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| << | < | > | >> |IndiceI. Introduzione, di Paolo Legrenzi p. 11 La psicologia e la storia delle scienze 11 Come fare una storia della psicologia 14 Storiografia e metodi 17 Come è fatta questa storia della psicologia 21 II. Le origini della psicologia, di Riccardo Luccio 31 Introduzione 31 Le condizioni 36 La psicologia nel pensiero greco 36 Dal Medioevo al Rinascimento 40 La rivoluzione scientifica e il dualismo cartesiano 43 La fondazione delle scienze dell'uomo 46 Dagli empiristi agli associazionisti 47 Gli ideologi 51 Il pensiero tedesco dopo Kant 55 Herbart e la psicologia matematica 56 Fechner e la nascita della psicofisica 58 Gli apporti delle altre scienze 61 Dall'equazione personale ai tempi di reazione 61 Il contributo dei fisiologi 65 L'evoluzionismo 68 Conclusione 70 III. Lo strutturalismo e il funzionalism o, di Sadi Marhaba 73 Il grande precursore: Wilhelm Wundt 73 Lo strutturalismo 76 Uno schizzo storico 76 La psicologia secondo gli strutturalisti 77 I tre elementi della coscienza 78 L'Introspezione 80 Il funzionalismo 82 Uno schizzo storico 82 La psicologia secondo i funzionalisti 83 Il funzionalismo come antielementismo 84 Le funzioni mentali 85 I metodi dei funzionalismo 87 La polemica fra strutturalisti e funzionalisti 88 Un bilancio storico dello strutturalismo e del funzionalismo 90 Lo strutturalismo 90 Il funzionalismo 92 IV. La riflessologia e la scuola storico-culturale, di Luciano Mecacci 97 La riflessologia 98 La scuola storico-culturale 103 V. La psicologia della Gestalt, di Marco Sambin 111 Le origini 111 Il concetto di Gestalt 114 I primi lavori dei gestaltisti 115 La critica all'empirismo 118 I principali temi della psicologia della Gestalt 120 L'atteggiamento fenomenologico 121 Il concetto di teoria di campo 122 Il postulato dell'isomorfismo 127 Altri armiti di applicazione del modello di spiegazione gestaltista 130 La psicologia del pensiero 131 La psicologia sociale 135 La psicologia della Gestalt negli Stati Uniti 143 VI. Il comportamentismo, di Cesare Cornoldi 147 Le origini del comportamentismo: il clima storico-culturale 149 Il comportamentismo watsoniano 157 Il ruolo dell'esperienza e le grandi teori e dell'apprendimento 160 L'apprendimento sociale e la formazione della personalità 167 Uno sguardo conclusivo sulla struttura teorica del comportarnentismo 171 VII. Freud e la psicoanalisi, di Enzo Funari 177 Definizione e campo della psicoanalisi 177 Le origini e il senso della psicoanalisi 182 L'opera di Freud e il suo sviluppo 188 Il messaggio psicoanaliico 195 VIII. Jean Piaget e la scuola di Ginevra , di Nicoletta Caramelli 201 Una personalità eclettica 202 Gli elementi dei sistema psicologico di Piaget 208 Il metodo 218 La scuola di Ginevra e la diffusione della psicologia piagetiana 222 IX. La psicologia cognitivista, di Riccardo Luccio 227 Lo scenario 227 Il cognitivismo come filiazione del comportamentismo 229 Il «mentalismo» dei cognitivisti 233 Lo sviluppo storico del cognitivismo 239 Ultimi sviluppi dei cognitivismo 246 Riferimenti bibliografici 251 Indicazioni bibliografiche per ulteriori approfondimenti 273 Indice dei nomi 293 |
| << | < | > | >> |Pagina 70Conclusione Abbiamo cosí visto come a metà dell'Ottocento fossero ormai poste tutte le condizioni necessarie perché potesse nascere una vera psicologia come scienza autonoma. Il frutto di questo processo fu colto da Wundt, che inaugurando nel 1879 il suo laboratorio di Lipsia compiva il passo ufficiale attraverso cui la nuova disciplina si costituiva formalmente, e otteneva i requisiti per essere riconosciuta come tale dall'intera comunità scientifica. Il processo era stato lungo, ed era iniziato oltre due millenni prima. Vediamo di riepilogarne le principali tappe.Come abbiamo visto, nel pensiero greco esistevano già le premesse perché potesse nascere uno studio scientifico dei processi psichici, premesse date da una considerazione dei rapporti esistenti tra aspetti biologici, psichici e sociali nella determinazione del comportamento, e dal riconoscimento della piena appartenenza dell'uomo, come animale, al mondo della natura. È il pensiero medioevale cristiano che nega entrambi questi aspetti del problema. Perché possa nascere, quindi, una scienza dell'uomo prima, e poi una psicologia scientifica, occorrerà un lungo processo che ripristini le condizioni concettuali già presenti in certa misura nel pensiero greco. Ciò avverrà con un certo ritardo anche rispetto alla rivoluzione scientifica del XVII secolo, che se fornirà agli scienziati della natura gli strumenti concettuali per affrontare un'analisi dei loro oggetti di studio in termini moderni, troverà ancora una concezione dell'uomo non sufficientemente avanzata per consentire di utilizzare tali strumenti sull'uomo stesso. Le principali tappe di questo processo possono essere cosí riassunte; innanzitutto, Cartesio distinguendo tra res cogitans e res extensa, consente di poter studiare quest'ultima in prospettiva meccanicistica. Apre cosí la strada ai tentativi del materialismo volgare, di cui il piú caratteristico rappresentante è La Mettrie. Apre però anche la strada a un reinserimento, prima con Linneo, poi soprattutto con Buffon, dell'uomo nella scala zoologica. Rimane aperto il problema dell'anima, ma prima Locke in Inghilterra, quindi Condillac in Francia consentono di superare ogni ostacolo metafisico, mostrando come si possano studiare processi e funzioni dell'anima, senza preoccuparsi della sua essenza. La sintesi di tutti questi apporti è opera degli idéologues, che soprattutto con Cabanis mostrano come sia possibile uno studio scientifico dell'uomo, sul piano sia biologico che mentale. Il mutato clima politico all'inizio dei XIX secolo non consente che il programma degli idéologues possa essere portato a compimento. Ma intanto prima Herbart e poi Fechner mostrano come sia possibile uno studio matematico e una misurazione dei processi mentali. E contemporaneamente altre scienze accumulano contributi fondamentali che verranno a costituire i fondamenti della psicologia scientifica. È il caso dei tempi di reazione, che, a partire dagli studi sulle equazioni personali degli astronomi, con il metodo sottrattivo di Donders forniscono il primo corrispettivo fisico di un processo puramente mentale. È il caso delle ricerche sui riflessi, della legge di Bell e Magendie che mostra la fondamentale dicotomia nel sistema nervoso tra componenti sensitive e motorie, del principio dell'energia nervosa specifica, che fornisce una fondazione scientifica allo studio psicologico della percezione. Ed è il caso dell'evoluzionismo, che introduce il concetto di adattamento, e consente di allargare lo studio della nuova scienza che si sta costituendo alle differenze individuali e al campo evolutivo e animale. | << | < | > | >> |Pagina 90Un bilancio storico dello strutturalismo e dei funzionalismoLo strutturalismo Le ragioni della scomparsa dello strutturalismo titcheneriano dalla scena psicologica contemporanea sono molteplici. In primo luogo, esso si autolimitava allo studio dell'uomo bianco, adulto, psichicamente normale, generalizzato: mentre dagli anni '20 in poi la psicologia si è semrpe più interessata allo studio delle variabili antropologicho-culturali, dello sviluppo intellettivo ed affettivo, della patologia mentale, degli individui concreti nei loro gruppi sociali, del comportamento animale. In secondo luogo, l'elementismo titcheneriano è stato messo irreversibilmente in crisi dal globalismo fenomenologico della psicologia della Gestalt (vedi cap. V). In terzo luogo, il descrittivismo statico dell'analisi strutturalistica è stato superato dall'esplicazionismo delle nuove psicologie dinamiche. In quarto luogo, l'introspezionismo titcheneriano è crollato tanto sul piano metodologico quanto sul piano contenutistico. Sul piano metodologico, perché gli esperimenti condotti mediante introspezione, per quanto possa essere rigoroso il controllo delle variabili, non sono mai esattamente replicabili con soggetti diversi. Sul piano contenutistico, perché all'analisi della coscienza sfuggono per definizione tutti quei contenuti mentali che coscienti non sono, e la cui determinante esistenza è stata provata in modo convincente dall'indagine psicoanalitica (vedi cap. VII). | << | < | > | >> |Pagina 246Ultimi sviluppi dei cognitivismoSe quello che abbiamo sin qui delineato è il quadro generale del cognitivismo, come si è venuto delineando nel corso dei suoi cinque lustri di vita, è però importante tentare di cogliere una serie diindizi molto recenti che portano a ritenere che si sia prossimi a una svolta di cui non è al momento possibile cogliere a pieno il significato - se non altro perché il solo fatto di viverla toglie allo storico la possibilità di esaminarla con il dovuto distacco. Penso di non sbagliare, però, se ritengo piú che probabile che il cognitivismo, cosí come è stato da noi conosciuto, ha probabilmente esaurito, o è prossimo ad esaurire, la sua funzione. Si avverte sempre piú l'esigenza, da partre di molti ricercatori, di un ritorno alle «grandi teorie», che il cognitivismo sembrava aver seppellito per sempre; se non altro, per quel tanto di rassicurazione che le grandi teorie forniscono. Solo per dare un esempio, assistiamo a un impetuoso ritorno della teoria della Gestalt, con la fondazione di una società scientifica internazionale, la Gestalt Theory Association, e la pubblicazione di una rivista Gestalt Theory, avvenute nel 1978, una cosa, questa, impensabile solo fino a pochissimi anni fa. Ma all'interno stesso del cognitivismo si è aperta una riflessione critica (e autocritica) molto profonda. L'inizio di questa riflessione può essere fatta risalire al convegno tenutosi nell'ottobre del 1972 alla Pennsylvania State University su processi cognitivi e processi simbolici [Weimer e Palermo 1974]. In questa occasione si assiste per la prima volta, all'interno del cognitivismo stesso, a un diffuso rifiuto dei «micromodelli» e all'affacciarsi di sostanziali perplessità nei confronti dell'analogia tra uomo e calcolatore; o meglio, dell'uomo concepito in puri termini di elaborazione delle informazioni. Significato analogo avrà un convegno tenuto l'anno successivo all'Università del Minnesota [Shaw e Bransford 1977]. Ma il punto forse piú significativo di questa riflessione è rappresentato dalla pubblicazione, avvenuta nel 1976, di un discusso libro di Neisser, Cognition and Reality, che ha già suscitato numerose polemiche. Va comunque anche ricordato che si tratta appunto di quel Neisser che, con il suo Cognitive Psychology del 1967 aveva praticamente segnato l'inizio «ufficiale» del cognitivismo, fornendo anche un nome al movimento. Neisser muove ora tre fondamentali critiche alla psicologia cognitivistica, per come si è andata configurando nei dieci anni circa successivi all'uscita del suo primo libro. Innanzitutto egli ritiene che vi sia stato un progressivo restringimento di campo, con un'attenzione focalizzata sempre di più sull'esperimento di laboratorio, e sempre di meno rivolta al mondo esterno, quello della vita quotidiana. [...] Quindi, scienza cognitiva da un lato, e impostazione ecologica dall'altro sono i due filoni lungo cui si è oggi diversificato il cognitivismo. Comuni a entrambi è il rifiuto dei micromodelli. Ma, mentre per i sostenitori dell'indirizzo ecologico è di massima abbastanza esplicito il rifiuto in generale dell'analogia dell'uomo con il calcolatore, per i sostenitori della scienza cognitiva vi è una forte accentuazione sull'intelligenza artificiale, e sull'utilizzo della simulazione, sia pure per settori piú ampi di comportamento. |
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