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| << | < | > | >> |IndiceAppuntamenti per il 2003 5 Come usare questa guida 7 L'annata 2001 8 Il 2000: uno sguardo a distanza 9 La temperatura ideale 11 Vitigni 12 Vini e piatti 21 I piatti per i grandi vini 34 Francia 36 Chàteaux del Bordeaux 96 Italia 124 Germania e Lussemburgo 159 Spagna e Portogallo 184 Sherry, Porto e Madeira 209 Svizzera 219 Austria 224 Europa centrale e sudorientale 232 Ungheria 234 Bulgaria 238 Slovenia 241 Croazia 243 Bosnia Erzegovina, Serbia e Monténegro 244 Macedonia 245 Repubblica Ceca 245 Slovacchia 246 Romania 246 Grecia 249 Cipro 252 Russia e Moldavia 253 Ucraina e Georgia 254 Asia, Africa del Nord ed Estremo Oriente 255 Inghilterra e Galles 259 America del Nord 264 California 265 Pacifico nordoccidentale 288 A est delle Montagne Rocciose e Ontario 294 Il Sudovest e le Montagne Rocciose 298 America Centrale e America del Sud 301 Australia 310 Nuova Zelanda 328 Sudafrica 338 Alcuni termini tecnici 351 Come valutare un vino 353 La scala Johnson 353 Cosa bere oggi in un mondo ideale 354 Tabelle delle annate 356 |
| << | < | > | >> |Pagina 5Rivedere questo libro (questa è la ventiseiesima edizione) è come tracciare la mappa del deserto del Sahara: sabbia che sfugge in ogni dove. Per fortuna, ogni volta che la sabbia si deposita riemergono qua e là alcune oasi. Ma tutto intorno le dune si sono spostate e il panorama, sebbene familiare, è ancora diverso. Per dieci anni l'ordine del giorno è stato fissato dal Nuovo Mondo. Di fronte alle disinibite sperimentazioni di quei paesi, privi del bagaglio delle normative e della tradizione, le acrobazie delle denominazioni e le leggi che le mettono in atto sembrano patetiche. Per molti lo sforzo è del tutto inutile. 'Se coltivate Chardonnay, perché non chiamarlo con il suo nome?' è una domanda che sconcerta ancora oggi i viticoltori di Chablis o Meursault. C'è solo una risposta: la costante unicità di ciò che si imbottiglia. Sul nome da mettere in etichetta oggi ascoltiamo due argomentazioni opposte. C'è chi dice che la gente, in fondo, si interessa solamente delle grandi marche, ben pubblicizzate e vendute spesso in offerta. Altri sostengono che un po' di mistero fa parte dell'essenza stessa del vino: se ne sveliamo i segreti rimane solo un liquido da bere. I ristoranti con carte dei vini enciclopediche, che si allargano verso regioni sconosciute e sembrano svelare notizie riservate, riescono a trarne vantaggio. E i produttori che in un semplice marchio hanno trovato un'idea vincente di rado si accontentano di lasciarlo cosi come è. Anzi, ben presto ne complicano l'etichetta. Nel concetto stesso di Riesling australiano o di Cabernet della California vi già è l'idea di un Riesling di Clare Valley o un Cabernet di Napa: se si guarda più da vicino, il vino diventa migliore... poi si dà un nome al vigneto, si fanno le norme per l'etichettatura e, voilà, ecco una nuova denominazione. Ma le vecchie denominazioni sono tutte buone? A lanciare la sfida è il movimento della produzione biologica. Se ciò che rende unico il Meursault (o il Margaux, o il Montalcino) è la sua terra, meglio non sciuparla. Tutto si accumula nel terreno e altera il sottile equilibrio biochimico del luogo. Proprio il famoso terroir. È una questione importante, a cui gli agricoltori cominciano a rispondere. Cos'altro è all'ordine del giorno? Per quanto mi riguarda, certamente il crescente tenore alcolico di molti vini. Perché un vino è migliore se è molto forte? La risposta è semplice, dal punto di vista del critico professionista. Una gradazione più alta rende il vino più dolce, più prestigioso. I vini francesi che rappresentano da sempre un punto di riferimento riescono a raggiungere un equilibrio magico tra piena maturità dei sentori e moderata gradazione alcolica. Nei climi caldi, però, è facile ottenere gli zuccheri, ma molto meno facile avere tannini maturi. Attendere la piena maturazione delle uve significa che inevitabilmente il contenuto di zuccheri si trasforma in grandi quantità di alcol, e ciò accade ancor di più con i nuovi ceppi di lieviti. Il risultato, soprattutto nelle regioni dove è molto semplice avere tanti zuccheri (prima tra tutte la California), è che il nuovo modello di vino dà alla testa e ha livelli alcolici criminali. Sono questi i vini che vincono le degustazioni. La loro forza li rende morbidi e generosi. Ma a chi giova quell'attimo di inconsapevolezza? O la domanda è insensata? Insensati sono diventati sicuramente gli esercizi di degustazione comparativa. L'esempio principe è la corsa ad arrivare per primi a giudicare ogni nuova annata del Bordeaux. Squadre di esperti arrivano a Bordeaux in primavera per assaggiare, nella speranza che siano rappresentativi, bicchieri di vini che non saranno da bere prima di dodici mesi, e pubblicano i loro risultati. Il successo di un'intera annata, e la redditività di molte aziende, possono dipendere dalle opinioni di un solo uomo. Idea di Robert Parker: lui e il suo sistema dei 100 punti hanno dato agli americani l'autorità che cercavano. Una soluzione facile per incasellare le mille sfaccettature del vino: diamogli un voto, come al liceo. (Se volete saperne di più, pag. XXX). Il resto del mondo è meno influenzabile, ma non può ignorare la forza che governa un mercato vasto come gli Stati Uniti. Il risultato, purtroppo, è che inevitabilmente gli enologi tendono a creare vini che possano piacere ai giornalisti americani: densi, dal sentore di rovere e con molto alcol. L'antitesi perfetta delle fondamenta e della storia del Bordeaux: il classico claret. L'altra questione all'ordine del giorno è il tappo di sughero. Questo metodo per tappare le bottiglie di vino è un retaggio della tecnologia del '600. I tappi di sughero sviluppano una loro particolare muffa, in percentuali ormai preoccupanti. Alcuni stimano che le bottiglie che sanno più o meno di tappo siano tra il cinque e il dieci per cento della produzione. Se la gente si accorgesse anche solo per metà delle bottiglie cattive i produttori andrebbero in rovina. La poesia del sughero è sufficiente a giustificare la possibilità che il vino che bevete non sia più buono una volta su dieci? Decidete voi. E una volta deciso, per il consumo quotidiano acquistate bottiglie con tappi più moderni.
Infine ecco qualche consiglio su come utilizzare questa guida. Questa vuole
essere una guida pratica, dove la teoria ha poco spazio e dove sono annotate in
sintesi tutte le informazioni utili che non è possibile tenere a mente e che,
come sempre, ho tratto da numerose fonti, da degustazioni, da visite e da una
continua corrispondenza. Il processo di revisione dei dati è continuo. Questo
libro vi sarà particolarmente utile al momento della scelta di una bottiglia.
Prendete la guida quando andate al ristorante e, se siete intimiditi di fronte
della carta dei vini, partendo dalle vivande che avete ordinato andate alla
sezione 'Vini e piatti'. Oppure, davanti agli scaffali di un'enoteca straniera,
cercate nel capitolo riguardante quel paese la regione dove vi trovate o i nomi
del vino sulle etichette o le varietà d'uva che preferite. La rete dei rimandi
vi aiuterà poi ad approfondire. Dopo ventisei edizioni, penso ancora di poter
navigare per ore tra le pagine della mia guida...
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