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| << | < | > | >> |IndiceParlare, scrivere 5 "Sopra le righe" 6 Niente passaggi 7 Chi scrive 8 Come parlando da soli 11 Sbrigati, caro? 12 Libero 14 Solitudine dello scrittore 14 "Non basta il dolore" 16 Scuole di scrittura 17 Maradona e Carmelo Bene, King e Bukowski 21 Stylus 23 Il paragrafo 25 Romanzi, novelle, racconti, favole, commedie 28 La critica 37 La poesia 41 Rima e ritmica 43 Poesia in prosa 45 Né onore, né gloria 47 Trovati un lavoro 49 Scrittura del corpo 51 Gli stili 53 Dialetti 54 La lingua 55 Stili della letteratura italiana 56 Letterature del mondo 59 Stili... antropomorfici 60 Qual è il tuo stile? 61 Pedantene, malvezzi, parole da buttare 64 La grammatica 68 Gli scrittori.. analfabeti 71 Più della norma 72 La punteggiatura 73 Il testo 76 La scrittura 77 Le parole 80 Sincerità e menzogna 80 Figure di stile 82 Regole d'arte 86 Riscrivere 88 Leggere 89 Un alieno 93 Web author 94 Videoscrittura 97 Biblioteca 99 Maestri 102 Bibliografia essenziale 107 |
| << | < | > | >> |Pagina 9Vuoi scrivere un libro? Mettici dentro qualcosa di non meno interessante delle cose del mondo; e senza compiacenze verso quanto va per la maggiore sul mercato. Sapendo pure che scrivere richiede di muovere a partire dalla propria perizia conoscitiva, da rinnovare e potenziare ulteriormente vivendo e scrivendo: 'scrivivendo'...Cominci a scrivere, dapprima, per la meraviglia di vivere. Per sentirti e saperti vivo e per esserlo davvero e ancora, di più. Poi perché ti piace immaginare. Perché la realtà non ti basta, Per la manutenzione dei sogni. Per curiosità. Per conoscere, nominare, esaudire i desideri. Per carezzare e schiaffeggiare le parole. Per giocare. Per metterti in gioco. Per giocare d'azzardo, Per essere amato. Per travestire l'esistenza con le parole. Per essere libero. Più tardi, scrivi perché puoi, Perché hai qualcosa da dire. Per cercare un ordine personale nel caos del mondo. Per capire che succede. Perché ti manca qualcosa e vuoi sapere cosa sia. Perché scrivendo non ti manca niente. Per porre domande. Per dare risposte. Per scoprirti e per nasconderti. Per non sentire freddo. Per scaldarti. Per evocare i fantasmi e i mai esistiti, Per condividere la solitudine. Per farti compagnia, Per ingannare la morte. Perché solo la morte non ha parole. Per viaggiare. Per lavoro, Perché scrivere non è un lavoro. Per essere letto. Per non chiederti più perché scrivi. Perché scrivere non si lascia spiegare. Perché scrivi anche quando non scrivi. O perché sta giungendo un tempo senza più scrittura... | << | < | > | >> |Pagina 19La pretesa di potere insegnare la scrittura è ingannevole quanto l'idea qualunquistica secondo cui 'tutti scrivono'. Al contrario, sono pochi a scrivere: come sono pochi i lettori. Tanto che oggi, in Italia - riferisce lo storico della lingua Tullio De Mauro nel settimo volume del Gande Dizionaro Italiano dell'Uso pubblicato dall'Utet -, il 5% degli adulti non è in grado di leggere e il 33% ha gravi problemi a leggere e scrivere.Inoltre, secondo le statistiche, nell'ultimo trentennio la percentuale degli italiani che in un anno riesce a leggere almeno un libro non arriva al 40%, mentre il numero del lettori va riducendosi di anno in anno.
Da rilevare, in aggiunta, che quattro italiani su dieci non capiscono il
significato d'una frase anche semplice; e che il 70% dei libri in commercio non
vende nemmeno una copia.
Preliminarmente, più d'un corso per scrittori servirebbe una pratica della lettura che s'interrogasse anche sul perché in Italia non si leggono libri. Potrebbero risultarne illuminanti risposte, ognuna di esse un argomento per utili rifiessioni.
Non si leggono libri anche per demerito degli scrittori. Poi, perché non va
di moda. Perché domina la chiacchiera. Perché la vaga, superficiale, confusa,
assordante ciarla televisiva suborna l'attenzione richiesta dalla scrittura.
Perché il libro non fa spettacolo. Perché leggere non fa rima col successo
spettacolare e, tanto meno, con la carriera e il guadagno economico. Perché non
si vogliono cambiare le proprie idee (specie quando non se ne hanno). Perché i
libri mettono troppi grilli per la testa e rovinano la gioventù. Perché i libri
li scrivono gli odiosi intellettuali (detto anche da chi incolpa gli altri della
propria ignoranza). Perché la vita è difficile e i libri lo sono ancora di più.
Perché bisogna tenere i piedi per terra. Perché s'impegna tutto il tempo libero
coi videogiochi e col sesso virtuale. Perché ci si perde in mezzo al traffico.
Perché c'è altro da fare. Perché i film sono più veri e non si devono sfogliare.
Perché i libri prendono troppo spazio in casa. Perché le biblioteche non
funzionano. Perché un libro, oggi come oggi, costa quasi quanto una pizza (!).
Se malgrado ciò si legge l'ultima chiassosa novità, 'il libro di cui si parla', il 'romanzo-scandalo', è tanto 'per passare il tempo' oppure 'per divertirsi'. Ma niente come un libro - un buon libro, quello 'inconsumabile' cui si può tornare in ogni momento - è meno adatto a far passare il tempo o a divertire. Semmai, esso serve per pensare, sentire, scoprire, rivelare il rimosso, vivere più intensamente. Ma chi, avendo perso il contatto con se stesso, non ha vita interiore, chi è già morto, non può capire tutto questo. Chi è morto non legge. Effimera è ogni cosa, ma vi sono libri non caduchi e autori eterni. Non importa che Omero sia vissuto al tempo della guerra di Troia o nel VII sec. a.C., che Dante sia morto da centinaia d'anni o che di Montaigne, Shakespeare, Cervantes e Dostoevskij, di Nietzsche, Freud, Kafka e Céline non restino nemmeno le ossa. Sovente trattati come paria dai loro contemporanei, spesso poveri ed emarginati, derisi e vessati dai mediocri ma più vivi dei vivi, essi restano partecipi testimoni del mondo. Inesauribili, ardui eppure prodigiosamente veri, ti parlano di tutto quanto è umano, ti mostrano a te stesso, ti salvano dalla criminale stupidità della storia dettata dalla tirannia, dalla schiavitù delle abitudini, dal conformismo alienante e dalla propaganda o malafede del potere. Non sono innocui, come non lo è la loro scrittura. Se possono inquietarti o anche ferirti, ti ripagano con gli interessi ribadendo quella dignità creativa, la sola vera, che rende la vita degna d'essere vissuta. | << | < | > | >> |Pagina 89LeggereSe, come si dice, più della grammatica contano la pratica, la conoscenza, il confronto, non c'è dubbio che l'azione dello scrivere sia strettamente connessa all'attività della lettura; per la quale scrittore e lettore finiscono per scambiarsi i propri pensieri e desideri. Un uomo che scrive è certamente degno di stima; ma, non di rado - secondo un geniale editore, Valentino Bompiani -, "un uomo che legge ne vale due".
Ah, bada bene: leggere non è sicuro sia più facile che scrivere.
Il leggere come passione, desiderio di ricerca e scoperta, come piacere di trovare e sperimentare sensazioni e impressioni nuove, è, non meno della vita, il serbatoio conoscitivo e una base d'ogni lavoro di scrittura non solipsistico e autoreferenziale. Pertanto, leggi in modo 'attivo', cioè critico e dialettico (cercando di modulare le gradazioni delle parole, delle frasi, dei paragrafi e dell'intera struttura d'un testo), non solo i classici e i contemporanei ma anche un giallo sagace, un fumetto di qualità e gli stessi giornali e rotocalchi.
Non esiste la lettura cosiddetta d'evasione. Perché non si evade da
se stessi...
Non essere, soprattutto, dello "sterminato esercito di coloro che" scrive un severissimo Papini in Le disgrazie del libro in Italia "non comprano libri": analfabeti costituzionali e stolti ignorantoni, "mentecatti e dissennati", talvolta scrocconi "di vocazione e di professione, che pretendono di avere i libri gratis et amore Dei": borghesi e proletari che "trovan sempre il modo di spendere [...] per vedere un film o per assistere a una partita di calcio ma che, a sentir loro, non hanno in tasca una lira quando si tratta di comprare un bel libro che darebbe un po' di luce e di riposo alle loro povere anime". Un originale modo di leggere lo suggerisce, sulla rivista "Edison Square" del gennaio 2004, Amilcare Di Francesco, libraio, già collaboratore di Giangiacomo Feltrinelli responsabile della libreria Edison di Firenze. "Io i libri" racconta "li ho amati davvero. E infatti non ne ho mai finito uno, perché non ho mai potuto sopportare di metterli via e di poterli dimenticare. Mi sono sempre fermato qualche pagina prima della fine, magari anche una o due pagine, per poterli lasciare lì, accanto, che potessero continuare ad accompagnarmi e ad aspettarmi, mentre ne cominciavo un altro e poi un altro ancora". Non c'è scrittore che, prima di tutto, non sia un forte lettore. Allora leggere, che è sempre tempo guadagnato perché sottratto al 'tempo perso' dell'inane inconsapevolezza, è un esercizio parallelo, nonché indispensabile, alla scrittura.
Valgano anche per te le parole di Blanchot: "Devo confessarlo, ho
letto molti libri"
(La follia del giorno).
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