Copertina
Autore Patricia Highsmith
Titolo L'alibi di cristallo
EdizioneBompiani, Milano, 1993 [1983], I grandi tascabili 266 , Isbn 978-88-452-2015-9
OriginaleThe glass cell [1964]
TraduttoreCarlo Brera
LettoreAngela Razzini, 1993
Classe narrativa statunitense , gialli
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Pagina 7 [ inizio libro ]

Erano le tre e trentacinque di un martedì pomeriggio al Penitenziario Statale, e i detenuti stavano tornando dal lavoro. Uomini in uniformi non stirate, color carne, col numero sulla schiena, defluivano per i lunghi corridoi del blocco A. Da loro si alzava un fitto borbottio, anche se in apparenza nessuno stava parlando col vicino. Era uno strano coro, non musicale, che il primo giorno aveva spaventato Carter. Era ancora un pivello e aveva addirittura pensato che bollisse in pentola una rivolta: ora invece l'accettava come una caratteristica del Penitenziario Statale, o forse, chissà, di tutte le prigioni. La porta delle celle era aperta, e a mano a mano gli uomini sparivano, inghiottiti dalle celle al pianterreno, e di sopra, in quelle che davano sulle ringhiere (il blocco aveva quattro piani). Ben presto i corridoi si svuotarono. Adesso c'erano venticinque minuti per lavarsi al lavandino della cella; cambiarsi la camicia, chi ci teneva e ne aveva una pulita; scrivere una lettera, o mettersi la cuffia e ascoltare il disc-jockey del programma musicale che andava in onda a quell'ora. Il campanello della cena suonava alle quattro.

Philip Carter camminava piano, perché temeva la vista e la compagnia di Hanky, il suo compagno di cella. Hanky era un traccagnotto che si era beccato trent'anni per rapina a mano armata («la dura") e omicidio, e ne sembrava piuttosto orgoglioso. Carter non piaceva a Hanky, che lo giudicava uno snob.

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