Copertina
Autore Josephine Hart
Titolo L'oblio
EdizioneFeltrinelli, Milano, 1995, I Canguri , Isbn 978-88-07-70069-9
OriginaleOblivion
TraduttoreMariapaola Dettore
LettoreRenato di Stefano, 1996
Classe narrativa irlandese
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Pagina 17

Sarah non mi prende in giro. O forse, il che è più vero, non glielo permetto. Ci sono parecchie cose che non le permetto. Non voglio che intrecci le dita con le mie, anche se spesso io la prendo per mano. Non intendo fare un giro in Francia con lei, anche se siamo stati insieme a Roma. Quando dormo con lei, cosa che non avviene mai a casa mia, c'è un certo modo di stare sdraiati uno accanto all'altro che non posso concederle.

Sarah è convinta che il tempo e la pazienza muteranno questo stato di cose. Poiché è giovane, crede che il tempo sia suo alleato. E sebbene sia giovane, crede di poter imparare la pazienza. Perché Sarah ha le convinzioni della giovinezza, le convinzioni della speranza. Ha, si potrebbe dire, un preconcetto nei confronti del futuro.

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Pagina 68

"Possiamo parlare di questo nuovo lavoro... tratta della morte?"

"Non esattamente, signor Bolton. Si potrebbe dire che l'argomento è la morte, ma in realtà è l'oblio. Secondo me la morte ci serve due brutti scherzi: prima la morte fisica, e poi la morte vera, l'oblio, quando veniamo dimenticati. Dalla vita alla morte, dalla morte all'oblio: entrambi tragitti brevi, signor Bolton. Eppure andiamo avanti non in una beata ignoranza... dato che la cosa è universalmente nota... ma in una cecità volontaria, o in un terrore infantile, o in una folle attività e nell'ansia di accumulare quelli che consideriamo emblemi di salvaguardia... La fama, di certo, se tanti mi conoscono... Il denaro, di certo, se ho un valore... Il potere, di certo, se impongo la mia volontà... Forse Epicuro aveva ragione solo a metà. La maggior parte di ciò che facciamo nella vita non mira forse a sconfiggere la morte ma a sconfiggere questo oblio vagamente intuito. Siamo, temo, congenitamente immemori. Immemori del fatto che saremo dimenticati."

"E l'amore?... Di certo, se amiamo?

"L'amore è in assoluto il sentimento più pericoloso per i morti. L'amore è l'assassino. l?amore è sempre l'assassino. Un altro bambino, un'altra avventura sentimentale, un altro matrimonio, col tempo fanno sprofondare i morti nell'oblio. Forse i morti a volte vanno in collera."

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Pagina 74

"Dunque tutti dipendiamo dall'ufficio che assegna le parti?"

Ha sorriso. "Forse è solo colpa del mito della personalità individuale. Ma chiunque siamo, o riteniamo di essere, non c'è via d'uscita. Non abbiamo mezzi per scamparla: né la bellezza, né il talento, né la ricchezza e neppure, ahimè, la virtù, valgono a qualcosa. Il fiume della vita continua a scorrere.

"Perché allora continua a scrivere per il teatro? Da quel che dice sembrerebbe un'attività condannata, e che la felicità umana sia un'utopia."

"Allora ho fallito, signor Bolton, ho fallito. E di certo il futuro mi riserva altri fallimenti. In questo nuovo lavoro cerco di dimostrare che la felicità consiste nell'accettare quella che è la vera conclusione del nostro percorso: non solo la morte ma l'oblio. La felicità è possibile. Di questo sono convinta." Perché non mi sono sentito affatto rassicurato?

"La felicità è una decisione che sta a noi, signor Bolton. La prenda. E smetta di piangere." Ha dato un'occhiata all'orologio. "Santo cielo, devo scappar via. Mi scusi, ma ci vedremo alla lettura di domani. Spiacente lasciarla su una nota provocatoria."

"No, l'ho apprezzata e sono certo che potendo continuare..."

"Purtroppo non esistono conversazioni eteme."

Pagato il conto, siamo tornati in silenzio al teatro. Poi mi sono congedato, uomo ancora giovane che sosteneva la parte del Vedovo.

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Pagina 84

Be', questa scena è smontabile: un po' di marmo, lapidi, terra. Alistair Crowden è in fase minimalista. La croce di seta rossa che ondeggia sul fondo? La morte è ecumenica, si intende, ma Sean ha ritenuto che dovessimo ugualmente impiegare il simbolo della Croce. Spero che chi tra noi non è di fede cristiana, no, non alzate la mano... sia cristiano nello spirito. La Croce è molto evocativa, trovo. L'ha disegnata Sean Cates, carissimo amico di Alistair Crowden. Scoprire altarini? Ma che razza di discorsi sono? Qui l'orgoglio gay si spreca, signor mio.

Quanto all'impianto scenico, leggete Catherine Samuelson in merito alle fondamentali osservazioni di Aristotele circa l'irrealtà reale del teatro. Be', provate a considerarlo l'irrealtà reale della vita. Sedie reali, strutture reali, alberi reali, ma cos'è una persona reale? Amleto è più reale di voi, a questo mondo, miei cari. Siamo tutti destinati a sostenere una parte che è già stata recitata infinite volte? Non vi capita mai di sentirvi intrappolati tra le orde dei morti e di quelli non ancora nati, tutti a bussare alla porta? Per non parlare dei milioni dell'oggi... Il vostro io individuale contro la massa di tutti gli altri... un conflitto eterno, miei cari. Ma basta parlare di voi.

Parliamo di me. Chi è che mi impersona? Chiamiamolo Max. Si. Potrei essere degnamente interpretato da uno che si chiama Max. Bene, via la maschera. E sotto... voilà... quella che vedete, prendetemi in parola, è la maschera di Max. Il mio volto? Credete di poter dedurre qualcosa dalla mia faccia? Vi dirà qualcosa? No, carissimi, non vi dirà niente. !Posso intuire il mio spirito in base alla mia fisionomia?' Voi ci riuscite? No, temo di no. Dunque procuratevi una maschera e non mollatela. Fateci l'abitudine e, soprattutto, attenti che vi si adatti.

E stasera, signore e signori, vi offriamo un tormento squisito, quello altrui. Il vostro preferito. E, dolci dame, cortesi cavalieri, voyeurs, 'mon semblable, mon frère', o 'ma soeur', il tormento altrui ci trasforma tutti in voyeurs. Ben si intende, è essenziale per noi essere certi di trovarci di fronte a un pubblico di persone reali. Voglio dire, tutta la baracca si regge su questo presupposto. Siete reali, voi altri? Be', lo spero proprio.

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Pagina 109

"Concentratevi tutti. Mi chiamo Peter Bishop. È ben chiaro?

Io, Peter Bishop, avevo ventidue anni quando è accaduta una cosa che mi ha indotto a lasciare l'Inghilterra e a trasferirmi a Parigi. Avevo ereditato da mia nonna una somma considerevole. Con l'aiuto di un consulente... presentato da un cugino... a trent'anni avevo trasformato quell'eredità in un grosso patrimonio.

Mia madre, cui ero profondamente affezionato, riteneva che l'amore fosse una virtù, non solo un sentimento. Il suo secondo errore fu credere che la virtù venisse ricompensata. Nel corso del suo matrimonio con mio padre venne lentamente e clamorosamente privata di questa gentile e ammirevole convinzione. Una volta mio padre mi disse che aveva paura della fantasia di mia madre. 'Ha vissuto,' mi raccontò, 'in una casa interamente costruita sull'idea che si era fatta di me. Riuscirò mai a sottrarmici?' È così difficile sottrarsi all'idea che gli altri hanno di noi. È una forma di assassinio.

Forse, per onestà, dovrei descrivervi mio padre. Quando si parla del proprio padre si è sempre falsi. Così, con inevitabile falsità, che ammetto, vi traccio un breve ritratto dell'uomo la cui libidine mi ha generato.

Se trovate cruda questa definizione della paternità, allora non avete conosciuto mio padre. Lui riteneva che i bambini dovessero essere salvaguardati da certi miti della vita. Per esempio il mito del naturale affetto dei genitori. Di conseguenza a mio fratello Daniel e a me è stato insegnato che i bambini vengono al mondo più spesso come risultato del desiderio sessuale che non del desiderio di una progenie. Questa lezione demistificante venne impartita a me e a mio fratello Daniel quando avevamo rispettivamente otto e sei anni. Ci venne spiegato che gli aspetti della paternità relativi alla protezione, guida e cura della prole erano doveri legati alla conseguenza biologica del rapporto sessuale e non necessariamente frutto di affetto spontaneo.

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Pagina 137

Il servizio su Catherine Samuelson ha ricevuto molte lodi. I produttori vogliono candidarlo per un premio. Dicono che ho saputo coglierla. Ma si sbagliano. Per quanto abbia cercato di affrontare l'argomento con molto tatto, lei si è rifiutata di rispondere a qualsiasi domanda circa la sua lunga relazione con Arthur Byfleet, limitandosi a dire: "È stato un errore pagato a caro prezzo, e da altri più che da me".

Per la voluta mistificazione dell'intervallo, che in realtà era il finale della pièce, la spiegazione è stata: "Ho imparato che nella vita molte cose che sono considerate un intervallo in realtà sono la conclusione".

Pareva stranamente carica di dubbi riguardo a molte cose che ha fatto nella vita: ben diversa dalla persona tanto sicura di sé con cui avevo parlato quel giorno a pranzo. Si è espressa in toni appassionati sui pericoli di quella che ha definito "la seduzione di ciò che non è". E si domandava se non avrebbe impiegato meglio il suo tempo presentando quanto lei vedeva come "l'aspro e sacrosanto conforto di ciò che è".

Quindi, a proposito della letteratura, ha fatto un commento che ha provocato l'irosa reazione di un suo famoso collega. "Comincio a chiederini se la letteratura non sia l'oppio dei popoli come la religione. Vite esaminate e spiegate, [...]

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