Copertina
Autore Ernst Klee
CoautoreWilli Dreßen, Volker Rieß
Titolo "Bei Tempi"
SottotitoloLo sterminio degli ebrei raccontato da chi l'ha eseguito e da chi stava a guardare
EdizioneGiuntina, Firenze, 2005 , pag. 238, dim. 110x235x18 mm , Isbn 978-88-85943-53-7
Originale"Shone Zeiten" Judenmord aud der Sicht der Tater und Gaffer
TraduttorePaola Buscaglione Candela
LettorePiergiorgio Siena, 2006
Classe storia criminale , storia contemporanea , shoah
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Indice

Introduzione                                                9

Prima parte


Le uccisioni degli ebrei nella vita di tutti i giorni
e nel campo di azione delle EG


L'occupazione della Polonia                                15

1. Annotazioni del comandante in capo dell'Est,
   Johannes Blaskowitz                                     16
2. Il «mercoledì di sangue» a Olkusz/Ilkenau               17

Pogrom antiebraici a Kauen (Kovno) e nel resto
della Lituania                                             21

1. Rapporto del comandante dell'Einsatzgruppe A,
   Stahlecker                                              22
2. Uccisioni in massa a Kovno: si assiste e si fotografa   25
3. Soldati di una colonna motorizzata assistono a un
   massacro a Paneriai, Lituania                           33
4. Il cosiddetto «Rapporto Jàger»                          40

La «fatica» di uccidere
(testimonianze di appartenenti alle EG)                    51

1. Testimonianze sulle difficoltà derivanti dalle
   fucilazioni di massa                                    52
2. L'assassinio di 33.771 ebrei nel burrone di Babi-Yar
   (29/30.9.1941)                                          54
3. I «Gaswagen»                                            58

Testimonianze sulla leggenda che non ci si potesse
sottrarre agli ordini                                      63


Dal diario di guerra di Felix Landau, decorato
col Blutorden                                              73


L'assassinio degli ebrei come pubblico spettacolo          89

1. Testimonianze relative a un'esecuzione avvenuta
   il 7.8.1941 a Shitomir                                  90
2. Il maggiore Rôsler al generale di fanteria
   Schniewindt, il 3.1.1942                                97
3. Un funzionario doganale a proposito delle uccisioni
   a Vinniza e a Brailoff                                  98
4. Un dirigente per l'economia a proposito delle uccisioni
   in massa a Bobruisk                                     99
5. Un «camerata per l'assistenza alla truppa» racconta    100
6. Esecuzioni come oggetto di turismo a Libau (Lijepaja)  101

Il massacro dei bambini a Bjelaja-Zerkov, i cappellani
militari e la Wehrmacht                                   109

1. Un allievo ufficiale in merito all'uccisione
   degli adulti                                           110
2. Comunicazione del cappellano militare dott. Reuss
   al I ufficiale di stato maggiore della 295a
   divisione di fanteria, ten. col. Groscurth             112
3. Comunicazione del cappellano della Wehrmacht Kornmann  114
4. Rapporto del ten. col. Groscurth al comandante in capo
   della VI armata feldmaresciallo von Reichenau          115
5. Comunicazione dei cappellani militari Tewes e Wilkczek 118
6. Giudizio espresso dal comandante supremo della
   VI armata feld­maresciallo von Reichenau               121
7. L'SS-Ostuf. August Häfner a proposito dell'uccisione
   dei bambini                                            122

Lo sterminio degli ebrei nelle testimonianze di vita
quotidiana                                                123

1. Lettere del capo della gendarmeria Fritz Jacob         124
2. Foto scattate da un maresciallo maggiore della
   gendarmeria                                            127
3. Lettere dell'SS-Ostuf. Karl Kretschmer (SK 4 a)        130

Documenti relativi alle persecuzioni nel distretto
generale della Rutenia bianca                             137

1. Il commissario di zona di Sluzk al commissario
   generale di Minsk, il 30.10.1941                       138
2. Dalla relazione stesa dal commissario di zona
   Gerhard Erren in data 25.1.1942                        141
3. Il commissario generale per la Rutenia bianca Wilhelm
   Kube al commissario del Reich per il territorio
   orientale Hinrich Lohse, in data 31.7.1942             142
4. L'SS-Ostubf. Strauch a proposito del Gauleiter Kube    144

Sentenza segreta emessa dal tribunale supremo delle SS
e della polizia a Monaco                                  153

1. Sentenza contro l'SS-Ustuf. Max Täubner,
   in data 24.5.1943                                      154
2. Provvedimento di sospensione dell'1.6.1943 riguardante
   gli altri imputati                                     160
3. La grazia                                              161


Seconda parte


I centri di annientamento
Il campo di sterminio di Kulmhof (Chelmno) nel Reichsgau
di Wartheland                                             165

1. Fotografie                                             166
2. Theodor Malzmüller parla del «cancro dell'umanità»     170
3. L'autista del Gaswagen Walter Burmeister risponde alla
   domanda se a quel tempo abbia fatto qualche
   riflessione su quel che accadeva                       172
4. Kurt Möbius parla delle colpe degli ebrei e della
   propria innocenza                                      172
5. Processo ad Adolf Eichmann (trascrizione da nastro)    173
6. Il Gauleiter Greiser a Himmler, il 19.3.1943           173

I campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka       175

1. L'SS-Ustuf. Josef Oberhauser racconta come nacque il
   campo di Belzec                                        178
2. Erich Fuchs parla del suo servizio a Sobibor           180
3. Il treno per Belzec. Comunicazione del maresciallo
   di polizia Jäcklein                                    181
4. Il professor Wilhelm Pfannenstiel, consulente delle SS
   in materia di igiene, riferisce su una gassazione
   a Belzec                                               185
5. Il primo giorno a Treblinka del vice comandante
   del campo, Kurt Franz                                  190
6. Willi Mentz, chiamato a Treblinka «lo sparatore»       190
7. Kurt Franz a proposito della fine di Treblinka         192

Auschwitz                                                 195

1. Testimonianza di Maximilian Grabner,
   capo della sezione politica                            196
2. Testimonianza di Hans Stark,
   capo del reparto accettazione                          196
3. Dal diario del medico delle SS dott. Kremer            198
4. Testimonianza di Rudolf HB                             208
5. Rudolf Höss riferisce sulla distruzione
   delle fosse comuni                                     212

Appendici                                                 213
Principali gradi delle SS e abbreviazioni usate nel testo 214
Elenco dei documenti                                      215
Cenni biografici                                          220
Tavola cronologica                                        231

 

 

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Pagina 33

3. Soldati di una colonna motorizzata assistono a un massacro a Paneriai, Lituania


Testimonianza di un autista

Non saprei dire se siamo arrivati a Paneriai il 5 o il 10 luglio 1941. [...] E così non posso neppure dire se fu al primo o al secondo giorno della nostra sosta colà che, durante la riparazione degli automezzi, vidi improvvisamente una colonna di circa 400 uomini che, provenendo da Vilna, percorreva la strada che porta al bosco di pini. La colonna, composta esclusivamente da uomini tra i 25 e i 60 anni, fu condotta nel bosco sotto la scorta di civili lituani armati di carabine. Le persone erano completamente vestite e avevano con sé solo lo stretto necessario. Per quanto mi ricordo, le guardie indossavano dei bracciali di cui non rammento più il colore. So che Hamann e probabilmente Hechinger hanno seguito questa colonna. Dopo circa un'ora Hamann tornò al nostro alloggiamento. Era pallidissimo e mi raccontò tutto agitato che cosa aveva visto nel bosco. Hamann mi disse esattamente così: «Hai visto prima sfilare quegli ebrei? Non ce n'è più vivo neppure uno». Gli replicai che non poteva essere vero, al che egli mi spiegò che tutti erano stati fucilati. Chi non era morto dopo la fucilazione aveva ricevuto il colpo di grazia. [...]

Il giorno successivo, credo fosse intorno a mezzogiorno, notai nuovamente sullo stesso percorso un gruppo di 400 ebrei che, provenendo da Vilna, andavano nello stesso bosco, anch'essi accompagnati da civili armati. I condannati mantenevano un atteggiamento tranquillo. Donne e bambini non ne ho visti, né nel primo né nel secondo gruppo. Assieme a parecchi camerati della mia colonna motorizzata ho seguito questo gruppo. Per quanto ricordo, c'erano il sottufficiale Riedi, Dietrich, Schroff, Hamann, Locher, Ammann, Greule e forse anche altri di cui ora non so dire i nomi. Dopo aver seguito il gruppo per circa 800-1000 metri, arrivammo a due cave di sabbia piuttosto grandi. La strada che avevamo seguito passava fra le due cave. Queste non erano collegate fra loro, ma separate dalla strada e da una striscia di terreno. Poco prima delle cave abbiamo raggiunto la colonna e ci siamo fermati vicino all'entrata di quella di destra. Quanto a me, mi collocai a circa 6-8 metri dall'ingresso della cava. Sia a destra che a sinistra dell'ingresso della cava c'era un civile armato. Poi i sorveglianti hanno condotto le persone, a gruppi più piccoli, nella cava situata sul lato destro. Al limite della cava c'era un fossato di forma circolare in cui dovevano entrare gli ebrei. Questo fossato era profondo circa un metro e mezzo ed era largo suppergiù altrettanto. Poiché il terreno era esclusivamente sabbioso, il fossato era puntellato con delle assi. Mentre gli ebrei venivano condotti nella cava a gruppi, un uomo anziano si fermò per un attimo davanti all'ingresso e disse in buon tedesco: «Cosa volete da me, sono soltanto un povero compositore».

Subito i due civili che stavano all'ingresso si scagliarono su di lui prendendolo a botte, tanto da farlo letteralmente cadere dentro la cava. Dopo un po' di tempo tutti gli ebrei erano stati spinti nel fossato circolare. Tanto io che i miei camerati ci siamo aggirati in prossimità dell'ingresso della cava. E così potemmo osservare con sicurezza che le persone che si trovavano nel fossato venivano bastonate dai sorveglianti che stavano sull'orlo del medesimo fossato. Più tardi gli uomini, a dieci per volta, venivano portati fuori dal fossato. Avevano la parte superiore del corpo denudata e il capo avvolto in un brandello di abito. [...] Vorrei anche aggiungere che ogni condannato, nel recarsi al luogo dell'esecuzione, doveva cingere con le braccia il torace di chi lo precedeva. Dopo che il gruppo era stato sistemato, quello successivo veniva condotto sul luogo della fucilazione. Il plotone di esecuzione composto da dieci uomini si sistemò davanti al gruppo, a circa 6-8 metri, sul ciglio della strada. Poi, a quanto ricordo, a un comando il gruppo venne fucilato dal plotone di esecuzione. I colpi venivano sparati a raffica, in modo che gli uomini cadessero contemporaneamente nella cava retrostante. Così, nello spazio di un'ora circa, 400 ebrei vennero eliminati con le medesime modalità.

Le fucilazioni procedevano alla svelta. Se qualcuno dei fucilati si muoveva ancora nella cava, gli venivano sparati colpi isolati. La cava in cui cadevano i fucilati aveva un diametro di circa 15-20 metri ed era profonda, a mio parere, 5-6 metri. Dalla nostra posizione potevamo guardare dentro la cava e constatammo che i circa 400 ebrei che erano stati fucilati il giorno prima giacevano nella cava medesima, ricoperti da un leggero strato di sabbia. Proprio sopra, su questo stesso strato di sabbia, giacevano anche tre uomini e una donna che erano stati fucilati la mattina di quello stesso giorno. Dallo strato di sabbia emergevano ancora parti dei corpi. Dopo che furono fucilati all'incirca 100 ebrei, gli altri dovettero spargere sabbia sui cadaveri. [...]

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2. L'assassinio di 33.771 ebrei nel burrone di Babi-Yar (29/30.9.1941)


Testimonianza dell'autista Höfer

Un giorno ricevetti l'ordine di recarmi fuori città col mio camion. Come accompagnatore avevo con me un ucraino. Erano circa le 10 del mattino. Lungo il percorso superammo degli ebrei che marciavano a piedi con i loro bagagli nella mia direzione. Erano intere famiglie. Quanto più ci allontanavamo dalla città, tanto più fitte diventavano le colonne. In un vasto campo aperto c'erano mucchi di indumenti che costituivano la meta del mio viaggio. Fui pilotato là dall'ucraino. Il camion si fermò in prossimità dei mucchi di indumenti che vennero subito caricati dagli ucraini che si trovavano là. In questo posto osservai che gli ebrei che arrivavano - uomini, donne, bambini - venivano presi in consegna dagli ucraini e condotti in posti diversi dove uno dopo l'altro dovevano deporre, nell'ordine, il bagaglio, i cappotti, le scarpe, i vestiti e anche la biancheria. Allo stesso modo dovevano deporre in un luogo determinato i loro oggetti di valore. Per ogni tipo di indumento veniva formato un mucchio apposito. Tutto procedeva molto velocemente e se uno esitava veniva spronato con calci e percosse. Credo che ognuno impiegasse meno di un minuto dal momento in cui si toglieva il cappotto fino a quando si trovava completamente nudo. Qui non si faceva distinzione fra uomini, donne o bambini. Gli ebrei che venivano dopo, vedendo questa svestizione avrebbero avuto l'opportunità di fare dietrofront. Mi domando ancora oggi perché non l'abbiano fatto.

Gli ebrei denudati vennero condotti in un burrone che misurava circa 150 metri in lunghezza, 30 in larghezza ed era profondo 15 metri buoni. A questo burrone conducevano due o tre stretti accessi, attraverso i quali venivano fatti passare gli ebrei. Quando arrivavano sull'orlo del burrone venivano afferrati dai funzionari della Schutzpolizei e deposti sui corpi degli ebrei già fucilati. Tutto questo avveniva molto velocemente. I cadaveri venivano disposti in strati regolari. Appena un ebreo era sdraiato là, veniva un tiratore della Schutzpolizei con la pistola mitragliatrice e gli sparava un colpo alla nuca. Gli ebrei che arrivavano nel burrone erano così terrorizzati dalla visione di questa crudele scena che perdevano completamente ogni capacità di reagire. Dev'essere perfino accaduto che si siano posti a giacere spontaneamente in riga con gli altri aspettando le fucilate. C'erano solo due tiratori che eseguivano le fucilazioni. Uno agiva a un capo del burrone, il secondo all'altro capo. Vidi che i tiratori stavano in piedi sui cadaveri appena ammucchiati, mentre li uccidevano uno dietro l'altro. Appena un ebreo era stato ucciso, il tiratore, camminando sui corpi dei fucilati, andava verso il prossimo che intanto si era disteso e lo uccideva. Si procedeva come su un nastro trasportatore, senza differenza fra uomini, donne o bambini. Questi ultimi venivano lasciati con le mamme e uccisi con loro.

Ho potuto sopportare questa vista solo per poco. Quando mi avvicinai al burrone ero così sconvolto dall'orribile scena che non mi riuscì di stare a guardare a lungo. Nel burrone vidi già tre file di cadaveri accatastati, per una lunghezza di circa 60 metri. Quanti strati ci fossero non riuscii a vederlo. La vista dei corpi cosparsi di sangue e sussultanti era semplicemente intollerabile, cosicché non potei cogliere bene i particolari. Oltre ai due tiratori c'era, a ogni accesso del burrone, un «Packer» (lett: imballatore»), un poliziotto che posava la vittima sugli altri già cadaveri, in modo tale che al tiratore, passando, restava soltanto da sparare. Quando le vittime attraverso i sentieri arrivavano al burrone e vedevano all'ultimo momento l'orribile scena lanciavano grida di orrore. Ma l'attimo dopo venivano già afferrati dai «Packer» e deposti accanto agli altri. Quelli che seguivano non potevano vedere subito questo orrendo spettacolo perché si svolgeva dietro un angolo.

Mentre le singole persone venivano costrette a spogliarsi, i più si ribellavano levando alte grida. Gli ucraini non ci facevano caso e con la massima fretta li spingevano nel burrone attraverso gli accessi. Dal luogo della svestizione non si poteva vedere il burrone che era lontano circa 150 metri dal primo mucchio di abiti. Inoltre soffiava un forte vento e faceva anche molto freddo. All'interno del burrone non si potevano sentire gli spari. Con questo mi spiego il fatto che gli ebrei non riuscissero a capire a tempo che cosa accadeva. Ancora oggi mi meraviglio che da parte loro non si sia fatto qualche tentativo di resistenza. Sempre nuove masse di persone arrivavano dalla città in questo campo che esse percorrevano apparentemente ignare, ancora convinte di dover essere trasferite.

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3. I «Gaswagen»


Testimonianza del dott. August Becker ispettore dei Gaswagen

Nell'ufficio del caposervizio Viktor Brack nella Cancelleria del Führer assieme ad altri mi occupai, fin verso il 1941, del programma «eutanasia». Avevo le funzioni di esperto in eliminazioni mediante gas nel caso di malati psichici ricoverati in stabilimenti terapeutici ospedalieri. Poiché questa attività era stata da poco sospesa - e non so dirne le ragioni - [le uccisioni col gas vennero sospese, quelle coi farmaci continuarono; (nota dei curatori)] in seguito a uno scambio di idee tra l'SS-Reichsführer Himmler e Brack fui trasferito al RSHA a Berlino. Himmler voleva impiegare nell'azione di gassazione che si stava avviando in grande stile all'Est il personale non più occupato con l'eutanasia e che fosse esperto in materia, come era il mio caso.

La ragione era la seguente: i capi delle EG dell'Est si lagnavano in misura sempre crescente del fatto che gli uomini addetti alle fucilazioni a lungo andare non sarebbero più stati in grado di reggere allo stress psicologico e morale di queste esecuzioni di massa. So che alcuni che facevano parte dei plotoni di esecuzione erano finiti in manicomio, perciò si doveva trovare un modo di uccidere nuovo e migliore. Quindi entrai anch'io, nel dicembre 1941, nel RSHA, sezione II, ufficio di Rauff. [...] Vice di Rauff era l'allora capitano e più tardi maggiore Pradel. Pradel aveva anche nelle SS un grado equivalente, ma si faceva chiamare maggiore. Sulle prime non entrai in contatto diretto con lui. Quando nel dicembre 1941 fui trasferito da Rauff, questi mi spiegò la situazione, dicendo che lo stress psicologico e morale dei plotoni di esecuzione non era più sopportabile e che perciò si doveva dar inizio all'opera di gassazione. Aggiunse che i Gaswagen con i relativi autisti erano in via per raggiungere le varie EG o erano già arrivati. Quanto a me, ebbi il preciso incarico di controllare il lavoro fatto coi Gaswagen presso le singole EG dell'Est; vale a dire, dovevo badare a che le uccisioni di massa eseguite nei Gaswagen avvenissero regolarmente: dovevo appuntare la mia attenzione sul lato tecnico del lavoro di questi Gaswagen. A questo proposito vorrei ricordare che erano in funzione due tipi di Gaswagen: l'«Opel-Blitz» di tre tonnellate e mezzo e il grande «Sauerwagen», credo di sette tonnellate. In seguito a quest'ordine di servizio di Rauff, a metà dicembre del 1941 partii per l'Est con lo scopo di raggiungere l'EG A di Riga, [...] dove avrei trovato i Gaswagen.

Il 14.12.1941 però ebbi un incidente d'auto presso Deutsch-Eylau, per cui fui ricoverato all'ospedale cattolico di là e, una volta guarito, fui dimesso il 23 o 24 dicembre. Questo lo ricordo con esattezza, perché a Natale ero a Berlino presso la mia famiglia.

Il 4 o il 5 gennaio del 1942 Rauff mi fece sapere di presentarmi da lui. Lì ricevetti l'ordine di partire immediatamente e, stavolta, di recarmi direttamente presso l'EG D nel sud (comandato da Otto Ohlendorf), presso Sinferopoli. In un primo momento avrei dovuto prendere l'aereo, ma questo non fu possibile per il gelo. Così partii col treno per Nikolaiev il 5 o il 6 gennaio 1942, passando per Cracovia e Fastov. Da lì volai con l'aereo dell'SS-Reichsführer fino a Sinferopoli (Crimea). Passai quasi tre settimane in viaggio e all'incirca nel gennaio 1942 mi presentai al capo dell'EG, Otto Ohlendorf. Rimasi presso questo gruppo fino all'inizio di aprile 1942 e poi viaggiai da un gruppo all'altro finché approdai a Riga, al gruppo A.

A Riga appresi dallo Staf. Potzelt, vice comandante della Sipo e del SD di Riga, che l'EK di Minsk non ce la faceva con i tre Gaswagen colà disponibili e che perciò occorreva procurarne altri. Inoltre appresi da Potzelt che a Minsk c'era un campo di sterminio per gli ebrei. Con un elicottero, mi correggo, con un «Fieseler Storch» dell'EG volai a Minsk. Con me viaggiava lo Hstuf. Rühl, comandante del campo di sterminio di Minsk, con cui avevo avuto a che fare a Riga. Rühl mi dette in seguito l'incombenza di procurare altri camion perché non ce la facevano ad attuare le eliminazioni. Poiché non era di mia pertinenza richiedere i Gaswagen gli dissi di rivolgersi all'ufficio di Rauff.

Quando a Minsk ho visto quel che si faceva là, cioè che si eliminavano in massa persone di ambo i sessi, ne ho avuto abbastanza e tre giorni dopo, doveva essere nel settembre 1942, sono tornato con un camion a Berlino passando per Varsavia. A Berlino volli presentarmi all'ufficio di Rauff. Poiché questi era assente mi ricevette il suo vice, cioè Pradel, nel frattempo diventato maggiore. [...] In un colloquio riservato di circa un'ora descrissi a Pradel il funzionamento dei Gaswagen e avanzai delle riserve perché i condannati non erano stati gassati, ma erano morti soffocati per le errate manovre degli addetti. Gli raccontai che le persone avevano vomitato e se l'erano fatta addosso. Pradel stette a sentire il tutto senza dire una parola. Alla fine del nostro colloquio disse soltanto che su questo fatto dovevo stendere un esauriente rapporto scritto. Poi mi mandò alla cassa per riscuotere quanto dovevo per il mio viaggio di servizio.

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1. Un allievo ufficiale in merito all'uccisione degli adulti


Da metà luglio alla metà o fine agosto sono stato a Bjelaja-Zerkov con la mia unità. So con certezza che eravamo ancora là il 15 agosto. Mi ricordo infatti che fra camerati dicevamo che il sole non abbronzava più tanto e pensavamo che un po' per volta sarebbe arrivato l'autunno. Eravamo cosi abbronzati che constatammo improvvisamente come il sole non modificasse più il nostro colorito. Stavamo in un complesso che ospitava un istituto di biologia dell'ereditarietà. Siccome l'argomento mi interessava, ho parlato col professore dell'istituto delle variazioni dei fattori ereditati. Ora mi viene in mente che il medico militare di allora era di Bad Mergentheim. Con lui ho visitato l'istituto per cercare dei pezzi di ricambio per i raggi X. Quando non avevamo niente da fare, di sera andavamo a passeggio. So che una sera passammo davanti alla parte posteriore del cortile di una caserma. Vidi una sentinella accanto a una casetta, mi pare avesse la baionetta innestata, era una SS. Non era anziano, poteva avere 26 anni. Stava in piedi all'angolo della casa e vicino a lui sedevano tre ragazze; una di loro stava facendo i suoi bisogni, questo mi colpì molto e mi sembrò comicissimo che quest'uomo facesse la guardia con tanto di fucile e baionetta innestata a una ragazza che faceva i suoi bisogni. Le ragazze ridacchiavano della situazione. La sentinella mi si rivolse dicendo: «Non può entrare qui, c'è un'esecuzione». Allora mi misi a ridere indicando le ragazze: «Di queste ragazze?». Credevo che mi avrebbe risposto che le ragazze non c'entravano, invece disse soltanto: «Può stare a vedere». Ed io: «Grazie tante».

E feci dietrofront. Ma poi continuai a pensare a questa esecuzione e tornai indietro per vedere cosa stava succedendo. L'accesso al luogo dell'esecuzione era sbarrato da un muro e da un alto cancello di ferro, chiuso. Non potendo entrare mi fermai con altri soldati e civili davanti al cancello, attraverso le cui sbarre potevo vedere il luogo dell'esecuzione, distante circa 80 metri. Vidi che circa nove donne o ragazze stavano in ginocchio davanti a una fossa con la faccia rivolta a questa. Altre nove ragazze attendevano davanti alla casetta presso la quale quella ragazza aveva fatto i suoi bisogni, sorvegliate dalla sentinella delle SS. A colpirmi particolarmente furono la tranquillità e la disciplina di quella gente. Dietro alle ragazze stavano per ognuna due tiratori, sempre delle SS. Al comando di un superiore spararono alla testa delle donne che, colpite, cadevano in avanti nella fossa. Alcune si ribaltavano, di altre si vedeva volare in alto la calotta cranica. Alcuni tiratori erano sporchi di sangue poiché sparavano da circa cinque metri. Era uno spettacolo orribile. Mi ricordo che un capo delle SS sparava dentro la fossa con la pistola mitragliatrice camminando lungo l'orlo, prima dal lato lungo, poi da quello corto. In un primo momento era stato fermo sul lato corto, quello di destra, da cui aveva dato l'ordine di sparare. Sulle mostrine aveva le stellette e una banda, se ricordo bene. Era un uomo alto intorno ai 30 anni. Una volta terminata l'esecuzione fu aperto il cancello di ferro e io potei avvicinarmi alla fossa, davanti alla quale c'erano dei tratti in cui si era radunato il sangue. Non scesi nella fossa che calcolai essere lunga circa 7-8 metri, larga 2.50 e originariamente profonda 4. Quando quel giorno guardai dentro restavano ancora liberi fino all'orlo circa due metri e mezzo. I corpi erano ricoperti di terra. Mentre ero presso la fossa, l'SS con le stellette stava ancora girandovi attorno sparando colpi di grazia. Ma alcuni si muovevano ancora dopo che lui se ne era andato. In quella prima sera vidi uccidere nel modo da me descritto circa 162 persone. Venivano fucilate nove alla volta, mentre altre nove dovevano attendere il loro turno. Quelli che stavano per essere fucilati si muovevano verso la fossa come in processione, in fila, e ciascuno doveva tenere le mani appoggiate sulle spalle di chi lo precedeva. Andavano alla morte composti e tranquilli: ho visto piangere solo due donne in tutto il tempo in cui ho assistito alle esecuzioni. Per me era una cosa inconcepibile. Dopo quella prima sera passai di là ancora piuttosto spesso. Le esecuzioni avvenivano la sera verso le 18. Sono rimasto a Bjelaja-Zerkow circa sei settimane e ho visto con i miei occhi sei esecuzioni, di altre ho sentito parlare quando dei camerati tornavano da fuori e dicevano: «Sparano di nuovo». In queste sei esecuzioni a cui ho assistito possono essere state uccise in tutto circa 800-900 persone.

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3. Il commissario generale per la Rutenia bianca Wilhelm Kube al commissario del Reich per il territorio orientale Hinrich Lohse, in data 31.7.1942


Segreto!

Ogg.: Lotta ai partigiani e azione contro gli ebrei nel distretto generale della Rutenia bianca.


In occasione di tutti gli scontri con partigiani della Rutenia bianca si è constatato che gli ebrei, sia nella parte del distretto generale un tempo polacca, sia in quella un tempo russa sono i capi del movimento partigiano unitamente al movimento della resistenza polacca all'Est e ai militari rossi di Mosca, sempre all'Est. Di conseguenza, il trattamento che è stato fatto agli ebrei della Rutenia bianca in considerazione della minaccia per tutta l'economia costituisce una questione eminentemente politica, che dovrebbe quindi venir risolta secondo criteri non economici, bensì politici. In seguito ad approfonditi colloqui con l'SS-Brif. Zenner e con il capo del SD, l'SS-Ostubf. dott. Strauch, un dirigente eccezionalmente capace, abbiamo liquidato nella Rutenia bianca, nelle ultime 10 settimane, 55.000 ebrei in cifra tonda. Nella zona di Minsk-campagna tutta la popolazione ebraica è stata eliminata senza che l'attività lavorativa ne risentisse. Nella zona prevalentemente polacca di Lida sono stati liquidati 16.000 ebrei, a Slonim 8000 e così via. Qui però un intervento arbitrario (già segnalato) da parte del settore retrovie dell'armata ha intralciato le operazioni preliminari alla liquidazione degli ebrei nel territorio di Glebokie. Infatti tale settore dell'armata ha liquidato, senza contattarmi, 10.000 ebrei, la cui eliminazione sistematica era tuttavia prevista all'incirca negli stessi termini. A Minsk-città sono stati liquidati tra il 28 e il 29 luglio all'incirca 10.000 ebrei, di cui 6500 russi - soprattutto vecchi, donne e bambini - il resto era costituito da ebrei inabili al lavoro che, provenienti da Vienna, Brünn, Brema e Berlino, nel novembre scorso erano stati mandati a Minsk per ordine del Führer. Anche la zona di Sluzk è stata alleggerita di parecchie migliaia di ebrei. Lo stesso vale per Novogrodek e Vilejka, mentre si prevedono radicali misure per Baranovici e Hansevici. Nella prima città vivono non più di 10.000 ebrei, di cui 9000 saranno liquidati il mese prossimo. A Minsk-città sono rimasti 2600 ebrei provenienti dalla Germania. Inoltre sono ancora in vita in tutto 6000 ebrei ed ebree russi che durante l'azione sono rimasti presso le unità per cui lavoravano. Minsk continuerà ad avere anche in futuro il maggior numero di ebrei perché il concentramento delle industrie belliche e i lavori della ferrovia rendono per ora necessario questo stato di cose. In tutte le altre zone il numero degli ebrei addetti ai lavori viene fissato dal SD e da me in 800 al massimo, se possibile però in 500, in modo tale che, dopo il completamento delle azioni per ora previste, ne rimangano a Minsk 8600 e nelle 10 zone rimanenti circa 7000 (compresa la zona di Misk-campagna ormai priva di ebrei). Allora non ci sarà più pericolo che in futuro i partigiani possano trovare un valido appoggio negli ebrei. Naturalmente, sia io che il SD preferiremmo, lasciando cadere le richieste della Wehrmacht, eliminare totalmente la popolazione ebraica nel distretto generale della Rutenia bianca, ma per il momento va tenuto conto delle esigenze della Wehrmacht che in sostanza è il datore di lavoro degli ebrei. A questo inequivocabile atteggiamento nei confronti degli ebrei si aggiunge, per il SD della Rutenia, il gravoso compito di condurre a destinazione i continui convogli di ebrei provenienti dal Reich. Ciò sottrae oltre ogni dire forze materiali e psichiche agli uomini del SD e li toglie ai loro compiti che devono svolgersi nell'ambito della Rutenia bianca. Sarei quindi grato se il signor commissario del Reich potesse fare in modo di arrestare ulteriori convogli di ebrei con destinazione Minsk, almeno fino a quando non sia stato definitivamente eliminato il pericolo partigiano. Ho bisogno di impiegare al 100% il SD contro i partigiani e contro la resistenza polacca che impegnano ambedue tutte le forze del SD non particolarmente numerose.

Dopo il termine dell'azione antiebraica di Minsk, stanotte l'SS-Ostubf. dott. Strauch mi comunica giustamente indignato che improvvisamente, senza ordini del RFSS e senza comunicazione da parte del commissario generale, è giunto da Varsavia un convoglio di 1000 ebrei per il locale comando di regione aerea.

Prego il signor commissario del Reich (già informato telegraficamente) quale massima autorità nel territorio dell'Est di impedire l'invio di tali convogli. L'ebreo polacco, esattamente come l'ebreo russo, è un nemico di tutto ciò che è tedesco e rappresenta un elemento politicamente pericoloso, il cui rischio politico supera ampiamente la sua utilità come lavoratore qualificato. In nessun modo possiamo ammettere che in un territorio dell'amministrazione civile unità della Wehrmacht - dell'esercito o dell'areonautica - trasferiscano qui, dal governatorato generale o da qualsiasi luogo, ebrei che possono mettere in forse tutto il lavoro politico e la sicurezza del distretto generale. Sono completamente d'accordo col comandante del SO della Rutenia bianca per liquidare ogni convoglio di ebrei che non sia stato ordinato o annunciato dai nostri comandi superiori, onde evitare ulteriori disordini nella regione.

Il commissario generale per la Rutenia bianca

f.to Kube

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4. Testimonianza di Rudolf Höss


[...] Mi fu ordinato di andare a Berlino [...] da Himmler, il quale mi disse press'a poco quanto segue: Il Führer ha ordinato di risolvere la questione ebraica in Europa. Nel governatorato generale esistono già alcuni cosiddetti campi di sterminio. [...] Questi campi sono però poco efficienti e non possono neppure venir estesi, io personalmente ho visitato nel 1942 il campo di Treblinka [...] per verificare le sue condizioni. Le eliminazioni avvenivano col seguente metodo: c'erano dei locali non grandi, delle dimensioni di una stanza, a cui, per mezzo di un tubo di collegamento, arrivavano i gas di scarico di un motore di automobile. Questo procedimento era inaffidabile perché i motori provenivano da vecchi camion o carri armati catturati e spesso si guastavano. Perciò i convogli di prigionieri non potevano venir liquidati in modo tale da portare a termine esattamente il piano di azione, si trattava di sgombrare il ghetto di Varsavia. [...] Per tutte queste ragioni Himmler dichiarò che l'unica possibilità di estendere questi impianti in modo da corrispondere ai piani globali si trovava ad Auschwitz, prima di tutto perché era un nodo ferroviario di ben quattro linee che passavano di lì e poi era anche poco popoloso, così che la zona del campo vero e proprio poteva venir completamente isolata. Per questa ragione aveva deciso di trasferire ad Auschwitz lo sterminio di massa e io dovevo iniziare subito a prendere le misure necessarie per l'attuazione. Entro quattro settimane voleva i progetti, precisissimi, corrispondenti a queste direttive. Inoltre disse che questo compito era così difficile e pesante che non poteva affidarlo a uno qualsiasi; aveva avuto in realtà l'intenzione di incaricare di questo compito anche un altro comandante delle SS di grado elevato, ma al momento della realizzazione del progetto non sarebbe stato opportuno che a dare gli ordini ci fossero due comandanti affiancati. Ricevetti subito l'ordine esplicito di eseguire la liquidazione dei convogli inviati dal RSHA.

Qui di seguito descrivo come procedeva la gassazione.

Due vecchie case coloniche che sorgevano fuori mano nel territorio di Birkenau furono riattate e munite di robuste porte di legno. I convogli venivano scaricati a Birkenau sulla banchina di un binario morto. I prigionieri in grado di lavorare venivano selezionati e condotti nei lager, tutto il bagaglio veniva portato ai depositi di indumenti. Quelli destinati alle camere a gas andavano a piedi fino all'impianto distante circa un chilometro. I malati e quelli che non potevano camminare venivano trasportati su camion. Se i convogli arrivavano di notte, tutti venivano trasportati su camion. Davanti alle case coloniche tutti dovevano spogliarsi dietro due barriere di sterpi erette appositamente. Sulle porte c'era scritto: «Stanza della disinfezione». I graduati di servizio dovevano dire ai prigionieri, mediante un interprete, che dovevano far attenzione a dove mettevano le loro cose, per ritrovarle dopo la disinfezione. E così fin da principio si impediva che si agitassero. Dopo essersi spogliati entravano nelle camere, 200-300 a seconda dell'ampiezza. Le porte venivano bloccate e attraverso piccole aperture venivano versati dentro da uno a due barattoli di Zyklon B; questo è un acido di colore azzurro in forma di grani. L'effetto durava dai 3 ai 10 minuti, a seconda delle condizioni atmosferiche.

Dopo una mezz'ora si aprivano le porte, i cadaveri venivano estratti da un commando di prigionieri che lavorava sempre lì e venivano bruciati in fosse. Prima di bruciarli gli toglievano denti d'oro e anelli, poi tra i cadaveri veniva messa legna da ardere a strati e quando nella fossa c'era una massa di circa 100 cadaveri la legna veniva incendiata con stracci imbevuti di petrolio. Quando il fuoco aveva preso bene, venivano buttati dentro gli altri cadaveri. Il grasso che si accumulava sul fondo della fossa veniva riversato a secchi sul fuoco per accelerarne l'opera, specialmente in caso di tempo umido. Il fuoco durava dalle sei alle sette ore. Il puzzo dei cadaveri bruciati poteva venir sentito anche nel lager, se il vento soffiava da ovest. Le fosse poi venivano svuotate e le ceneri ridotte in polvere. Questo si faceva su una piattaforma di cemento, dove i prigionieri polverizzavano i resti ossei con pestelli di legno. Questi resti venivano poi trasportati con dei camion in un posto determinato e buttati nella Vistola.

Dopo la costruzione dei nuovi grandi forni crematori si usava il seguente procedimento: dopo che, nel 1942, furono terminati i primi due grandi forni crematori (gli altri due furono completati sei mesi dopo) arrivarono convogli di massa dalla Francia, dal Belgio, dall'Olanda e dalla Grecia. Allora si procedette così: i treni con i prigionieri arrivavano su tre binari fino a una rampa costruita appositamente che si trovava proprio tra i crematori, il deposito degli indumenti e il lager di Birkenau. La selezione degli idonei al lavoro e la deposizione dei bagagli avvenivano lì sulla rampa. Gli idonei al lavoro venivano pilotati nei vari lager, e quelli da eliminare in uno dei nuovi crematori. Qui andavano prima a svestirsi in una grande stanza sotterranea, provvista di panche e di ganci per appendere i vestiti. Anche qui si spiegava mediante l'interprete che sarebbero stati condotti al bagno e alla disinfezione e che dovevano ricordare il posto dove avevano lasciato i vestiti. Poi passavano nella stanza accanto, sempre sotterranea, che era fornita di tubi dell'acqua e di docce e doveva dare appunto l'impressione di una stanza da bagno. Fino all'ultimo due graduati dovevano rimanere nella stanza perché non si creasse disordine. Talvolta accadeva che i prigionieri si accorgessero di che cosa si trattava. Specialmente i convogli provenienti da Belsen, poiché originari per lo più dell'est, sapevano, una volta che i treni avevano raggiunto il territorio della Slesia, che con ogni probabilità sarebbero stati condotti allo sterminio. Quando arrivavano i convogli da Belsen le misure di sicurezza venivano rafforzate e il convoglio veniva suddiviso in gruppi più piccoli che venivano poi assegnati ai singoli crematori, questo per evitare tumulti. Gli uomini delle SS formavano una fitta catena e cacciavano con violenza nelle camere a gas chi faceva resistenza. Ma questo accadeva raramente, perché la manovra era resa più semplice dalle misure prese per rassicurare.

Capitava più volte che le donne nascondessero i loro piccoli fra la biancheria e gli indumenti, per non portarli con loro nelle camere a gas. Gli indumenti venivano esaminati dal commando dei prigionieri addetto al crematorio, ma sotto la sorveglianza delle SS, e i bambini che venivano trovati venivano subito dopo mandati nella camera a gas. Dopo mezz'ora, nella camera a gas venivano azionati gli aeratori elettrici e i cadaveri venivano trasportati con un montacarichi fino ai soprastanti forni crematori. La cremazione di circa 2000 persone in cinque forni durava intorno alle 12 ore. Ad Auschwitz c'erano due impianti, ognuno dei quali aveva 5 forni doppi e altri due impianti con ognuno 4 forni piuttosto grandi. In più esisteva un impianto provvisorio, descritto più sopra. Il secondo impianto provvisorio era stato distrutto. Tutti gli indumenti e gli effetti venivano selezionati nel deposito degli indumenti da un commando di prigionieri che lavorava là di continuo e vi era anche alloggiato. Gli oggetti di valore venivano spediti ogni mese a Berlino alla banca del Reich. Gli indumenti, dopo essere stati puliti, venivano mandati a fabbriche di armi per gli operai dell'est che vi lavoravano e per gli sfollati. L'oro dei denti veniva fuso e anch'esso trasmesso ogni mese all'ufficio di sanità delle Waffen-SS. [...] Il numero maggiore di gassazioni in un solo giorno, ad Auschwitz, è stato di 10.000. Era il massimo che si poteva ottenere in un giorno con gli impianti a disposizione.

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