|
|
| << | < | > | >> |Pagina 5Dennis Lenahan, tuffatore dalla piattaforma, diceva che se mettevi una moneta da cinquanta centesimi sul pavimento e la guardavi stando in piedi, ecco, quella era la vasca vista dall'alto, da una torre d'acciaio di venticinque metri. La vasca era larga sette metri, l'acqua profonda max due metri e mezzo. Dennis diceva che da quell'altezza ti conveniva girarti e fare l'entrata di piedi, mani raccolte all'ultimo momento a proteggere le parti intime e culo bello stretto, per non farti un clistere da cento mila litri. Quando diceva queste cose alle ragazze dei parchi divertimenti, quelle facevano un'espressione di dolore molto carina, dicevano che era da paura, ma non era troppo pericoloso? Dennis diceva che sí, potevi romperti la schiena se proprio non t'ammazzavi, ma per quel brivido ne valeva la pena. Quelle creature dell'estate amavano i temerari, anche quelli col doppio dei loro anni - uno dei motivi per cui Dennis continuava a tuffarsi dalla piattaforma, da piu di venti metri da terra, poi andava a raccontarlo davanti a una birra. Ogni tanto si innamorava dell'estate, o di qualche sua creatura.Negli ultimi anni, nei giorni infrasettimanali Dennis si esibiva da solo, mentre nei week end, quando riusciva a organizzare la cosa, si univano a lui due atleti piu giovani, in uno spettacolo di tuffi comico-acrobatici: tutti e tre facevano i pagliacci tuffandosi da tre diverse altezze ed entrando in acqua insieme. D'estate dormiva in stanze di alberghetti o addirittura nel camion, tra un ingaggio e l'altro. Doveva accettare quello stile di vita, se voleva esibirsi. Quel che proprio non sopportava piu erano i parchi divertimento: l'allegria forzata che metteva stanchezza, gli odori, le luci colorate, quella musichetta che non potevi fare a meno di sentire per quanto ti spostassi... Il piano d'evasione consisteva nel chiamare residence e villaggi turistici e presentarsi a chiunque alzasse il ricevitore: Dennis Lenahan, tuffatore acrobatico professionista, veterano dei piu importanti spettacoli di tuffi su scala mondiale, compresi i tuffi dalla scogliera di Acapulco. La proposta: si sarebbe tuffato nella piscina dal tetto del residence o dalla sua piattaforma di venticinque metri, due volte al giorno, una grande attrazione! Gli dicevano: - Mi lasci il suo numero, - ma non richiamavano mai. | << | < | > | >> |Pagina 79Robert prese la foto dalla valigetta: - Signor Kirkbride?Gli consegnò la 20X25 e restò in attesa mentre la guardava. - Quello è il mio bisnonno, impiccato allo Hatchie Bridge, il 30 agosto 1915. - Oddio... - disse Walter Kirkbride. - E lassu c'è suo nonno, - prosegui Robert. - Lo vede, col completo scuro, un braccio alzato? Kirkbride fissò la foto, poi girò intorno alla scrivania, da un cassetto prese una lente d'ingrandimento e ricominciò a esaminarla. - Scusi, come fa a dire che è mio nonno? - Ho quelle che lei chiamerebbe «prove circostanziate» che il mio bisnonno lavorava come mezzadro nella piantagione della sua famiglia nella contea di Tippah. Ho le date, l'articolo di giornale sul suo omicidio... Il giornale ovviamente non usava quella definizione, anzi, diceva che a volte i linciaggi erano necessari se le autorità non riuscivano a mantenere la legge e l'ordine. Ho i certificati di nascita, anche quello di suo nonno, so quanti anni aveva all'epoca... - Ma tutto questo non prova niente! - si inseri Kirkbride. - ...infine ho la testimonianza diretta di mio nonno, Douglas Taylor, che vide tutto. Diede a Kirkbride tempo di assimilare l'informazione. Lanciò a Dennis un'occhiata inespressiva, poi riprese: - Probabilmente ha sentito parlare di mio nonno. Era un famoso bluesman del Delta, soprannominato Broom, Broom Taylor. Suonava in tutti i localacci da qui a Greenville. Si trasferi a Detroit nello stesso periodo di John Lee Hooker, e là incise il suo disco piú famoso, Tishomingo Blues. Dennis ascoltava con attenzione. Robert aveva estratto Broom Taylor dallo stesso cilindro in cui teneva la battaglia di Sayler's Creek e chissà cos'altro. A meno che non stesse inventando sul momento... Ora stava dicendo: - Signor Kirkbride, mio nonno era in casa, in realtà una capanna, quando i suoi uomini arrivarono e le diedero fuoco. Era solo un bambino, il piú piccolo di sette figli. Era presente quando presero suo padre a randellate e gli tagliarono l'uccello. Era anche al ponte. Non sul ponte, nella foto non c'è, era nascosto tra i cespugli. Sua madre gli aveva proibito di andare, e invece lui c'era, quando misero una corda al collo a suo padre e lo gettarono oltre il parapetto. La corda gli spezzò il collo, vede che la testa è reclinata su un lato, quasi tocca la spalla? Senti che quegli uomini chiamavano l'uomo in abito scuro «signor Kirkbride»: «Ecco, signor Kirkbride, cosi impara quel negro a molestare la sua signora!» La donna di cui parlavano era sua nonna. Dennis guardò Kirkbride che guardava la foto. - Vuole farmi causa? - Nossignore. - E allora cosa vuole? - Mi chiedevo se era al corrente di tutto questo. Kirkbride esitò, poi scosse la testa e rispose: - No. - L'originale era una cartolina, l'ho fatta ingrandire io. Forse non avrei dovuto portarla. Non intendevo mancarle di rispetto. - Be'... - disse Kirkbride. - Anche se non sono ancora convinto che l'uomo sul ponte sia mio nonno, che non è piú al mondo, posso capire come si sente e perché è venuto... Se fosse stato un mio antenato a essere... ehm... - Linciato, - disse Robert. - ...insomma, a finire in quel modo, vorrei sapere chi ne è stato responsabile. - Lasciamoci questa vicenda alle spalle, - disse Robert. - Anzi, mi dispiace di averla disturbata. Ma la sa una cosa? Si fermò un secondo. Dennis non aveva la minima idea di quel che avrebbe detto dopo. - Quando ha detto che voleva arruolarci, e che poteva trovare «qualcosa di speciale» per me... Che aveva in mente, di farmi portare l'acqua? - Certo che no! - rispose Kirkbride, appoggiando la foto sulla scrivania, sulla cui superficie c'erano graffi lunghi e sottili. Dennis li guardò: sembrava ci fosse passato sopra un rastrello, poi avessero rilaccato il legno. - Niente che non fosse dignitoso! - continuò a protestare Kirkbride. - No, me lo chiedevo, - disse Robert, - perché ricordo che il generale Forrest aveva dei neri nella sua scorta. Ne ha sentito parlare? Kirkbride annui: - Mi sembra di si, si. - Li chiamava «i miei ragazzi di colore», - prosegui Robert. - Disse a un po' di suoi schiavi: «Ragazzi, voi venite alla guerra con me. Se vinciamo, vi libero. Se perdiamo, sarete liberi comunque». Se lo ricorda, signor Kirkbride? | << | < | > | >> |Pagina 139Salirono fino a Memphis e presero la 72 Est verso Corinth. Da Tunica erano due ore e mezzo, si attraversava tutta la parte superiore dello Stato del Mississippi. Ascoltarono blues per tutto il viaggio: - Una selezione di bluesmen di Detroit, - disse Robert. - Johnny «yard Dog» Jones, che mescolava soul e blues, poi Alberta Adams, settant'anni di carriera, ha cantato con tutti i piú famosi, poi c'è Robert Jones, che ti ricorderà un altro Robert, il grande Robert Johnson, poi c'è Son House, poi... Johnnie Bassett, che suona una specie di jazz-blues...- Perché vivi a Detroit? - disse Dennis. - Da qualche parte devo pur vivere. - Si, ma Detroit... - È una città dove si fa sul serio, compare, è piena d'energia, pensa alla Motown, a Kid Rock, a quel negrobianco di Eminem... Da Detroit viene ogni tipo di musica. - Sei cresciuto là, ci hai fatto le scuole...? Robert era quasi sdraiato al volante della Jaguar: - Lo sai cos'ho fatto, da ragazzo? Ho lavorato per la Young Boys, Incorporated. Imprenditoria di strada, vendevi a tredici una dose di ero da dieci, e ti tenevi gli altri tre. Ho cominciato a dodici anni, lavorando per il signor Jones. Si chiamava cosi. Mi fa: «Vuoi guadagnare trecento dollari al giorno? Se ti impegni puoi fare anche tremila alla settimana». Cosa pensi che gli ho risposto? Eravamo in duecento, a fare quel lavoro. Ti dànno queste buste intestate con nomi di grandi compagnie, tipo Murder One, Rolls Royce, e tu le porti al tuo incrocio, o nei caseggiati se fai le consegne a domicilio. Si, gli Young Boys sono stati i precursori, poi sono arrivate le altre gang, come i Pony Down... Viaggiavano in aperta campagna, tra filari di granturco, vacche al pascolo, cartelli appesi ad alberi con scritto: «Gesú porta la salvezza»... - E tutto questo a dodici anni? - chiese Dennis. - A tredici mi sono comprato una Cadillac. - Ma non avevi l'età per guidare. - Guidavo lo stesso. Mi fermavano a ogni incrocio, cosí l'ho intestata a mia madre. Lei l'ha venduta. A quattordici anni mi sono comprato una Corvette, la guidavo di sera, finché non me l'hanno rubata. Se fai piú di duemila dollari alla settimana, a Natale ti portano a Las Vegas e ti fanno scopare la tua prima donna bianca. - E facevi uso di droghe? - Solo erba. Se guardi i tuoi clienti, capisci che è meglio lasciarla perdere, quella merda. No, anzi, mettevo da parte i risparmi, compravo cose a mia madre. A quindici anni ho lasciato gli Young Boys e ho provato a entrare nei Pony Down, ma mi sono ritrovato un coltello puntato alla gola, e ho deciso di ritirarmi dagli affari. - E nel frattempo andavi a scuola? - Una scuola cattolica, ma non c'erano molte suore. Peccato, le suore mi piacevano, vanno dritte al punto, niente cazzate. - Sapevano cosa facevi? - No, compare, se mi portavano al tribunale minorile, mia madre chiamava la scuola e diceva che avevo mal di gola. - A lei non importava che spacciavi? - Quando prendeva i soldi guardava da un'altra parte. Comunque, galera non ne ho mai fatta. Ho frequentato la Oakland University per tre anni e spacciavo per pagare le tasse, i libri e tutto il resto, ma vendevo solo erba. Non avrei mai venduto eroina agli studenti, non volevo fottergli il cervello, anche se molti di loro se l'erano già fottuto da soli, a forza di pensare a cosa avrebbero fatto dopo. - Tu non ci pensavi?
- Ho frequentato un corso intensivo di Storia. Chiedimi una cosa, qualunque
cosa, tipo i nomi di famosi assassini. Chiedimi chi ha sparato a Lincoln, chi
era Grover Cleveland... Ho scelto Storia perché mi è sempre piaciuta, non certo
per le opportunità di lavoro. Sapevo della Guerra civile prima ancora di vedere
alla tivú il documentario a puntate di Ken Burns. Ho rubato tutto il cofanetto
da Blockbuster.
|