|
|
| << | < | > | >> |Indice7 Acquarelli 9 Acquarelli 15 Lettera invernale dal sud 20 Magia dei colori 21 Senza lacca di garanza 26 Gioie di pittura, pene di pittura 32 Gioia di pittore 33 Da "Fiori di tarda estate" 37 Mario, il vicino 43 Il pittore dipinge una fabbrica nella valle 44 Da "Ore alla scrivania" 49 Vecchio pittore nel suo atelier 51 Dipingere è meraviglioso 62 Annotato in una notte di aprile 63 Acquarelli dal Ticino Tavole a colori |
| << | < | > | >> |Pagina 5All'età di quarant'anni, in mezzo alla prima guerra mondiale, Hermann Hesse iniziava a dipingere. Ciò era per lui "una via d'uscita, per poter sopportare la vita anche nei periodi piú amari" e per staccarsi dalla letteratura. "In una mano tengo la mia seggiolina da pittore", scrive nel 1920, questo è il mio strumento di magia e il mio mantello di Faust, col cui aiuto ho fatto magie già migliaia di volte e ho vinto la battaglia contro la banale realtà". Il dipingere i suoi "piccoli acquarelli espressionisti, chiari e colorati, molto liberi rispetto alla natura, ma studiati scrupolosamente nella forma"; era per Hesse un modo di contemplazione attivo. In centinaia di quadri ha espresso il proprio amore e la propria riconoscenza ai paesi, ai laghi e alle montagne della sua patria elettiva ticinese. Di alcune sue passeggiate si sono conservate raccolte di quadretti e cartelle di acquarelli. Li usava come regali per amici, ma anche come fonti di guadagno supplementare negli anni della miseria, oppure per sostenere con il ricavato conoscenti o colleghi bisognosi.Da una di queste cartelle del 1922 appare qui una serie dei suoi lavori piú deliziosi. Insieme alle sue osservazioni sulla pittura pubblicate sparse qua e là e alle testimonianze delle sue lettere, essi permettono di capire cosa intendesse Romain Rolland in una lettera del 1921 a Hesse: "Io sono rapito dal suo album di acquarelli. Essi sono succosi come frutti e deliziosi come fiori. Mi ride il cuore a guardarli". | << | < | > | >> |Pagina 9Ricordo queste giornate durante le vacanze, nella mia giovinezza. Allora non si trattava di pittura, bensí di pesca. E anche pescare si poteva sempre, se necessario, ma c'erano giorni con un certo vento, un certo odore, una certa umidità, un certo tipo di nuvole e ombre, in cui ero pienamente sicuro già al mattino che quel pomeriggio ci sarebbero stati barbi sotto il ponticello e vicino alla gualchera avrebbero abboccato i persici. Il mondo nel frattempo si è trasformato, e anche la mia vita, e la gioia e la piena felicità di uno di quei giorni di pesca della mia adolescenza sono diventate qualcosa di mitico e di quasi incredibile. Ma l'uomo si trasforma poco e vuole avere una qualche gioia, un qualche gioco, e cosí oggi io invece della pesca ho la pittura ad acquarelli, e quando i segni metereologici promettono una buona giornata di pittura, nel cuore invecchiato provo nuovamente un'eco piccola e lontana di quella gioia di vacanze adolescenziali, di quella disponibilità e di quella gioia di fare, e tutto sommato questi sono poi i miei giorni buoni, che ogni estate aspetto copiosi. Cosí uscii nel tardo pomeriggio, lo zaino con gli attrezzi da pittura sulle spalle, la piccola seggiola pieghevole in mano, verso il posto che mi ero scelto già a mezzogiorno. È un pendio ripido sopra il nostro paese, coperto un tempo da un bosco fitto di castagni ma disboscato nell'ultimo inverno, dove tra i ceppi ancora odoranti avevo dipinto già altre volte. Da qui si vedeva il versante est del nostro paese, tutti tetti scuri, vecchi, di tegole, alcuni nuovi, rosso chiari, una sfaccettatura di muri nudi, senza intonaco, e dappertutto in mezzo alberi e orticelli, qui e là stesi un po' di panni bianchi o colorati. Di fronte le grandi catene blu delle montagne, una dietro l'altra, con le cime rosa e le zone viola delle ombre, in basso a destra uno spicchio di lago oltre il quale, piccolissimi, alcuni paesetti chiari e splendenti. Avevo circa due ore di tempo mentre il sole calava lentamente e la luce sopra i tetti e i muri diventava lentamente piú calda, piú profumata e dorata. Prima di iniziare a disegnare guardai per un po' l'intera valle variegata fino al lago, i paesi lontani, il primo piano con i ceppi ancora chiari, dai quali già spuntavano abbondanti i germogli verdi, e in mezzo la terra rossa e secca interrotta da rocce scintillanti, con i fossi profondamente scavati durante il periodo delle piogge; e poi osservai il nostro paese, questa piccola, calda siepe di muri, frontoni, tetti, della quale conosco ogni linea e superficie da tanto e molto bene. Forme, che ho esaminato con gli occhi decine di volte e ritratto a penna. Un grande tetto, un tempo marrone scuro, da dipingere con caput mortuum, era rifatto a nuovo; era la casa di Giovanni, con il balcone largo sotto il tetto, dove in autunno si appendono le pannocchie dorate di granoturco. | << | < | > | >> |Pagina 62
| << | < | |