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| << | < | > | >> |IndiceDieci anni dopo 5 Le male vite 21 La grande mutazione 23 Un lavoro "onesto" 34 Commissione Antimafia, 1993 50 La nuova geografia del traffico delle sigarette 55 Le multinazionali del tabacco 68 La guerra delle sigarette 81 Il cuore dell'impero 96 Valona 1999, gli scafi dei migranti 114 Il contrabbando secondo Nichi Vendola 131 Serve una Antimafia europea? 137 Il viceministro 145 Mafia o gang? 169 Le forze dell'ordine 191 La mafia in carcere: confessioni di un cappellano 215 Una rondine non fa primavera 234 Nuovi tempi 249 Note 255 |
| << | < | > | >> |Pagina 7È una mattina come tutte le altre. Benché sia ancora inverno, il cielo è terso e spazzato dal solito vento gelido che depura l'aria e la rende ancora più salata. Non c'è foschia, l'orizzonte è libero al di là dell'isola di Sant'Andrea. I Balcani non si vedono ma sono lì, dall'altra parte del mare.Tre tir sono sbarcati poco prima nel porto commerciale di Brindisi. Tre giganteschi autocarri con rimorchio. Viaggiavano a bordo del traghetto Elli T proveniente da Patrasso. I documenti di accompagnamento sostengono che sono carichi di cassette di kiwi. Appartengono a una compagnia bulgara, ma la spedizione è stata effettuata da una società greca. Tutto sembra normale, tra le centinaia di autotreni che ogni giorno sbarcano nel porto che si affaccia sull'Adriatico e lentamente si avviano lungo le banchine. Ma quando i tre tir passano sotto gli scanner di Costa Morena, alla Dogana, i raggi X rivelano qualcosa di anomalo. Il primo tir passa senza problemi, sono gli altri due a destare qualche sospetto. I conducenti hanno detto di trasportare kiwi, ma l'immagine trasmessa dallo scanner è disomogenea, come se il carico di entrambi i rimorchi fosse – nello stesso identico modo – diviso in due parti. I finanzieri predispongono un controllo. Aprono i portelloni e si ritrovano pile di casse di kiwi fino al tetto, i refrigeratori sono ancora accesi, la temperatura è di 5 gradi. Poi iniziano a scaricare le cassette, a farsi strada in mezzo a quel mare verde e dolciastro. Man mano che procedono la qualità dei kiwi peggiora. I primi – quelli vicino all'entrata – sono freschi, ma andando avanti, di metro in metro, incontrano frutti sempre più maturi. Poi marci, poi addirittura ammuffiti. A un certo punto i kiwi finiscono e si ritrovano di fronte un muro di cartone. Scatoloni di cartone uno impilato sull'altro. Ne aprono uno: è pieno di stecche di sigarette. Sono tutti pieni di casse di sigarette. Trentuno pianali di casse di sigarette. Erano queste le macchie disomogenee sugli scanner.
È sabato mattina, è il 13 febbraio del 2010. A controllo ultimato, si scopre
che i due tir trasportavano complessivamente tredici tonnellate e mezzo di
sigarette di contrabbando, per un valore di tre milioni e
mezzo di euro. I due autisti sono arrestati. Sono due
russi di 30 e 41 anni naturalizzati greci. Come sempre
in questi casi, dicono di non saperne niente.
Le tredici tonnellate e mezzo di sigarette di quel sabato mattina non sono un caso isolato. A novembre del 2009, sempre nel porto di Brindisi, sono state intercettate altre cinque tonnellate nascoste a bordo di altri tir. E altre cinque tonnellate sono state scovate nel gennaio successivo. Ventitré tonnellate e mezzo in tre mesi, e questa è solo la punta dell'iceberg. Ma basta a dedurre che il contrabbando di sigarette è ripreso. O meglio, non è mai finito. Ha solo cambiato mezzi, forme e rotte, dopo il blocco – deciso ormai dieci anni fa – degli scafi che dal Montenegro partivano indisturbati verso la Puglia. Tuttavia la sostanza è sempre la stessa: anche se i quantitativi sono meno imponenti che in passato, l'Italia è uno dei punti di passaggio strategici per il rifornimento non solo del mercato illegale della stessa penisola, ma anche di altri paesi dell'Unione Europea. Oggi la frontiera calda è costituita dai porti, in particolare quelli dell'Adriatico. Le sigarette non vengono più portate a bordo degli scafi dei contrabbandieri. Vengono nascoste nei tir, sotto carichi di copertura. Sono loro i nuovi scafi, meno appariscenti che in passato.
Del resto, ci sono altre notizie a provarlo. Chiunque
può fare una piccola ricerca su Google News, e ne troverà conferma. Ecco, ad
esempio, alcuni lanci d'agenzia scritti in un arco di tempo ristretto, tra il 24
marzo del 2010 e il 17 aprile dello stesso anno.
24 marzo, Ancona.
La Guardia di Finanza sgomina
una banda che traffica sigarette di contrabbando fra
l'Est Europa e la Gran Bretagna, passando per l'Italia
e la Francia. Sequestrati oltre 5.800 kg di sigarette
Regal e Gold Classic. Due imprenditori liguri finiscono in manette, così come i
due camionisti polacchi.
L'organizzazione criminale è composta da italiani e
ucraini: contrabbanda carichi di sigarette da Ucraina e
Polonia, nascosti a bordo di tir che ufficialmente trasportano materiali per
l'edilizia e vetro. La documentazione di accompagnamento è emessa da una società
italiana attraverso una società controllata francese.
25 marzo, Ancona. Sempre la Guardia di Finanza, in collaborazione con i funzionari della Dogana, individua un ingente quantitativo di sigarette trasportate su un autoarticolato frigo con targa bulgara sbarcato da una motonave della compagnia di navigazione Minoan Lines proveniente da Patrasso.
Controllando il mezzo, i finanzieri rinvengono, dissimulati tra la merce
trasportata, composta da prodotti da forno surgelati, 855 scatoloni contenenti
sigarette, con marchio Marble e L&M. I tabacchi lavorati
esteri di contrabbando (in tutto 8.550 chili) vengono
sequestrati, il carico di copertura è invece devoluto in
beneficenza su disposizione della magistratura inquirente. Il carico di "bionde"
– continua la nota – era destinato al mercato tedesco ma non si può escludere
che avesse una destinazione diversa.
25 marzo, Villa Literno (CE).
Tre tonnellate di sigarette
estere di contrabbando, nascoste su di un tir con targa
della Lituania, tra sei turbine per ventilatori industriali
del diametro di oltre due metri ciascuno, vengono
sequestrate da una pattuglia della Guardia di Finanza di
Aversa. Il pesante automezzo è stato notato dai militari
in prossimità del Comune di Villa Literno. Nel corso di
una ispezione dell'automezzo sono stati scoperti i cartoni contenenti le
sigarette delle marche Marlboro, Classic e Chesterfield. Il tir, proveniente
dalla Slovacchia, è posto sotto sequestro. Il conducente è
arrestato e trasferito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
17 aprile, Ravenna.
Nel porto la Guardia di finanza
intercetta circa 7,2 tonnellate di sigarette di contrabbando, dal valore di un
milione e 600mila euro.
Mentre sono in corso i controlli sui carichi sbarcati nel
terminal Trattaroli che copre la linea tra Corinto e lo
scalo romagnolo, viene fermato un camion appartenente a una società greca.
L'autista, incensurato, è bulgaro; le sigarette russe. Erano state nascoste
sotto un carico di copertura costituito da vasi di plastica, e
sarebbero dovute arrivare in Olanda. Il conducente
viene arrestato e, in tarda mattinata, nel rito direttissimo, patteggia un anno
e otto mesi di carcere (la pena viene sospesa) e 25 milioni di euro di multa.
L'uomo torna immediatamente libero e il camion viene dissequestrato, mentre il
carico è trasferito a Trieste per essere distrutto.
17 aprile, Gioia Tauro.
Nel corso di un'operazione
anti-contrabbando, viene scoperto un carico di tabacchi lavorati esteri,
sbarcato dalla motonave Msc Tia
proveniente dagli Emirati Arabi e destinato in Grecia.
Lo scanner rivela la non omogeneità della merce trasportata. E difatti, alle
spalle dei mobili da giardino ufficialmente dichiarati nella documentazione
dogale, i finanzieri trovano casse di sigarette di marca Gold
Mount per un valore di circa due milioni di euro.
Questi sono solo alcuni esempi, ma confermano che
tuttora siamo alle prese con un traffico globale, prodotto dalla società
globale, che pone l'Italia (al pari di
altri Stati, europei e non europei) di fronte alla globalizzazione dei processi
criminali. Se, a cavallo tra il XX e il XXI secolo, il contrabbando di sigarette
era associato ai traffici del basso Adriatico, all'immagine degli
scafi che approdavano tranquillamente lungo la costa,
anche di giorno, e d'estate anche tra i bagnanti sulla
spiaggia, oggi la sua struttura si è inabissata e ulteriormente
de-territorializzata, aprendo nuovi scenari. Il
contrabbando è sempre un prodotto della società contemporanea, e come questa sa
rinnovarsi costantemente, più rapidamente — si direbbe - delle stesse
forze che dovrebbero contrastarlo. Per questo, interrogarsi sul suo passato
prossimo, sulle forme che ha
assunto nel passato prossimo, e sul modo in cui esse
hanno attraversato l'Italia e il Mezzogiorno, è importante. E la prima arma che
abbiamo per comprendere il modo di agire dei trafficanti. Le loro metamorfosi,
la loro capacità di penetrare l'economia, la finanza, la politica.
Sono passati dieci anni dall'Operazione primavera che bloccò il contrabbando di sigarette, a bordo di scafi, tra il Montenegro e la Puglia. La sera del 23 febbraio del 2000, alle porte di Brindisi, un gippone rostrato guidato da contrabbandieri, che procedeva a gran velocità e a fari spenti, travolse un'auto della Guardia di finanza. Il gippone trasportava alcune casse di sigarette, appena scaricate da uno scafo, che sarebbero state da lì a poco depositate in un magazzino clandestino. Era rostrato, tale da apparire quasi un mostro medievale, per spazzare via qualsiasi impedimento, la minima resistenza. I finanzieri Alberto De Falco e Antonio Sottile morirono sul colpo. Fu uno shock: quelle morti parvero la cruda manifestazione del dominio dell'Antistato. L'Operazione ebbe inizio il 28 febbraio. Nel giro di qualche settimana, con un dispiegamento straordinario di forze di polizia, il traffico (almeno quello a bordo di scafi) fu stroncato e la Sacra corona unita, la "quarta mafia" italiana, subì un'ondata di arresti senza precedenti che portò, unita alla confessioni dei collaboratori di giustizia, al suo indebolimento. L'Operazione primavera costituisce uno dei pochi successi evidenti ottenuti nel Mezzogiorno d'Italia contro le mafie. Quanto meno sul piano strettamente repressivo, è stato così. Ma per ricordare appieno come si è potuto arrivare a un tale esito, bisogna focalizzare l'attenzione su una pagina troppo in fretta dimenticata della storia pugliese recente. Il contrabbando è stato sì un traffico criminale che ha sancito l'ascesa della Sacra corona unita, e degli scafisti a essa collegati, ma la sua estensione sul territorio non sarebbe stata possibile senza una serie di fattori globali. In primo luogo, come raccontato anche dal giornalista Misha Glenny in McMafia (Mondadori 2008), il suo impatto non sarebbe mai stato così massiccio senza il coinvolgimento delle stesse multinazionali Philip Morris e R.J. Reynolds che hanno deliberatamente dirottato verso il mercato illegale tonnellate e tonnellate di sigarette per "coprire" anche le piazze fuori dalle regole. In secondo luogo, non avrebbe mai preso piede senza il crearsi di una fitta rete di broker internazionali e imprenditori del crimine che tra Olanda, Svizzera, Cipro, Montenegro hanno organizzato i vari passaggi, finanziariamente e materialmente. In terzo luogo, non sarebbe durato così a lungo se il Montenegro non avesse finanziato la propria voglia d'indipendenza da Milosevic offrendo ospitalità al traffico. Per tutti gli anni novanta, le coste montenegrine sono state rifugio di latitanti (su tutti, Francesco Prudentino) e porto di partenza degli scafi ogni notte. I clan pugliesi si sono saputi inserire in questo scacchiere globale, in cui la distinzione tra economia legale e illegale si è subito persa, gestendo il servizio di trasporto sull'Adriatico. Cioè, hanno portato nell'Europa occidentale quelle casse che avrebbero poi rifornito non solo i rivenditori al dettaglio di Bari, Napoli, Palermo ma anche in Spagna e in Gran Bretagna. Facendolo, hanno enormemente accresciuto il proprio potere e la propria influenza. A cavallo tra il XX e il XXI secolo, il contrabbando di sigarette ha fornito una delle più macroscopiche manifestazioni della forza delle nuove mafie. Non le mafie novecentesche, che fanno derivare unicamente il proprio potere dal controllo decennale del territorio; ma quei compositi network criminal-imprenditoriali in grado di aggirare gli ostacoli posti dagli Stati nazionali. Ancora oggi, quando parliamo di contrabbando non dobbiamo guardare solo alla Puglia, o al Sud Italia, ma continuare ad allargare lo sguardo. Non devono stupire i recenti sequestri di tonnellate di sigarette nascoste nei tir: il traffico si è subito riorganizzato, ha trovato altri canali, e quindi sono necessarie nuove azioni di contrasto.
Non solo. Negli ultimi 15 anni i processi tenuti a
Bari, Brindisi e Lecce (molti dei quali arrivati a sentenza di primo e secondo
grado, alcuni conclusi in Cassazione, altri ancora agli inizi) hanno delineato
un panorama locale e internazionale inquietante. Quella
mole di carte giudiziarie costituisce tuttora un affresco
dettagliato di ciò che è stato, delle tante e spesso incredibili connivenze, che
oggi si vogliono nascondere.
Nel 2003 ho pubblicato per la casa editrice napoletana L'ancora del Mediterraneo Le male vite. Storie di contrabbando e di multinazionali, un'opera di no-fiction su questa incredibile pagina della nostra storia recente. Ho provato a ricostruire la genesi, l'ascesa e il declino del contrabbando di sigarette, la trasformazione della Sacra corona unita, l'universo degli scafi e dei suoi uomini, il groviglio di società che, controllando, rappresentando o mediando con altre società, si sono mescolate alla criminalità. Ho provato a scorgere le dinamiche del traffico globale, il ruolo delle multinazionali e dei colletti bianchi alle spalle di quella che, tra i vicoli e le periferie del Sud Italia, era considerata una delle più classiche (e folcloristiche) occupazioni del sottoproletariato. Sino alla fine degli anni novanta, nessuno era stato in grado di ricostruire la piramide in ombra che sorgeva da quel "lavoro" esercitato agli angoli delle strade. L'architettura (economica, politica e geopolitica) che sorgeva da quella base. Oggi, dopo l'Operazione primavera, e dopo molte indagini, possiamo ricostruire molti dei meccanismi che l'hanno regolata e che continuano in parte a regolare le azioni di alcuni dei personaggi che l'hanno abitata. Questo libro che esce ora per Fandango Libri costituisce una versione aggiornata del precedente. Come oggi si usa dire, è un Le male vite 2.0. Alcuni passaggi sono stati precisati, altri asciugati, altri sono stati ulteriormente sviluppati. Nuove parti sono state aggiunte, dal momento che in questi sette anni – almeno in Italia - la macchina giudiziaria ha continuato a operare, arricchendo le nostre conoscenze. Altre invece sono state lasciate così com'erano, documento di qualcosa che erroneamente si potrebbe credere lontano. Chi leggerà questo libro, probabilmente sarà colto da un profondo stupore. A ogni pagina, lo Stato sembra essersi dileguato, l'idea stessa di legalità sembra una chimera lontana. La società del Basso Adriatico, in Puglia come in Albania o in Montenegro, appare stretta nella grinfie dei barbari: del capitalismo criminale e delle nuove mafie che lo alimentano. Ma questi "barbari" – va ricordato in ogni momento – sono modernissimi. Anzi, il loro abitare le pieghe di una frontiera porosa ha costituito una delle forme più spietate del post-moderno.
La Puglia di queste pagine è il nostro passato prossimo. Ciò che sembra
preistorico, letteralmente preistorico, è accaduto solo pochi anni fa. Uno
sputo, se misurato con il tempo delle vicende umane. Per questo ci riguarda
ancor più da vicino: è impossibile che
un tale pezzo di Storia, che ha coinvolto migliaia di
persone, possa essere stato digerito completamente dal
corpo sociale. Il silenzio, la dimenticanza poggia solo
un cumulo di non detti, consci e inconsci.
Negli anni novanta la Puglia ha scoperto l'importanza dei porti e delle sue coste. Ha capito che con la caduta del Muro di Berlino, una invisibile cortina di ferro è stata abbattuta anche sulle onde dell'Adriatico. Nel giro di pochi anni, quel bacino è divenuto un universo-mondo. Tutto sembrava accadere, in quegli anni, davanti alla Puglia. Viaggi dei migranti, guerre balcaniche, scafi dei contrabbandieri. Il contrabbando di sigarette è stato solo una faccia della nostra poliedrica e caotica globalizzazione. E spesso è stato difficile isolarlo come fatto a se stante, slegato dagli altri. Il collasso dell'Albania, la rivolta del 1997, la guerra del Kosovo sono stati fatti altrettanto potenti che hanno scosso la costa pugliese, molto più che altre parti dell'Italia. Erano gli anni dell'Emergenza Puglia, gli anni in cui questo lembo di mare venne sempre più militarizzato. Ma nonostante il restringersi delle maglie, almeno fino all'Operazione primavera gli scafi dei contrabbandieri hanno continuato a partire regolarmente. Così come, almeno fino a quando la costa libica non ha sostituito Valona quale punto di partenza dei viaggi della speranza, hanno continuato a partire regolarmente gli scafi dei migranti, nonostante che i tentativi di respingimento più vigorosi riguardassero loro e non i contrabbandieri. Questo libro, nella sua versione aggiornata, vuole essere un contributo all'elaborazione di quel passato prossimo. Un contributo parziale, ovviamente, ma che prova a focalizzare una pagina scomoda. Oggi la Puglia sembra molto cambiata, quantomeno sul piano politico e culturale. Eppure anche la Puglia ha le sue Gomorre. Le ha avute e continua ad averle. Non è una regione immacolata, così diversa dalle altre che compongono il Mezzogiorno, semplicemente perché è attraversata dal mondo e dai suoi traffici, siano essi legali o illegali, come qualsiasi altro luogo. Tuttavia all'interno dei suoi confini è stato forse ingaggiato, con queste Gomorre, quando è stato possibile e quando lo si è voluto, un corpo a corpo diverso. C'è da augurarsi, per meglio comprendere la diversità attuale, una diversità appena accennata, e da irrobustire, che nessuno voglia dimenticare cosa ha significato per queste lande il contrabbando internazionale di sigarette.
maggio 2010
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