Copertina
Autore Paul A. Herbig
Titolo Marketing interculturale
EdizioneApogeo, Milano, 2003, Idee & strumenti , pag. 292, cop.fle., dim. 170x240x18 mm , Isbn 978-88-503-2101-8
OriginaleHandbook of Cross-Cultural Marketing
EdizioneHaworth, -, 2000
TraduttoreAdele Vitale
LettoreCorrado Leonardo, 2003
Classe economia aziendale , marketing
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Indice

Presentazione dell'edizione italiana                      ix
Simone Guercini

Prefazione                                                xv
Hans Thorelli

Introduzione                                             xix

Ringraziamenti                                         xxvii

Parte I  Premarketing                                      1


 1. La componente culturale dei mercati: insidie e

        potenzialità                                       3
    Introduzione: la cultura                               3
    Cultura e marketing                                    6
    Le implicazioni culturali dei mercati:
        istruzioni per l'uso                              18

 2. Standardizzazione e adattamento                       21

    Standardizzazione (globalizzazione)                   21
    Vantaggi e svantaggi della standardizzazione          23
    Standardizzazione o adattamento?                      28
    La "glocalizzazione"                                  31
    Conclusioni                                           35

 3. Negoziati interculturali                              39

    Introduzione                                          39
    Il processo di negoziazione in una prospettiva
        interculturale                                    41
    Il ruolo del contesto                                 44
    Implicazioni contrattuali                             48
    Fattori di successo in un negoziato interculturale    50

 4. Le dimensioni interculturali delle ricerche di

        marketing                                         55
    Le ricerche di marketing internazionale               55
    Implicazioni culturali delle ricerche di marketing    57
    I focus group                                         62
    Le ricerche di marketing in un contesto interculturale65
    Conclusioni                                           68

Parte II  Marketing                                       71


 5. Aspetti interculturali dei prodotti                   73

    I prodotti                                            73
    Varianti culturali: il mercato ispanico               76
    Caratteristiche e particolarità del prodotto          77
    La marca                                              79
    Il packaging                                          83
    L'influenza del paese d'origine                       86
    Conclusioni                                           87

 6. L'influenza delle culture sulla pubblicità            91

    La pubblicità                                         91
    L'influenza della cultura sulla pubblicità            93
    Pubblicità interculturale                             95
    Influenze interculturali sulla regolamentazione
        della pubblicità                                 102
    Altri tipi di canale                                 104
    Conclusioni                                          106

 7. Aspetti interculturali delle fiere commerciali       109

    Fiere ed esposizioni commerciali                     109
    La dimensione interculturale delle fiere             114
    Considerazioni sulle fiere                           117

 8. Tecniche interculturali di promozione delle vendite  119

    Promozione delle vendite e cultura                   119
    I buoni sconto                                       121
    Pubbliche relazioni e cultura                        124
    La dimensione culturale dello scambio di doni        125
    Conclusioni                                          130

 9. Fattori interculturali nelle vendite e nella gestione

        della forza vendita                              131
    Cultura e vendite                                    132
    L'influenza della cultura sul processo di vendita    136
    La gestione della forza vendita                      139
    Conclusioni sulle vendite                            141
    Il marketing diretto                                 142

10. I canali di distribuzione in una prospettiva

        interculturale                                   153
    Canale e cultura                                     154
    L'influenza della cultura sul canale di distribuzione157
    Franchising                                          161
    La natura culturale delle restrizioni legali         163
    Conclusioni                                          166

11. La determinazione dei prezzi                         169

    Gli aspetti interculturali della politica dei prezzi 173
    Politica dei prezzi e situazione nazionale           180
    Conclusioni                                          181

Parte III  Postmarketing                                 185


12. Aspetti interculturali del marketing dei servizi     187

    Caratteristiche dei servizi                          187
    L'importanza dei servizi a livello internazionale    191
    Potenziali ostacoli all'internazionalizzazione dei
        servizi                                          193
    L'influenza della cultura sul mercato dei servizi    194
    I requisiti per il successo                          203

13. Implicazioni interculturali dell'assistenza ai

        clienti                                          205
    L'importanza dei servizi di assistenza               208
    Differenze interculturali nei servizi di assistenza  211
    In sintesi                                           218

14. La dimensione interculturale della qualità del

        servizio                                         223
    Differenze nella qualità dei beni e dei servizi      225
    Qualità del servizio e cultura                       226
    Uno sguardo interculturale alla qualità del servizio 228
    I servizi in Giappone                                233
    Conclusioni                                          237

15. Il green marketing                                   241

    Differenze interculturali nel green marketing        245
    L'ecoturismo                                         250
    Conclusioni                                          253

Conclusioni                                              257

Bibliografia                                             265
 

 

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Pagina 3

1. La componente culturale dei mercati: insidie e potenzialità


Introduzione: la cultura

Della parola "cultura" esistono oltre 450 definizioni (Trifonovitch 1977); essenzialmente la si potrebbe descrivere come un sistema di scambi comunicativi grazie ai quali viene a crearsi una società di individui nei cui comportamenti la componente espressiva, sia verbale che non-verbale, si fonde con quella tecnica e biologica. La cultura è il modo di vivere dell'uomo nel suo complesso, e in quanto tale include tutti gli aspetti condivisi dai membri di una società quali regole comportamentali, credenze, valori, lingua e usanze; si tratta insomma dell'insieme dei valori, comportamenti e tratti distintivi che sono condivisi dagli individui all'interno di un determinato territorio.

Perché un determinato significato da privato diventi pubblico, e dunque comprensibile da parte di tutti i membri della società (inclusi quelli futuri) deve necessariamente esserci un catalizzatore: quel catalizzatore è appunto la cultura. La cultura è formata da un insieme di regole sia implicite che esplicite attraverso le quali si interpreta l'esperienza; è il ponte grazie al quale ciascuna nuova generazione impara ad annullare le distanze tra gli individui. La sua funzione consiste dunque in pratica nello stabilire dei modelli per comportamenti, prestazioni e interazioni con il prossimo e con l'ambiente che permettano di ridurre i potenziali rischi, rendere tutto più prevedibile e dunque favorire la sopravvivenza e lo sviluppo dei membri delle diverse società.

Attraverso la creazione di gerarchie di codici che regolano le interazioni umane, le società vengono infatti a disporre di strategie comprovate per soddisfare qualsiasi esigenza fisiologica, personale e sociale dei propri membri, ottenendo così ordine, direzione e consiglio in qualunque fase del processo decisionale. Una serie di norme culturali condivise rappresenta per i membri delle diverse società il senso della propria identità comune, nonché un modo per mettersi in relazione gli uni con gli altri: la cultura stabilisce per esempio norme e criteri riguardo quando e cosa mangiare a colazione, pranzo o cena, o cosa offrire ai propri ospiti in occasione di una cena tra amici, un pranzo all'aperto o un banchetto di nozze.

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Pagina 5

Ricapitolando dunque, la cultura:

- È funzionale, in quanto mira a offrire a ciascuna società delle linee-guida comportamentali che sono essenziali per la sopravvivenza del gruppo;

- È un fenomeno sociale, in quanto nasce dall'interazione tra esseri umani, è una creazione dell'uomo ed è prerogativa delle società umane;

- È prescrittiva, in quanto stabilisce quali comportamenti siano accettabili e quali no;

- È acquisita, in quanto non si eredita geneticamente ma nasce piuttosto dall'apprendimento di comportamenti acquisiti da altri membri della società;

- È arbitraria, in quanto determinati comportamenti che sono accettabili in una determinata cultura non lo sono in un'altra;

- È portatrice di valori, in quanto stabilisce appunto dei valori in base ai quali le persone sanno cosa ci si aspetta da loro;

- Facilita la comunicazione, di tipo sia verbale che non-verbale;

- È versatile e dinamica, in quanto si adatta costantemente a nuove situazioni e fonti di sapere, mutando con il mutare e l'evolversi della società;

- È durevole, in quanto è il risultato di millenni di esperienza e conoscenze accumulate;

- Soddisfa le esigenze dei membri della società, e proprio in base a queste assume nuove caratteristiche ed elimina quelle inutili e obsolete, lasciando però invariato il proprio nucleo di valori. È questo il motivo della sua esistenza.

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Cultura e marketing

Uno degli aspetti più difficili ma anche più importanti da tenere presenti nel recarsi per affari in un Paese straniero consiste nel comprendere le differenze nelle percezioni e nei valori culturali - e dunque nei bisogni - di una società. All'interno di un contesto culturale i beni e i servizi di una data azienda possono essere considerati soluzioni appropriate o accettabili per soddisfare esigenze individuali o sociali; essendo dunque il marketing basato sul soddisfacimento delle diverse esigenze o desideri dei clienti di un'azienda, ed essendo tali esigenze e desideri fondamentalmente di natura culturale, un operatore di marketing internazionale di successo dovrà cercare di capire le usanze del Paese con il quale ha a che fare. Se un prodotto non è più accettabile poiché un valore o un'usanza legati al suo utilizzo non soddisfano in modo adeguato le esigenze o i valori culturali particolari della società alla quale è rivolto, l'azienda produttrice deve essere pronta ad adeguare o ridefinire l'offerta. Ciò che distingue un'azienda di successo dalle altre è dunque l'esigenza di esaminare un potenziale mercato straniero dal punto di vista culturale prima di intraprendere l'attività di marketing o di trattare un affare. La cultura e le differenze a essa connesse si rivelano in diversi tipi di interazioni umane, che comprendono (ma non si limitano a) lingua, comunicazione non verbale, religione, tempo, spazio, colore, numeri, materialismo, usi e costumi, estetica, status e preferenze alimentari. Ciascuna di queste componenti se non viene tenuta nel debito conto rischia di diventare una potenziale insidia, come molte aziende - americane ma non solo - hanno avuto modo, loro malgrado, di sperimentare. Un esempio significativo è quello delle sigarette con il filtro, che spesso si vendono poco nei Paesi in via di sviluppo: mentre nei Paesi più ricchi infatti i consumatori sono maggiormente consapevoli dei rischi per la salute connessi al fumo e dunque disposti a spendere di più per le sigarette con il filtro, in quelli più poveri, dove l'aspettativa di vita raramente supera i 40 anni, il cancro rappresenta una minaccia molto meno concreta e più trascurabile, mentre è il costo aggiuntivo dovuto al filtro che diventa il fattore decisivo.

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Pagina 18

Le implicazioni culturali dei mercati: istruzioni per l'uso

A conclusione di questo capitolo, si propone una serie di linee-guida per ridurre al minimo gli equivoci quando si opera in mercati stranieri:

1. Fate attenzione a cosa è permesso fare e cosa no nella cultura con cui avete a che fare: sviluppate empatia nei confronti di quella cultura.

2. Imparate a riconoscere, capire, accettare e rispettare le culture altrui e le differenze a esse correlate.

3. Siate culturalmente neutrali: "diverso" non vuol dire necessariamente migliore o peggiore.

4. Non date mai per scontato che i concetti siano interscambiabili nelle diverse culture: il semplice fatto che gli uomini d'affari nei Paesi in via di sviluppo sostengano di non amare gli americani non vuol dire che non siano disposti ad acquistare prodotti americani; semplicemente ci si aspetta da loro che in pubblico dicano certe cose, comportandosi poi diversamente in privato.

5. Osservate una serie di regole per evitare di applicare il cosiddetto SRC (Self-Reference Criterion, Criterio dell'Auto-Riferimento). Per SRC si intende quel principio in base al quale chi utilizza e apprezza un prodotto si aspetta che lo stesso valga per chiunque altro, ovvero che se il prodotto vende bene a Milano venderà bene anche a Manila. Si veda per esempio il caso della vendita del Texan Iced Tea nel Regno Unito:

a) si esaminino le caratteristiche culturali e ambientali del prodotto alla base del suo successo sul mercato interno (per esempio in Texas clima caldo e secco, preferenza per il dolce, caffeina);

b) si paragonino queste caratteristiche a quelle presenti nel mercato target (per esempio clima freddo e umido, preferenza per alimenti meno dolci);

c) si prenda nota delle caratteristiche che presentano maggiori discrepanze (per esempio clima caldo e secco in Texas contro freddo e umido in Inghilterra);

d) si apportino i necessari cambiamenti al prodotto o alla promozione che tengano in considerazione le differenze riscontrate. In alcuni casi il divario sarà troppo grande; la soluzione migliore sarà dunque quella di non immettere il prodotto su quel mercato. Non si tratta di un esempio ipotetico (Pope, 1994).

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Pagina 245

Differenze interculturali nel green marketing

In ambito internazionale il fenomeno del green marketing assume proporzioni addirittura maggiori che negli Stati Uniti. In realtà è in Europa che il fenomeno ha avuto origine; sono state infatti proprio le aziende europee che nei primi anni Ottanta hanno iniziato a vendere i primi prodotti "verdi", ossia pannolini usa-e-getta, detergenti, batterie, bombolette spray ecc. di nuova generazione che non danneggiavano l'ambiente. La produzione di questo nuovo tipo di prodotto ha preso rapidamente piede estendendosi anche agli Stati Uniti e ad altre parti del mondo. In Gran Bretagna il degrado ambientale è considerato, insieme a una terza guerra mondiale, la minaccia più grande per il genere umano. Ad Atene l'inquinamento atmosferico è da tempo causa di profondo malcontento popolare; questo spiega in parte perché il governo greco abbia deciso di allinearsi con la linea dura nordeuropea nella lotta per l'imposizione di nuovi e più severi limiti per le emissioni di gas di scarico delle automobili. Il crescente potere politico dei partiti ambientalisti in Scandinavia, Benelux e soprattutto Germania, unitamente alla preoccupazione dell'opinione pubblica di fronte a fenomeni quali la deforestazione causata dalle piogge acide (Waldsterben), hanno costretto i partiti politici di maggioranza ad adottare una rigorosa normativa ambientale. In Italia le proteste dell'opinione pubblica in merito all'importazione di rifiuti provenienti dai Paesi in via di sviluppo ha costretto il governo ad approvare un nuovo e più severo progetto di legge in materia di rifiuti pericolosi (Bruce 1989).

La Fiat è l'azienda leader mondiale nella produzione di auto "ecologiche": fin dagli anni Settanta l'azienda torinese ricicla l'80% dei suoi scarti di produzione, è stata tra le prime case automobilistiche europee a produrre auto a benzina verde e ha persino introdotto un programma di riciclaggio - denominato F.A.R.E. - che mira a riciclare il 100% dei materiali provenienti dalla rottamazione delle auto. L'azienda è leader mondiale anche nelle tecnologie diesel ed elettriche; l'auto elettrica creata dalla Fiat è la prima vera auto "verde" al mondo, destinata a dare il via a una nuova generazione di automobili eco-compatibili. All'interno del settore automobilistico anche la BMW e la Mercedes-Benz stanno sperimentando nuove tecnologie pulite; analogamente la Mazda sta studiando l'utilizzo dell'idrogeno come carburante alternativo, mentre General Motors, Ford e Daimler-Chrysler (le "Tre grandi" di Detroit) stanno lavorando ad automobili a energia solare e a batterie più efficienti. La Volkswagen infine ha introdotto la cosiddetta "politica delle 3V": prevenzione (Vermedien), riduzione (Verringen), riciclaggio (Verworten).

Le leggi più severe in materia di green marketing sono quelle tedesche. Il marchio di qualità ambientale apposto sui prodotti ecologici in Germania è l"'Angelo Blu", utilizzato per la prima volta nel 1978; nel 1993 l'etichetta compariva già su oltre quattromila prodotti appartenenti a 58 categorie. Il marchio è stato creato per far fronte alla crescente domanda di prodotti ecocompatibili da parte dei consumatori tedeschi; l'80% delle famiglie tedesche è al corrente della sua esistenza e i fabbricanti ne promuovono ampiamente l'utilizzo. Il primo dicembre 1991 è stata approvata in Germania una legge sui materiali da imballaggio (la cosiddetta "legge Toepfer", dal nome dell'allora Ministro dell'Ambiente), il cui obiettivo principale era quello di limitare al massimo i rifiuti, ricidando quelli eventualmente prodotti. Ogni tre anni a partire dal 1992 il governo tedesco progettava di pubblicare la quota di rifiuti per ciascuna industria quale base per stabilire la quota di riciclo che ognuna avrebbe dovuto raggiungere; l'ordinanza imponeva inoltre a industrie e commercianti il recupero degli imballaggi utilizzati, fino a una quota dell'80% entro il 1995. Questa legge è stata una conseguenza diretta del'impegno attivo dei verdi all'interno del panorama politico tedesco (Micklitz 1992).

La legge tedesca prevede che i materiali utilizzati per gli imballaggi vengano riciclati o riutilizzati; secondo il sistema del transit packaging qualora gli imballaggi non facciano parte di un programma di riciclaggio vanno obbligatoriamente restituiti al commerciante (si tratta dunque di un sistema parallelo di raccolta dei rifiuti). Perché un prodotto possa essere riciclato direttamente dal consumatore è necessario che il fabbricante fornisca un contributo finanziario per la raccolta dei materiali, tanto nei cassonetti quanto nei centri raccolta; in questo caso il fabbricante che partecipa al programma apporrà sulle proprie confezioni un bollino verde, che indica appunto ai consumatori che quel prodotto può essere riciclato direttamente. Le confezioni prive di bollino verde vanno invece restituite al rivenditore per il riciclaggio; per quanto questi prodotti non siano illegali, i rivenditori sono piuttosto riluttanti a stoccarli. Nel programma "bollino verde" non rientrano però per esempio i contenitori utilizzati nei fast food; questo in una città tedesca è risultato nell'imposizione di una tassa proprio su questo tipo di confezioni, che ha costretto i ristoratori locali a vendere le proprie salse in brocchette di metallo riutilizzabili, le marmellate e lo joghurt in vasetti di vetro, le patatine fritte in cialde commestibili e le bibite in bottiglie con il vuoto a rendere (Kinzer 1994).

I prodotti destinati al mercato tedesco dunque vanno spesso modificati per agevolarne lo smaltimento e il riciclaggio nel rispetto della severa normativa ecologica vigente in Germania; è il caso per esempio della Hewlett-Packard, che ha riprogettato e ridotto le confezioni delle sue macchine per ufficio in tutto il mondo per conformarsi ai requisiti tedeschi. Anche Francia, Belgio e Danimarca hanno approvato una regolamentazione in materia di rifiuti solidi per far fronte a problemi molto simili a quelli tedeschi. La legge ha avuto però anche effetti negativi; negli anni Ottanta per esempio la Germania ha reso obbligatoria la raccolta della carta senza però stabilirne l'utilizzo finale, e questo, congiuntamente a un improvviso aumento nella quantità raccolta negli Stati Uniti, ha portato a un'enorme accumulazione di carta usata che è risultato in un crollo dei prezzi mondiali.

A partire dal 1991 nell'Unione Europea è stata discussa una nuova regolamentazione in materia di eco-etichette mirata da un lato a promuovere la realizzazione di prodotti con un ridotto impatto ambientale nel corso dell'intero ciclo di vita, dall'altro a fornire ai consumatori informazioni più dettagliate sull'impatto ambientale dei vari prodotti (Welford 1992). L'UE minacciava di ricorrere agli standard ambientali per controllare il commercio sia interno che estero dei beni di consumo: coloro che non si fossero adeguati avrebbero rischiato quindi di essere esclusi dal mercato, così da fornire a coloro che invece si fossero adeguati il vantaggio di una minore concorrenza e dunque di una maggiore quota di mercato (uno standard forse in contrasto con le intenzioni dell'OMC) (Rosen e Sloane 1995). La Hoover è stata la prima azienda statunitense a ricevere un'ecoetichetta europea, e sostiene che questo abbia fatto triplicare le sue vendite in Germania e raddoppiare nel Regno Unito quelle relative alla fascia più alta del mercato delle lavatrici (Anonimo 1995a). Anche altre nazioni stanno sponsorizzando programmi di eco-etichettatura: il Canada per esempio ha emesso delle linee guida ambientali per prodotti che vanno dalle vernici ai pannolini riutilizzabili in cotone, mentre il Giappone ha un proprio programma di etichettatura ambientale, il programma Ecomark, il cui simbolo consiste in due braccia che abbracciano la Terra formando la lettera e (che potrebbe stare per esempio per "ecologia") (Coddington 1993).

Le forti pressioni esercitate dai gruppi ambientalisti hanno spinto le nazioni europee a introdurre delle leggi sugli imballaggi al fine di ridurre i rifiuti prodotti, innanzi tutto attraverso la sensibilizzazione all'attività di riciclaggio. Uno dei risultati raggiunti in questo senso è stata la progressiva scomparsa di alcuni dei materiali utilizzati negli imballaggi; le crisi economiche tuttavia hanno il potere di trasformare anche il più fervente ambientalista in un semplice consumatore. Il rallentamento dell'economia nei primi anni Novanta ha causato così un'inversione di tendenza nel movimento ambientalista all'interno dell'UE; una conquista importante quale la tassa sulle emissioni di anidride carbonica è stata respinta ai voti nei periodi di flessione economica, mentre un'altra task force europea ha richiesto nuove norme più orientate al mercato e suffragate da una serie di analisi costi-benefici (Barnard 1996).

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