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| << | < | > | >> |Pagina 4INDAGANDO SU JACOVITTI: UNO STUDIO IN GIALLO
Gianni Brunoro
Charles Darwin, il buon, vecchio, saggio ideatore della teoria dell'evoluzione, oggi così improvvidamente bistrattato dalla Pubblica Istituzione, non avrebbe dubbi ad affermare: la variabilità della specie umana fa sì che nascano di tanto in tanto persone dalla genialità multiforme. E lui, "modestamente, lo nacque", aggiungerebbe a sua volta il buon, vecchio principe De Curtis, in arte Totò. Il "lui" in questione è Benito Jacovitti, la cui genialità è testimoniata da migliaia di tavole a fumetti disegnate in una carriera lunga quasi sessant'anni, con una multiformità estesa anche a settori diversi da quelli del fumetto. In effetti, nei pilastri di quell'immenso "tempio delle mille colonne" costituenti la sterminata e differenziatissima produzione di Jacovitti figura di tutto: dalla pubblicità ai cartoni animati, dalle vignette politiche ai libri illustrati, dai manifesti alle campagne elettorali, ai marchi commerciali, e - naturalmente - alle migliaia di tavole disegnate per il fumetto. È appunto qui che il suo geniaccio si esercitò in maniera fondamentale, evidenziandosi addirittura anche attraverso una differenziazione interna ai fumetti stessi, nei quali non esiste settore narrativo che Jacovitti non abbia invaso con il suo dilagante umorismo. Il quale, oltre tutto, giunse alla notorietà presso qualunque segmento di pubblico, dall'implume bambinetto al più tosto degli adulti, dall'intellettuale sofisticato alla casalinga, dallo studente alla più frivola delle spensierate adolescenti e via discorrendo. Perché la sua vena comica era talmente complessa da contenere componenti capaci di "parlare" a ogni tipo di fruitore. Ciò che, in sostanza, fa di Jacovitti una icona a livelli multipli e con differenti prospettive d'approccio al nostro immaginario. Questa sua multiformità espressiva, manifestata poi ininterrottamente durante il lungo arco creativo della sua carriera, egli la dimostrò del resto assai precocemente, quasi come un requisito di fondo. In effetti, il suo esordio si ebbe nel 1940 sul settimanale cattolico "Il Vittorioso" (al quale sarebbe poi rimasto legato per decenni) con il racconto umoristico Pippo e gli inglesi, una storiellina di nessuna particolare connotazione, se non quell'infarinatura avventurosa indispensabile a dare un po' di sale e pepe a un racconto. Nel quale specificamente, agivano da comprimari tre ragazzetti - Pippo, Pertica, Palla, poi denominati I tre P dai lettori - che sarebbero diventati protagonisti di molte storie a venire. | << | < | > | >> |Pagina 7PERSONAGGI & INTERPRETI
Vediamoli dunque più nei particolari i principali fra i personaggi
tipicamente "di genere" che compaiono in questi racconti gialli, fermo restando
che si tratta di creature tipicamente jacovittesche anche nel loro surrealismo.
Cip
l'arcipoliziotto è la parafrasi e al tempo stesso la parodia dell'investigatore
classico, quale potrebbe essere un pignolo Hercule Poirot o meglio ancora un
iper-razionale Sherlock Holmes. AI pari del quale, in effetti, Cip ha certi tic
sia espressivi sia comportamentali: infatti, considerato Maestro dal suo
assistente Gallina, costui tuttavia ne viene sistematicamente apostrofato da un
saccente "Lo supponevo!", così come Holmes gratificava il proprio assistente di
un "Elementare Watson!" (peraltro mai pronunciato, nella saga canonica di Conan
Doyle). E simmetricamente, Gallina adora e idolatra il Maestro, da lui
considerato infallibile. In effetti, potrebbe anche essere così:
Cip è un arcipignolo osservatore di indizi, che mette poi in fila per
individuare i colpevoli dei delitti sui quali viene incaricato di investigare.
Se non fosse tuttavia per la circostanza che quasi mai i suoi indizi c'entrano
minimamente con i rispettivi delitti, e la logica con cui egli li collega è di
un aberrante grottesco. Ciononostante, un po' perché la fortuna aiuta gli
audaci, un po' per via del fatto che "i pazzi sono nel palmo della mano di
Allah", i delitti vengono alla fine risolti. Anche se, disgraziatamente, il
colpevole ne è sempre l'arcidelinquente Zagar, che riesce ogni volta
beffardamente a sfuggire alla giustizia.
Gallina
è l'Allievo di Cip, è magari lento di cervello, svampito, godibilmente ottuso,
ma tuttavia lesto di mano nonché fortissimo, pronto a intervenire nelle
situazioni le più imprevedibili specie se si tratta di difendere il Maestro -
anche se i suoi interventi approdano spesso a esiti disastrosi, a qui-pro-quo
colossali, a esilaranti errori di interpretazione della realtà...
Jak Mandolino
["per gli amici Jak Violoncello"],
natural born
delinquente, è un piccoletto che del suo essere un tappo soffre un autentico
complesso di inferiorità e che lo induce a qualsiasi azione idonea a dimostrare
di essere un uomo: al punto da farsi rimettere in gattabuia piuttosto che essere
considerato un delinquentucolo da quattro soldi. Per il resto, le storie sono
impostate sul conflitto eterno fra "guardie e ladri". Jak è talmente maldestro,
e di conseguenza sfigato, che quando si tratta di metter su una banda, su chi va
a incocciare? Su due ladri di polli! Ed è già di per sé talmente pasticcione e
imbranato, che finisce lui stesso per non essere nemmeno capace di rubacchiare
dei polli per mangiare... Per avere un pasto assicurato, deve accontentarsi di
farsi metter dentro. E se,
una tantum,
riesce a metter le mani - finalmente!, benché per caso - su una valigiata di
soldi, toh!, guarda un po', sono falsi.
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