nessuno vieta, anzi. Mantenere i confini, così come mescolare e congiungere, richiede lavoro, incluso quello semiotico, logico e retorico di convincere persone simili e allo stesso tempo diverse da noi; questo lavoro rappresenta la prassi e la cultura in azione. Le linee di confine tra l'interno e l'esterno della scienza, o tra la correttezza e l'erroneità di specifici resoconti scientifici del mondo, rimangono importanti; solo che queste linee non sembrano più precostituite nella mente degli dei, o imposte una volta per tutte da mitici eroi come quelli della Rivoluzione scientifica. Gli dei possono continuare a pensare in numeri e a disegnare geometrie, ma in quel caso verranno sottoposti alla stessa analisi irriverente riservata agli stregoni e agli etologi.

[...] Per essere significativo, l'universale deve essere costruito a partire da entità umane e non umane. I rapporti tra sapere e democrazia vanno riconfigurati materialmente a ogni livello della pratica tecnoscientifica, e non solo a livello epistemologico. Io credo che questo sia un dato di fatto, e vi ho investito speranza e impegno. La mia posizione non ha nulla a che fare con il relativismo; è anzi il rifiuto di quella mano di carte truccate che ci costringe a scegliere tra dualismi inaffidabili come realismo e relativismo.

Quarto e ultimo punto della mia partitura per l'orchestrazione dell'azione tecnoscientfflca è la metafora che mescola precariamente il fisico al biologico e rappresenta la forza dell'implosione e l'intrico dei filamenti nei mondi del transuranico e del transgenico. La questione è semplice: i mondi, le entità e le azioni tecniche, testuali, organiche, storiche, formali e mitiche implodono nel crogiolo gravitazionale della tecnoscienza - o, forse, in quello di ogni mondo tanto massiccio da deviare la nostra attenzione, piegare le nostre certezze, e sostenere le nostre vite. Potenti categorie collassano l'una sull'altra. Analiticamente e temporaneamente, la tentazione è quella di spostare sullo sfondo ciò che conta come politico e di portare in primo piano il tecnico, il formale, o il quantitativo, oppure di sottolineare il testuale e il semiotico, mettendo a tacere l'economico o il mitico. Ma sfondo e primo piano sono questioni relazionali e retoriche, non dualismi binari o categorie ontologiche. L'incertezza politica non scompare per il solo fatto che ci sentiamo al riparo nella zona franca del tecnico, e viceversa. Storie e fatti non stanno per natura a una rispettosa distanza; anzi, coabitano promiscuamente negli stessi luoghi materiali. Determinare ciò che costituisce una dimensione implica tracciare e mantenere dei confini. La tecnoscienza ha dimostrato empiricamente che la parola tecnico non denota uno spazio epistemologico o pratico, ordinato e limpido. Niente di così produttivo può essere tanto semplice.

Ogni essere tecnoscientifico, sia esso libro di testo, molecola, equazione, topo, pipetta, fungo, tecnico, agitatore o scienziato, può - e spesso dovrebbe - essere costretto ad aprirsi in modo da mostrare i complicati fili economici, tecnici, politici, organici, storici, mitici e testuali che ne compongono i tessuti. Quando parlo di "implosione" non intendo dire che la tecnoscienza è "socialmente costruita", come se il sociale fosse ontologicamente reale e separato, anzi "implosione" presuppone costruire, e farlo in modo continuo ed eterogeneo, con attori umani e non umani, attraverso una pratica situata nella storia.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 179

Pragmatica

Tecnoscienza in ipertesto

Considerata dal punto di vista della
pragmatica, una struttura linguistica è
un sistema di comportamento.
              Charles Morris,
              Foundation of the Theory of Signs

Non potete versare caffè su questo testo,
tornare a un capitolo precedente, sospendere il
giudizio, o semplicemente lasciarvelo scivolare
addosso: dovete interagire con questa cosa.
              Marilyn Strathern,
              Knowing Oceania


L'ipertesto è un'utile metafora per le pratiche di lettura e di scrittura che voglio mettere in evidenza in questa terza parte dedicata alla pragmatica. Il commento dell'antropologa Marilyn Strathern, meravigliosamente irritato, sulla mistificazione dell'ipertesto (Strathern 1994) è un buon punto di partenza per il mio approccio ambivalente a questa tecnologia e alla sua problematica metafora. L'ipertesto, software per organizzare reti di link concettuali, rappresenta e contemporaneamente forgia reti relazionali. L'ipertesto produce attivamente la consapevolezza dell'oggetto che costituisce. L'esercizio rende perfetti, nella coscienza e nell'agire. Come ogni tecnologia che si rispetti, l'ipertesto "realizza" i suoi soggetti e oggetti. Insomma, è una componente qualsiasi dell'apparato materiale e discorsivo per la produzione di cultura tecnoscientifica.

Alla lettera, l'ipertesto, è un meccanismo di indicizzazione tramite computer che consente all'utente di creare e seguire diversi tipi di connessioni tra le variabili interne a una categoria. L'ipertesto è facile da usare e da costruire, e può cambiare il nostro senso della relazione, aiutandoci a tenere le cose in connessione materiale, semiotica e psichica. Ma la cosa forse più importante è che l'ipertesto delinea possibili itinerari di azione in un mondo in cui serve contemporaneamente da strumento e da metafora. Fare connessioni è l'essenza dell'ipertesto. L'ipertesto può influenzare il modo in cui scriviamo fiction, conduciamo una ricerca, costruiamo reti consequenziali nel mondo degli esseri umani e dei non umani.

[...]

Naturalmente, "computer" è una metonimia per le articolazioni di esseri umani e non umani attraverso cui "cose" potenti come la libertà, la giustizia, il benessere, l'abilità, la ricchezza e il sapere sono, in modo vario, ricostituiti. "Il computer" è un tropo, la sineddoche per un mondo di attori e attanti, e non una Cosa che agisce autonomamente. I "computer" di per sé non producono effetti ma, in quanto figurazioni di ibridi umani e non umani, ricostruiscono interi mondi. I software abbastanza potenti da rivoluzionare il modo in cui i computer vengono utilizzati - cioè, il modo in cui prendono forma e agiscono nuovi ibridi di umani e non umani - sono chiamati, ironia della sorte, "applicazioni killer". Comparabili soltanto ai programmi di scrittura e di calcolo, browser come Mosaic saranno probabilmente "applicazioni killer" di questo tipo, capaci di riconfigurare la prassi in una miriade di campi diversi. Mosaic facilita le connessioni ipertestuali e ipergrafiche che producono il soggetto globale della tecnoscienza, specifica forma umana di fine millennio. Discutere come tali soggetti e ibridi siano assemblati e smembrati è una specifica pratica critica tecnoscientifica femminista.

Poiché l'ipertesto ha la capacità fisica e simbolica di influenzare il modo in cui facciamo le associazioni necessarie a definire nuovi "universali umani", lo adotto come metafora per le reti di connessioni consequenziali e contingenti esplorate nella terza parte di Testimone_Modesta. La pragmatica riguarda il significato-in-pratica, è la fisiologia della semiotica. Negli anni trenta, Charles Morris, che ha codificato la semiotica praticata a suo tempo negli Stati Uniti, poteva ancora affermare che solo gli organismi erano capaci di interpretare i segni. "Dal momento che la maggior parte, se non tutti, i segni hanno come loro interpreti organismi viventi, è una caratterizzazione sufficientemente accurata della pragmatica dire che si occupa degli aspetti biotici della semiosi, cioè, di tutti i fenomeni psicologici, biologici, e sociologicí che appartengono al funzionamento dei segni" (Morris 1938:30). Negli anni novanta, in cui si fa fatica a non incontrare macchine che interpretino segni, solo i fossili possono condividere tali preconcetti organicistici. La miriade di negoziazioni quotidiane tra esseri umani e non umani che definiscono la tecnologia sono importanti per caratterizzare gli interpreti di segni, almeno quanto i discorsi sulle scienze biologiche elencati da Morris. In ogni caso, per le cittadine della tecnoscienza di fine millennio, né le persone, gli animali, le piante, i protisti e gli ambienti, né gli esseri artificiali possono essere rappresentati dagli schemi approssimativi con cui Morris descriveva gli organismi. Negli anni novanta, oltrepassata la barriera che un tempo divideva i soggetti dagli oggetti e i viventi dai non viventi, la significazione concreta - cioè, la fisiologia della semiotica - è una cosa da cyborg, da coyote o da trickster, una storia locale, senza fondo, eterogenea e provvisoria. Le macchine per l'interpretazione dei segni sono ontologicamente sporche; sono fatte di attori e attanti articolati provvisoriamente, dispersi temporalmente e spazialmente connessi in rete. Nel più letterale e concreto dei sensi, ciò che conta sono le connessioni e le registrazioni.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 183

L'informatica si ibrida con la biologia nel Nuovo ordine mondiale. Dunque, per delineare una pragmatica efficace per una testimone modesta e mutata, devo combinare il tropo dell'ipertesto con una figura di derivazione biologica. Le cellule staminali (totipotenti) sono quelle cellule che in un organismo hanno la capacità di differenziarsi in qualsiasi altro tipo di cellule. Le cellule staminali possono rigenerare l'insieme di tutti i tipi di cellule possibili per quella forma di vita. L'apparato genomico e non, di una cellula staminale, rimane mobile, indeterminato e versatile. Dopo una irradiazione, le cellule staminali del sistema ematopoietico devono essere ripristinate perché i diversi tipi di cellule del sangue e del sistema immunitario possano riapparire. Dopo una ferita, le cellule staminali di alcuni organismi possono rigenerare organi perduti, o addirittura, interi esseri viventi. Le cellule staminali sono insomma i nodi in cui è concentrato il potenziale di interi mondi.

Oggetti come il feto, il chip/computer, il gene, la razza, l'ecosistema, il cervello, il database e la bomba sono cellule staminali del corpo tecnoscientifìco. Ciascuno di questi curiosi oggetti è un costrutto recente, ovvero un "oggetto di conoscenza" material-semiotico, forgiato da pratiche eterogenee nelle fornaci della tecnoscienza. Essere un costrutto NON significa essere irreale o inventato; proprio il contrario. Da ciascuno di questi nodi o cellule staminali, un intrigo di filamenti conduce in ogni angolo e recesso del mondo. Quali fili seguire è una scelta analitica, immaginativa, fisica e politica. Il mio impegno è di mostrare come ciascuna di queste cellule staminali sia un nodo di pratiche di costruzione del sapere, di industria e commercio, di cultura popolare e battaglie sociali, di formazioni psicanalitiche e storie di corpi, di azioni umane e non umane, di flussi locali e globali, di narrative tramandate e nuove storie, di processi tecnico/culturali sincretici e molto altro.

Per esempio, un seme conserva sotto la buccia la storia delle pratiche di accumulazione, selezione, classificazione, registrazione, analisi biochimica, pubblicità, alimentazione, coltivazione, mietitura, celebrazione, e morte per fame. Un seme prodotto nelle istituzioni biotecnologiche oramai diffuse in tutto il mondo contiene le informazioni specifiche per i sistemi di lavorazione, i calendari di coltura, le procedure per il controllo dei parassiti, la commercializzazione, la proprietà della terra, e le convinzioni sulla fame e il benessere. Analogamente, secondo il ragionamento di Joseph Dumit, un database è un oggetto tecnico e utopico che struttura la futura possibilità di accesso. Un database "è un luogo ideale dove tutti gli elementi sono uguali nella griglia - e ciascuno può accedere a tutti". Il database è un sito condensato per la contestazione delle versioni tecnoscientifiche di democrazia e libertà. Il genoma e il cervello sono, letteralmente, dei database costruiti nella gestione-informatica sperimentale, multidisciplinare, documentaria e proprietaria, e nelle altre pratiche del Progetto genoma umano e del Progetto di mappatura del cervello umano.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 192

Feticismo della mappa

In questo capitolo, comunque, non voglio tanto discutere il feticismo delle merci quanto piuttosto un altro tipo di reificazione, ad esso obliquamente correlata, che traduce la vitalità materiale e contingente di esseri umani e non umani in mappe della vita stessa, e poi scambia la mappa e le sue entità reificate per il mondo non letterale. Mi interessa il feticismo di mondi senza tropi, di mondi letterali, di geni intesi come entità autoteliche. Le mappe geografiche sono incarnazioni di pratiche storiche sfaccettate che intercorrono tra specifici umani e non umani. Queste pratiche costituiscono mondi spazio-temporali; cioè, le mappe sono allo stesso tempo strumenti e significanti della spazializzazione. Le mappe geografiche possono essere feticci, nel senso di apparire non tropiche, rappresentazioni non metaforiche, più o meno accurate, di preesistenti proprietà "reali" di un mondo, in paziente attesa di essere rilevate. In realtà le mappe sono modelli di mondi fabbricati per e attraverso specifiche pratiche di intervento e particolari stili di vita.

In greco, tròpos significa piega, svolta o deviazione; i tropi segnano la qualità non letterale dell'essere e del linguaggio. Le metafore sono tropi, ma ci sono molte altre pieghe nel linguaggio e nei mondi. I modelli tecnoscientifici, concettuali e fisici, sono fondamentalmente più interessanti delle metafore. In quanto strumenti costruiti per essere utilizzati, abitati e vissuti, sono tropi e possono diventare feticci in termini economici, scientifici e psicoanalitici. Curiosamente, i feticci - che di per sé sono "sostituti", cioè una specie di tropi - producono un particolare "errore": offuscano la loro natura sostanzialmente tropica e quella del mondo. I feticci letteralizzano, inducendo a un elementare errore materiale e cognitivo, perché fanno sembrare le cose chiare e sotto controllo. La tecnica e la scienza sembrano fondate sull'accuratezza, l'assenza di pregiudizio, la buona fede, e sul tempo e denaro necessari per portare a termine il lavoro, invece che sulle pratiche materiali e semiotiche di figurazione, e dunque di costruzione di alcuni mondi piuttosto che altri. Le mappe-feticcio sembrano riferirsi alle cose in sé; quelle che invece non si trasformano in feticcio indicano cartografie di lotta o meglio, cartografie di pratiche non-innocenti, che non sempre si traducono in lotta.

 

| << |  <  |  >  | >> |

Riferimenti

Bibliografia
AAAS (American Association for the Advancement of Science), 1993, Mapping the Human Brain, AAAS Special Syinposium, Boston 14-15 febbraio. Allen, Patricia, 1994, The Human Face of sustainable Agriculture: Adding People to the Environmental Agenda, Center for Agroecology and Sustainable Food Systems, University of California, Santa Cruz. Alpers, Joseph, 1994, Putting Genes on a Cbip, "Science", 264, 1400. Althusser, Louis, 1971, Ideology and Ideological State Apparatuses, in Lenin and Philosopby and Other Essays, Monthly Review Press, New York, 121-173; tr. it. Saggi per una conoscenza della transizione, Jaca Book, Milano 1974. Anderson, Christopher, 1993, Researchers Win Decision on Knockout Mouse Pricing, "Science", 260,23-24. Andrews, Edmund L., 1993, U.S. Resumes Granting Patents on Genetically Altered Animals, "New York Times', 3 febbraio, Al, C5. Anker, Suzanne, 1994, Gene Culture: Molecular Metaphor in Visual Art, Plaza Gallery, New York City. Aratani, Lori, 1993, Students Learn 'Lofty' Science Is Within Their Reach, "San Jose Mercury News", 25 aprile, 2B. Arthur, Charles, 1993, The Onco-Mouse That Didn't Roar, "New Scientist", 138,1879,4. Auerbach, Erich, 1953, Mimesis: The Representation of reality in Western Literature, Princeton University Press, Princeton; tr. it. Mimesis: il realismo nella letteratura occidentale, Einaudi, Torino 1964. Baker, Linda, 1995, Message in a Bottle, "In These Times", 19,20,2-26. Bakhtin, Mikhail, 1981, The Dialogical Imagination, a cura di M. Holquist, University Texas Press, Austin. Barad, Karen, 1995a, Meeting the Universe Halfway: Ambiguities, Discontinuities, Quantum Subjects, and Multiple Positionings in Feminism and Pbysics, in Feminism, Science; and the Philosophy of Science: A Dialog, a cura di L.H. Nelson e J. Nelson, Kluwer Press, Norwell (MA). - 1995b, A Feminist Approach to Teaching Quantum Pbysics, in Teaching the Majority: Breaking the Gender Barrier in Science, Mathematics and Engineering, a cura di S.V Rosser, Teachers College Press, New York. Barinaga, Marcia, 1990, Neuroscience Models the Brain, "Science", 247, 524-526. - 1994, Knockout Mice: Round Two, "Science", 265,2-28. Barkan, Elazar, 1992, The Retreat from Scientific Racism! Changing Concepts of race in Britain and the United States Between The World Wars, Cambridge University Press, New York. Barker, Benjamin, 1984, Strong Democracy, University of Califomia Press, Los Angeles e Berkeley. Barker, Joanne, 1995, Indian Made, History of Consciousness Board, University of Califomia, Santa Cruz. Barr, Marleen S., 1992, Feminist Fabulation: Space/Postmodern Fiction, University of Iowa Press, Iowa City. Barroso, Carmen, e Sónia Corréa, 1995, Public Servants, Professionals, and Feminists: The Politics of Contraceptive Research in Brazil, in Conceiving the New World Order: The Global Politics of Reproduction, a cura di ED. Ginsberg e R. Rapp. University of California Press, Los Angeles, 292-306. [...]  

| << |  <  |