Copertina
Autore Mario La Ferla
Titolo L'uomo di Atlantide
SottotitoloVita, morte e misteri dell'archeologo di Santorini
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2003, Eretica , pag. 124, cop.fle., dim. 120x168x10 mm , Isbn 978-88-7226-753-0
LettoreCorrado Leonardo, 2004
Classe storia contemporanea , miti , storia antica , storia criminale , storia: Europa
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Indice


L'imbroglio di via Telchines                5
Il morto non c'è più                        9
Il mistero della tomba vuota               16
Solo un mazzo di fiori rossi               22
Di sicuro c'è solo che è morto             30
Arrivano i colonnelli                      37
L'amico americano                          44
Dalla parte di Papadopoulos                54
La fine dell'avventura                     60
Spie, padrini e monsignori                 65
Da Platone a Hitler                        83
Con von Braun, sotto il sole di Santorini  96
La resa dei conti                         100
La prova del fuoco                        105
Adantide, addio                           117


Bibliografia                              119

 

 

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Pagina 5

L'imbroglio di via Telchines


Il primo ottobre 1974, nel sito preistorico di Akrotiri, nell'isola di Santorini, moriva in circostanze tragiche e misteriose l'archeologo greco Spyridon Marinatos. Famoso e ammirato in tutto il mondo, aveva avuto una carriera ricca di successi e onori, era ossequiato dai politici, dalle istituzioni culturali e dalla chiesa.

Nella città minoica, riportata alla luce dopo 3600 anni, Marinatos si trovava nella via Telchines, l'arteria principale di Akrotiri. Era solo, abbandonato dai collaboratori e dagli operai che avevano lavorato con lui dall'estate del 1967.

Quell'anno l'archeologo aveva iniziato gli scavi, convinto di intraprendere un'impresa grandiosa. Fin dagli anni Trenta si era convertito, sulla base della lettura dei Dialoghi di Platone, all'idea che Santorini fisse la mitica Atlantide.

Da allora dedicò le sue energie alla ricerca del continente perduto, sacrificando affetti familiari, vecchie amicizie, successi accademici, perdendo infine anche l'onore.

Con le sue teorie, Marinatos fece tremare un angolo del pacifico mondo dell'archeologia classica, dominato non soltanto da studi e amore per la ricerca, ma anche da pressioni ideologiche e da forti interessi economici.

Quando la morte lo colse, i colonnelli, che avevano preso il potere in Grecia con il colpo di Stato del 21 aprile 1967, erano caduti da poco meno di tre mesi. Nel luglio del 1974, il ritorno trionfale ad Atene del vecchio leader Konstantinos Karamanlìs aveva riportato la democrazia nel paese.

Marinatos si era schierato dalla parte dei colonnelli fin dall'inizio solo per calcolo, senza entusiasmi di parte, nella speranza di poter lavorare con maggiore impegno al suo ambizioso progetto di Atlantide, con le sovvenzioni che i suoi amici di Atene gli avrebbero concesso. In particolare, si mostrò amico di Georgios Papadopoulos, il più spietato del triunvirato militare.

Rimasto a Santorini dopo il tramonto della dittatura, Marinatos continuò a scavare ad Akrotiri, in attesa di una epurazione da parte del nuovo governo democratico. Il primo ottobre, arrivò invece la fine. Tragica, perché causata probabilmente da una ferita alla testa. Misteriosa, perché nessuna autorità ha spiegato le cause della morte.

Il corpo di Marinatos fu deposto, senza funerale o altre cerimonie, nella stanza numero 16 del palazzo Delta, sulla via Telchines, dove stava lavorando. Venne alzato un muro di cemento e da allora di Spyridon Marinatos si sono perse le tracce. È stato oscurato.

La congiura dell'oblio ha fatto sì che della sua vita discussa e della sua morte oscura non si parlasse più. Le autorità politiche e accademiche, i media, il mondo intero dell'archeologia che tanto lo aveva osannato o criticato, lo hanno dimenticato.

Dopo 28 anni dalla morte abbiamo scoperto che il corpo di Marinatos è stato trafugato dalla stanza numero 16 del palazzo Delta. Dove è stato trasferito? Nessuno vuole rispondere. È un rebus intrigante, un "giallo" cupo e ammaliante. Dietro alla morte di Marinatos, alla sua frettolosa sepoltura e alla risolutezza con cui l'hanno scaraventato nel regno del silenzio, e adesso dietro alla scomparsa del suo corpo, si nasconde qualcosa di inquietante: un ricordo imbarazzante, un episodio oscuro, oppure una decisione infelice, un atteggiamento impopolare o anche un passato scabroso, una vita in chiaroscuro. Senza dubbio, un segreto inconfessabile. Brutta la sua storia. Popolata di folli sognatori di isole scomparse e poi riapparse, di filosofi e scienziati legati a sette segrete che sostennero la nascita di dottrine che avrebbero buttato all'aria il mondo, di golpisti, spie, mafiosi, banchieri spregiudicati, politici corrotti e giudici compiacenti, cardinali avventurosi, ladri, terroristi, assassini di mestiere. Il silenzio ufficiale è comprensibile.

Ma le circostanze della morte violenta di Marinatos, le sue amicizie politiche, i misteriosi e imbarazzanti retroscena dietro al golpe dei colonnelli che coinvolse servizi segreti americani, picciotti di Cosa nostra e perfino la banca del Vaticano, e poi le teorie "allarmanti" su Platone, Atlantide e le società occulte che in Germania portarono alla nascita del partito nazionalsocialista, il rancore della gente di Santorini che conobbe la sofferenza dell'invasione tedesca e che non ha mai superato lo steccato del risentimento, infine l'attività sanguinaria del gruppo terroristico "11 Novembre": gli interessi legati alla presidenza greca dell'Unione europea nel primo semestre del 2003 e soprattutto alle Olimpiadi di Atene del 2004, insomma questo grande e composito scenario rompe la congiura del silenzio su uno degli episodi più torbidi della storia contemporanea greca e dell'intera storia dell'archeologia.

La tattica dell'oblio è stata annullata di colpo nell'estate del 2002, dopo lo smantellamento di "11 Novembre". Il gruppo aveva esordito sulla scena del terrorismo nel 1974, subito dopo la caduta dei colonnelli. Molti indizi, che emergono dal processo iniziato il 4 marzo scorso, fanno risalire il battesimo del fuoco all'autunno di quello stesso anno. Forse su un'isola, dove, tutto solo, c'era un "nemico del popolo" da giustiziare.

Può essere questa la chiave di lettura del "giallo" della morte di Marinatos. Però gli scenari della sua fine non escludono altre ipotesi, altrettanto spietate e inquietanti.

Questo libro tenta di ricostruire, con lo stile dell'inchiesta giornalistica, la vita e la morte dell'archeologo rispettato e discusso prima, completamente dimenticato dopo. Svelando i retroscena che coinvolgono i partiti politici e i governi greci degli ultimi 28 anni, i terroristi che hanno impunemente insanguinato il Paese per un periodo lunghissimo, gli apparati dello Stato, servizi segreti in testa, che hanno lavorato per la più assoluta disinformazione, e anche le istituzioni culturali, in particolare le Scuole di archeologia internazionali che hanno scelto la via del silenzio.

Per ricostruire il quadro completo della vita e della morte di Spyridon Marinatos, è stato necessario penetrare negli archivi blindati, frugare nelle redazioni di giornali greci, inglesi e americani, rileggere montagne di documenti ufficiali destinati alla polvere. Soprattutto sono stati affrontati altri problemi, molto più insidiosi: le ipocrisie di chi ha sempre saputo e ancora tace, gli ostacoli creati da quelli che hanno voluto il silenzio per la "ragion di Stato", o per un frainteso senso dell'onore, per imporre la legge dell'omertà in nome della convenienza.

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Pagina 9

Il morto non c'è più


Maria Callas cantava "Habanerà".

Sui tavoli erano già serviti i cocktail champagne.

Il brusio dei turisti si andava attenuando per sfumare in un silenzio quasi riverente.

Sulla terrazza di Franco's Bar stava per andare in scena il quotidiano cerimoniale del tramonto. Da lassù in cima alla caldera, quasi a sfidare la vertigine, la caduta del sole nel mare più bello di Grecia attrae e commuove.

Era il momento culminante di una giornata trascorsa sulle spiagge nere di lava di Kamari, Monolithos, Perissa, Perivolos, o al vento fresco che taglia Messa Vounò, l'altopiano dove sette civiltà hanno lasciato i loro resti imponenti. Ovunque fossero andati durante la giornata, al tramonto si ritrovavano lassù, affacciati sull'orlo dell'abisso, seduti ai tavoli dei caffè di Firà e di Oia. Lo spettacolo dura una ventina di minuti; si conclude con gli applausi di gente convinta di avere assistito a un rito magico.

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Pagina 54

Dalla parte di Papadopoulos


Quando i colonnelli fecero l'appello, Marinatos rispose "presente!".

Dopo il fallimento del controgolpe tentato da re Costantino il 13 dicembre 1967, la giunta militare decise di imprimere un energico giro di vite. Scrive Richard Clogg: "Gli impiegati statali, gli insegnanti delle scuole e delle università la cui adesione al regime fosse dubbia, vennero dimessi, mentre agli altri fu richiesto di dimostrare la lealtà alla giunta per non rischiare di perdere il lavoro. Avvocati e giudici che mostravano troppa indipendenza furono minacciati e sollevati dal loro incarico. Le riforme di Georgios Papandreu nel campo dell'istruzione furono sistematicamente smantellate, i testi delle scuole vennero riscritti e l'accesso all'università fu subordinato al superamento di un esame politico".

Papadopoulos e i suoi compagni d'avventura avevano bisogno di consensi in un panorama interno e internazionale che diventava ogni giorno più ostile. Cercavano il consenso soprattutto presso personaggi autorevoli e ammirati nel campo della cultura e dello spettacolo. L'intellighenzia di Atene e di Salonicco si era defilata. Il mondo universitario, professori e studenti, si era ribellato al regime. Le insidie più minacciose per il triunvirato arrivavano proprio da lì. Alèxandros Panagulis, dopo un anno di manifestazioni di piazza, capì che il regime militare non sarebbe caduto tanto facilmente, né in tempi rapidi. Decise di passare all'azione e il 13 agosto 1968, insieme con un commando di amici, attentò alla vita di Papadopoulos mentre il colonnello rientrava ad Atene dalla sua casa al mare.

Papadopoulos ne uscì indenne, ma l'attentato ebbe un effetto clamoroso. La polizia politica era convinta di avere neutralizzato l'opposizione dopo gli arresti in massa dei mesi precedenti, ma gli studenti erano rimasti una spina nel fianco del regime. Nelle università preparavano i piani di rivolta per rovesciare il regime, così come nel 1963 erano riusciti a far cadere il governo con le loro proteste per l'omicidio del giovane comunista Gregori Lambrakis ad opera della polizia.

Dalla parte dei colonnelli erano rimasti alcuni giuristi che aiutarono la giunta militare a preparare il referendum che avrebbe dovuto ratificare la creazione di una "Repubblica presidenziale parlamentare" proclamata da Papadopoulos. Tutti gli altri, intellettuali, artisti, scrittori e poeti, registi e attori, si eclissarono. Se decidevano di continuare a lavorare, almeno lo facevano con molta discrezione.

Spyridon Marinatos stava dalla parte dei colonnelli e ci stava con clamore, sotto la luce dei riflettori, e l'ambizioso Papadopoulos lo esibiva come un fiore all'occhiello.

Dopo avere eliminato la presenza ingombrante di Mavor, Marinatos tornò a scavare da solo nella primavera del 1968. Era così immerso nelle ricerche che non si rendeva conto del baratro in cui stava precipitando. Georgios Papadopoulos gli aveva promesso nuovi fondi per la sua attività a Santorini, lo promosse di grado conferendogli nuovi incarichi al posto di altri archeologi sollevati dal lavoro. In cambio gli chiedeva di dimostrare pubblicamente la sua simpatia e tutta l'amicizia possibile alla giunta militare.

A Santorini era arrivato per compiere una missione, di questo l'archeologo era convinto. Scoprire Atlantide sotto i quaranta metri di polvere lavica veniva prima di ogni cosa: della famiglia, degli amici, degli ideali. Ricorda a questo proposito Nanno Marinatos: "Da quando iniziò gli scavi, mio padre entrò in un vero e proprio stato di esaltazione. Era stato lo scavo più eccitante della sua vita: forse il più entusiasmante della vita di un archeologo da quando Howard Carter era entrato nella tomba di Tutankhamon".

Anche Charles Pellegrino offre la sua calda testimonianza sul momento di autentica 'follia' vissuto da Marinatos: "La realtà dello scavo nella leggenda di Atlantide era sconvolgente. Atlantide non era soltanto interessante: era la materia prima della fantascienza. Alcuni guardavano ad Atlantide per scoprire che cosa aveva ucciso i dinosauri, altri per ritrovarvi segnali di vita intelligente nel cosmo. Marinatos non aveva molta scelta. In gioco c'era molto più della sua immagine".

Altri, in Atlantide, avevano cercato soprattutto il paradiso perduto. Da Platone a Francesco Bacone, da Jules Verne a sir Arthur Conan Doyle, da Edgar Cayce a Charles Berlitz e a Ignatius Donnelly. Perfino Indiana Jones aveva un'opinione in merito. Molti scrittori ne hanno tratto ispirazione. Pierre Benoit pubblicò nella Francia degli anni Venti il famoso romanzo L'Atlantide dal quale fu tratto un altrettanto famoso film di Georg Wilhelm Pabst, con Brigitte Helm nella parte della regina Antinea.

Nel 1948, Atlantide sbarcò a Hollywood. Nel dopoguerra il mito suscitò nuovi entusiasmi, suggestionando romanzieri, intellettuali, scienziati, esploratori, sensitivi, che sulle loro ricerche hanno pubblicato un numero impressionante di libri. In Atlantis: Fact or Finction? Edwin Ramage, professore di Studi classici all'Università dell'Indiana, dice che è difficile sapere quanti libri siano stati scritti sull'argomento, da Platone ai nostri giorni. Un numero ragionevole sembra essere tremila, anche se ci sono stime che parlano di diecimila. In una pubblicità del 1992 per il libro di Eberhard Zangger Flood from Heaven, si parla addirittura di ventimila volumi. Richard Ellis tenta di spiegare i motivi di questo successo: "Il mito di Atlantide è giunto fino a noi rivelandosi uno fra i più durevoli dell'antichità. Pur non facendo parte di alcuna cosmografia religiosa, questa storia si è tramandata per migliaia di anni senza il beneficio di un clero impegnato in un'attività di proselitismo. La storia di Atlantide è così forte da essersi conservata soltanto grazie ai suoi meriti; essa è stata infatti tramandata per due millenni e mezzo quasi esclusivamente per tradizione orale, ed è ben viva ancora oggi, in un'epoca caratterizzata da meraviglie tecnologiche".

Lo scrittore Arthur C. Clarke, autore con il regista Stanley Kubrick del soggetto di 2001, Odissea nello spazio, anche lui convinto che la terra distrutta dal vulcano fosse l'antica Santorini, ha scritto nella prefazione del libro di Pellegrino: "Atlantide! Nelle lingue del mondo occidentale non esiste nome che evochi un maggior senso di meraviglia, di mistero e di irreparabile perdita".

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Pagina 80

L'ansia del Vaticano, le pressioni della Cia, le minacce di Cosa nostra e dei suoi banchieri di fiducia rappresentavano per Georgios Papadopoulos un macigno grosso come una montagna. I personaggi che lo avevano aiutato a prendere il potere erano disposti a tutto pur di rimanere nell'ombra. Se una parola, una sola fosse stata fatta, il primo a farne le spese sarebbe stato proprio lui.

L'ex colonnello doveva agire al più presto, per evitare che i particolari scomodi della storia diventassero di dominio pubblico. Papadopoulos aveva mantenuto la mente lucida dopo la sua defenestrazione; anche un anno dopo la fine del regime, non aveva perso il controllo della situazione. Aveva esaminato, nome per nome, l'elenco dei testimoni che sarebbero stati chiamati dai giudici a deporre contro i golpisti. Letto e riletto l'elenco, dovette ammettere in modo definitivo che c'era un solo testimone scomodo: Spyridon Marinatos.

Soltanto il vecchio archeologo conosceva quei retroscena e Papadopoulos era convinto che avrebbe parlato: perché gli avevano negato il sogno di cercare ancora Atlantide, lo avevano cacciato da Santorini; era un uomo solo, deluso e affranto, ma anche capace di grandi risentimenti. Non aveva più nulla da perdere; avrebbe trovato finalmente un po' di sollievo svelando i misteri che conosceva, vendicandosi di chi era stato la causa delle sue frustrazioni.

Se così fosse accaduto, e Papadopoulos ne era sicuro, per l'ex colonnello il futuro che già si annunciava nero, sarebbe diventato livido. Marinatos era un bersaglio troppo facile per chiunque. Nessuno lo proteggeva ad Akrotiri. Anche la gente del posto ormai lo evitava. Farlo fuori sarebbe stato un gioco da ragazzi; Papadopoulos avrebbe dovuto farlo al più presto, prima che il nuovo governo venisse eletto dalle consultazioni elettorali del 17 novembre.

Una volta arrivato a Santorini, il killer poteva tranquillamente entrare nel recinto degli scavi, avvicinandosi alla casa Delta passando per la via Telchines. Avrebbe dovuto fare attenzione a non farsi scorgere dai bambini che spesso giocavano nei pressi del sito. Una volta individuato Marinatos che era in cima al muro del palazzo, bastava spingerlo giù, farlo precipitare sul selciato di via Telchines. E se fosse stato troppo azzardato avvicinarsi, per non compromettere l'operazione, il killer avrebbe potuto sparare un colpo di pistola, mirando alla testa.

Chi avrebbe fatto caso al rumore? Chi si sarebbe preso la briga di dare l'allarme? Soprattutto, chi avrebbe indagato su quella morte violenta? Il mandante dell'omicidio aveva previsto tutto quello che sarebbe successo dopo l'esecuzione: la scoperta del cadavere dopo qualche ora, quasi per caso, la sepoltura frettolosa nel sito, poi il lungo silenzio.

La verità sul possibile scenario della morte di Spyridon Marinatos arriverà in ritardo, ma finalmente arriverà. Soltanto il lavoro scrupoloso e ostinato di Giorgio Ambrosoli, liquidatore delle banche di Sindona, nel suo ufficio milanese all'ultimo piano della Privata finanziaria, a due passi dalla Scala, riuscirà a smascherare il lato più torbido e più clamoroso della corsa dei colonnelli alla conquista del potere.

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Pagina 92

Il secondo scenario della morte violenta e misteriosa dell'archeologo greco si apre su un palcoscenico popolato di veggenti, mitomani, occultisti riuniti in sette segrete, folli politici che volevano conquistare il mondo evocando Atlantide. Siamo ai limiti della fantascienza e della fantapolitica. In realtà tutto questo è accaduto. Spyridon Marinatos faceva parte, volente o nolente, di quella consorteria. Certo non inneggiava alla guerra o all'odio razziale, però aveva aderito con la sua attività e i suoi scritti al movimento che da Thule portò in pochi anni all'invasione della Russia. Di nemici se n'era fatti tanti, in ogni parte del mondo. Soprattutto in quell'Europa che alla fine della guerra sembrava un immenso campo di rovine. Potevano essere nemici politici, che volessero vendicarsi per l'adesione da parte dell'archeologo al movimento occultista che aveva dato origine al nazismo.

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