Copertina
Autore Milan Kundera
Titolo La lentezza
EdizioneAdelphi, Milano, 1995, Fabula 86 , Isbn 978-88-459-1120-0
OriginaleLa lenteur [1995]
TraduttoreEna Marchi
LettoreRenato di Stefano, 1995
Classe narrativa ceca
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Pagina 9

Ci è venuta voglia di passare la serata e la notte in un castello. In Francia molti sono stati trasformati in alberghi: un fazzoletto di verde perduto in una distesa di squallore senza verde; un quadratino di viali, alberi, uccelli al centro di un'immensa rete di strade. Sono al volante e osservo nello specchietto retrovisore una macchina dietro di me. La freccia di sinistra lampeggia e tutta la macchina emette onde di impazienza. Il guidatore aspetta il momento giusto per superarmi: come un rapace che fa la posta a un passero.

Mia moglie Vera mi dice: «Sulle strade francesi ogni cinquanta minuti muore un uomo. Guardali, tutti questi pazzi che corrono accanto a noi. Sono gli stessi che sanno essere così straordinariamente prudenti quando sotto i loro occhi viene scippata una vecchietta. Com'è possibile che quando guidano non abbiano paura?».

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Pagina 44

Così ella interrompe l'amore nel casinetto, e ricomincia a passeggiare nel parco in compagnia del cavaliere; si siede sulla panchina in mezzo al prato, riprende la conversazione e lo conduce poi in un boudoir segreto, situato accanto al suo appartamento, che il marito aveva fatto trasformare, prima del matrimonio, in un tempio incantato dell'amore. Giunto sulla soglia, il cavaliere rimane stupefatto: gli specchi che ricoprono interamente le pareti moltiplicano la loro immagine in modo tale da dare l'illusione che un infinito numero di coppie si amino attorno a loro. Ma non è li che fanno l'amore: quasi volesse impedire una troppo possente esplosione dei sensi e prolungare quanto più possibile il tempo dell'eccitazione, Madame de T. conduce il cavaliere in una stanza attigua, una sorta di grotta immersa nell'oscurità e in cui è ammucchiata una profusione di cuscini; è solo qui che faranno l'amore, a lungo e lentamente, fino all'alba.

Rallentando la corsa della loro notte, dividendola in parti distinte e separate fra loro, Madame de T. è riuscita a trasformare il breve arco di tempo a loro concesso in una meravigliosa architettura, in una forma. Dar forma a una durata è l'esigenza della bellezza, ma è anche quella della memoria. Ciò che è informe è inafferrabile, non memorizzabile. Concepire l'incontro come una forma è stato per loro tanto più prezioso perché quella notte era destinata a rimanere senza domani e non avrebbe potuto ripetersi che nel ricordo.

C'è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo.

Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all'intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all'intensità dell'oblio.

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