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| << | < | > | >> |Pagina 7 [ inizio libro ]Era buio, il vicolo rischiarato soltanto dalle luci al neon della strada principale; nemmeno una lampadina sopra le molte uscite posteriori era rimasta intatta. Il ragazzo stava correndo. Indossava un bomber nero, con l'emblema di Superman giallo squillante sulla schiena, pantaloni corti elasticizzati neri e lucidi, e scarpe da tennis, con le stringhe slacciate e le linguette all'infuori. «Polizia! Fermo dove sei». Il ragazzo continuò a correre. «Polizia! Fermo dove sei». A metà del vicolo, il ragazzo, con la grazia di un ballerino, scansò un bidone della spazzatura. Il bagliore di un neon rosa illuminava in modo strano la saggoma del suo giovane corpo, e l'emblema di Superman sembrava un fulmine stilizzato. «Polizia! Fermo dove sei!». Il ragazzo si girò, nella sua mano destra il duro metallo piatto di una pistola 9mm, e il tenente Page gli scaricò addosso i sei colpi della sua 38 a canna lunga. Bam - bam - bam - bam - bam - bam. Il ragazzo crollò a sinistra, con un mezzo giro, la testa riversa all'indietro, le braccia allargate,, piegato in due, e cadde a faccia in avanti. I suoi lunghi capelli flosci ricaddero attorno alla mano con cui teneva la pistola, e il suo corpo si contorse e sussultò prima di rimanere immobile. Il tenente Page gli si avvicinò, ricaricando con gesti meccanici la calibro 38. La voce rauca del sergente William Rooney abbaiò di allontanarsi, di rimettere via la pistola. Oltrepassando il tenente, il suo grosso culo nascose il corpo del ragazzo mentre si chinava su di lui. «Torna alla macchina di pattuglia, Page». Il tenente ubbidì, richiudendo la fondina sotto l'ascella. Le portiere dell'auto erano aperte. Un gran numero di persone, dopo aver sentito i colpi di pistola, avevano incominciato a premere per arrivare al vicolo. Due poliziotti in uniforme sbarravano l'imboccatura del vicolo. Il sergente Rooney stava sudando mentre avvolgeva con cura l'arma prima di toglierla dalle dita insanguinate del ragazzo. Fissò il giovane volto senza vita, poi tornò lentamente alla volante. Sporgendosi all'interno, ripose l'arma avvolta nel suo fazzoletto sporco di muco. «È questa l'arma, tenente?». La pistola 9mm era un Sony Walkman color argento. All'interno c'era un vecchio nastro dei Guns'N Roses. Axel Rose stava urlando «Knock on the heaven's dooorwarr...».
Page distolse lo sguardo. Il volto grasso di Rooney era
troppo vicino, fiutando come un animale, perché sapeva, e
poteva sentirne l'odore. «Torna alla centrale e cerca di
farti passare la sbornia».
Lo spogliatoio era vuoto, puzzava di piedi e di sudore stantio; la bottiglia di vodka era nascosta sotto il borsone. Il semplice contatto con il freddo della bottiglia diede ai nervi provati del tenente Page un immediato sollievo. Si appoggiò al lavandino, senza nemmeno cercare di nascondere la bottiglia, e bevve come un assetato nel deserto fino a svuotarla. Improvvisamente, il lavandino era diventato scivoloso e il pavimento instabile, si muoveva, ondeggiava, e la lunga panca contro la parete più vicina era un luogo perfetto, sicuro e confortevole sotto cui nascondersi. Quindici minuti più tardi, il sergente Rooney aprì la porta con un calcio. «Tenente? Sei qui?». I suoi piedi grassi avanzarono pesantemente verso i lavandini. «Il capitano ti vuole nel suo ufficio. Subito!». Era rannicchiato contro la parete, sotto la panchina, la gonna sollevata, ai piedi solo una scarpa, un ginocchio che spuntava dalle calze lacere. La testa appoggiata a un braccio, i bellissimi capelli biondi che le nascondevano il viso. L'altro braccio era allungato sul pavimento. Rooney le toccò il palmo rivolto verso l'alto con la punta delle scarpe nere dalle suole di para. «Tenente!». Si chinò lentamente, e le scostò con un gesto brusco i capelli dal volto. Era priva di conoscenza, le labbra socchiuse, il respiro profondo e faticoso. Un viso splendido, le belle ciglia bionde simili a quelle di una bambina, gli zigomi alti e piatti, il naso perfetto, dritto e sottile, quasi messo in risalto dalle guance arrossate. Anche così, il tenente Lorraine Page era un vero spettacolo. Rooney si alzò, poi con il piede le spinse il braccio vicino al corpo. Lei mugolò e si rannicchiò ancora di più. Il sergente andò al lavandino, prese la bottiglia vuota e ritornò nell'ufficio del capitano Mallory. «L'hai trovata?». «Certo! È ubriaca marcia sul pavimento, doveva avere la bottiglia nell'armadietto». Rooney l'appoggiò sulla scrivania del capitano e si limitò a scrollare le spalle. «È un'ubriacona, è già da un po' che beve. Credevo che sapesse controllarsi, le ho parlato... aveva sempre una scusa pronta - sai, problemi coniugali, eccetera, eccetera, eccetera...».
Il capitano Mallory guardò fuori dalla finestra, poi
sospirò: «Sbattila fuori di qui, d'accordo? Toglile il
distintivo, la pistola e dille di non farsi più vedere da
me».
Lorraine non svuotò nemmeno il suo armadietto: altri lo fecero per lei, tutte le sue cose stipate in un borsone del dipartimento. Le fu tolta la chiave, la pistola e il distintivo. L'aiutarono a lasciare la stazione di polizia, troppo ubriaca per comprendere ciò che le stava succedendo. Rooney l'aveva agguantata per un braccio spingendola bruscamente attraverso i corridoi. La lampo della sua gonna era mezza aperta, le si vedevano gli slip, e se Rooney non l'avesse tenuta stretta sarebbe caduta più di una volta. Le fece anche sbattere la testa, come se fosse stata una detenuta, avvertendola di chinarsi per salire in macchina. Lei scoppiò a ridere e il sergente sbatté la portiera della macchina così forte che il veicolo sussultò. «Pensi che sia divertente? Spero che riuscirai a dormire stanotte, tenente. A dormire profondamente come quel ragazzino che hai fatto fuori. Adesso, levati dai piedi...».
Mentre la macchina lasciava il parcheggio della
centrale, la madre del ragazzo morto, piangendo
istericamente, veniva accompagnata nell'edificio. Le
avevano detto soltanto che suo figlio era stato colpito a
morte mentre fuggiva da una retata antidroga.
Due settimane più tardi, il tenente Lorraine Page era stata ufficialmente espulsa dal distretto. Non ci fu alcuna azione disciplinare. Perse la pensione, la carriera, ma delle sue dimissioni forzate la stampa non seppe mai niente. I genitori di Tommy Lee Judd non seppero mai il nome dell'agente di polizia che aveva sparato sei volte al figlio quattordicenne. All'inchiesta si dichiarò che il ragazzo aveva ignorato tre intimazioni della polizia di fermarsi. Due anni prima era stato accusato di vendere crack ma le dichiarazioni della sua assistente sociale, che sosteneva che il ragazzo era pulito da circa sei mesi, vennero ignorate. La sua morte venne registrata e il caso fu archiviato. Nessuno menzionò il fatto che non aveva avuto un'arma, e che era stato scambiato per un altro sospetto - o che l'agente che aveva aperto il fuoco era stata in seguito destituita e non faceva più parte delle forze di polizia. Infatti, il tenente Page avrebbe potuto anche non essere mai esistita e, man mano che si spargeva la voce, nessuna delle persone che avevano lavorato con lei le rivolse più la parola. Venne allontanata da tutti. Aveva tradito il distintivo, il suo grado e la sua posizione: si era ubriacata in servizio, e un ragazzo di quattordici anni era morto. Serrarono i ranghi - non per proteggere Lorraine, ma per proteggere se stessi. Dodici anni nella polizia, due encomi, e uno stato di servizio di cui qualsiasi altro agente, maschio o femmina, sarebbe stato fiero: era tutto finito. Nessuno si preoccupò di cosa ne sarebbe stato dell'ex tenente Lorraine Page.
Dopo la sparatoria, quando era stata scaricata senza
troppe cerimonie davanti al suo appartamento, era barcollata
in casa dove era crollata sul letto. Suo marito Mike,
sapendo che Lorraine avrebbe avuto il turno di notte, aveva
già vestito, nutrito e accompagnato a scuola le loro due
figlie. La baby-sitter, Rita, le andò a prendere e le portò
a casa dove controllò i dettagli dei turni di Lorraine.
Secondo la tabella, avrebbe avuto due giorni liberi. Rita
sarebbe rimasta per preparare da mangiare alle bambine, ma
la piccola Julia, di soli sei anni, la stava chiamando:
«Mammina, mammina», mentre Sally, di quattro anni,
incominciava a raccogliere i suoi giocattoli per giocare con
la madre.
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