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| << | < | > | >> |IndicePresentazione all'edizione italiana di Edo Ronchi 7 Prefazione di Tom Harkin 11 Ringraziamenti 15 L'era dell'idrogeno. 1. Perché l'idrogeno? Buckminster Fuller, lo sceicco Yamani e Bill Clinton 19 2. La scoperta dell'idrogeno: il flogisto e l'aria infiammabile 41 3. Storia dell'energia da idrogeno: il reverendo Cecil, Giulio Verne e l'audace signor Erren 49 4. La produzione dell'idrogeno dall'acqua, dal gas naturale e dalle piante 81 5. Energia primaria: utilizzare l'energia solare e le altre fonti energetiche per produrre idrogeno 111 6. Idrogeno per auto e bus: e dagli scarichi... vapore d'acqua 135 7. Celle a combustibile: l'attraente tecnologia di Grove 183 8. L'idrogeno e l'industria aerospaziale 207 9. Idrogeno, un gas per uso domestico: la fiamma invisibile 235 10. Gli usi non energetici dell'idrogeno: H2 metallico, plastiche biodegradabili e tofu all'H2 263 11. Sicurezza: la sindrome dell'Hindenburg 281 12. I prossimi cent'anni 305 Sviluppi recenti in Italia e in Europa di Giuseppe Spazzafuma 341 |
| << | < | > | >> |Pagina 191. Perché l'idrogeno? Buckminster Fuller, lo sceicco Yamani e Bill ClintonCi sono due fonti primarie di energia con un potenziale di sfruttamento. La prima è paragonabile a un deposito di risparmio in cui l'energia capitale viene immagazzinata, la seconda a un conto corrente in cui si deposita il reddito energetico. I combustibili fossili hanno richiesto una riduzione ed una conservazione complessa, durata molti milioni di anni, per passare dalla cattura delle radiazioni solari da parte della vegetazione, tramite fotosintesi, allo stoccaggio di energia concentrata sotto il livello della superficie terrestre. Esiste una grande sovrabbondanza di energia da conto corrente disponibile in molte zone del mondo e in qualsiasi momento, capace di produrre miliardi di volte l'energia ora impiegata dall'uomo, se solo questi riuscisse a conservarla quando è disponibile per poterla poi usare quando non lo è più. Vi è un numero enorme di "fonti di reddito energetico" che non seguono il processo di conservazione proprio della natura entro la crosta terrestre disponibili "per i tempi duri"; fonti reperibili nell'acqua, nelle maree, nel vento e nel vigore delle radiazioni solari che colpiscono il deserto. Coloro che sfruttano i combustibili fossili, il carbone e il petrolio affermano che è meno costoso produrre e bruciare le fonti dal deposito di risparmio, il che è come dire che derubare una banca richiede uno sforzo inferiore a quello di trovarsi un lavoro, che rappresenta appunto i soldi depositati in banca. Ma il punto è: a chi costa? Ai nostri pronipoti che non avranno più combustibili fossili per far funzionare i macchinari? Trovo che l'accettazione acritica da parte dei leader mondiali, delle soluzioni tecnologiche attuali e della mancanza di una logica costruttiva e lungimirante, senza una visione complessiva, renda incerto il futuro degli esseri umani sulla Terra a meno che non si riconoscano le tendenze plausibili di primaria importanza.
R. Buckminster Fuller, 1969
Le grandi potenze stanno seriamente adoperandosi per trovare delle alternative al petrolio nell'utilizzo dell'energia del sole o dell'acqua. Speriamo in Dio che non ci riescano velocemente, altrimenti la nostra posizione diventerà assai dolorosa. Lo sceicco Ahmad Zaki Yamani, ministro del petrolio dell'Arabia Saudita, 1976 [...] Le citazioni riportate qui sopra danno qualche idea sull'argomento di questo libro: l'idrogeno quale forma d'energia rinnovabile e non inquinante. L'idrogeno, un gas invisibile, incolore e inodore, è l'elemento più abbondante del nostro universo. È il combustibile delle stelle e delle galassie. Essendo estremamente reattivo è essenziale in innumerevoli processi chimici e biologici. È un combustibile energetico ma per definizione, non inquinante. Ben prima delle osservazioni di Buckminster Fuller, in molti avevano già fatto richiesta di utilizzare il "conto corrente energetico" della natura (ovvero dell'energia solare nelle sue diverse manifestazioni) come alternativa al furto dal "deposito di risparmio" dell'energia mondiale (carbone, petrolio e gas). Come ha sottolineato Fuller, il problema riguarda in larga misura non solo il metodo di accumulo di questa energia praticamente gratuita ma anche della sua possibile conservazione. Attingere all'energia solare per scopi diversi dal riscaldamento significa di solito produrre elettricità. Ma l'elettricità deve essere consumata nel momento stesso in cui viene prodotta perché è difficile stoccarla in grandi quantitativi. Usare l'elettricità per produrre l'idrogeno, quale gas immagazzinabile, risolve il problema. Nei decenni passati gli sforzi per utilizzare le fonti rinnovabili sono stati guidati in parte dall'idealismo, ma soprattutto dalla preoccupazione sulla "sicurezza energetica", ovvero dal timore di un possibile prosciugamento delle riserve mondiali di petrolio e dall'aumento della vulnerabilità del loro trasporto a causa dell'instabilità politica del Medio Oriente. Ma alla fine del XX secolo, le preoccupazioni ambientali hanno creato un impeto molto più forte che ha condotto il mondo verso forme di energia alternativa e rinnovabile. Limitare ed infine arrivare ad eliminare l'inquinamento è oggi una preoccupazione generale. La morìa delle foreste europee e le piogge acide sono stati ovunque fra i primi campanelli d'allarme rispetto alla necessità di limitare gli ossidi di zolfo e d'azoto, il particolato e gli altri agenti inquinanti. Infine, ha iniziato a far presa sui politici e su gran parte del pubblico - negli Stati Uniti in minor misura e più lentamente che in altri paesi - la certezza che proprio il processo di combustione dei combustibili fossili, ovvero l'interazione del carbonio presente negli idrocarburi con l'ossigeno atmosferico e i conseguenti processi di emissione e accumulo, ben superiori ai livelli preindustriali, di anidride carbonica, di monossido di carbonio e di altri gas che influiscono sulle variazioni climatiche nell'atmosfera, stia portando all'aumento della temperatura terrestre, creando il famoso effetto serra, e stia minacciando di distruggere il clima mondiale. "Azzeramento delle emissioni" da automobili e autobus, dalle industrie, dalle navi e dalle caldaie domestiche è diventato il nuovo obiettivo mondiale, a cui aspirano con diversi gradi di intensità e zelo sia paesi industrializzati sia le economie emergenti. Nella mente di molti, eliminare il carbonio dagli idrocarburi mantenendo la parte "idro", cioè l'idrogeno, quale carburante chimico senza alcuna emissione, è un modo ovvio, seppur tecnicamente difficile, di minimizzare e infine, si spera, di eliminare il riscaldamento globale. | << | < | > | >> |Pagina 25È quindi certamente corretto dire che, in generale, si lavora e si gioca (e gli ambientalisti aggiungerebbero che, più spesso che mai, si muore) con l'energia chimica dei combustibili fossili. La benzina, il gasolio, gli oli pesanti, il cherosene per gli aeroplani, il gas naturale, la biomassa e il carbone muovono aeroplani, macchine, treni e navi, fanno funzionare gli stabilimenti industriali, riscaldano le abitazioni, gli uffici, gli ospedali e le scuole. L'idrogeno, un'altra forma di energia chimica, può fare tutte le stesse cose e può farle sostanzialmente senza inquinare.L'idrogeno quando brucia in un motore a combustione interna (a pistoni, rotante o a turbina a gas) non produce praticamente alcuno scarico se non un innocuo vapore acqueo e, bisogna ammetterlo, piccole tracce di ossido di azoto e di lubrificanti per motore ossidati nel processo. Quando in un motore l'idrogeno entra in combustione con l'ossigeno dell'atmosfera, non vi è alcuna emissione di anidride carbonica o monossido di carbonio, nessun idrocarburo incombusto, nessun puzzo o smog e nessun altro scarico contenente carbonio che imbratti la Terra come succede al giorno d'oggi. L'idrogeno funziona ancor meglio nelle celle a combustibile (motori elettrochimici che, con la combinazione elettrochimica dell'idrogeno e dell'ossigeno in un processo senza fiamma, producono elettricità, calore e acqua distillata pura: l'immagine speculare dell'elettrolisi in cui l'acqua è scissa in idrogeno ed ossigeno da un flusso di corrente che la attraversa). A differenza dei motori a combustione interna, le celle a combustibile non producono ossidi di azoto. Le celle a combustibile non hanno alcuna parte che si muove, sono praticamente silenziose e possono essere fino a 2,5 volte più efficienti dei motori a combustione interna. | << | < | > | >> |Pagina 28In parole semplici e in linea di massima, il futuro dell'"economia all'idrogeno" potrebbe essere spiegato come segue: Energia primaria pulita, probabilmente energia solare nelle sue molte manifestazioni, e se possibile una forma avanzata e più innocua dal punto di vista ambientale, dell'energia nucleare, produce l'elettricità usata per la scissione dell'acqua in idrogeno, quale combustibile, e come sotto prodotto di valore, l'ossigeno. In alternativa, il calore prodotto dalle centrali elettriche o nucleari è usato per scindere termochimicamente le molecole dell'acqua in processi che sono ora in via di sviluppo. Metodi più originali, in cui l'idrogeno è prodotto da microbi o alghe modificati geneticamente o da altri processi biologici, sono opzioni ipotizzabili in un prossimo futuro.L'idrogeno potrebbe essere usato come mezzo di stoccaggio di energia, non solo in forma di gas sotto pressione o in leghe che assorbono idrogeno (i sopra menzionati idruri), come liquido criogenico, o in materiali attivati al carbonio oppure in nanostrutture di carbonio, ma anche sotto forma di combustibili relativamente convenzionali quali il metanolo. L'idrogeno potrebbe soddisfare l'indispensabile funzione di stoccaggio per far fronte alle fluttuazioni giornaliere o stagionali dell'energia solare. L'idrogeno potrebbe essere bruciato in motori modificati a combustione interna, in motori a reazione, a due tempi, a quattro tempi, motori Wankel e a ciclo diesel. Era questa la visione, e queste le convinzioni e anche il messaggio dei sostenitori dell'idrogeno dagli anni '70 fino a metà dei '90. Da allora, l'enfasi della ricerca si è spostata drasticamente verso le celle a combustibile, grazie ai rapidi ed improvvisi progressi nella tecnologia di questo settore, come opzione privilegiata per i trasporti del futuro, ma anche quali fonti pulite, efficienti e decentralizzate di elettricità per gli edifici. Le celle a combustibile alimentate da benzina riformulata o metanolo, non produrrebbero che un insensibile quantitativo di emissioni di carbonio, di molto inferiore a quelle dei motori a combustione interna di pari potenza, oltre, forse, a piccoli quantitativi di ossidi di azoto derivati dai fuel processor (dispositivi di trattamento del combustibile) che generano idrogeno da questo combustibile carbonioso. In definitiva le celle a combustibile funzionanti a idrogeno puro potrebbero essere la quintessenza dell'energia pulita, senza alcuna emissione di idrocarburi o di ossidi di azoto. Dal tubo di scappamento uscirebbe solo vapor acqueo, che ritornerebbe immediatamente nel ciclo naturale di nebbia, nuvole, pioggia, neve, acque freatiche, fiumi, laghi e oceani. E poi l'acqua verrebbe nuovamente scissa per produrre altro combustibile. In forma gassosa, l'idrogeno può essere trasportato attraverso i gasdotti - con gli stessi bassi costi dell'elettricità, e forse in certi casi anche in modo più efficiente - arrivando fino al consumatore, dove metterebbe in funzione le celle a combustibile o altri macchinari e produrrebbe elettricità e acqua. Come combustibile chimico, l'idrogeno, in confronto all'elettricità, può essere usato in una gamma ben più vasta di applicazioni: difficile immaginare, per esempio, la flotta di una compagnia aerea azionata da motori elettrici. L'idrogeno infine, ha un ulteriore aspetto significativo: come materiale grezzo può essere usato in un'infinità di usi. E a differenza degli altri combustibili chimici non è inquinante. | << | < | > | >> |Pagina 1115. Energia primaria: utilizzare l'energia solare e le altre fonti energetiche per produrre idrogeno[...] Non è chiara nella mente di molti la connessione fra energia da idrogeno e energia solare nelle sue varie manifestazioni, sole, onde, idroelettrico, fotovoltaico e perfino biomassa. Un errore comune, in cui cadono anche persone ben istruite, è ritenere che l'idrogeno sia di per sé una fonte energetica, ma non è così. A dire il vero, l'idrogeno esiste in piccole percentuali nel gas naturale e pertanto potrebbe essere considerato, in teoria, una "fonte", ma in termini pratici è del tutto irrilevante. L'idrogeno è comunque una fonte energetica in senso nucleare: nel sole la fusione degli atomi di idrogeno in quelli di elio genera l'energia che arriva sulla Terra sotto forma di radiazione solare. Ma l'idrogeno non è una fonte energetica chimica, sebbene nel contesto di un'economia a idrogeno lo si consideri un combustibile chimico, una sostanza chimica affine all'elettricità in quanto "vettore energetico", con il vantaggio aggiunto di essere immagazzinato nel tempo ed essere usato per compensare le fluttuazioni della fornitura elettrica associate inevitabilmente con le fonti primarie intermittenti, quali il vento e il sole. Non è facile immagazzinare elettricità sufficiente per soddisfare le necessità di una città, o di un'area o di un'industria (e qui accantoniamo per il momento tecniche come il pompaggio, grandi serbatoi in cui l'acqua viene pompata quando la domanda per l'elettricità è bassa, e usarla invece per alimentare generatori a turbine quando la richiesta elettrica aumenta; di solito l'elettricità deve essere consumata nel momento stesso in cui viene generata). Un altro punto da ricordare, elemento chiave per i sostenitori dell'idrogeno degli anni '60 e '70, è che l'energia elettrica è tuttora il "socio di minoranza" nel consumo energetico mondiale, rappresentando solo un terzo dell'energia usata ogni anno. L'energia chimica in tutte le sue forme, petrolio, gas, carbone, legna da ardere, escrementi bovini e gas sintetici, rappresenta invece la maggior parte del consumo energetico mondiale. È perciò ancor più pressante l'esigenza che queste forme di energia chimica, che in un modo o nell'altro sono inquinanti, vengano sostituite dall'idrogeno, pulito e non inquinante. È inoltre utile ricordare che l'energia elettrica utilizzabile non esiste in natura allo stato "grezzo" ma deve essere prodotta da macchinari complicati che la estraggono da "fonti primarie" (petrolio, carbone, uranio e, preferibilmente ora, la radiazione solare). "Utilizzabile" è pertanto la parola chiave. Certo l'elettricità esiste in natura, ma è difficile catturare l'energia di un fulmine e convogliarla per alimentare un macchinario. Ugualmente, l'idrogeno deve essere prodotto in modi diversi, come ora dal gas naturale (il metodo industriale preferito con i costi più bassi), forse dal carbone, ma anche in futuro dall'acqua e dai diversi tipi di energia solare, fotovoltaico, vento, luce solare diretta, termico/solare e, per estensione, biomasse. A grandi linee, l'idrogeno può essere comparato alle marce di un'automobile. Le marce non generano di per sé energia, ma riescono a convertire l'energia disponibile nel motore in lavoro utile. L'idrogeno funziona pressoché allo stesso modo, ma con ulteriori vantaggi. L'idrogeno può essere concepito anche come un vasto fiume in cui fluiscono molti tributari quali "fonti primarie". A valle il largo fiume di idrogeno si dirama in molti "canali d'irrigazione" che alimentano parecchie attività economiche, tra cui i trasporti, gli usi domestici, diverse industrie tra cui quelle chimiche per la produzione di fertilizzanti e proteine. | << | < | > | >> |Pagina 307Negli anni '70, una delle teorie sviluppatesi fra alcuni teorici dell'idrogeno riteneva che l'intero modello energetico, adozione dell'idrogeno compresa, si sarebbe evoluto in tre lunghe fasi. Secondo questa ipotesi, nella prima fase il carbone in tutte le sue forme, minerale, liquido e gassoso, avrebbe gradualmente sostituito nel giro di vent'anni il petrolio. Nello stesso periodo, i reattori nucleari ad acqua leggera sarebbero stati largamente usati e si sarebbero condotti i primi test su reattori autofertilizzanti a alta temperatura. Sarebbe continuata la ricerca sull'idrogeno senza però notevoli progressi. Nella seconda fase, della durata di cinquant'anni, sarebbe stata introdotta un'economia a idrogeno "in termini generali": come fonte primaria di energia non si sarebbero più usati né petrolio né gas naturali, ma energia solare e nucleare (con reattori autofertilizzanti a alta temperatura). Nei veicoli, il metanolo, piuttosto che l'idrogeno, sarebbe diventato probabilmente il combustibile più indicato. Attorno al 2040 sarebbe iniziata la terza fase, l'età dell'oro dei sistemi energetici globali non dannosi all'ambiente. In questo periodo si affermerebbe l'estrazione mineraria dai fondali oceanici, l'energia primaria deriverebbe dalle fonti solari di qualsiasi tipo e forse verrebbe introdotta anche l'energia nucleare pulita. L'energia potrebbe essere prodotta in pochi grandi siti, collocati lontano dai centri abitati, e trasportata agli utenti sotto forma di elettricità (con cavi criogenici a bassa resistenza) o come gas di idrogeno (in gasdotti), oppure come liquido criogenico (in grosse autocisterne).
Al giorno d'oggi, il petrolio è invece ancora largamente in uso e
l'industria petrolifera è in ottima forma (sebbene si apra qualche falla,
rappresentata ad esempio dalla decisione della Shell di creare un dipartimento
per l'idrogeno). Il carbone è tuttora la maggiore fonte energetica, sebbene non
nell'importantissimo settore dei trasporti. Tranne che in alcuni paesi, tra cui
la Francia, la fissione nucleare è in via di declino e non sono mai stati resi
operativi i reattori autofertilizzanti a alta temperatura.
Negli ultimi anni '90, i progressi nel campo dell'idrogeno sono stati estremamente lenti e il suo uso capillare è rimasto allo stadio teorico. Era prevedibile, almeno secondo Cesare Marchetti, teorico del settore e analista dei sistemi energetici. L'idea che l'introduzione graduale dell'idrogeno come importante vettore energetico sia un processo a lungo termine (50-100 anni) era già presente negli studi di Marchetti degli anni '70, che vertevano sui tassi di introduzione di nuovi sistemi energetici e di qualsiasi nuova tecnologia di sostituzione. Marchetti, tuttora uno dei pensatori più lungimiranti del settore, partì dalla "ipotesi decisamente iconoclasta che le diverse fonti primarie di energia siano prodotti di consumo in un mercato competitivo, come ad esempio le varie marche di saponette o i diversi processi di produzione di acciaio, pertanto le regole del gioco siano uguali", così come spiegò a Mosca nel novembre del 1974. Le sue ricerche si basavano ampiamente sul lavoro di due scienziati americani, J.C. Fisher e R.H. Fry, che avevano analizzato, per la General Electric, il tasso di sostituzione di nuove tecnologie e avevano cercato di prevederne quello di diffusione. Usando dati e formule elementari, Marchetti si accorse di poter predire l'andamento del mercato con decenni di anticipo. Stilò dei grafici sorprendenti che indicavano le curve di penetrazione del mercato di diverse "coppie" di prodotti e di processi tecnologici in competizione fra loro nello stesso settore, in periodi di 60-80 anni: mise così a confronto, per esempio, la sostituzione in campo siderurgico del processo Martin-Siemens con quello Bessemer, o la sostituzione della trementina solforica con quella naturale, o quella delle vernici a base di olio con quelle a base d'acqua. L'aspetto straordinario di questi grafici era che le equazioni che descrivevano la penetrazione nel mercato, funzionavano bene anche come strumenti di previsione a distanza di decenni. Le curve derivanti da queste formule combaciavano, secondo Marchetti, con "singolare precisione" con i dati storici. Da queste correlazioni si concludeva che, se la penetrazione di mercato procedeva secondo alcune leggi misteriose ma fondamentali - non influenzate dalla legislazione, da economie di breve termine e dai prezzi - sarebbe stato possibile predire con una certa ragionevolezza fino a che punto un prodotto nuovo, o una tecnologia, o un sistema energetico, avrebbero sostituito il loro predecessore. [...] Nel 1976, a un seminario a Gottinga sulla conversione energetica microbica, Marchetti osservò che il periodo di "rilevamento" (ovvero il periodo necessario a una nuova tecnologia per passare dall'1% al 99% del mercato) era negli Stati Uniti di circa 50 anni, osservazione probabilmente valida anche per l'idrogeno. Marchetti affermò: "Lunghi periodi di tempo comprendenti guerre, crisi economiche e miracoli economici, e una accelerazione percepibile del 'progresso' e della conoscenza, non riducono la validità del fenomeno di estrema stabilità delle funzioni". "Ritengo che tutto ciò sia collegato ai processi di apprendimento a livello sociale e individuale che si evolvono molto lentamente e sono pressoché gli stessi di mille anni fa". "Il periodo di rilevamento", osservò Marchetti, "dura di norma un centinaio d'anni, non ha senso quindi cercare di accelerarlo ... Il sistema può essere influenzato significativamente solo attraverso una pianificazione, in teoria e in pratica, a lungo termine ... infatti la propagazione di una nuova tecnologia segue sempre di regola una prima penetrazione in piccole eco-nicchie favorevoli, dove acquista forza e spinta per la fase successiva". Marchetti illustrò la sua tesi descrivendo concisamente l'introduzione capillare del greggio nel sistema energetico globale: "l'industria petrolifera non sorse come concorrente del carbone, la cui industria era troppo importante e consolidata per essere soppiantata, ma come un sostituto ben accetto dell'olio di balena, usato per l'illuminazione, che andava scarseggiando. Seppur con quantitativi inizialmente ridotti, il petrolio, grazie all'aggressività e allo sviluppo di una 'superba' chimica, fu in grado di conquistare nuovi mercati altamente specializzati come quelli del carburante e, dopo quasi cent'anni, di sconfiggere gli ultimi capisaldi del carbone nella produzione elettrica e nella siderurgia". Secondo Marchetti, si dovevano lasciar perdere le ipotesi di imprese eroiche tese a "salvare il mondo e il suo mercato energetico", ma ci si doveva piuttosto "concentrare su casi e prodotti speciali e su vantaggiose eco-nicchie". "Una nuova tecnologia", aggiunse, "deve avere un terreno fertile su cui radicarsi". Simili considerazioni, tuttora fondate, condussero gli autori di un imponente studio realizzato nel 1976 dallo Stanford Research Institute e intitolato "l'economia a idrogeno, una valutazione preliminare" a sostenere che non si dovrebbero lasciare in mano a corporazioni private, con la loro visione a breve termine, i cambiamenti a lungo raggio che si ripercuotono su nazioni intere. Le aziende private, almeno formalmente, non prendono in considerazione i guadagni futuri perché la loro filosofia si basa su programmi frammentari che spingono a posticipare il più possibile le trasformazioni fondamentali. | << | < | > | >> |Pagina 318Cesare Marchetti ritiene che l'idrogeno e la nascita di un'economia basata su di esso, abbiano un significato più profondo, che va oltre le problematiche inerenti la ricerca di un combustibile pulito e di un ambiente pulito. Già negli anni '70 le sue teorie si fondavano sull'idea che i cambiamenti fisici associati alla produzione e alla distribuzione dell'energia da idrogeno avrebbero influenzato radicalmente le politiche globali, una teoria che mantiene tuttora il suo fascino.Marchetti formulò le proprie idee alla conferenza sull'idrogeno del 1976 a Miami Beach, in una presentazione di quaranta minuti dal titolo "Dal brodo primordiale al governo mondiale, un saggio sull'evoluzione comparata", in cui descrisse le sue sorprendenti previsioni politico-economiche, analoghe ai processi fisici che hanno caratterizzato la Terra fin dalla sua origine, e logici risultati dello sviluppo di un'economia basata sull'idrogeno. Marchetti immaginava un processo di "liberatorio" del pianeta, che prevedeva una produzione su larga scala di idrogeno e un allontanamento dai combustibili fossili, paragonabile quasi allo staccarsi di forme di energia e di vita dal brodo primordiale, milioni di anni fa. Questo processo primordiale di scissione era stato reso possibile dalla cessione di immensi quantitativi di ossigeno, attraverso una serie di complicati processi chimici e fisici. L'ossigeno andò a formare lo strato di ozono che bloccò il passaggio delle letali radiazioni ultraviolette in modo che gli organismi viventi potessero abbandonare l'acqua e avviarsi alla conquista della terraferma. "Gli esseri viventi sono aumentati tanto da assumere il controllo dell'ambiente su scala globale", affermò Marchetti e continuò "Adesso, se l'umanità iniziasse a produrre idrogeno dall'acqua impiegando 'nuove' risorse di energia libera (fissione, fusione e forse anche quella del buon vecchio sole) a quale sorta di controllo ambientale porterà, come sotto prodotto, la scissione dai combustibili fossili, che nella mia perifrasi corrispondono al brodo primordiale?" Riassumendo, Marchetti prevede un conflitto fra un sistema di potere di nazioni-stato "integrato verticalmente" e quello "orizzontale" che si estende su molti stati, tipico delle multinazionali. Il conflitto è inevitabile secondo lo studioso, ma non produrrà necessariamente dei vinti e dei vincitori: "Uno stato può essere visto come un sistema di potere integrato verticalmente che copre un'area geografica". Una multinazionale, invece, "è un sistema di potere orizzontale che organizza un limitato settore di attività umane senza confini geografici definiti. Il potere orizzontale (multinazionali) genera 'confusione' e perdita di controllo in quello verticale (gli stati), e con l'allargarsi dei settori il primo si fonderebbe inevitabilmente con il secondo. Un chiaro sintomo di questa tendenza sono le denunce di scandali e abusi rivolte contro le multinazionali. Con quali risultati?" Marchetti portò a esempio un'analogia storica delle relazioni fra l'unica "multinazionale" del Medioevo, la Chiesa cattolica, e gli stati dell'epoca. "Durante il Medioevo si scatenò un conflitto fra poteri politici definiti geograficamente e un potere orizzontale capillare. La Chiesa "interferiva e competeva su molti piani con il potere politico dell'epoca, frammentato geograficamente". Entrambi i sistemi erano necessari: "Poiché i due sistemi di potere non erano intercambiabili né uno dei due poteva essere eliminato, si dovette arrivare infine a un compromesso. Il potere politico consacrò i ranghi superiori ad una struttura di potere sovranazionale, formando una specie di multinazionale, il Sacro romano impero. L'area di controllo dell'imperatore era politicamente ristretta ma geograficamente vasta, e le sue funzioni a livello gerarchico erano tali da poter, in teoria, trattare con il Papa su basi egualitarie". "La mia analogia storica", proseguì Marchetti, "mi porta a concludere che il risultato sarà un governo mondiale, ovvero, con una definizione più flessibile, un'autorità mondiale aperta al dialogo". "L'energia", aggiunse, "è il business più grosso del mondo. A 12 dollari il barile di greggio, si parla di un giro d'affari annuale di 500 miliardi di dollari, che arriverà a 2000 miliardi all'inizio del prossimo secolo. Ciò significa che le multinazionali del settore energetico saranno le maggiori controparti per il potere politico e il loro campo di attività sarà estremamente delicato. I risultati dei processi tecnologici sulla scissione dell'acqua si tradurranno in immensi centri energetici e in generazione di energia a scala mondiale, che potrebbero modificare l'atmosfera politica proprio come l'ossigeno trasformò l'atmosfera terrestre, portando finalmente a un governo mondiale". E concluse: "questo maestoso progetto si sta evolvendo da solo e noi abbiamo il privilegio e la responsabilità di vivere durante un'importante svolta storica" . | << | < | > | >> |Pagina 321"Ci sono tempi di cambiamento e tempi per cambiare", filosofeggiò Grubler, "e a seconda dei nostri comportamenti individuali e collettivi, questi tempi potranno entusiasmarci o portarci frustrazione". Potrebbe anche essere così, ma il nostro futuro collettivo non sarà determinato solo dalla tecnologia e dall'analisi dei sistemi e dal progresso tecnologico, ma anche dalle dottrine economiche, come sottolineato dal diplomatico tedesco Marcus Bleinroth (citato in Father/Land di Kempe). E anche da una presa di coscienza ambientale, che in alcuni contesti è ancora "in via di sviluppo". E anche, infine, da una volontà politica focalizzata; non una volontà politica ordinaria, basata sull'opportunismo, sul favoritismo e sui finanziamenti, ma una volontà politica sapiente dal punto di vista etico e umano, guidata da un interesse illuminato, che percepisca il mondo nella sua integrità ambientale e non come una serie di scomparti non connessi fra loro.Dal 1990, ci sono stati molti progressi in termini di maggiore coscienza ambientale e di pulizia di grandi parti del nostro ambiente. Inoltre, si sono riscontrati progressi anche nello sviluppo di tecnologie e pratiche ambientali pulite, alternative e progressiste. Siamo stati testimoni dell'inizio di una gara per commercializzare tecnologie dell'idrogeno, come quelle per le celle a combustibile, per ridurre o azzerare le emissioni, una gara a cui partecipano sia grandi e vecchie corporation, sia piccole società innovative appena nate. Nel quadro generale, tutti i recenti progressi sembrano insignificanti e impercettibili in confronto a quello che deve essere ancora fatto. Nel contesto ambientale, sembra più che mai pertinente l'appunto del 1969 di Buckminster Fuller citato all'inizio di questo libro. Bill McKibben, scrittore e ambientalista, espresse con chiarezza esemplare le sue preoccupazioni in un articolo pubblicato dal New York Times nel 1999: "Dieci anni fa il riscaldamento del globo era una ipotesi teorica. Ora, dopo un decennio di ricerca intensiva, scienziati di tutto il mondo hanno raggiunto una indiscutibile certezza: stiamo surriscaldando il pianeta... Il problema sta nel perché abbiamo fatto così poco. Nel 1992, Bush aveva promesso al mondo intero che gli Stati Uniti avrebbero emesso nel 2000 gli stessi livelli di anidride carbonica del 1990. L'amministrazione Clinton è rimasta pressoché inerte all'aumento delle emissioni superiore al 10%. Il Congresso si rifiuta perfino di prendere in considerazione i piccoli passi rappresentati dal protocollo di Kyoto, che ci riporterebbero nel 2010 ai livelli del 1990. E la questione non è praticamente stata presa in considerazione durante la campagna elettorale". McKibben ritiene che la ragione dell'apatia "stia nel fatto che non proviamo ancora a livello viscerale quanto sia sbagliato ciò che stiamo facendo, non solo non abbiamo, razionalmente, timori sulle condizioni di vita in un mondo surriscaldato, ma non comprendiamo nemmeno che siamo diventati così forti da riuscire a dominare tutto... Tutto ciò che succede sulla superficie terrestre proviene, almeno in parte da noi, dal nostro appetito e dalle nostre economie". La gente deve arrivare a comprendere la situazione ambientale a livello "viscerale", "per compiere i passi giganteschi che dovremmo fare subito". "Il sole che batte a picco, la pioggia torrenziale cosi come le raffiche di vento", scrisse McKibben, "sono ormai tutti artefatti umani. Non viviamo più nel pianeta su cui siamo nati. Viviamo in uno nuovo, più povero e più semplice, che continuiamo a impoverire con ogni grammo di petrolio e con ogni chilo di carbone che bruciamo". Le amare considerazioni fin de siècle di McKibben sul nostro mondo sono probabilmente condivise da molti, consciamente o inconsciamente. Ma ci sono anche opinioni del tutto opposte: un nuovo secolo pieno di ottimismo e temperato dalla perspicacia dei Bill McKibben di tutto il mondo, che affermano: "Possiamo e vogliamo migliorare il mondo". Questo ideale che ha ispirato e spronato migliaia e migliaia di attivisti, ricercatori e altri a lavorare per un ambiente più pulito, è stato espresso per la prima volta e nel modo migliore, da Giulio Verne nel suo romanzo del 1874 L'isola misteriosa:
Si, cari amici, credo che un giorno si utilizzerà l'acqua come carburante e
che l'idrogeno e l'ossigeno che la costituiscono, usati singolarmente o
combinati, forniranno una fonte inesauribile di calore e di luce... Fin tanto
che la terra sarà popolata, essa sarà in grado di fornire ciò di cui hanno
bisogno i suoi abitanti e non mancherà luce e calore se non verrà meno la
produzione dei regni vegetale, animale e minerale.
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