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| << | < | > | >> |IndiceAppuntamenti per il 2004 5 Come usare questa guida 7 L'annata 2002 8 Il 2001: uno sguardo a distanza 9 La temperatura ideale 11 Vitigni 12 Vini e piatti 21 I piatti per i grandi vini 34 Francia 36 Chàteaux del Bordeaux 96 Italia 124 Germania e Lussemburgo 159 Spagna e Portogallo 184 Sherry, Porto e Madeira 209 Svizzera 219 Austria 224 Europa centrale e sudorientale 232 Ungheria 234 Bulgaria 238 Slovenia 241 Croazia 243 Bosnia Erzegovina e Serbia 245 Montenegro e Macedonia 246 Repubblica Ceca 246 Slovacchia e Romania 247 Grecia 249 Cipro 252 Russia 253 Moldavia, Ucraina e Georgia 254 Asia, Africa del Nord ed Estremo Oriente 255 Inghilterra e Galles 259 America del Nord 264 California 265 Pacifico nordoccidentale 289 A est delle Montagne Rocciose 294 Il Sudovest e le Montagne Rocciose 297 Canada 299 America Centrale e America del Sud 301 Australia 310 Nuova Zelanda 328 Sudafrica 338 Alcuni termini tecnici 351 Come valutare un vino 353 La scala Johnson 353 Cosa bere oggi in un mondo ideale 354 Tabelle delle annate 356 |
| << | < | > | >> |Pagina 5Il vino è un elemento fondamentale nello stile di vita italiano. Fino a poco tempo fa, un pasto senza vino in Italia era praticamente inconcepibile. La vite si coltiva in quasi tutte le regioni e province, con grande varietà di intenti e risultati: in questo l'Italia è seconda solo alla vicina Francia. Il paese produce qualcosa come 55 milioni di ettolitri all'anno, che le consentono di avere, insieme alla Francia, un ruolo di assoluta rilevanza sulla scena enologica mondiale. Oggi gli italiani bevono meno di prima, ma il vino che bevono è di migliore qualità. Il conflitto che perdurava nella coscienza nazionale tra il vino come elemento sostanziale o piacere da concedersi si è risolto a favore del secondo aspetto. Ma la tensione rimane ed è chiaramente visibile nella proliferazione di vini dai nomi indecifrabili e con pochi legami chiari al proprio terroir. Spesso sono di qualità eccellente e contribuiscono con un forte impatto all'affermarsi della propria regione, ma sono comunque continuamente contestati per la confusione che inducono nei consumatori. Le prime denominazioni italiane, le DOC, sono state istituite negli anni Sessanta, ma non sono nate a garanzia di qualità - le rese, le varietà, i metodi di viticoltura e di invecchiamento erano praticamente lasciati al caso.
Le aziende con più grandi ambizioni sono state costrette ad
agire al di fuori delle proprie denominazioni, instaurando così un sistema di
produzione parallelo che tuttora esiste. Se da un lato i consumatori sono
allibiti davanti al lunghissimo elenco di nomi da memorizzare, dall'altro è pur
vero che mai prima d'ora si era presentata al consumatore una scelta di vini
così splendidi. Le due regioni più importanti, il Piemonte e la Toscana, hanno
sempre prodotto vini con legami inequivocabili a zone ben precise e facilmente
identificabili. È qui che ha avuto luogo la rivoluzione di qualità, che oggi si
diffonde ad altre parti del paese. Prima di tutto alla zona del Soave e al
Friuli-Venezia Giulia, dove
un approccio di stampo eccessivamente tecnologico aveva prodotto una certa
standardizzazione dei vini bianchi, ora scomparsa. Il centro Italia - l'Umbria,
e poi le Marche - ha subito risposto a questo cambiamento, seguito dall'Emilia
Romagna, fino a ieri famosa solo per la sua produzione prolifica. E forse il
segnale più incoraggiante è venuto dall'affermarsi della qualità e del carattere
del sud e delle isole, grazie soprattutto all'atteggiamento di Bruxelles.
Inoltre, dopo un fugace flirt con varietà di stile internazionale, l'Italia sta
tornando alle sue uve autoctone. Molte di queste sono vitigni antichi,
caratteristici e di stoffa originale che non hanno mai avuto, prima dell'avvento
della produzione vinicola moderna, la diffusione che invece meritano.
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