Copertina
Autore Daniel Jovovanovich
Titolo Fuga da Napoli
EdizioneTullio Pironti, Napoli, 2007 , pag. 122, cop.fle., dim. 14x21x1 cm , Isbn 978-88-7937-407-1
LettoreElisabetta Cavalli, 2007
Classe narrativa italiana
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Pagina 7

Grumpy è un ragazzo di quattordici anni, alto un metro e settantacinque, carnagione scura, mulatto, occhi scuri, capelli neri e un fisico atletico, magro e slanciato.

È stato adottato all'età di un anno da una coppia di napoletani che per via della donna, sterile, non potendo avere figli, hanno deciso a tutti i costi di averne uno con l'adozione.

Grumpy viene dal Brasile e non ricorda nulla della sua terra, proprio nulla.

Non ha mai conosciuto i suoi veri genitori ma non ne ha mai sofferto anche se qualche volta avrebbe voluto capire il perché di questo abbandono.

E soprattutto, come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasto in Brasile?

Probabilmente si sarebbe ubriacato sulla spiaggia bevendo caipirinha e giocando a pallone, facendosi di "colla" o qualche altra droga leggera, sarebbe entrato a far parte dei narcotrafficanti, avrebbe messo incinta una ragazzina scampata a qualche pappone, e poi dopo un anno di riformatorio e poi di carcere, dopo una lunga scia di delitti e di vita inutile, sarebbe stato ucciso da uno squadrone della morte e gettato in una fossa comune, il massimo della dignità umana.

Ma non è andata così, per fortuna.

Grumpy è stato adottato, da due napoletani: un poliziotto e una casalinga.

L'aereo della compagnia brasiliana Varig lo ha portato dal Brasile all'Italia, precisamente a Napoli.

Come sarebbe stata la vita di Grumpy a Napoli?

Sarebbe andato a scuola, fino al liceo, poi si sarebbe iscritto a Giurisprudenza presso la Federico secondo ma probabilmente non ce l'avrebbe fatta, troppe raccomandazioni, o forse si sarebbe laureato a pieni voti?

Se fosse diventato avvocato cosa mai avrebbe fatto?

Probabilmente l'avvocato penalista, ora avrebbe difeso e ora attaccato, ma chi?

Criminali, è ovvio.

Napoli è una città calda, troppo calda e forse il buon vecchio Vesuvio sta aspettando il momento giusto per castigare chi ha reso Napoli una città sporca, fatta di solitudine, di violenza, di instabilità e di miseria.

Grumpy ha pensato che Napoli è come una vecchia puttana, è stata fottuta talmente tante di quelle volte che ora non sente più nulla. Ma chi è che ha fottuto Napoli?

Grumpy ci ha pensato spesso: i Greci? No, troppo colti e brillanti. Allora gli Spagnoli? Mai conosciuti in tutta la mia vita, ma non mi sembrano molto in gamba.

Ma da dove credi che vengano i guappi? Certo, lo so, lo so, ma i guappi sono personaggi da cabaret.

Ma tu lo hai mai conosciuto un vero guappo napoletano?

No.

E allora come fai a sapere come si comporta e soprattutto, come fai a dire che è un personaggio da cabaret?

Ho visto molti film di mafia e roba del genere e quindi sono sicuro che il guappo è una figura tragicomica come è tragicomica la vita che si conduce a Napoli.

Ma non puoi generalizzare, a Napoli ci sono anche persone valide, colte e piene di entusiasmo verso la vita e verso il prossimo.

Davvero?

Scusami Pulcinella, io vengo dal Brasile e non conosco ancora bene Napoli, però l'altro giorno mi è capitata una cosa strana. Cosa? Avanti mio piccolo pulcino dimmi pure!

Ho visto un signore a terra, vicino al bar Gambrinus.

Era a terra in una pozza di sangue, coperto da un lenzuolo bianco. La gente si accalcava e gridava come se fossero scimmie, io non riuscivo a decifrare il loro linguaggio, poi la polizia non riusciva a gestire la gente, sempre più violenta e curiosa, i ragazzi ridevano e applaudivano le gesta di un misterioso killer.

La polizia conosce questo killer ma non lo possono arrestare perché non hanno prove sufficienti e poi, anche se lo mettessero carcerato, quel killer uscirebbe dopo una settimana. Guarda che queste sono cose che capitano in tutto il mondo, ma sono casi isolati, e poi non ti viene spontaneo chiederti del perché quel signore che tu chiami killer, ha dovuto eliminare quell'altro ciccione che hai visto a terra, pieno di sangue?

Non lo so il motivo.

Te lo spiega il tuo Pulcinella: quel signore stava lavorando, perché quei soldi li deve portare alla sua famiglia che abita in una casarella piccerella, nei quartieri spagnoli, composta da otto persone.

Insomma, bisogna pur campare in qualche modo.

Ma mio padre non ammazza la gente per portare da mangiare a casa.

E si vede che tuo padre non è portato per questa professione, che richiede il cervello giusto al momento giusto. Ma al catechismo mi hanno detto che uccidere è peccato.

Giusto.

Allora quel killer ha peccato?

No.

Ma come no?

Lui ha ucciso per sfamare la mamma, il papà malato e disoccupato, e i suoi cinque fratellini, per farli studiare, farli divertire, comprare scarpe, telefonino e motorino per scippare. Non riesco ancora a capire, il prete mi dice che non mi devo masturbare, figurarsi se mi metto ad ammazzare.

Di conseguenza chi ammazza pecca e quindi i preti non parlano con i killer.

Ti sbagli, sei proprio un bimbo.

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Pagina 56

Una nuova vita, un nuovo modo di pensare, la speranza di evadere da una determinata realtà, sono queste le cose che mi ci vogliono, basta con i motorini, le corse nella Mercedes classe A, le prostitute e le ragazze, basta, devo dare un senso alla mia vita, e lo darò. Vado a scuola ma questo anno se mi bocciano non me ne frega un cazzo, alle elementari andavo benissimo, alle medie ero tra i primi della classe, ora mi sono stancato di imparare queste lezioni del cazzo e voglio dedicarmi solo a quello che mi interessa, vado senza la fottuta cartella, solo qualche quaderno stropicciato, il telefonino e una penna inserita nella tasca del pantalone, Camel lights e un preservativo a portata di mano, non si può mai sapere. Mi siedo nel banco, arriva la tizia di biologia, comincia a spiegare, è tutto un fatto meccanico, non mi interessa affatto quello che sta spiegando, non mi servono queste cose, il mio cervello non se ne interessa, e se non se ne interessa si vede che per me non è importante e che posso farne a meno, altrimenti lo farei, mi alzo e l'insegnante mi riprende, devo andare al bagno, non è ancora suonata l'ora, quando ci sarà l'intervallo potrai andarci, ma mi fa male la vescica, non mi interessa!

Torno al mio posto, che bello andare a scuola, che frustrazione, oggi la società ti vuole reprimere in un modo o nell'altro, non ho capito bene il perché, mi sembra strano che la maggior parte dei ragazzi sta a casa con i propri genitori oltre i trenta anni, e poi si studia fino ai venticinque, per chi vuole studiare, ma per chi va all'università contro voglia può metterci anche dieci anni per laurearsi, praticamente passiamo metà della nostra vita a non fare nulla, stiamo solo davanti a dei libri che non insegnano mica come si va avanti nel mondo, non ti preparano ad affrontare la gente, e quando ti sei laureato devi trovare un posto e nella maggior parte dei casi ti ritrovi a fare l'impiegato come tanta gente, mica fai lo scienziato oppure l'astronauta, o il pilota di formula uno, oppure il sindaco, per fare quelle cose devi avere pazienza, talento e agganci, altrimenti non puoi andare avanti, è la solita storia, vecchia come una puttana che ha avuto troppe inculate nella vita, e più si va avanti e più ci si adegua, ma ognuno di noi reagisce in modo diverso, chi va avanti rassegnato, chi sceglie di scappare all'estero, chi si suicida e chi non fa nulla dalla mattina alla sera e deve cercare di perdere tempo in un modo o nell'altro.

E io? è semplice, io voglio diventare regista, non mi ispiro a mia madre che guarda beautiful, non mi ispiro a mio padre con la sua divisa, l'arma di ordinanza e l'auto della polizia, mi ispiro a Quentin Tarantino.

Finalmente riesco a uscire dalla classe e vado in bagno, faccio pipì e dopo averla fatta mi fa male il pene, a volte mi capita ma credo sia una cosa normale, a volte ho paura che mi cada, a volte mi sento bene e altre volte è duro come un mattone. Esco dal bagno, dove un gruppo di ragazzi sta fumando e parlano di Totti e Vieri, non di Quentin Tarantino.

Faccio un giro per i corridoi, non ho mica voglia di tornare da quella balena che spiega biologia, e poi ho fame, mi siedo sulle scale del secondo piano ma ho dimenticato il panino in classe, cazzo, scende proprio in quel momento una ragazza e si siede accanto a me, sta bevendo un succo di frutta, è carina, indossa una specie di vestito cinese o giapponese, che cazzo ne so, insomma una specie di pareo messo sui pantaloni e scarpe con il tacco, i capelli biondo finti, una boccuccia piccolina ma graziosa, alta, slanciata, due occhi castani, è carina, ma è strana la situazione perché il cazzo non mi si fa duro, è strano, molto strano, più che altro provo una certa simpatia e soprattutto affetto, i suoi occhioni mi attirano e non mi viene voglia di fottermela ma di accarezzarla, di dirle che la amo, che voglio sposarla e avere dei bimbi.

Come ti chiami?

Marialuisa.

È un bel nome, e anche tu sei bella.

Ma che dici?

Già, ma che cazzo sto dicendo, penso tra me e me, e poi c'è qualcosa che non va, non mi sento più Bogart, non mi sento come quando stavo a Ischia, intraprendente e sicuro di me.

In che classe stai?

Sto in quella cazzo di quinta A.

Io invece sto in quinta B, molto piacere, mi chiamo Grumpy.

Come?

Grumpy!

Ma che cazzo di nome è?

Non lo so ma me lo sono ritrovato da quando sono venuto al mondo.

Marialuisa comincia a ridere e io sono contento.

Il giorno dopo la rivedo nei corridoi e mi saluta, io sono per la prima volta realmente innamorato, non ho fame, non ho voglia di puttane, non ho voglia di rivedere Pulp Fiction, non chiamo gli amici, si fa per dire amici, e voglio comprare un bel pupazzone a Marialuisa, ma cazzo non ho i soldi e tra le altre cose devo ancora recuperare i cinquanta euro dal gioielliere sul rettifilo ma chi cazzo può darmi una mano?

Ma certo, Gianluca e chi se no, lui è un picciotto.

Dopo la scuola prendo la vesuviana e mi reco alla stazione centrale, Gianluca mi fa aspettare per un'ora e poi si presenta in una smart roadstar a due posti, lo guardo sbalordito, che cazzo ho quindici anni, e sto ancora con questi libri in mano che non mi servono a niente, e Gianluca ne ha tre più di me, è un picciotto, guadagna un botto con lo strozzinaggio, è sposato e ha una casa. Entro nella roadstar e Gianluca parte a tavoletta, è ora di pranzo e il negoziante sta uscendo dalla gioielleria, chiude il negozio e comincia a camminare, noi lo seguiamo con la roadstar, poi il negoziante entra in un vicolo, Gianluca ferma la macchina e gli va incontro, io aspetto e mi gusto la scena.

Dottore! fa Gianluca.

Il negoziante si volta.

Si? mi dica.

Lo vede il ragazzo seduto nella roadstar?

Il negoziante pulisce velocemente i suoi occhiali e mi guarda, non mi riconosce.

Non so chi sia.

Te lo dico io, è un mio caro amico, ti ha dato cinquanta euro come acconto per due fedine che non sono state ritirate, ora se gli restituisci i soldi, non ti faccio saltare le cervella, altrimenti...

Altrimenti cosa?

Altrimenti ti gambizzo.

Io non mi faccio intimidire da uno strunzillo come te.

Gianluca estrae una pistola e gli spara a una gamba, io resto pietrificato, e mi guardo attorno per vedere se ci sono testimoni, niente.

Il negoziante è a terra, Gianluca gli prende il portafoglio e vi estrae cinquanta euro, poi glielo rimette nella tasca, mentre il negoziante continua a gridare.

Gianluca gli punta nuovamente la pistola e gli intima di stare zitto, sembra di vedere Mr. White e Mr. Pink mentre litigano. Il negoziante si calma, poi Gianluca gli dice qualcosa all'orecchio e l'uomo fa di sì con la testa, poi Gianluca torna nella roadstar. Fa retromarcia, tutto a posto, mi dice e mi consegna i cinquanta. Domani torna dal gioielliere con quella ragazza.

Chi?

Come si chiama quella ragazza che sta a scuola tua?

Marialuisa.

Ecco bravo, domani vai alla gioielleria con Marialuisa, e prendete le misure, non le devi pagare le fedine, ricordatelo.

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