Copertina
Autore A.M. Homes
Titolo La sicurezza degli oggetti
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2010 [2001], UE 2148 , pag. 169, cop.fle., dim. 12,5x19,5x1,4 cm , Isbn 978-88-07-72148-9
OriginaleThe Safety of Objects [1990]
TraduttoreMartina Testa
LettoreAngela Razzini, 2010
Classe narrativa statunitense
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Indice


  9 Adulti da soli

 29 In cerca di Johnny

 50 Calore

 58 Jim Train

 80 Acchiappare i proiettili al volo

104 Con affetto, tua

112 Esther in the night

121 Pigiama party

139 Io e lui

145 Una vera bambola


 

 

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Pagina 9

Adulti da soli



Elaine porta i bambini in Florida e li lascia lì come una busta di vestiti a una tintoria.

"Ci vediamo fra dieci giorni," dice mentre le fanno ciao con la mano nel terminal della American. "Fate i bravi!"

Dà un bacio sulla guancia alla suocera e, sentendo la pelle ruvida di lei contro la sua, immagina questa donna come, letteralmente, la mappa genetica di suo marito, fino alla barba.

"Vai," le dice la suocera, spingendola verso il gate.

È la prima volta che lascia i suoi figli così. Risale sull'aereo pensando che in lei c'è qualcosa che non va, che dovrebbe avere un motivo più valido o programmi migliori per le vacanze: l'Europa, non Westchester.

Paul la sta aspettando all'aeroporto. È stato lì tutto il giorno. Dopo averli accompagnati stamattina, ha preso possesso dell'estremità ovest della sala d'aspetto e ha passato la giornata lì, a lavorare. Elaine lo sa perché l'ha fatta cercare con l'altoparlante all'aeroporto di Miami per ricordarle di portare a casa un po' di arance.

Sembra più giovane di come se lo ricordava. Gli brillano gli occhi e assomiglia un po' a Charlie Manson prima che si lasciasse andare. Elaine è sicura che ha di nuovo fumato erba. Immagina Paul che si chiude in un gabinetto dell'aeroporto con la sua pipetta e un tipo che è stato cacciato da un volo per Los Angeles.

Si chiede come mai lui non lo trovi strano, chiudersi in un minuscolo scomparto di metallo insieme a un perfetto sconosciuto. Una volta le ha detto che quando fuma chiuso in bagno con un altro tizio gli viene sempre duro e non capisce mai bene se sia per la droga o per l'altro uomo.

A Elaine sembra incredibile che in tutti questi anni non l'abbiano mai beccato. Fino a qualche tempo fa si augurava che succedesse; pensava che l'avrebbe rimesso in riga.

"Andiamo a casa," dice Elaine.

"Non dobbiamo per forza andare a casa, possiamo andare in qualunque posto. Possiamo..." Le fa l'occhiolino.

"Sono stanca," dice Elaine.

Tornano a casa in silenzio. La macchina è così nuova che non fa nessun rumore. Paul entra con prudenza nel vialetto. I rami degli alberi che circondano la casa strusciano contro la macchina. Elaine pensa alle storie paurose che si raccontano intorno al fuoco in campeggio, uomini con uncini al posto delle braccia e donne sepolte vive con unghie lunghissime che sbucano all'improvviso dalla terra.

"Dobbiamo potare quei rami," dice Paul, poi restano in silenzio.

Paul la segue su per gli scalini della veranda, parlando degli scalini. "Se vogliamo ridipingerli, dovremmo deciderci a farlo prima che nevichi."

"Magari domani," dice lei, ma sinceramente non ha voglia di fare nient'altro per la casa. Ci ha rinunciato. Troppo lavoro.

Si sente come se avesse una relazione extraconiugale con la casa. Non è nemmeno una storia, una storia suona troppo piacevole, troppo bello. Per quanto la riguarda le case dovrebbero essere come forni autopulenti; dovrebbero badare a se stesse.

L'ultima volta che è stata soddisfatta della casa è stato il giorno prima di trasferircisi, quando i pavimenti erano appena stati fatti, quando era grande e vuota, e non l'avevano ancora pagata.

Elaine apre la porta d'ingresso con una spinta.

"Magari ogni tanto potresti ricordarti di chiuderla a chiave, la porta," dice. "Quando stavamo in città non te lo scordavi mai."

Dentro è buio. Elaine si ferma nell'ingresso, cercando di ricordarsi dov'è l'interruttore della luce. Nei sei mesi che ci hanno abitato finora, lei e Paul non sono mai stati soli nella casa. È bello, pensa, continuando a tastare il muro in cerca dell'interruttore. Accende tutte le luci e comincia a raccogliere cose lasciate in giro, vestiti di Daniel, giocattoli di Sammy. Risistema i cuscini sul divano e va di sopra a farsi un bagno. Squilla il telefono e Paul risponde. Elaine si addormenta al suono di voci sommesse, pensando che Paul è un bravo papà; è in fondo al corridoio che legge a Sammy una storia.

Come al solito si svegliano tutti e due fra le sei e mezza e le sette, drizzando le orecchie per sentire i bambini. Sono insieme da soli, intrappolati nel letto. Non devono alzarsi. Non devono andare da nessuna parte. Sono in vacanza.

Alla fine, fra le sette e mezza e le otto meno un quarto, quando non rimane altro da fare, lei lo guarda. Sta perdendo i capelli. Le sembra di vedere chiaramente la sua attaccatura dei capelli che indietreggia, follicolo per follicolo. Le ha detto che lo sente. Dice che tutta la testa se la sente diversa; gli prude, prende freddo facilmente, non è più quella di una volta. Elaine pensa a se stessa. La faccia le sta sprofondando. Ha cerchi, borse e roba di ogni tipo intorno agli occhi. La settimana scorsa ha speso quaranta dollari in lozioni per coprire tutto quanto.

Quando scende al piano terra, lui ha già fatto colazione e pranzo.

"Forse più tardi dovremmo andare a vederci un film?" le dice.

Paul non intende veramente che dovrebbero andare al cinema; intende che dovrebbero passare un po' di tempo insieme, in un modo o nell'altro. Di solito per far questo devono prendere una babysitter.

"Ti passo a prendere verso le quattro," dice.

"Significa che stai uscendo con la macchina? Ho delle cose da fare."

"Possiamo andare insieme," dice lui.

Nella sua immagine ideale della vita fuori città la famiglia gira sempre in macchina tutta insieme, diretta in questo o quel posto, cantando canzoncine, mangiando roba di McDonald's. Gli piace da morire quando si fermano davanti a un negozio e lui entra mentre lei lo aspetta in macchina per tutto il tempo che gli ci vuole.

"Scordatelo," dice lei.


Nel tardo pomeriggio Paul entra in camera da letto dove Elaine sta riposando.

"Ti ho portato una cosa," dice, porgendole una cassetta porno che ha noleggiato in città.

"Per me?" dice lei.

Non riesce a credere che le abbia portato questo. Se doveva portarle un regalo lei avrebbe voluto dei fiori, un foulard, perfino un disco. La pornografia non è un regalo.

Paul mette la cassetta nel videoregistratore. Sono così abituati l'uno all'altra che non ci mettono molto, e dopo un breve pisolino decidono di andare davvero al cinema.

Le insegne non sono illuminate ed Elaine deve mettersi gli occhiali di Paul per vedere che film danno. Lui fa una mezza proposta di fumare uno spinello dentro il cinema, ma lei gli ricorda che hanno entrambi una reputazione professionale da mantenere.

"Non sai mai dove puoi incontrare un cliente," dice. "E oltretutto," gli sussurra all'orecchio, "qui non siamo a Manhattan."

Gli mette la mano sull'inguine e glielo stringe. Sa che gli piace quando gli fa cose del genere in luoghi pubblici.

Nel buio della sala Paul ed Elaine si innamorano. Si innamorano non tanto l'uno dell'altra, quella è acqua passata, ma dell'idea di essere innamorati, di essere così attratti da qualcuno. Lei gli appoggia la testa sulla spalla e lui non le dice che gli indolenzisce il braccio con cui gioca a tennis.

Dopo il film passeggiano lungo la via principale. Paul ha le mani in tasca ed Elaine si tiene le braccia strette intorno al petto come se si stesse proteggendo da qualcosa. È come se nella sala buia del cinema si fossero giurati amore per tutta la settimana, ma fuori, nell'aria fresca della sera, nessuno dei due è sicuro che sia fattibile.

Elaine e Paul attraversano la strada ed entrano nel solo ristorante della cittadina in cui possono mangiare tutti e due senza sentirsi male. Paul ordina una bottiglia di vino. Ordina fettuccine con la panna senza prima consultarsi con Elaine. Lei non dice niente a proposito del colesterolo. Fa parte del loro patto d'amore. Per il momento sono gemelli siamesi separati. Sono agenti di custodia fuori servizio. Sono liberi. I loro figli sono in Florida a farsi rimpinzare dalla nonna.


In macchina, al ritorno, si fumano due spinelli. Elaine dice a Paul di arrivare fino allo stretto prima di ritornare a casa. Lui parcheggia a pochi metri dall'acqua, spegne il motore, e restano lì seduti a guardare fuori, verso quello che c'è dall'altra parte, qualunque cosa sia, forse il Connecticut.

"Pensavi che saremmo mai arrivati a stare qui, così?" dice Elaine.

"Qui così come?"

"Qui, in una casa tutta nostra, con una station wagon?"

Un fascio di luce attraversa l'interno della macchina, e invece di passare oltre si ferma su Elaine e Paul. Qualcuno bussa al finestrino di Paul e una torcia viene puntata verso di loro.

"Abbassi il finestrino, prego," dice il poliziotto.

"Posso aiutarvi? State cercando qualcosa?"

"Stavamo solo guardando il panorama," dice Paul.

Elaine pensa che li abbiano beccati, che il poliziotto senta l'odore dello spinello. Non riesce a credere di essere in macchina e che tutto questo stia succedendo davvero, ora, a lei. Non fuma quasi mai.

Anche se è l'inizio di ottobre Paul sta cominciando a sudare. Elaine pensa che così li farà scoprire. Le fa venire in mente il Dagoberto dei fumetti.

"Ci siamo trasferiti qui solo da sei mesi," dice Elaine.

Tocca sempre a lei occuparsi di tutto. Gestire le situazioni. Se verranno arrestati, dovranno trasferirsi altrove, immediatamente, prima che i bambini tornino a casa. Ci sarà una sua foto sulla prima pagina del giornale locale, LA NUOVA ARRIVATA VA IN FUMO.

"Avete i documenti? Posso vedere la sua patente, signore?"

Il poliziotto sembra un dodicenne. Se qualche volta si fa la barba non è perché ne ha bisogno, ma perché lo fa sentire più grande.

"Questo è il vostro attuale domicilio?"

"No, abitiamo al tre-quattro-tre-tre di Maplerock Terrace," dice Elaine.

Sorride al poliziotto. A lei non chiede la patente. Lei è la moglie.

Il poliziotto ha infilato tutta la testa dentro la macchina, ma non sembra notare nessun odore. Elaine stabilisce che o è ritardato o ha seri problemi olfattivi.

"Siete nuovi da queste parti," dice.

"Esatto. Io faccio perfino parte del club dei nuovi residenti, si riunisce una volta al mese," dice Elaine, decisa a evitare la galera.

"Bene," dice il poliziotto. "Adesso non sarebbe meglio tornare a casa?"

"Stavamo solo guardando il panorama," dice Paul, facendo cenno con la testa verso lo stretto.

"Noi non facciamo cose del genere da queste parti," dice il poliziotto. "Buona sera, signore," dice il poliziotto.

Spegne la torcia e torna alla volante.

Paul non rimette subito in moto la macchina. Sembra che non ne sia in grado. È coperto da una vischiosa pellicola di sudore. Ha la pelle di un colore bianco fosforescente.

"Ti senti male?" dice Elaine.

Accende la luce per guardarlo meglio.

"Ti sta venendo un attacco di cuore?"

Vorrebbe non avergli lasciato ordinare quelle fettuccine.

"Devo portarti all'ospedale?"

"Guidi tu fino a casa?" dice lui.

Lei apre la sua portiera e fa il giro della macchina. Il poliziotto ha parcheggiato in fondo all'isolato, con le luci spente, e li tiene d'occhio.

Paul si sposta sull'altro sedile. Le gambe gli si incastrano nel cambio e ci vuole un po' prima che Elaine riesca a entrare. Resta in piedi in mezzo alla strada ad aspettare. Pensa a cosa succederebbe nel caso di un'emergenza, se Paul dovesse veramente fronteggiare un pericolo, un ladro in casa, per dire.


Durante la notte la pancia di Paul si mette in moto e nel sonno dal suo corpo si levano silenziose nubi tossiche. Elaine va nella stanza di Sammy e si nasconde sotto gli animali di peluche, usando l'orso grande come cuscino e come marito.

Verso le sette Paul sveglia Elaine cercando di sdraiarsi vicino a lei nel lettino.

"Puzzavi da morire," dice lei.

"Perché mi hai lasciato prendere le fettuccine?"

Elaine non dice niente. È troppo complicato. Gli ha lasciato prendere le fettuccine perché lui non le piace, e non le importa quello che fa e spera che muoia presto. Gli ha lasciato prendere le fettuccine perché lo ama e non riesce a negargli i suoi piaceri ed è fermamente decisa a non fare la parte di sua madre.

Lui comincia a fare l'amore con lei.

"Non qui," dice Elaine, pensando che è incredibilmente perverso farlo nel letto del figlio.

Paul si ferma e si rannicchia accanto a lei. Elaine si gira verso il muro, tirandosi la coperta di Topolino fin sopra la testa. Senza i bambini, senza che le venga richiesto assolutamente nulla, si sente esausta. Non si ricorda di essere mai stata così stanca.

Sogna che i suoi figli sono stati attaccati da uno squalo. Sente la suocera che le racconta la storia in un'interurbana.

"Stanno bene, questa è la cosa più importante. Non è mai successo nella storia di Miami Beach. Sammy era sdraiato sul bagnasciuga, non era neppure veramente dentro l'acqua, e uno squalo, uno squalo molto piccolo, gli è arrivato addosso portato da un'onda. E Daniel, pensa che ragazzo in gamba, che ometto, ha preso lo squalo e l'ha tirato via da Sammy, ma poi lo squalo si è attaccato al braccio di Daniel. Non era uno squalo grosso. Di sicuro stava morendo, altrimenti come mai era arrivato sulla spiaggia? Daniel ha agitato il braccio e se l'è levato di dosso. Neanche un graffio. Adesso lo squalo è qui, nella vasca da bagno. I bambini vogliono farlo impagliare. Io ho detto che devi decidere tu. Sei tu la madre."

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