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| << | < | > | >> |IndicePresentazione: La conservazione del lavoro intellettuale di Guido Candela 5 Introduzione di Maria Cristina Marcuzzo 19 Ricordi di un economista 27 1. Gli inizi: Budapest e Berlino 29 2. Uno studente alla London School 31 3. Gli anni dell'«alta teoria» 35 4. John von Neumann 43 5. Piero Sraffa 47 6. Michal Kalecki 61 7. Il « Cambridge circus » 67 8. Il clima keynesiano 69 9. Contro il monetarismo 73 Note 83 Indice dei nomi citati 87 Scritti di Nicholas Kaldor tradotti in italiano 89 |
| << | < | > | >> |Pagina 29A Berlino seguivo moltissime lezioni. È strano ma non riesco a ricordare il nome del professore che mi piaceva di più andare a sentire. Era un ottimo insegnante, una persona molto giovane. Andavo a lezione da Sombart e da Kurt Schumacher (il padre di Ernst Fritz Schumacher) che aveva un'impostazione di tipo anglosassone. Ma in Germania andare all'università significava vagabondare da una lezione all'altra, senza disciplina e senza avere un programma preciso di corsi da seguire. Mi occupavo attivamente di giornalismo. Avevo diciotto anni; divenni corrispondente estero accreditato per un giomale ungherese e per questo motivo riuscii ad andare ovunque e a essere invitato dappertutto, in situazioni di solito non accessibili a studenti del primo anno. Ogni venerdì pomeriggio il Ministro degli esteri, che allora era Stresemann, invitava tutti i giornalisti stranieri accreditati a prendere un tè al Ministero. Mi ricordo che avevo anche un permesso ufficiale per il Reichstag. Parlai con uomini politici di tutti i partiti e feci molte interviste, ma mi impegnai molto poco a studiare. Per fortuna mi resi conto abbastanza presto che, come studente, non stavo facendo molti progressi e mi convinsi che per imparare davvero è necessario essere seguiti e guidati in modo più sistematico e costante. Per ottenere questo tipo di istruzione il paese giusto era l'Inghilterra, non la Germania. La matematica era totalmente assente dall'economia che si studiava in Germania, e neanche in Inghilterra bisognava conoscere la matematica per studiare economia. Oggi, invece, per essere un economista della scuola neoclassica è assolutamente indispensabile essere un economista matematico. Le cose non stavano affatto così ai miei tempi. Io non ho mai davvero imparato la matematica. I matematici cercano sempre di scoprire quali sono le condizioni alle quali certi risultati sono validi, capovolgendo cosi l'ordine naturale che richiede di partire da certe ipotesi e poi di derivare i risultati. Nella teoria neoclassica i risultati vengono presupposti all'inizio, poi con il metodo dell'analisi a priori si cercano le condizioni necessarie per convalidare quei risultati. Il teorico, scavando sempre più in profondità, scopre sempre una condizione aggiuntiva in più; alla fine, le ipotesi su cui si basano le generalizzazioni della teoria diventano sempre più estreme. Questo non è il metodo della scienza.
Il metodo scientifico consiste nel partire
dall'osservazione empirica di varie relazioni e poi nel
trovare un'ipotesi che le giustifichi, cioè cerca di
postulare un nesso di causalità tra i fenomeni, la cui
validità potrebbe in via di principio essere rimessa in
discussione da ulteriori osservazioni empiriche. Ma se si
parte già postulando un tipo di relazione e poi ci si chiede
quali sono le condizioni alle quali verosimilmente questa
relazione è vera, allora si scopre che bisogna continuamente
aggiungere nuove, irrealistiche ipotesi. Ci si allontana
così dalla realtà del fenomeno da spiegare, invece di
arrivarci più vicino. Questo è quello che di frequente
accade in economia. Siamo felici di scoprire una nuova
condizione restrittiva, il nuovo caso limite di una
proposizione teorica, senza renderci conto che così si rende
la teoria più astratta e si riduce il suo valore in quanto
interpretazione dei fatti.
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