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| << | < | > | >> |Indice5 L'Italia degli anni Novanta 21 L'immagine del potere 37 Sotto il segno dell'Euro 73 Un patrimonio naturale e culturale in pericolo 87 Tra cronaca, moda e costume 115 Emarginazione e volontariato 139 Vecchie e nuove religioni 153 La cultura tra informazione, sport e spettacolo 175 Sui teleschermi italiani dal mondo 186 Foto simbolo 188 Cronologia 190 Letture consigliate 191 Referenze fotografiche |
| << | < | > | >> |Pagina 5Nell'ultimo decennio dei Ventesimo secolo la società italiana ha registrato cambiamenti nel campo della politica e dell'economia superiori, per quantità e qualità, a quelli avvenuti nei quarant'anni successivi alle prime elezioni democratiche del '48. Alle origini di questa accelerazione sta certamente la rottura dei vincoli internazionali seguita al dissolvimento dell'Unione Sovietica. Una rottura che ha permesso la liberazione di forze produttive e sociali e ha segnato radicali rivolgimenti come, ad esempio, un maggior controllo della spesa pubblica, l'immissione nel circuito dell'economia di mercato del potenziale delle aziende di Stato attraverso le privatizzazioni, il reinserimento nel governo del paese del partito che era stato legato all'ideologia del comunismo sovietico, il superamento di una prassi giudiziaria che aveva posto di fatto i «potenti» al di sopra della legge. L'immagine del potere Nei primi anni Novanta, a seguito delle vicende giudiziarie di tangentopoli, entra in crisi la classe politica che si era consolidata nel corso dei decenni postbellici e che era rappresentata da alcuni partiti divenuti col tempo espressione dello stesso potere politico: la democrazia cristiana innanzitutto, e i partiti socialista, liberale, repubblicano e socialdemocratico. Lo scandalo, commentato dalle dissacranti scene che giungevano, attraverso i teleschermi e i giornali, dalle aule del tribunale di Milano, provocò in Italia clamore e incredulità. Ma si può dire che il fenomeno non era del tutto imprevedibile. L'immagine vitalistica del potere che aveva fornito un capo storico come Giulio Andreotti - «logora chi non ce l'ha» - non resse alla prima vera prova del fuoco, e agli occhi di gran parte degli italiani, caduto l'alibi ideologico della paura del comunismo, tale immagine si deformò come il ritratto di Dorian Gray alla scadenza del suo tempo fatale. Assai di piú turbò il livello di coinvolgimento del partito socialista, di cui non si era ancora completamente smarrita la memoria di partito di sinistra portatore di un positivo messaggio di giustizia sociale. | << | < | > | >> |Pagina 12Lo spirito del tempo: ognuno per sé, alcuni per tuttiL'attenuarsi delle influenze sui comportamenti sociali, tanto delle grandi ideologie di origine ottocentesca quanto della religione cattolica, ha favoríto l'accentuarsi di quello spirito individualistico già intrinsecamente connesso al sistema capitalista. Il radicamento di valori sostanzialmente autonomi dalle situazioni tradizionalmente formative, come la scuola o la politica, ha lasciato campo libero alle tendenze naturali dell'uomo: la cura della propria condizione esistenziale, la relativa aggressività e, soprattutto, le influenze del sistema culturale informativo dominato dal messaggio pubblicitario, da spettacoli diversivi o gratuitamente violenti. Eventi, fatti di cronaca e atteggiamenti collettivi ne sono segni significativi. Certi crimini causati da ingordigia di denaro - come l'uccisione a bastonate dei propri genitori in un agguato con amici da parte di un giovane della provincia di Verona - o dovuti a futili motivi, a un gioco, come il lancio dei sassi dal cavalcavia di Tortona; o le stragi dovute a incidenti automobilistici, specie quelle del «sabato sera» dopo una notte in discoteca. Ma anche il razzismo verso le minoranze etniche, animato dalla paura di perdere una fetta del proprio benessere, oppure la frenesia collettiva per il facile arricchimento con le vincite miliardarie delle lotterie, o la tendenza di certe categorie di lavoratori autonomi a non pagare le tasse; e infine, forse l'elemento piú simbolico, il culto esclusivo del proprio corpo, attorno al quale sono fioriti i mille businnes della New Age: dalla farmocopea in pillole alle creme per la pelle, dai tatuaggi ai corsi per star bene, dal Viagra all'abbronzatura artificiale; o anche gli infiniti hobbies e gli acquisti di quegli oggetti (lo swatch, lo zaino, il telefonino) che al di là della loro reale utilità servono a non sentirsi soli e diversi, anche a costo dell'omologazíone del singolo nel mercato della moda di massa. Certo, anche se maggioritaria, l'Italia di fine millennio non è solo questa. C'è anche chi ha fatto della solidarietà verso l'altro una ragione di vita, come i quattro milioni di cittadini impegnati nel volontariato, che aiutano ammalati, anziani soli, tossicodipendenti, immigrati, poveri e barboni, o chi si mobilita in occasione di calamità naturali, alluvioni, terremoti, incendi. O come le associazioni ambientaliste, per la protezione della natura e del paesaggio storico o per la difesa dei beni artistici e culturali. Molte di queste sono emanazione della Chiesa cattolica, altre sono laiche; la loro attività è insostituibile perchè svolgono compiti cui lo Stato non è in grado di assolvere e, soprattutto, rappresenta una controtendenza all'individualismo egoistico. | << | < | > | >> |Pagina 16Fotografia e societàIl diffondersi della produzione e trasmissione di immagini attraverso i mezzi telematici è però anche il segno di un grande mutamento culturale in atto che vede, fra l'altro, l'immagine fotografica e, in particolare, la fotografia su carta, perdere irreversibilmente gran parte del proprio potenziale simbolico. Da un lato, infatti, la quantità di immagini che colpiscono quotidianamente la nostra retina, attraverso i vari mezzi (televisione, rete, satellite, videocassette, cd-rom, immagini digitali, computer, giornali, tradizionali spazi pubblicitari delle aree urbane) sono centinaia di migliaia. Un bombardamento massiccio di immagini che tende ad appiattire i valori simbolici dei singoli eventi rappresentati, anche i piú drammatici. Dall'altro l'uso pubblicitario delle immagini fotografiche ha dato a tale trend una forte spinta attraverso il ricidaggio di quelle di volta in volta piú trasgressive che provengono dalle diverse realtà. In Italia le prime fotografie di questo genere sono state quelle di Oliviero Toscani per la Benetton. La creazione di un collegamento tra un dramma o una trasgressione sociale e un marchio commerciale le trasforma di fatto in immagini di consumo, togliendo loro quella forza simbolica che le deriva intrinsecamente dall'evento originale, dalla sua unicità. E anche se in certi casi l'intento pubblicitario può sembrare portatore di un messaggio etico, facendo apparire come normale ciò che nella realtà stenta ad esserlo (come le immagini che mostrano un bimbo bianco e uno nero che si tengono per mano), di fatto il collegamento di queste immagini nella sfera dello spettacolo le rende velleitarie, come dimostra il radicamento dello spirito razzista fra molti tifosi del calcio, malgrado la popolarità dei grandi campioni di colore. Ma è la stessa fotografia che diviene sempre meno documento significativo, simbolo di un'epoca, di un evento storico, dell'eroicità di un gesto, della condizione esistenziale di un individuo. | << | < | > | >> |Pagina 19Cosí, anche in questo volume, le immagini piú forti si riferiscono alle situazioni meno scontate (presenza di extracomunitarí, emarginati, morti ammazzati, disastri, guerra). Situazioni estreme, mentre i momenti apparentemente normali, ampiamente maggíoritari, sembrano sfuggire all'ínteresse del fotografo, del committente dell'informazione, perché non fanno immagine, non sono di immediato consumo. In questi casi, come in tanti altri, l'evento culturalmente significativo in quanto costante d'epoca è piú il mezzo che non l'immagine della realtà rappresentata. È, per questo che i volumi fotografici sui decenni piú recenti di questo secolo dominato dalle immagini hanno bisogno, per essere esaurienti, dell'integrazione di tante parole scritte. |
| << | < | > | >> |RiferimentiPer un orientamento generale sull'Italia degli anni Novanta si suggeriscono i seguenti titoli: Luciano Cafagna, La grande slavina. L'Italia verso la crisi della democrazia, Venezia, Marsilio, 1993. Antonio Carlucci, Lettera a Di Pietro, Milano, Baldini & Castoldi, 1995. Giovanni De Luna, Figli di un benessere minore. La Lega 1979-1993, Firenze, La Nuova Italia, 1994. Paul Ginsborg, L'Italia del tempo presente. Famiglia, società civile, Stato 1980-1996, Torino, Einaudi, 1998. Marco Revelli, Le due destre, Torino, Bollati Boringhieri, 1996. Gian Enrico Rusconi, Se cessiamo di essere una nazione, Bologna, Il Mulino, 1993. | << | < | |