|
|
| << | < | > | >> |IndiceSommario p.7 Introduzione di F. S. C. Northrop Fisica e filosofia 39 Vecchia e nuova tradizione 42 Sviluppo storico della teoria dei quanta 58 L'interpretazione di Copenaghen della teoria dei quanta 75 La teoria dei quanta e le origini della scienza atomica 94 Evoluzione delle idee filosofiche dopo Descartes in riferimento alla nuova situazione determinatasi in seguito alla teoria dei quanta 113 Relazioni della teoria dei quanta con altri rami della scienza della natura 132 La teoria della relatività 153 Critiche e controproposte all' interpretazione di Copenaghen della teoria dei quanta 174 La teoria dei quanta e la struttura della materia 196 Linguaggio e realtà nella fisica moderna 218 Il ruolo della fisica moderna nell' attuale sviluppo del pensiero umano |
| << | < | > | >> |Pagina 42Sviluppo storico della teoria dei quanta| << | < | > | >> |Pagina 45Nel 1911 le osservazioni di Rutherford sulla interazione dei raggi "alfa" penetranti nella materia si risolsero nella costruzione del suo famoso modello atomico. L'atomo è raffigurato come consistente di un nucleo, caricato positivamente e che contiene quasi l'intera massa dell'atomo, e di elettroni, che girano intorno al nucleo come i pianeti girano intorno al sole. Il legame chimico fra atomi di diversi elementi è spiegato come un'interazione fra gli elettroni esterni degli atomi limitrofi; non ha direttamente a che fare col nucleo atomico. Il nucleo determina il comportamento chimico dell'atomo per mezzo della sua carica che determina a sua volta il numero degli elettroni nell'atomo neutro. Inizialmente questo modello di atomo non fu in grado di spiegare quello che è il tratto piú caratteristico dell'atomo, la sua enorme stabilità. Nessun sistema planetario, seguente le leggi della meccanica newtoniana, ritornerebbe alla sua configurazione originale dopo una collisione con un altro sistema simile. Ma un atomo dell'elemento carbonio, ad esempio, resterà sempre un atomo di carbonío dopo qualsiasi collisione o interazione in un legame chimico.La spiegazione di questa insolita stabilità venne fornita da Bohr nel 1913, per mezzo dell'applicazione dell'ipotesi quantística di Planck. Se l'atomo può modificare la propria energia soltanto per quanta separati d'energia, ciò deve significare che l'atomo può esistere soltanto in stati stazionari separati, dei quali il piú basso è il suo stato normale. Perciò, dopo qualsiasi tipo di interazione l'atomo tornerà sempre alla fine al suo stato normale. | << | < | > | >> |Pagina 51La precisa formulazione matematica della teoria dei quanta emerse finalmente da due diversi sviluppi. L'uno prese le mosse dal principio di corrispondenza di Bohr. Era necessario abbandonare il concetto di orbita elettronica ma si doveva ancora mantenerlo nel limite dei numeri quantici alti, cioè per le grandi orbite. In quest'ultimo caso la radiazione emessa, per mezzo della frequenza e dell'intensità, fornisce un quadro dell'orbita elettronica; essa rappresenta ciò che i matematici chiamano espansione Fourier dell'orbita. Veniva da sé l'idea che le leggi meccaniche dovessero venir scritte non come equazione delle posizioni e delle velocità degli elettroni ma come equazioni delle frequenze e delle ampiezze della loro espansione Fourier. Partendo da tali equazioni con qualche minima variazione si potrebbe sperare di pervenire per quelle quantità a delle relazioni che corrispondano alle frequenze ed alle intensità della radiazione emessa, anche per le piccole orbite e per lo stato base dell'atomo. Questo piano potrebbe ora essere portato a termine; nell'estate del 1925 esso condusse ad un formalismo matematico chiamato meccanica delle matrici o, piú generalmente, meccanica quantica. Le equazioni del moto della meccanica newtoniana vennero sostituite con equazioni similari fra matrici; costituí una strana esperienza trovare che molti degli antichi risultati della meccanica newtoniana, come la conservazione dell'energia, ecc., potevano venir derivati anche nel nuovo schema. Piú tardi, le ricerche di Born, Jordan e Dirac mostrarono che le matrici esprimenti la posizione e il momento dell'elettrone non sono commutabili. Quest'ultimo fatto dimostrò chiaramente la differenza essenziale fra la meccanica quantica e quella classica.L'altro sviluppo seguí l'idea di de Broglie delle onde di materia. Schrödinger cercò di stabilire un'equazione ondulatoria per le onde stazionarie di de Broglie intorno al nucleo. Al principio del 1926 egli riuscí a derivare i valori dell'energia degli stati stazionari dell'atomo d'idrogeno come «autovalori» della sua equazione ondulatoria e poté fornire una regola piú generale per trasformare una data serie di equazioni classiche del moto in una corrispondente equazione ondulatoria in uno spazio a moìte dimensioni. Piú tardi poté provare che il formalismo della sua meccanica ondulatoria era equivalente al precedente formalismo della meccanica quantica. | << | < | > | >> |Pagina 55Ci si avvicinò alla soluzione finale per due strade diverse. L'una fu un aggiramento della questione. Invece di chiedersi: come si può esprimere con i mezzi matematici conosciuti una data situazione sperimentale? ci si pose l'altra domanda: è vero, forse, che possono sorgere in natura soltanto situazioni sperimentali tali da poter essere espresse nei termini del formalismo matematico? L'assunto che ciò fosse vero portava a delle limitazioni nell'uso di quei concetti che, da Newton in poi, avevano costituito la base della fisica classica. Si poteva parlare della posizione e della velocità di un elettrone come nella meccanica newtoniana e si potevano osservare e misurare tali quantità. Ma era impossibile determinare simultaneamente l'una e l'altra di queste quantità a piacere e con grande precisione. In realtà il prodotto di quelle due inesattezza risultò non essere altro che la costante di Planck divisa per la massa della particella. Si potrebbero formulare simili relazioni per altre situazioni sperimentale. Esse vengono comunemente chiamate relazioni d'incertezza o principio d'indeterminazione. S'apprendeva cosí che i vecchi concetti si adattano alla natura solo imprecisamente.| << | < | > | >> |Pagina 58L'interpretazione di Copenaghen della teoria dei quanta| << | < | > | >> |Pagina 71E' stato affermato all'inizio che l'interpretazíone di Copenaghen della teoria dei quanta parte da un paradosso. Parte dal fatto che noi descriviamo i nostri esperimenti nei termini della fisica classica e nello stesso tempo dalla consapevolezza che essi non si accordano perfettamente con la natura. La tensione tra questi due punti di partenza è la radice del carattere statistico della teoria dei quanta. Perciò, è stato qualche volta suggerito di allontanarsi completamente dai concetti classici e che un cambiamento radicale nei concetti usati per descrivere gli esperimenti potrebbe forse ricondurre ad una descrizione della natura non statistica ma completamente obbiettiva.Il suggerimento, tuttavia, poggia su un malinteso. I concetti della fisica classica non sono altro che un raffinamento dei concetti della vita quotidiana e sono parte essenziale del linguaggio che forma la base di ogni scienza naturale. Nella scienza la nostra situazione effettiva è tale che noi non possiamo non far uso dei concetti classici per la descrizione degli esperimenti, ed il problema della teoria dei quanta è stato di trovare un'interpretazione teoretica degli esperimenti su tale base. Non serve a nulla discutere ciò che si potrebbe fare se noi fossimo esseri diversi da quello che siamo. Dobbiamo perciò metterci in testa, come ha detto von Weizsäcker, che «la natura è prima dell'uomo, ma l'uomo è prima della scienza naturale». La prima parte dell'aforisma giustifica la fisica classica, con il suo ideale di completa oggettività. La seconda parte ci dice perché non possiamo sfuggire al paradosso della teoria dei quanta, cioè alla necessità di servirci dei concetti classici. | << | < | > | >> |Pagina 75La teoria dei quanta e le origini della scienza atomica| << | < | > | >> |Pagina 87[...] La concezione moderna della particella elementare sembra, riguardo a questo punto, piú consistente e piú radicale. Se ci poniamo la domanda: che cosa è una particella elementare, noi diciamo, ad esempio, semplicemente un neutrone, ma non possiamo darne una raffigurazione ben definita né spiegare che cosa esattamente intendiamo con questa parola. Possiamo usare varie raffigurazioni e descriverlo una volta come una particella, una volta come un'onda o come un complesso d'onde. Ma sappiamo che nessuna di queste descrizioni è precisa. Certo, il neutrone non ha colore né odore né sapore. Sotto questo rispetto assomiglia all'atomo della filosofia greca. Ma anche le altre qualità dell'atomo ritroviamo nella particella elementare, almeno in certa misura. I concetti della geometria e della cinematíca, come la forma o il moto nello spazio, non possono esserle applicati in modo apprezzabile. Se si vuol dare una precisa descrizione della particella elementare - e qui l'accento cade sulla parola «precisa» - l'unica cosa alla quale si può ricorrere è una funzione di probabilità. Poi ci si accorge che neppure la qualità dell'essere (se questa può essere chiamata una «qualità») appartiene a ciò che viene descritto. E' una possibilità di essere, una tendenza ad essere. Perciò la particella elementare della fisica moderna è ancora piú astratta dell'atomo dei Greci e proprio per questa qualità appare piú consistente come guida atta a spiegare il comportamento della materia.| << | < | > | >> |Pagina 89[...] Anche nella moderna teoria dei quanta si troverà senza dubbio che le particelle elementari sono in definitiva delle forme matematiche, ma di natura molto piú complicata. I filosofi greci pensavano a delle forme statiche e le trovavano nei solidi regolari. La scienza moderna, invece, fin dai suoi principi nel sedicesimo e diciassettesimo secolo è partita dal problema dinamico. L'elemento costante della fisica dai tempi di Newton non è una configurazione o una forma geometrica, ma una legge dinamica. L'equazione del movimento è valida in tutti i tempi, è in questo senso eterna mentre le forme geometriche, come le orbite, sono cangianti. Perciò, le forme matematiche che rappresentano le particelle elementari saranno le soluzioni di alcune leggi eterne del moto della materia. In realtà questo è un problema che non è stato tuttavia risolto. La legge fondamentale che regge il movimento della materia non è ancora conosciuta e perciò è impossibile derivare matematicamente le proprietà delle particelle elementari da tale legge. Però la fisica teoretica allo stato attuale non sembra essere molto lontana da codesta meta e possiamo per lo meno dire qual tipo di legge siamo in diritto di aspettarci. L'equazione finale del movimento per la materia sarà probabilmente un'equazione d'onda non lineare quantizzata per un campo d'onda di operatori, rappresentante semplicemente la materia e non qualche tipo determinato di onde o di particelle.| << | < | > | >> |Pagina 94Evoluzione delle idee filosofiche dopo Descartes in riferimento alla nuova situazione determinatasi in seguito alla teoria dei quanta| << | < | > | >> |Pagina 100La posizione cui aveva condotto la partizione cartesiana riguardo alla «res extensa» può venire denominata realismo metafisico. Il mondo, vale a dire il complesso delle cose estese, «esiste». Ciò va distinto dal realismo pratico, e le diverse forme di realismo possono venir descritte nel modo seguente: noi «oggettiviamo» un'affermazione se pretendiamo che il suo contenuto non dipenda dalla condizione sotto la quale essa può esser verificata. Il realismo pratico sostiene che ci sono delle affermazioni che possono essere oggettivate e che in effetti la massima parte della nostra esperienza della vita d'ogni giorno consiste di tali affermazioni. Il realismo dogmatico pretende che non ci siano asserzioni riguardanti il mondo materiale che non possano essere oggettivate. Il realismo pratico è sempre stato e sarà sempre parte essenziale della scienza della natura. Il realismo dogmatico, invece, non è, come vediamo ora, una condizione necessaria per la scienza naturale. Ma esso nel passato ha svolto un ruolo molto importante nello sviluppo della scienza; in realtà la posizione della fisica classica è quella del realismo dogmatico. E' soltanto per mezzo della teoria dei quanta che abbiamo imparato come una scienza esatta sia possibile senza la base del realismo dogmatico. Quando Einstein ha criticato la teoria dei quanta egli lo ha fatto sulla base del realismo dogmatico. Si tratta di un atteggiamento naturalissimo. Ogni scienziato che compie opera di ricerca sente di essere alla ricerca di qualche cosa di oggettivamente vero. Le sue affermazioni non sembrano dover dipendere dalle condizioni in base alle quali possono essere verificate. Specialmente in fisica, il fatto che noi possiamo spiegare la natura per mezzo di semplici leggi matematiche ci dice che abbiamo a che fare con dei caratteri genuini della realtà, e non con qualche cosa che abbiamo - in qualsiasi significato del termine - inventato noi stessi. Questa è la situazione che Einstein aveva in mente quando assunse il realismo dogmatico come base per la scienza della natura. Ma proprio la teoria dei quanta è un esempio della possibilità di spiegare la natura per mezzo di semplici leggi matematiche senza dover poggiare su quella base. Può essere che queste leggi non appaiano propriamente semplici se paragonate a quelle della meccanica newtoniana. Ma tenendo conto della complessità enorme dei fenomeni che debbono essere spiegati (per esempio gli spettri a righe di atomi complicati), lo schema matematico della teoria dei quanta è comparativamente semplice. La scienza naturale è in effetti possibile senza la base del realismo dogmatico.| << | < | > | >> |Pagina 113Relazioni della teoria dei quanta con altri rami della scienza della naturaE' stato detto prima che i concetti della scienza naturale possono qualche volta essere nettamente definiti riguardo alle loro connessioni. Questa possibilità venne afferrata per la prima volta nei Principia di Newton ed è proprio per questa ragione che l'opera di Newton ha esercitato la sua enorme influenza sull'intero sviluppo della scienza naturale nei secoli seguenti. Newton comincia i suoi Principia con un gruppo di definizioni e di assiomi che sono cosí reciprocamente connessi da formare ciò che si può chiamare un «sistema chiuso». Ogni concetto può essere rappresentato da un simbolo matematico, e le connes- sioni tra i diversi concetti sono quindi rappresentate da equa- zioni matematiche espresse per mezzo dei simboli. | << | < | > | >> |Pagina 115Fino a questo punto il programma avviato dalla meccanica newtoniana era stato portato innanzi in modo pienamente consistente ed aveva condotto alla comprensione d'un vasto campo d'esperienza. La prima difficoltà sorse nelle discussioni sul campo elettromagnetico nell'opera di Faraday e di Maxwell. Nella meccanica newtoniana la forza di gravitazione era stata considerata come un dato, non come oggetto di ulteriori studi teoretici. Nell'opera di Faraday e di Maxwell, invece, lo stesso campo di forza divenne l'oggetto di investigazione; i fisici vollero sapere come questo campo di forza variava in funzione dello spazio e del tempo. Cercarono perciò di stabilire equazioni di moto per i campi e non primariamente per i corpi su cui i campi agiscono.| << | < | > | >> |Pagina 119Perciò, la relazione fra due diversi sistemi coerenti di concetti richiede sempre una molto attenta investigazione. Prima di addentrarci in una discussione generale di qualcuna di tali serie chiuse e coerenti di concetti e sulle loro possibili relazioni, forniremo una breve descrizione di quelle serie di concetti che sono state fino ad ora definite in fisica. E' possibile distinguere quattro sistemi che hanno già raggiunto la loro forma definitiva.La prima serie, la meccanica newtoniana, è già stata discussa. E' adatta per la descrizione di tutti i sistemi meccanici, del moto dei fluidi e della vibrazione elastica dei corpi; comprende l'acustica, la statica, l'aerodinamica. Il secondo sistema chiuso di concetti si formò nel corso del diciannovesimo secolo in rapporto con la teoria del calore. Per quanto la teoria del calore poté alla fine essere connessa con la meccanica attraverso lo sviluppo della meccanica statistica, non corrisponderebbe a verità considerarla come una parte della meccanica. Infatti la teoria fenomenologica del calore si serve d'un certo numero di concetti che non hanno alcuna corrispondenza nelle altre branche della fisica, come: calore, calore specifico, entropia, energia libera, ecc. Se da questa descrizione fenomenologica si passa ad una interpretazione statistica, considerando il calore come una energia, distribuita statisticamente fra moltissimi gradi di libertà dovuti alla struttura atomica della materia, il calore allora non è piú connesso con la meccanica di quanto non lo sia con l'elettrodinamica o con altre parti della fisica. Il concetto centrale di tale interpretazione è il concetto di probabilità, strettamente connesso con il concetto d'entropia nella teoria fenomenologíca. Oltre che di questo concetto la teoria statistica del calore abbisogna del concetto di energia. Ma qualsiasi serie coerente di assiomi e di concetti della fisica conterrà necessariamente i concetti di energia, di momento e di momento angolare e la legge per cui queste quantità debbono, sotto certe condizioni, essere conservate. Ciò accade se la serie coerente è intesa a descrivere certi aspetti della natura che sono validi in tutti i tempi ed in tutti i luoghi; in altre parole, aspetti che non dipendono dallo spazio e dal tempo o, come dicono i matematici, sono invarianti anche se sottoposti a traslazioni spaziali o temporali, alla rotazione nello spazio e alle trasformazioni di Galileo o di Lorentz. Perciò, la teoria del calore può essere combinata con qualsiasi degli altri sistemi chiusi di concetti. Il terzo sistema chiuso di concetti e di assiomi ha origine nei fenomeni dell'elettricità e del magnetismo ed ha conseguito la sua forma finale nel primo decennio del ventesimo secolo attraverso l'opera di Lorentz, Einstein e Minkowski. Esso comprende l'elettrodinamica, la relatività speciale, l'ottica, il magnetismo e può esservi inclusa la teoria di de Broglie sulle onde di materia di tutti i diversi tipi di particelle elementari, ma non la teoria Ondulatoria di Schrödinger. Infine, il quarto sistema coerente è essenzialmente la teoria dei quanta quale è stata descritta nei primi due capitoli. Suo concetto fondamentale è la funzione di probabilità, o la «matrice statistica», come i matematici la chiamano. Comprende la meccanica quantica e ondulatoria, la teoria degli spettri atomici, la chimica, e la teoria delle altre proprietà della materia come la conduttività elettrica, il ferromagnetismo, ecc. Le relazioni tra queste quattro serie di concetti possono essere indicate nel modo seguente: la prima serie è contenuta nella terza come il caso limite, in cui la velocità della luce può essere considerata infinitamente grande, ed è contenuta nel quarto come il caso limite in cui la costante d'azione di Planck può essere considerata come infinitamente piccola. La prima e in parte la terza serie appartengono alla quarta come un a priori necessario per la descrizione degli esperimenti. La seconda serie può essere connessa con qualsivoglia delle altre tre serie senza difficoltà ed è importante specialmente nei suoi rapporti con la quarta. L'esistenza indipendente delle serie terza e quarta suggerisce l'esistenza d'una quinta serie di cui la prima, la terza e la quarta costituiscono i casi limiti. Questa quinta serie sarà un giorno ritrovata in connessione con la teoria delle particelle elementari. | << | < | > | >> |Pagina 128Quando si confronta quest'ordine con le piú vecchie classificazioni che appartengono ai primi stadi della scienza naturale, si vede che il mondo è stato ora diviso non in diversi gruppi di oggetti ma in diversi gruppi di connessioni. In un periodo piú antico della scienza si distinguevano ad esempio, come gruppi diversi, minerali, piante, animali, uomini. Tali oggetti venivano assunti, secondo i vari gruppi, come di diversa natura, costituiti di materiale diverso, e determinati nel loro comportamento da forze diverse. Noi sappiamo ora che si tratta sempre della stessa materia, degli stessi vari componenti chimici che possono appartenere a qualsiasi oggetto, a minerali come ad animali o a piante; anche le forze che agiscono fra le diverse parti della materia sono infine le stesse in ogni genere di oggetti. Ciò che può essere distinto è il tipo di connessione che principalmente importa in un certo fenomeno. Per esempio, quando parliamo dell'azione di forze chimiche noi intendiamo indicare un tipo di rapporto piú complicato ed ogni caso diverso da quello espresso nella meccanica newtoniana. Il mondo appare cosí come un complicato tessuto di eventi, in cui rapporti di diverso tipo si alternano, si sovrappongono e si combinano determinando la struttura del tutto.Quando noi rappresentiamo un gruppo di nessi con un sistema chiuso e coerente di concetti, di assiomi, di definizioni e di leggi, rappresentate a loro volta da uno schema matematico, noi abbiamo di fatto isolato ed idealizzato questo gruppo di nessi allo scopo d'una chiarificazione. Ma anche se in questo modo viene raggiunta la chiarezza completa, non si sa con quale esattezza la serie di concetti descriva la realtà. | << | < | > | >> |Pagina 132La teoria della relatività[...] Il passo decisivo tuttavia venne compiuto col saggio di Einstein del 1905 in cui egli considerava il tempo «apparente» della trasformazione di Lorentz come il tempo «reale» ed aboliva ciò che Lorentz aveva chiamato il tempo «reale». Ciò costituí una trasformazione nelle basi stesse della fisica: una trasformazione inaspettata e assolutamente radicale che richiese tutto il coraggio di un genio giovane e rivoluzionario. Per compiere questo passo non ci fu bisogno di null'altro, nella rappresentazione matematica della natura, che di una coerente applicazione della trasformazione di Lorentz. Ma in base a questa nuova interpretazione la struttura dello spazio e del tempo erano mutate e molti problemi della fisica apparivano in una luce nuova. La sostanza etere, per esempio, poteva venir abolita. Giacché tutti i sistemi di riferimento che sono in moto di traslazione uniforme l'uno rispetto all'altro sono equivalenti per la descrizione della natura, perde ogni significato l'affermazione che c'è una sostanza, l'etere, che è in riposo in uno soltanto di questi sistemi. Tale sostanza non è in effetti necessaria ed è molto piú semplice dire che le onde luminose si propagano nello spazio vuoto e che i campi elettromagnetici sono una realtà di per sé e possono esistere nello spazio vuoto. | << | < | > | >> |Pagina 138Ma la differenza è questa: nella teoria classica accettiamo l'assunto che futuro e passato sono separati da un intervallo temporale infinitamente breve che noi possiamo chiamare il momento presente. Nella teoria della relatività apprendiamo che la situazione è diversa: futuro e passato sono separati da un intervallo finito di tempo la lunghezza del quale dipende dalla distanza dall'osservatore. Qualsiasi azione può propagarsi soltanto ad una velocità minore od uguale alla velocità della luce. Perciò un osservatore in un dato istante non puó né conoscere né influenzare eventi distanti che abbiano luogo tra due tempi caratteristici. Uno di questi tempi è l'istante in cui un segnale luminoso viene emesso dal punto in cui avviene l'evento per raggiungere l'osservatore al momento dell'osservazione. L'altro tempo è l'istante in cui un segnale luminoso, fornito dall'osservatore all'istante dell'osservazione raggiunge il punto dell'evento. L'intero intervallo temporale finito fra questi due istanti può considerarsi come il «tempo presente» per l'osservatore all'istante dell'osservazione. Qualsiasi evento realizzantesi tra i due tempi caratteristici può esser detto «simultaneo» all'atto dell'osservazione.| << | < | > | >> |Pagina 140La struttura dello spazio e del tempo che è stata portata alla luce dalla teoria della relatività ha molte conseguenze in diverse parti della fisica. La elettrodinamica dei corpi in movimento può venir subito derivata dal principio di relatività. Il principio stesso può essere formulato come una legge assolutamente generale della natura che si riferisce non solo alla elettrodinamica o alla meccanica ma a qualsiasi gruppo di leggi: le leggi assumono la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento, che sono diversi l'uno dall'altro soltanto per un moto di traslazione uniforme; sono invarianti di fronte alla trasformazione di Lorentz.
La conseguenza forse piú importante del principio di
relatività è l'inerzia dell'energia, o l'equivalenza della
massa e dell'energia. Giacché la velocità della luce è la
velocità limite che possa mai esser raggiunta da
qualsivoglia corpo materiale, è facile vedere che è piú
difficile accelerare un corpo che già si muove a forte
velocità che un corpo in quiete. L'inerzia è venuta
crescendo con l'energia cinetica. Ma in modo assolutamente
generale ogni tipo d'energia, secondo la teoria della
relatività, porterà un contributo all'inerzia, vale a dire
alla massa, e la massa appartenente ad una determinata
quantità d'energia è proprio quest'energia divisa per il
quadrato della velocità della luce.
|