Copertina
Autore Aldous Huxley
Titolo Oltre la baia del Messico
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 2002 , pag. 236, dim. 140x210x18 mm , Isbn 978-88-359-5219-0
OriginaleBeyond the Mexico Bay
EdizioneChatto Windus, x, 1934
PrefazioneDaniela Del Sero
TraduttoreDaniela Del Sero
LettorePiergiorgio Siena, 2003
Classe politica , viaggi , paesi: Messico
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Indice

PREFAZIONE         XIII
PREFAZIONE DELL’AUTORE
ALL'EDIZIONE DEL 1960
                    XIX

SULLA NAVE            3
BARBADOS              8
TRINIDAD             12
CARACAS              18
COLON                21
GIAMAICA             22
HONDURAS             23
HONDURAS BRITANNICO  24
SULLA NAVE           28
PUERTO BARIOS        29
QUIRIGUÀ             31
SUL TRENO            48
CITTÀ DEL GUATEMALA  50
CIUDAD VIEJA         88
ANTIGUA              91
IN VIAGGIO          100
ATITLÀN             102
IN VIAGGIO          106
SOLOLA'             107
CHICHICASTENANGO    109
SACAPULAS           133
MOMOSTENANGO        137
IN VIAGGIO          142
COPAN               146
IN VIAGGIO          166
PROG RESO           172
IN VIAGGIO          176
MIAHUATLÀN          182
EJUTLA              192
OAXACA              193
MONTE ALBÀN         206
ETLA                209
MITLA               212
SUL TRENO           213
PUEBLA              214
CHOLULA             216
CITTÀ DEL MESSICO   221
TAXCO               227
SULLA NAVE          228
INDICE ANALITICO    233

 

 

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Pagina 46

Siamo ora in grado di suggerire una risposta alla nostra domanda originaria. Perché una tradizione artistica è diversa dall’altra? I fattori geografici, climatici ed economici hanno senz’altro il loro ruolo. E cosi pure l'idiosincrasia razziale. Ma l'elemento decisivo, alla fine, è il caso - il caso in un insolita combinazione di cromosomi e nella conseguente nascita di una persona insolitamente dotata; il caso nella peculiare formazione di un individuo o nel suo trovarsi in una posizione così favorevole nella società, da poter esercitare una certa influenza sui suoi simili; il caso nell’esistenza del patrocinio reale o clericale... e così via, all’infinito. Se vogliamo arrischiarci a fare delle generalizzazioni, possiamo dire che, aspetti principali di una cultura possono essere previsti da chiunque conosca le forze impersonali che operano al di sopra e all’interno di una comunità; ma che i dettagli sono il risultato del caso e come tali sono imprevedibili. Ad esempio, possiamo prevedere che un popolo di agricoltori svilupperà le arti in grado più elevato rispetto a un popolo di cacciatori. Ma non saremo in grado di prevedere la natura delle forme tradizionali, né la loro qualità artistica. Nessun grado di conoscenza delle forze impersonali all'opera ci permetterà di profetizzare che questo popolo di agricoltori rappresenterà il principio della fertilità come un fallo o uno Yoni; quel popolo invece, come un uomo con la scure e il muso da tapiro. Tutte le caratteristiche concrete di una tradizione culturale sono frutto del caso e non possono essere previste.

Il caso non determina solo i temi e le forme tradizionali dell’arte di un popolo, ma anche la sua qualità. A prima vista, la capacità artistica sembrerebbe essere una questione di eredità razziale. Ma, guardando più da vicino, troviamo delle ragioni che ci fanno dubitare di ciò. Non ci sono razze dotate di senso artistico e altre che ne sono prive; ci sono solo, all’interno di ogni gruppo sociale, delle successioni di casi fortunati o sfortunati dal punto di vista artistico. Molti sono i fatti che ci portano a questa conclusione. Così, nel corso della sua storia, lo stesso popolo puo produrre opere d’arte di qualità assai diversa. L’arte egizia fu in certi periodi superba; ma in altri (come ha dimostrato, anche troppo chiaramente, il contenuto della tomba di Tutankhamen) fu invece di scarso valore, teatrale e grossolana. La pittura italiana divenne quasi inesistente dopo il 1750. La musica inglese era tra le migliori in assoluto in Europa; con la morte di Purcell scomparve. Eppure gli Inglesi erano sempre gli Inglesi e, ben lontani dall’essere una razza decadente, dimostravano energie e risorse immense in quasi tutti gli altri settori di attività umane.

Si sente spesso, inoltre, affermare che le diverse razze europee si distinguono per le diverse attitudini artistiche: che gli Italiani eccellono nelle arti plastiche, gli Inglesi nella letteratura, i Tedeschi nella musica e così via. Ora, prima di tutto, nessuna di queste entità sociali costituisce una razza. L’unico test oggettivo per determinare la differenza di razza è il test Precipitin. Applicato alle cosiddette razze dell’Europa, esso dimostra che "nordico", "alpino", "mediterraneo" sono i nomi di variabili non costanti, e che tutti gli Europei appartengono fondamentalmente allo stesso ceppo. In secondo luogo, epiteti elogiativi o dispregiativi quali "musicale", "privo di senso artistico", e così via, non valgono in maniera costante per nessun gruppo sociale. Gli Inglesi hanno avuto i loro grandi compositori e anche uno o due pittori di prima grandezza. Talvolta per intere generazioni gli Italiani non hanno avuto una produzione decente nella letteratura o nelle arti plastiche. E cosi via. Torniamo così di nuovo, necessariamente, al caso.

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Pagina 56

L’aspetto più stupefacente delle guerre del Centro America è che nessuna di loro ha avuto una causa che si possa in qualche modo interpretare come economica. Non c’è stato mai nulla che avesse a che fare con la conquista dei mercati, con l'annientamento di pericolosi concorrenti commerciali, con il desiderio di impossessarsi di territori con grandi risorse industriali. Le guerre tra le cinque repubbliche sono state guerre tra Conservatori e Liberali, tra Clericali e Anticlericali, tra chi desiderava un unica repubblica federale e chi invece voleva l’indipendenza sovrana di ciascuno stato. Non si è trattato di guerre di interesse ma di "principi politici" - in altre parole, guerre di pura passione. Le guerre vengono ora di norma attribuite alle macchinazioni di gruppi rivali di capitalisti. Questi ultimi, essendo in possesso degli strumenti di propaganda, dapprima coinvolgono emotivamente il pubblico, ottuso e illuso (già pronto, per l'educazione ricevuta, a farsi coinvolgere), nelle loro liti private; poi, quando la temperatura emotiva è sufficientemente elevata, proseguono, dando l'ordine di mobilitazione e massacro, nel loro ruolo di governanti, oppure di persone influenti sul trono.

Questa descrizione è probabilmente abbastanza verosimile, ma rimane pur sempre una descrizione che deve essere chiarita e spiegata. Vogliamo prima di tutto sapere perché gli sfruttatori litighino e, in secondo luogo, perché gli sfruttati si facciano coinvolgere.

I teorici della sinistra proclamano, quasi come fosse un assioma, che ove c’è profitto privato ci deve necessariamente essere, periodicamente, una guerra. Ma questo è chiaramente falso. Se i capitalisti fossero interessati solamente allo sfruttamento più redditizio delle loro vittime (e volesse il Cielo che queste sapessero di esser tali!), non sprecherebbero le loro risorse nel combattersi l’un l’altro; si coalizzerebbero, invece, al fine di ideare il piano più efficace possibile per spremere profitti dall’intero pianeta. Il fatto che non lo facciano - o che lo facciano solo in modo discontinuo e inadeguato - è dovuto al fatto che gli sfruttatori sono schiavi delle passioni risvegliate dai nazionalisti tanto quanto lo sono gli sfruttati. Essi possiedono e usano gli strumenti di propaganda, ma sono essi stessi i primi a credere alle sciocchezze che diffondono, e a comportarsi di conseguenza. Questi Machiavelli sono incapaci di vedere quale sia il loro maggior vantaggio economico. La pace, è ovvio e l'internazionalismo rendono; la guerra nella sua scala attuale, danneggerà, a lungo andare inevitabilmente, i capitalisti che la provocano. Ciononostante essi continuano a provocarla - e credono, sotto la spinta patriottica, di farlo nel loro stesso interesse. Fanno la guerra per aumentare i profitti che ricavano da quel particolare sistema di economia nazionalistica, alle spese dei profitti che altri capitalisti come loro ricavano da sistemi concorrenti. (Il nazionalismo è contrario all’interesse economico massimo degli sfruttatori; ma crea alcuni interessi particolari di monopolio che giustificano, sino a un certo punto, il loro appello alle armi per motivi commerciali.) Inoltre, essi fanno e minacciano guerre secondo il principio machiavellico che i pericoli provenienti dall’esterno danno, a chi governa, l’opportunità di rafforzare la propria posizione in patria. È proprio per questa ragione che tutti i dittatori del dopoguerra hanno sempre diffuso notizie allarmanti e minacciato guerre. La paura che ogni popolo ha dei suoi vicini, rafforza il potere dei governanti in carica. Ma cos'è questo potere, in confronto al potere che potrebbe essere esercitato da un’oligarchia di governanti mondiali? E in confronto ai profitti che deriverebbero da un sistema economico mondiale, quanto poca cosa sono i profitti guadagnati in un sistema semplicemente nazionalistico! Inoltre, è dimostrabile che la guerra moderna danneggi l’attività economica e turbi l’ordine sociale. Quindi, ben lontano dall’arricchirsi e dal rafforzarsi mediante la guerra intesa nelle sue attuali dimensioni, il governante capitalista è probabile che perda, nell’agitazione generale, la maggior parte del suo denaro e del suo potere. Nonostante ciò, i nostri governanti insistono nel volere che il sistema politico ed economico rimanga (a loro chiaro svantaggio) nazionalistico. Sicuro e proficuo, l’internazionalismo viene, nonostante tutto, rifiutato.

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Pagina 59

La guerre nait des passions.

Ma prima di cominciare a ragionare su quest'affermazione, dobbiamo porci una domanda quanto mai pertinente: le passioni di chi? Le passioni del popolo nel suo insieme? O solo dei governanti? Di entrambi, penso sia la risposta corretta, sono i governanti che, di fatto, dichiarano guerra; e lo fanno, primo, perché sono spinti da quelle passioni che la teologia del nazionalismo ha loro insegnato a considerare come lodevoli; secondo, perché desiderano difendere interessi che il nazionalismo ha di fatto creato, o che loro stessi hanno inventato, per usarli come giustificazione razionale delle loro passioni. I governanti, però, non possono fare una guerra se chi è da loro governato non è mosso dalle loro stesse passioni, o razionalizzazioni di passioni. Prima di poter muovere guerra, si deve far credere alla massa della popolazione che loro stessi la vogliono, che è nel loro interesse o, se non altro, inevitabile. Questo fine lo si raggiunge con una violenta campagna di propaganda, avviata al momento della dichiarazione di guerra. Ma una campagna di questo tipo non otterrebbe risultati efficaci, se la gente non fosse stata indottrinata sin dalla prima infanzia alla teologia nazionalistica. A causa di questo condizionamento nazionalistico di tutte le sue peggiori passioni, chi è governato è a volte davvero più bellicoso di colui che governa, il quale si trova spinto, pur riluttante, verso una guerra che vorrebbe evitare. In altri momenti, chi è governato è meno schiavo delle passioni e dei pregiudizi nazionalistici di quanto non lo sia chi governa. Penso sarebbe giusto dire che, al momento attuale, la maggioranza dei Francesi e degli Inglesi è più pacifista, meno pericolosamente ossessionata da quel moloc che è la teologia del nazionalismo, più disposta a pensare alla politica internazionale seguendo la ragione, di quanto non lo siano i governi. Per natura i governanti tendono a opporsi alla politica di chi è governato. Quando il popolino francese era permeato di nazionalismo, la borghesia era per la pace. Ora invece che il popolino pensa alla libertà, non più in termini di nazioni ma di classi, chi governa è diventato nazionalista.

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Pagina 82

Il nostro è un mondo in cui le tecniche mutano rapidamente; l’istruzione ha dato alla nostra congenita stupidità una sfumatura di positivismo, e quindi non siamo in grado di tollerare la fede in alcun tipo di entità trascendente e invisibile. In un mondo simile, e per gente simile, qual è la dose perfetta di pane e arena? Difficile dirlo, Ma, per quanto la perfezione sia irraggiungibile, dovrebbe essere abbastanza semplice apportare dei miglioramenti alle abitudini attuali, così enormemente sbagliate e pericolose. Non siamo senz’altro in grado di arrivare alla formula del benessere permanente; ma possiamo almeno evitare, per ora, la morte improvvisa.

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Pagina 101

L’amore per la natura e il prodotto di buoni mezzi di comunicazione.

Nel diciassettesimo secolo tutti gli uomini di buon senso detestavano la natura selvaggia. È sufficiente leggere il racconto che Pepy fa di un viaggio per il paese per capire il perché. Ma un cambiamento era prossimo. Durante i primi anni del diciottesimo secolo, il sistema stradale francese venne completamente rinnovato e, dal 1725 in poi il Generale Wade fece in modo di dare alla Scozia e alla zona di confine con l’Inghilterra le prime strade decenti. Divenne così possibile ammirare la natura selvaggia stando comodi e senza correre grandi rischi. I poeti risposero agli inviti degli ingegneri. Rousseau era un contemporaneo di Trésaguet, colui che ha rinnovato le chaussées francesi. Wordsworth di Telford e Macadam, Richard Jefferies nacque durante il boom delle strade ferrate negli anni Quaranta, e Meredith scrisse le sue poesie quando il sistema allora inaugurato era nel suo momento di massimo sviluppo. Edward Thomas scriveva all'inizio dell’epoca Ford, e Giono medita liricamente tra Bugatti e aeroplani.

Se tu avessi visto il paese quando non aveva le
strade alzeresti le braccia a benedire il Generale Wade.

Fu solo dopo la costruzione delle strade, che la gente cominciò ad alzare le braccia al cielo e a benedire il paese. Quando non è addomesticata, la natura non appare divina, ma piuttosto sinistra, e soprattutto, crea ostacoli in modo esasperante. Fare un escursione in montagna sapendo che in qualsiasi momento si può scendere a valle e trovare una bella strada, con autobus e un servizio di wagon lits: questo sì è un passatempo delizioso.

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Pagina 132

Il movimento nazista è una ribellione contro la civiltà occidentale. Per consolidare questa ribellione, i suoi leader stanno facendo del loro meglio per trasformare la società della Germania moderna in qualcosa di molto simile a una tribù primitiva. Si sta cercando di portare all’omogeneità un popolo che prima assaporava i vantaggi della varietà. La vicinanza nello spazio, sfortunatamente, non può essere eliminata; è possibile, però, creare deliberatamente degli abissi psicologici, ed è ciò che sta avvenendo. Dal punto di vista mentale ed emotivo, si vuole rendere la Germania lontana dall’Europa quanto lo è la Nuova Guinea. L’ultimo, e forse più potente, ostacolo al rigido sistema di condizionamento delle società primitive è, come abbiamo visto, l'approccio scientifico. La filosofia nazista con l’approccio scientifico ha le maniere spicce. Il dovere di tutti i Tedeschi è, come ha detto Hitler stesso, "non ricercare la verità oggettiva, nel momento in cui questa può essere favorevole agli altri, ma servire incessantemente la propria verità". Una morale da cacciatori di teste deve venire giustificata da una filosofia da paranoici. Il risultato promette d’essere estremamente "gemutlich".

I francesi sono il popolo minacciato piu da vicino dal fanatismo nazista; e in questo c’e una qualche giustizia ideale. Infatti, i due punti cardinali della filosofia con cui i Nazisti giustificano le loro violenze, sono stati entrambi ideati da pensatori francesi. Gobineau ha avuto la responsabilità di quella dottrina della superiorità della razza che è usata dai Nazisti come afrodisiaco, per suscitare l’odio nei confronti dei connazionali stessi di Gobineau. Ed e stato Bergson a guidare il disastroso attacco all'intelletto, e a preparare così la strada alla paranoia sistematizzata di Hitler.

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Pagina 185

MIAHUATLÀN



Se si escludono i villaggi, le case di campagna e i quartieri più signorili delle grandi città, l’Inghilterra vittoriana era una terra di miseria e bruttezza indescrivibili. Per sfuggire a ciò, Karl Marx andò con l’immaginazione nel futuro rivoluzionario, Ruskin e William Morris nel passato pre-industriale.

L’America industriale del ventesimo secolo non è certo orribile quanto l’Inghilterra industriale del diciannovesimo, almeno non in maniera cosi evidente; inoltre, questa bruttezza è stata per un certo tempo nascosta dalla facciata sgargiante del successo, dietro alla quale era considerato poco patriottico sbirciare. Qualche sbirciatina, naturalmente, c’era stata; ma testimonianze come il classico Middletown dei Lynd ebbero poco successo tra il pubblico. Poi, nel 1929, con un boato terrificante, la facciata crollò. La bruttezza fu visibile a tutti, e un grido sempre più forte di dolore si levò al cielo. La storia si è ripetuta. Nel loro desiderio di fuggire dagli orrori della realtà industriale - per fuggirli, e allo stesso tempo per trovare loro rimedio - alcuni pensatori americani sono corsi in avanti, verso il futuro rivoluzionario; altri, invece, sono tornati indietro al passato pre-industriale. Ma in Messico quel passato pre-industriale esiste ancora, ed è contemporaneo alla depressione industriale al di là del confine. I Ruskin e i Morris della moderna New York non hanno bisogno di usare l’immaginazione, per ricostruire le caratteristiche di uno stile di vita ormai scomparso. E sufficiente che si rechino nell’ufficio più vicino della compagnia aerea Pan American e acquistino un biglietto. In poche ore si troveranno immersi in una società contadina del quindicesimo secolo. Dalla depressione in poi, i libri sul Messico sono stati numerosi quasi quanto quelli sulla Russia. I Marx fuggono verso nord, i Morris verso sud.

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Pagina 189

L’indio del villaggio sa leggere; la sua mente però è condizionata in modo tale, che egli non riesce a capire ciò che legge. Viaggiando lungo quelle strade, le Ford porteranno non solo materiale da leggere, ma anche nozioni che renderanno pienamente comprensibili le parole stampate. L’istruzione può essere platonica quanto l’amore, ardente però lontano dalla carne e quindi sterile. In Messico la scuola è Dante, e la mente india è rimasta sino a ora una sterile Beatrice. Le strade e le macchine daranno all’istruzione messicana nuova forza. L’intoccata e intoccabile Beatrice concepirà, genererà. Con l’aiuto delle Ford, le scuole dei villaggi cominceranno, finalmente, a fare ciò per cui sono state istituite: trasformare il carattere nazionale. E allora addio - ancora una volta - agli Indios di Chase. I più sensibili tra noi provano orrore per la volgarità, rumorosa e incessante, della nostra civiltà urbana; invidiamo ai primitivi il loro sapersi accontentare, serenamente, di ciò che hanno. I primitivi, però, sono affascinati proprio da ciò che a noi non piace. Ecco un esempio. Sono stati presi degli indios delle regioni selvagge e sono stati sottoposti a un programma di istruzione, in un centro di formazione a Città del Messico. L’idea era che, una volta superato l’esame finale, questi indios tornassero nei loro villaggi a insegnare. Ma la grande maggioranza di questi si è rifiutata di tornarvi; hanno preferito diventare dei salariati nei bassifondi marci della metropoli. Ora si è deciso di formare gli insegnanti dei villaggi nelle città di provincia. Si spera infatti che queste, "moderne" in modo meno volgare della capitale, esercitino un’attrazione minore. Le strade e le Ford avranno l’effetto di rendere la volgarità urbana, su vasta scala, accessibile a quasi tutti. E laddove la volgarità urbana viene resa accessibile ai primitivi, questi ci si buttano a capofitto. Questa triste verità trova conferma ogni giorno, in ogni angolo del mondo.

Da tutto questo emerge, chiaramente, una conclusione: il programma di Chase è inattuabile. Non si possono importare in Messico i pregi nordamericani, e gli aspetti piacevoli della vita nordamericana, senza far sì che i Messicani perdano i loro pregi messicani e abbandonino gli aspetti migliori del loro stile di vita messicano.

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Pagina 191

La volgarità è in buona parte una questione di opportunità; quando alla gente viene data la possibilità di essere volgare, generalmente lo diventa. Le persone civilizzate hanno molte occasioni di questo genere, e le colgono tutte... ahimè, in che enorme quantità!

Questo per quanto riguarda ciò che gli uomini civili non possono prendere dai loro vicini primitivi. Che cosa possono prendere? possono prendere, o almeno provarci, la loro integrità umana. Un primitivo è costretto a essere integro, un uomo completo. in grado di svolgere tutti i compiti necessari alla comunità, capace di badare a se stesso in ogni circostanza; se non lo è, soccombe. Un uomo civilizzato, al contrario, non è costretto dalle necessità esterne a essere integro. Può condurre la sua esistenza tranquillamente e, secondo la nostra definizione di successo, anche con successo, senza essere in grado di fare altro che, diciamo, scrivere romanzi polizieschi; inserito com’è nella forte struttura economica e giuridica della civiltà, egli è perfettamente al sicuro. Una società altamente organizzata lo protegge dagli effetti peggiori della sua incompetenza; gli permette di ignorare tutte le arti utili e di sopravvivere ugualmente. Per quanto riguarda i danni fisici immediati, egli non ne subisce. Ci sono però anche i danni psicologici: i danni graduali dell’atrofia e del deperimento. La nostra organizzazione, mirabilmente efficiente, non può fare nulla per proteggere l’uomo da queste cose. È anzi la sua stessa perfezione a causare questi danni all’individuo. Ogni tipo di civiltà, e in particolare quella industriale, tende a trasformare gli esseri umani in mere incarnazioni di specifiche funzioni sociali. La comunità acquista così in efficienza; ma l’individuo ne risulta mutilato.

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Pagina 226

Per una mente colta, tutti i fenomeni sono interrelati. Prendiamo, tanto per fare un esempio, la recente Depressione. Innumerevoli fili partono da qui e vanno in ogni direzione. Ci sono cosi tanti ponti tra un universo e l'altro; ponti sui quali la mente può passare, ora prendendo questa direzione, verso la storia - verso la grande crisi che ci fu tra il 1837 e il 1842, ad esempio, oppure verso il crollo economico dell’impero Romano - ora invece prendendone un’altra, verso l'economia politica e da qui, cercando di dare una spiegazione ai cicli economici, verso la psicologia di massa, o altrimenti verso le periodicità dei fenomeni atmosferici; di qui la mente viene condotta, in una direzione, verso le macchie solari e gli universi dell’astronomia e della fisica, nell’altra verso... Ma, ovviamente, per la mente colta il numero di ponti possibili non ha fine. Per la mente incolta, al contrario, non ha inizio. Ogni esperienza è unica, isolata, non è collegata intellettualmente a nient’altro al mondo. Gli unici legami tra un bagliore di consapevolezza e un altro sono l’identità fisiologica della persona consapevole e, forse, qualche rudimentale sistema filosofico-religioso. Il mondo di chi è incolto è un mondo di oscurità, con una lucina pallida qua e una là, e, tra le due, degli oggetti misteriosi e invisibili con cui, talvolta, il viaggiatore sorpreso dalla notte entra in contatto, spesso dolorosamente, ma dei quali egli non è in grado di distinguere la forma né riconoscere la funzione.

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