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| << | < | > | >> |Pagina 11La bambina, gracile e bionda, è in mezzo al cortile, silenziosa, immobile.Cosa vuoi, piccola? Voglio morire. No, scaccia quell'immagine. Non pensarci. Ti fa male. E tu non vuoi sapere cos'è accaduto. E' di pietre che vuoi parlare. Ti hanno sempre affascinata. Fin da bambina raccoglievi normalissimi sassi, che lavavi e custodivi sotto il letto dentro scatole di cartone. All'inizio le tue sorelle trovavano la cosa divertente, poi penosa. Per loro, non aveva alcun senso. Le pietre non sono niente. Non valgono niente. Ma non è vero. La pietra è il tempo, la pazienza incrollabile del tempo. Interi campi magnetici possono invertirsi e la struttura della crosta terrestre mutare, ma la pietra resta. La pietra resta, e la roccia parla. Diceva Vida Harjula. È colpa sua se non ti sei liberata della magia delle pietre. Se anche in questo spaventoso momento in cui, nella camera centraíe della tomba a corridoio neolitica di Newgrange, la luce dei solstizio d'inverno penetra nel buio più profondo rivelando un fragile cadavere di bambina, i tuoi pensieri si fissano sull'aitare che lo porta. È di granito, contrariamente alle altre are sacrificali della tomba, fatte di arenaria o di ardesia. Questa lastra, la meglio conservata, è quasi perfettamente circolare. Ha un diametro di circa un metro. È decorata da entrambi i lati. Basta sfiorare con la punta delle dita i suoi motivi a spirale per capire che lo scultore non si è servito di uno scalpello di acciaio ma di una pietra. Picchiettando a piccolissimi colpi giustapposti. Un lavoro lento e faticoso, ma non c'era altra scelta. L'artista viveva in un'epoca in cui anche il rame non era che una roccia come le altre, nessuno aveva ancora pensato che, col calore, lo si poteva fondere, piegare e lavorare, modellare come faceva un vasaio con l'argilla, con la sola differenza che, raffreddandosi, diventava duro come la pietra. No, questa lastra è stata lavorata molto prima, esattamente quasi cinquemda anni fa, se si crede al test del Carbonio 14. A quell'epoca, una tribù delle più primitive ha trasportato giganteschi megaliti per centinaia di chilometri senza l'ausilio delle moderne invenzioni, per costruire un tempio funerario immenso con le are sacrificali al centro, in modo che i raggi del sole, attraverso una feritoia, le rischiarasse allo spuntare del giorno più corto dell'anno. Al solstizio d'inverno. Nessuno sa perché. Tu, però, lo dovresti sapere, meglio di chiunque altro. È ben per questo che sei qui. Per scoprire il segreto delle pietre. Entrare in questo luogo, in un giorno come questo, non è stato facile. Bisogna dimostrare molta, molta credibilità. E' stato comunque un miracolo che tu sia riuscita a superare la prova. Forse è l'ospitalità celtica, o forse gl'irlandesi sono stati affascinati dalla tua esotica origine nordica e dai tuoi vaghi studi scandinavi. Un grazie lo devi pure al tuo genio protettore. All'amante di Vida Harjula. A colui che le ha distrutto la vita. Sono un uomo che s'innamora come una pietra cade nell'acqua. Fino in fondo. Falso. È solo di te che mi sono innamorato così.. Dimenticalo. È un'impudenza leggere le lettere altrui. Non importa se la destinataria è morta. Si tratta sempre di un'indiscrezione vergognosa. Se tua nonna avesse voluto che tu leggessi le sue lettere, te le avrebbe date lei stessa, non ti pare? Non è che quelle righe patetiche significhino ancora granché per qualcuno. Fanno solo parte del gioco ostinato di quasi ogni essere umano per cercare in questa vita di non pensare al tempo che passa e l'avvicina alla tomba. Il gioco dell'amore non merita di essere preso più sul serio degli altri, ma certo è indispensabile che quelli che lo giocano siano coerenti, non facciano scherzi. Lecito o no, quando si entra nel gioco, bisogna accettarne le regole. Sottostare al suo potere. Lasciarsi ammaliare. Appassionarsi. Mettere sulla bilancia, malgrado l'incertezza dei risultato, tutte le proprie capacità: coraggio, astuzia, estro, nell'ardente battaglia per raggiungere il più alto grado di santità. È solo quando ci si ritira dal gioco che conviene notarne la fragilità, il carattere rituale, le ridicole mascherate: nera come la terra, bianca come la neve, quella che arriva ultima è la morte. | << | < | > | >> |Pagina 130L'ANELLO INCANDESCENTE DELLE PRIME STELLE S'IMPOSSESSA DEL GEOLOGO IRLANDESE SEAN O'BRIEN, MA, PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DELL'UMANITÀ, IL NUCLEO ATOMICO VIENE SCISSO DA UN SUO COMPAGNO DI STUDI. SEAN CERCA LA PACE INTERIORE NELLA CITTADINA MINERARIA DI COLLE-OLKI E TROVA INVECE LA DONNA DI UN ALTRO E INCESSANTI SOGNI DI NEVE. L'uomo passa l'autunno a Londra, a disegnare carte dettagliate delle zone non sfruttate di Colle-Olki. La società vuole farsi l'idea più esatta possibile della suddivisione dei minerali. Dei giacimenti cupronicheliferi nelle rocce serpentine e nelle pirosseniti. Della pirite presente nella fillite. Scala 1/1000. In base ai sondaggi, il filone principale contiene da 2,5 a 4 grammi di nichel, da 0,5 a 1,9 grammi di rame, da 15 a 20 grammi d'argento per tonnellata e infine delle quantità tristemente infime di platino, oro, palladio e uranio, ma siccome non hanno ancora aperto il quarto livello, non si è ancora arrivati al cuore della parte più interessante del giacimento... È sempre più tentato di abbellire quei magri risultati, teme che la società non lo rimandi più là, che smetta d'investire in un progetto che non le garantisce di rientrare nelle spese. Ma ormai ripone le proprie speranze nell'uranio. Un professore italiano ha scoperto che quel metallo poteva essere usato per innescare una reazione a catena di fissione del nucleo atomico. Formula magica, materia del futuro, non c'è dubbio. Se questo non li scuote, niente lo farà. Sean è cambiato, dicono in molti quando rientra a Dublino poco prima di Natale. E' sicuro che lo dicono. Perplessi e risentiti che non abbia manifestato granché voglia di metterli a parte del segreto: è successo qualcosa lassù, tra gli orsi bianchi. Qualcosa di strano. Non era così, una volta. Adesso se ne sta tutto solo nel suo triste studiolo, forse ci dorme addirittura, tra le pietre scintillanti ammucchiate sugli scaffali e sotto il letto. Vive affascinato da future ricchezze, poverino. Ma non è questo. Il denaro non l'ha mai interessato.
E' qualcos'altro.
Delle pietre irradianti, davvero, aveva detto anche la donna in un tono leggermente insofferente, grattandosi le adorabili caviglie punte dalle zanzare. Beveva il suo eterno caffè sulla terrazza dell'ufficio della miniera. Sorrideva, tuttavia. E' del nichel che si dovrebbe trovare qui. E del rame. Non vedo nessun irradiamento. Cos'hanno di tanto straordinario? Non sono mic a gemme? "No. No di certo." "Nemmeno oro?" "Nemmeno." "Cos'hanno dunque di così prezioso?" "Niente." "Niente? E' un piacere parlare con lei, dà sempre risposte esaurienti, signor O'Brien." "Contengono un elemento che emette raggi invisibili e si disintegra spontaneamente." "Un elemento come il rame o il nichel?" "Sì, ma più pesante, il più pesante di tutti. L'uranio." "L'uranio. Un termine nuovo. Mi piace. Ma perché le interessa così tanto?" "Non lo so. Ma ha qualcosa di affascinante." Non lo sapeva. Né allora né adesso. Si possono sapere molte cose e non sapere nulla. L'universo non esisteva che da pochi minuti quando nacquero gli elementi più leggeri, mentre i più pesanti di tutti si formarono nel nucleo incandescente delle prime stelle, createsi quando il mondo era diventato sufficientemente vecchio. E quando finalmente la polvere dello spazio muto e infinito si aggregò e formò la Terra, tutto era già là. E rimase ad aspettare miliardi di anni all'interno del globo, sotto i passi pesanti dei mammut e le valanghe. Ma poi arriva l'uomo, animale ínsaziabilmente curioso, convinto che tutto ciò che vede non esiste che per lui. E vuole sapere di ogni cosa a che serve. Uno scopritore di enigmi, che annusa, assaggia, lancia e piega e scalda e spacca tutto. Solleva una prima pietra. E' l'inizio. Deve assolutamente scoprire cosa potrebbe fare con la pietra, col rame, col ferro, con l'oro, col nichel, con l'uranio. Nella catena dei miliardi di generazioni c'è sempre qualcuno che non si dà pace se non scopre come approfittare di tutto. Si ride di lui, si sospetta di lui, ma un giorno le risa si smorzano. E quel giorno, niente è più come prima. Si sente lo stridio di immensi ingranaggi. L'umanità intera è cambiata, entrata in un mondo nuovo, incomprensibile, dal quale non si torna indietro, se non in un sogno nostalgico... No, Sean O'Brien non sapeva che cosa lo possedesse. Non sapeva spiegare la sua voglia di trovare sempre nuove pietre. Fiutava certo il pericolo, ma non se ne curava. Doveva essere coraggioso. E tutto era inevitabilmente legato, la sua curiosità e la sua frenesia, il nucleo di queste pietre, questo paese, la donna, la bambina. | << | < | > | >> |Pagina 139L'uomo in realtà ci prova. Tenta di descrivere la vita del Nord agli abitanti dell'isola verde. Ma non sa spiegare com'è l'inverno.La neve e il ghiaccio che si sono accumulati nel più profondo di lui, che sono diventati la sua maledizione. L'inverno sconosciuto ha cominciato a vivere in lui, nonostante ne sia lontano mille miglia. Lo sta rendendo straniero nel suo paese. Percorre su e giù le vie familiari battute dal vento, cerca di trovare uno scopo alle sue giornate, di ascoltare le voci che lo circondano, ma c'è qualcosa che lo paralizza, gli impedisce di gettarsi nel brulicare della folla, di lasciarsene portare. Le persone e gli oggetti intorno a lui si trasformano in ombre vaghe. Capisce che così non può andare avanti, ma non vede via d'uscita. Cerca consiglio in opere scientifiche. Si procura tutte le statistiche possibili sulle latitudini settentrionali nella speranza di rendere l'inverno intelligibile a se stesso e agli altri. La realtà paralizzata dal freddo di questo unico paese del pianeta circondato da mari ghiacciati, dove il sole, nel cuore dell'inverno, è così tristemente basso da allungare l'ombra di un uomo sulla neve sino a dieci metri. Legge in preda a un crescente terrore dati sulla profondità del gelo e lo spessore dei ghiacci e comincia a domandarsi se la primavera riuscirà mai a farli sciogliere. Si convince sempre più che non lo rimanderanno a Colle-Olki. Che sorgerà qualche ostacolo. L'instabilità dei mercati mondiali, i disordini, la morte del re, il pessimismo del direttore generale, i lavori di riparazione della fonderia... | << | < | > | >> |Pagina 166VIDA È INNAMORATA. TIRA VENTO IN UN URAGANO. VIDA RACCONTA A NATALIA DEL SUO VIAGGIO DA SE STESSA. Nella camera oscura, le è facile dirlo alle spalle di Natalia: "Credo di essere innamorata." "Ah sì.» "E' terribile?" "Dipende", fa Natalia mentre si affaccenda nella penombra protettrice della stanza. "Ma lo è?" "Sì. No. Sì, lo è." Forse avrebbe dovuto dire: No, non sono innamorata. Piovo. Tiro vento. Flagello come un uragano la terra e le sue radici. La mia piena a lungo arginata straripa. E deve poter scorrere. Inondare tutto il paese. Ma non lo dice. Al contrario, a bassa voce, bisbigliando appena: "Cosa faccio?" "Buona domanda." [...] "Ma lui, insomma quest'uomo, ti ha chiesto di partire insieme?" Vida alza le spalle. Siamo sinceri: No. Non me l'ha chiesto. Non siamo a questo punto. In effetti non abbiamo parlato d'altro che di pietre. Della tormalina contenuta nel granito. Delle rocce serpentine. Degli scisti carboniferi. Della dolomite. Della parte a sud-est del pozzo centrale, dove il bordo inferiore della vena metallifera risale dopo essersi intoppato nella serpentína, creando in superficie delle venature lucenti leggermente striate. Di eruzioni vulcaniche primitive, del calore del nucleo della terra. Del cerchio di pietre di Stonehenge, che sembra un gioco di cubi iniziato e poi abbandonato da giganti. Di edifici pesanti decine di migliaia di tonnellate costruiti da uomini preistorici, che i raggi del sole colpiscono secondo un angolo esattamente calcolato ai solstizi d'inverno e d'estate. Delle piramidi. Della muraglia cinese. Di Hernández Príncipe, prete cattolico, noto demolitore del culto degli idoli, che ha dedicato la sua vita a estirpare le radici del paganesimo dalle pendici delle Ande e scoperse la mummia della dea Tanta Carhua. La figlia di un re, una bambina sepolta viva centinaia di anni prima, il cui fragile corpo col suo bel viso si era conservato intatto nella roccia ghiacciata: Ora mi puoi finire, papà, sono pronta, percbé non posso immaginare onore più grande che immolarmi per te...! | << | < | > | >> |Pagina 254Non piangerò le persone che spariranno, per radiazioni, se il colle Olki cede. Se la roccia si stanca di noi e dei nostri intrighi senza fine, dei nostri giochi pericolosi, della nostra avidità. Delle idee senza seguito.I buoni film mi strappano le lacrime, ma non la triste realtà. Chi piangerebbe adesso guardando i telegiornali? Orrorí inauditi. Ospedali polverizzati. Bambini di Sarajevo che i cecchini prendono di mira al ventre, perché muoiano più lentamente. Donne musulmane violentate e mutilate. Orbite vuote di ruandesi. Cavalli morti di fame in mezzo al loro sterco. Pianga Dio, se può. Cos'altro è l'umanità se non un triste sceneggiato a puntate creato da Dio per passare il tempo. Un serial Tv apparentemente senza fine, che si ripete, di episodio in episodio, di generazione in generazione; una storia violenta, pretenziosa, sentimentale, piena di pettegolezzi e di passioni, di delitti efferati che passano per errori umani. Una sceneggiatura insulsa di cui nessuno ricorda l'inizio ma di cui non si finisce mai di discutere. Dio era forse seduto, all'inízio, in uno studio deserto, un bicchiere di vino in mano, e ha parlato di aumentare le luci? C'erano, nelle prime ríprese, molto cielo azzurro, notti stellate, mari scintillanti e animali che pascolavano? C'era un bel giardino ben curato, dove folleggiavano un uomo e una donna nudi che non si preoccupavano di nulla, nemmeno dei serpenti? O tutto è cominciato da una grande esplosione astratta, sui cui si è inserita solo molto dopo la tematica dei personaggi? Comunque sia, già da tempo la sola novità del serial sta nel fatto che cambiano i protagonisti. Dio ha sempre amato i capri espiatori a cominciare dal suo unico figlio. E non essendoci alcuna censura, non c'è bisogno di limitare le sofferenze e le vittime. No, sulla base degli episodi visti fino ad oggi non si può veramente assegnare a Dio il premio per la míghor sceneggiatura. Il problema è solo di sapere quanto ci vorrà perché arrivi lui stesso a essere così nauseato da mettere fine una volta per sempre a tutta questa sconcezza. E io non sono venuta qui, in questa città e in questo paese per piangere. Accanto a me c'è un uomo che ha molto sofferto, per il quale io sono un fantasma del passato, uno spettro irrequieto, impietoso, che vuole strappargli i suoi ultimi segreti, tutto il suo dolore, prima che anche lui riesca a portarseli con sé nella tomba. Cerco il suo sguardo e faccio un tentativo di sor- riso.
Sì, è questo che sono, un fantasma, e i fantasmi
non piangono mai.
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