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| << | < | > | >> |Pagina 3Non posso parlare di Jacovitti perché ogni parola che dico potrebbe essere usata contro di me. Sì, dovrei confessare di essere un ladro. Gli ho rubato e rubato parecchio. È vero che i furti sono avvenuti molti anni fa, quando ero ancora un ragazzino, ma ancora oggi che certo ragazzino non sono più, godo impunemente della rendita del maltolto. A mia attenuante posso solo dire che la tentazione era forte, troppo forte perché un bambino come me potesse resistere. Ed allora via, di corsa all'edicola con gli spiccioli della paghetta a comprare l'album di Cocco Bill o "Il Giornalino". E quando finalmente sfogliavo quelle pagine grasse di disegni mi ci perdevo dentro per ore. Per scoprire un solo riquadro di una sua storia bisognava addentrarsi, come in una jungla, in una fitta vegetazione fatta di segni e quando alla fine pensavi che il tuo percorso fosse terminato ecco che all'improvviso, da un angolo della vignetta, spuntava fuori a sorprenderti un salame con le zampe e ti rincorreva fino a quella successiva dove di nuovo ti perdevi. In attesa del prossimo agguato di inchiostro di china. Si dice che sia facile stupire un bambino... è una gran cazzata. I bambini sono diffidenti, furbi, pronti al riso ma altrettanto pronti alla noia e la noia li fa incarognire. Non li freghi i bambini. E Jac non mi fregava mai. Mi stupiva sempre. Mi faceva sgranare gli occhi dallo stupore. Tant'è che ancora adesso mi sono rimasti gli occhi a palla proprio come quelli dei suoi personaggi. Gli occhi a palla a mia volta li ho trasferiti nei miei disegni. Ed ecco confessato il primo furto. Ma non è l'unico, e nemmeno il più grave. In verità ero così avido di quei tratti sicuri ma mai affrettati che dalle pagine scorrevano sotto il mio sguardo come paesaggi esotici dal vetro del finestrino di un treno in corsa che, ad un certo punto, da buon scassinatore, decisi di romperlo quel vetro ed arraffare tutti i segni che potevo con il grimaldello della mia matita gialla tirata fuori dall'astuccio scolastico. E così, copiando e rubando, sono entrato nel tunnel della fantasia e non ne sono mai più uscito. Me la potrei cavare adesso dichiarando che Jacovitti è stato il mio maestro, arruffianandomi pure con una bella emme maiuscola ma non è stato il mio Maestro, per il semplice motivo che lui manco sapeva che esistessi, quindi solo di furto si tratta. Mi hanno poi detto, qualcuno credo lo abbia anche scritto, che lui in vita fosse un tipo un po' tirchio (ossessionato dalle tasse. Ma chi non lo è tra quelli che le pagano?). Può anche darsi ma per me resta una persona di una infinita generosità capace di farcire senza risparmio ogni suo quadretto disegnato di ogni ben di dio, dal salame fino alla umile lisca di pesce. Incurante del fatto che un ladruncolo quale io ero potesse far man bassa di tanta abbondanza di segni e sogni. E allora ti chiedo scusa caro Jac, sempre che tu non ti accontenti di un 'grazie', però di cuore.Vauro | << | < | > | >> |Pagina 6| << | < | > | >> |Pagina 46| << | < | > | >> |Pagina 98| << | < | > | >> |Pagina 131Un surrealista del cartoonSe aprendo un dizionario ci imbattessimo nella parola 'jacovittaggini' forse non rimarremmo meravigliati, tanto sembra naturale e implicito il suo significato: un insieme di cose 'alla Jacovitti', un collage di personaggi, situazioni e oggetti apparentemente confusi e senza alcun nesso evidente. Ma leggendo e osservando con attenzione le tavole presenti in questo volume – così come in tutta la produzione di Jacovitti – non solo si nota che le situazioni hanno un comune denominatore, ma soprattutto che la composizione grafica, pur ritraendo specifiche situazioni indipendenti una dall'altra, risulta un unicum. L'apparente caos delle tavole di Jacovitti è in realtà il risultato di una rigida impostazione grafica che parte dalla squadratura del foglio da disegno come base per la successiva illustrazione di ciascuna tavola, necessaria per mantenere sia le proporzioni che la prospettiva. Ciò implica che Jac realizzasse ogni tavola o storia avendo già in mente il relativo storyboard. Jacovittaggini: una parola probabilmente inventata da chi aveva la necessità di descrivere i disegni di Jacovitti e non trovava un termine più adatto. Una parola che poi Jac utilizzò per connotare le sue opere e titolare le tavole settimanali pubblicate su "L'Europeo" nel 1973 e 1974, qui raccolte.
Spesso Jacovitti è stato definito un surrealista del disegno e lui stesso
negli anni 70 si richiama a quel movimento – nato negli anni 20 a Parigi – che
ha fra le sue principali caratteristiche la spietata critica alla razionalità
e a tutto ciò che è pianificato. Dove il linguaggio utilizzato raggiunge
una consistenza che oltrepassa la realtà e dà libero sfogo a tutta
l'energia creativa proveniente dall'inconscio.
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