Copertina
Autore Hartmut Lange
Titolo Il viaggiatore
EdizioneVoland, Roma, 2009, Libri piccoli 22 , pag. 100, cop.fle., dim. 12x16,5x0,8 cm , Isbn 978-88-6243-012-8
OriginaleDer Wanderer
EdizioneDiogenes, Zürich, 2005
TraduttoreMonica Pesetti
LettoreRenato di Stefano, 2009
Classe narrativa tedesca
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Curioso: ultimamente, quando la moglie si schiariva la voce, Matthias Bamberg lo notava con maggiore attenzione. Non che gli desse fastidio. Perché mai non avrebbe dovuto schiarirsi la voce di tanto in tanto? Dopotutto lo faceva anche lui. Eppure, da alcuni giorni, o erano settimane, aveva l'impressione che quel rumore breve e secco, di per sé insignificante, lo toccasse nel profondo.

'Sciocchezze' pensò, e si ripropose di non dare la minima importanza alla faccenda.

Il pomeriggio era di nuovo impegnato nell'ideazione del suo prossimo romanzo. Su quale argomento avrebbe scritto questa volta? Bamberg non volle pronunciarsi in proposito. Accennò soltanto che sarebbe stato costretto a fare ricerche approfondite. Il libro si sarebbe intitolato Il viaggiatore. Non fu possibile saperne di più, e persino la moglie, con la quale si confidava sempre, questa volta dovette accontentarsi di semplici congetture. Certo, Bamberg aveva ancora l'abitudine, prima di mettere qualcosa per iscritto, di parlarne. Nella maggior parte dei casi si trattava di esperienze da cui traeva spunto. Questa volta accennò all'incontro con un vecchio amico, ormai quasi dimenticato.

"Pensa un po'," disse "mi ha abbracciato da dietro, mentre stavo per attraversare la strada. Eravamo sullo spartitraffico, e ovviamente abbiamo avuto poco tempo. Una cosa però l'ho saputa: ha compiuto settant'anni" aggiunse e, prima che la moglie potesse fargli qualche domanda, era seduto alla scrivania e aveva acceso il portatile.

La sera tenne una lettura dal suo ultimo romanzo in una libreria. La sala era gremita. Il pubblico applaudì. Nessuna meraviglia: Matthias Bamberg era noto per l'intesa che aveva con i suoi lettori. In un modo o nell'altro, tutto ciò che proponeva risultava convincente, inoltre, ed era la cosa più importante, dato che lo scrittore sapeva trovare il risvolto comico anche nelle circostanze più serie, era possibile riderne con superiorità.

Terminata la lettura, quando Bamberg richiuse il libro, quando gli fu chiesto di parlare dei suoi progetti futuri, accennò, come aveva fatto la mattina con la moglie, che pensava di scrivere qualcosa dal titolo Il viaggiatore. E nuovamente incontrò l'approvazione generale, perché su un punto erano tutti d'accordo: qualunque argomento decidesse di affrontare una mente così ironica, così superiore, fosse anche prendere di mira chi faceva jogging o passeggiava nel Grunewald, meritava di essere atteso con impazienza.

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Il giorno dopo la lettura, mentre Bamberg sedeva alla scrivania, la moglie notò che, invece di revisionare al computer quanto aveva scritto, invece di stampare la prima stesura, come era sua abitudine, per poterla correggere con maggiore precisione, guardava dalla finestra.

A quanto pareva, seguiva con lo sguardo il fumo che saliva dallo stretto condotto di alluminio. Il vento si impigliava sui tetti e brandelli di fumo venivano trascinati qua e là. Questo vide Anita Bamberg chiudendo la porta dello studio del marito, un'impressione assolutamente fugace, che non degnò della minima attenzione. Lui però, Matthias Bamberg, sembrava ipnotizzato. Continuava a fissare l'apertura del condotto di alluminio, fissava il fumo che affluiva in dense volute, veniva catturato da un vortice, si raccoglieva di nuovo intorno allo spigolo esterno della grondaia, e poi, in modo del tutto improvviso, spariva.

Il pomeriggio Bamberg si recò allo Schlachtensee per osservare le persone che facevano jogging. Impossibile calcolare quanto la gente, per un'incondizionata convinzione salutista, boccheggiasse e sudasse. Quasi tutti slanciavano in alto i talloni, mulinavano le braccia. Che fosse sottopeso o sovrappeso, ognuno cercava, a ogni costo, di portare a termine la corsa.

'Una forma oltremodo disgustosa di narcisismo' pensò Bamberg, e si sentì prudere le mani dalla voglia di tirare fuori il blocco per appunti dalla tasca della giacca e annotare qualche osservazione sarcastica.

Non lo fece, proseguì, gettò un'ultima occhiata al lago. Non che prestasse attenzione alle barche a remi che attraversavano la superficie scintillante, o agli svassi che si dileguavano e di cui era impossibile prevedere quando e dove sarebbero riemersi alcuni metri più avanti. Piuttosto il suo interesse scivolava su ciò che vedeva, e quando si fu lasciato il lago alle spalle, quando ebbe raggiunto il parcheggio per salire in auto, non avrebbe più saputo dire perché fosse andato lì. Malgrado ciò avvenne che, mentre pranzavano, assicurasse alla moglie che la passeggiata era stata proficua. Squillò il telefono, Matthias Bamberg iniziò a contrattare con il redattore di una grossa rivista settimanale.

'Comincia sempre così' pensò Anita Bamberg. 'Prima ancora di aver scritto una sola riga l'ha già venduta, e un anno più tardi' pensò 'il manoscritto è pronto.' Qual era il titolo del nuovo libro? 'Il viaggiatore' pensò Anita Bamberg, e quando la tavola fu sparecchiata, quando piatti, bicchieri e posate furono scomparsi nella lavastoviglie, era naturale che Bamberg fosse già nel suo studio per inserire il più in fretta possibile nel computer il testo promesso al redattore.

Anita e Matthias Bamberg erano sposati da poco, ma vivevano insieme da anni, in un appartamento all'interno di un palazzo d'epoca. Lui si era sistemato nelle camere sul lato anteriore, lei nel disimpegno e nella stanzetta sul retro che dava sul corridoio. C'erano un bagno di servizio e una toilette. I pasti venivano consumati in cucina, il cui ingresso di servizio era sbarrato da una credenza. Tuttavia la porta di ferro era intatta ed esistevano ancora le chiavi, di conseguenza, nel caso avessero spostato la credenza, avrebbero potuto raggiungere l'appartamento anche da una seconda entrata, passando dalle scale che portavano al cortile interno. Avevano figli? No. Lui, Matthias Bamberg, aveva la fissazione di scrivere romanzi, lei, Anita Bamberg, si era fatta un nome come traduttrice dall'italiano e dallo spagnolo. Avevano pensato di comprare una casa al nord, magari sulle coste del Baltico, e dopo aver esitato a lungo, come abbiamo detto, si erano infine sposati, e con il matrimonio tutto ciò che riguardava la convivenza quotidiana sembrò sistemato.

La mattina seguente Anita Bamberg notò che la porta dello studio del marito era spalancata. Matthias Bamberg aveva finito il testo promesso al redattore e si stava dirigendo verso la cassetta delle lettere. Il monitor sfarfallava, sulla scrivania era poggiato un pacco di buste formato A4. Anita Bamberg si avvicinò alla finestra, guardò la cassetta delle lettere all'angolo della strada e, dal momento che non vide il marito, andò alla porta, che aprì di uno spiraglio, e si ripropose, non appena ne avesse sentito i passi sulle scale, di andargli incontro. Voleva dirgli che considerava fantastico il modo in cui, ancora una volta, aveva risolto tutto così in fretta. Certo, provava anche una certa irritazione, dato che tanta prontezza per Anita Bamberg era costantemente motivo di gelosia: lei lavorava alle sue traduzioni con estrema lentezza, mentre a lui, Matthias Bamberg, ogni cosa riusciva con grande facilità.

'Caro mio,' avrebbe voluto dirgli battendogli sulla spalla 'non ci hai lavorato nemmeno due giorni. Se quello che tra poco leggerò' avrebbe poi aggiunto 'dovesse per giunta essere anche bello, allora, visto che hai tanto tempo, d'ora in poi le finestre le pulisci tu.'

Era sul pianerottolo, si sporse dalla ringhiera, ma colui che saliva senza fatica le quattro rampe non era chi aspettava. Era qualcuno che, quando lei si fu scansata, le passò davanti senza salutare.

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"Di sopra", questa espressione indicava la mansarda, ristrutturata appena pochi anni prima per fare posto a locali uso ufficio. Bamberg non se ne era mai interessato, non aveva nemmeno voluto sapere che aspetto avesse il nuovo piano. Ora però, da quando credeva di aver sentito dei passi di notte e non era riuscito a capire quale percorso facessero, decise di perlustrare il piano superiore.

Prima di colazione salì i pochi gradini, scoprì una porta a vetri, che si aprì, e al di là un lungo corridoio, che seguiva il tetto spiovente della parte posteriore dell'edificio e conduceva in quello attiguo. Bamberg entrò, lesse le targhe appese a destra della porta. C'erano un commercialista di nome Gräsicke, uno studio di ingegneria e una filiale non meglio identificata. La maggior parte delle targhe era priva di iscrizione e, dato che il corridoio era stretto ma le finestre sul tetto spiovente sproporzionatamente grandi, si aveva l'impressione di essere osservati dal cortile e che fosse impossibile trattenersi in un ambiente così spoglio e alla vista di orribili porte grigie.

Bamberg tornò sulle scale, si sporse dalla ringhiera. Sentì l'ascensore partire al piano terra. Un ronzio attutito che durò dieci, venti secondi e, quando l'ascensore si aprì all'ultimo piano, Bamberg non riuscì a verificare chi stesse facendo i pochi passi verso la porta a vetri per poi, la porta si richiuse con un tonfo leggero, sparire nel corridoio.

Mentre faceva colazione insieme alla moglie Bamberg si riferì al fatto che l'ascensore per l'ultimo piano era costantemente in funzione.

"Mi piacerebbe sapere quante persone fanno su e giù tutti i giorni" disse, e sollevò il pollice verso il soffitto.

"Uno va sempre a piedi" disse Anita Bamberg e cercò di descrivere colui che, regolarmente e quasi senza fatica, saliva le quattro rampe, e neanche una singola volta, in un'occasione si era perfino spostata per lasciarlo passare, aveva ritenuto necessario salutare. "Va oltre" aggiunse "e poco dopo si sente sbattere la porta di sopra."

Bamberg confessò che nel frattempo aveva scoperto di quale porta si trattava, non era chiusa a chiave e conduceva in un corridoio, e che si arrovellava su una domanda: perché, quando qualcuno camminava lungo il corridoio o nelle stanze venivano spostati i mobili, tutto avveniva quasi senza il minimo rumore, come a una grande distanza?

"Hanno insonorizzato bene" disse Anita Bamberg. "Oggi non è più un problema. Prima applicano pannelli in fibra di legno, poi uno strato di sfere in plastica e di nuovo pannelli. Ringrazia che da questo punto di vista non abbiamo noie" aggiunse, e Bamberg si stupì di quanto la moglie fosse informata su argomenti così insoliti.

Le fece i complimenti, lei rise. Il discorso cadde ancora sull'uomo che non usava mai l'ascensore, andava sempre a piedi e saliva sempre le scale fino all'ultimo piano con passo agile. Anche il fatto che non salutava fu commentato ancora, dando adito a supposizioni. Poi Bamberg assicurò che era pieno di idee e voleva ritirarsi nel suo studio.

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