Copertina
Autore Roy Lewis
Titolo Il più grande uomo scimmia del Pleistocene
EdizioneAdelphi, Milano, 1992, Fabula 58 , Isbn 978-88-459-0880-4
OriginaleThe Evolution Man [1960]
TraduttoreCarlo Brera
LettoreRenato di Stefano, 1992
Classe fantascienza , narrativa inglese
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Pagina 53 [ tigre ]

Papà li ammirava, come tutti, ma ci ammoniva a non esagerare. «È solo specializzazione» diceva. «Sono macchine superbe fatte per un solo scopo: uccidere le prede. Lo fanno alla perfezione, ma questa è anche la loro debolezza: non gli resta nient'altro da fare. Non si evolveranno più molto, credete a me. Voi magari non la pensate così, vedendo tanta forza e tanta astuzia, ma io non ho dubbi. Se la selvaggina sparisse, soffrirebbero la fame; non potrebbero farcela nutrendosi di noci di cocco! Alcuni hanno già passato il limite: guardate la tigre dai denti a sciabola. Certo, può recidere la giugulare di un rinoceronte con un morso, ma chi può vivere solo di rinoceronti? Quei dentoni l'impacciano terribilmente per tutto il resto del tempo. La tigre dai denti a sciabola andava benissimo quando gli animali erano più grandi di adesso, e non c'è dubbio che ha saputo spazzare via brontoterio, amebelodonte, megaterio e gli altri mammiferi primordiali di cui mi parlava mio padre quand'ero ragazzo; i denti a sciabola ne facevano una vera potenza, sul terreno, quando le velocità erano di gran lunga inferiori alle attuali; ma oggi servono soltanto a farla inciampare. Sentite bene quello che vi dico: la sciabolona sarà tra i primi a scomparire. E quanto agli altri, ancora per un po' riusciranno a cavarsela, ma giorno verrà che dovranno accontentarsi di elemosinare gli avanzi della nostra tavola».

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Pagina 57 [ natura, stato di natura, fuoco, evoluzione, adattamento ]

«Vedi dunque? Non puoi più dire che la natura non manifesta i suoi comandamenti. Tu non farai la caccia grossa, perché non hai i denti adatti. Più chiaro di così... Oppure quast'altro: tu non ruberai il fuoco della montagna, perché hai già una folta pelliccia a tenerti caldo».

«Ma io non ce l'ho» protesto papà. «Sono anni che ho perso quasi tutto il pelo! E poi, non era questo il punto. Bisognava interrompere le stragi da parte dei felini. Questo era naturale o no? Certo, ora che l'abbiamo, il fuoco si rivela utilissimo anche per molti altri scopi. Oswald, ragazzo mio, gettati sopra un altro albero».

«Tu non ti ciberai dell'albero della conoscenza del bene e del male» disse zio Vania, corrucciato, facendo un passo indietro.

«Oltretutto, non sono affatto sicuro che siamo già usciti dallo stato di natura» continuò papà. «E tu non hai ancora risposto alla mia domanda. Perché "non dovrebbe" far parte dell'evoluzione anche la scoperta del fuoco, come l'allungarsi del collo della giraffa e la scomparsa delle dita dei cavalli? Immagino che, se i ghiacci arrivassero fin qui, io sarei in grado di farmi ricrescere la pelliccia, ma chissà quanto tenpo ci vorrebbe; e se poi tornasse a far caldo, occorrerebbe un'altra èra di stenti per riperdere il pelo. Bisognerebbe potersi togliere e rimettere la pelliccia quando si vuole - ehi, questa sì che è una bell'idea, anche se ardua da realizzare!». Zio Vania sbuffò. «Ma per ora abbiamo il fuoco, e possiamo regolarne l'intensità come ci pare. Si chiama adattamento. È la stessa cosa dell'evoluzione, solo molto più rapido».

«Proprio questo è il punto, povero il mio sedicente umano!» sbottò zio Vania. «Non capisci che non hai il diritto di affrettare le cose? Tu stai forzando gli eventi, ecco, invece di fartene tranquillamente trasportare. Fai finta di avere una volontà, e addirittura una volontà libera. Tu sproni la natura; ma non si può spronare la natura, e te ne accorgerai».

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Pagina 69 [ masticare, pensare, cultura ]

«C'è da masticare un sacco di roba» disse la mamma. «Se non lo finiamo subito, questo elefante diventerà assolutamente immangiabile».

«Non hai torto, cara» ammise papà, prendendo un costolone. «Anzi, forse hai centrato il cuore del problema. Ci sto pensando da un po'. Grosso modo, ho calcolato che noi passiamo un terzo del nostro tempo a dormire, un terzo a procurarci la carne e tutto il terzo rimanente a masticarla. Eppure il tempo che dedichiamo ai pasti sembra non bastare mai. Ultimamente, i miei bruciori di stomaco si sono aggravati. Ciò non fa che confermare il mio ragionamento. Se la routine quotidiana ci impegna tanto, come facciamo a pensare? Anche per quello ci vuole tempo, e non serve obiettare che masticando si rimugina; non è affatto vero, o comunque non è vero quando si deve masticare come facciamo noi. Per allargare la mente e contemplare con più calma e distacco i nostri obiettivi, abbiamo bisogno di dare requie al lavorìo delle mandibole. Senza un certo agio e una certa tranquillità non può esserci lavolo creativo, né cultura, né civiltà».

«Che cos'è la cultura, papà?» chiese Oswald, con la bocca piena di carne di elefante.

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Pagina 80 [ Homo neanderthalensis, Palestina, Pleistocene, profeti ]

«Sì, certo... Bene, dalla Francia mi son dovuto dirigere nuovamente verso est» continuò zio Ian «costeggiando il grande lago in modo da evirate la steppa e la tundra. Ho trovato l'Homo neanderthalensis ben radicato in tutti i Balcani. Questa parte del viaggio è stata dura; ma alla fine, di caverna in caverna, sono arrivato in Palestina, dove ho trovato i neandertaloidi del posto in lotta con certi immigranti africani».

«Per quale ragione? Scarsità di bestiame?» chiese papà.

«No, no, quello è un paese dove regna l'abbondanza, e scorrono fiumi di latte e miele» si affrettò a precisare zio Ian. «Ma nell'aria c'è qualcosa che rende i primati intrattabili come gorilla che abbiano mangiato mele acerbe. Si accoppavano; ma si accoppiavano, anche».

«È quasi la stessa cosa» commentò papà. «Mmm... chissà che cosa ne verrà fuori. Scimmie pelose e scimmie glabre che s'incrociano in Palestina, nel Pleistocene...».

«Profeti barbuti che vivono di miele e locuste nell'Olocene» suggerii.

«Non cercare di fare l'intelligentone, Ernest» tuonò papà. «Non ci sei proprio taglito. Va' avanti, Ian. Dove sei stato, dopo?».

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Pagina 87 [ esogamia ]

Mi resi conto che stava scoppiando una crisi.

Ci fermammo.

«Bene, ragazzi» fece papà. «Vi devo una spiegazione. Ma non fatevi venire strane idee, come quella di prendermi a sassate. Non provateci! Siete a tiro, io ho un sacco di munizioni e non avreste alcuna possibilità.

«Be', insomma, la faccenda è molto semplice, e non c'è bisogno di scaldarsi. Ci ho pensato su un bel po' e ne ho parlato a fondo con le vostre madri. Voi quattro avete passato la pubertà: siete adulti, a tutti gli effetti. Tu, Oswald, devi avere almeno quindici anni; Ernest ha forse un anno meno; lo stesso Alexander e Wilbur. Siete cacciatori ben addestrati; ve la sapete cavare nella foresta, nella savana e in montagna. Siete state addestrati abbastanza bene nell'arte di lavorare la selce, anche se soltanto Wilbur è veramente bravo. Siete in grado di mantenervi; inoltre - vantaggio del tutto eccezionale per ragazzi della vostra età - sapete dove ci si procura il fuoco selvatico e come lo si mantiene acceso. Ora, per il bene della specie, è tempo che vi troviate delle compagne e formiate delle famiglie vostre; e questo è il motivo per cui vi ho portato qui. A meno di cinquanta chilometri più a sud c'è un'altra orda...».

«Ecco che cos'era!» proruppe Oswald. «Puzza di rifiuti! Uomini scimmia! Avrei dovuto capirlo».

«C'è un'altra orda» ripetè papà. «E là troverete le compagne che vi servono».

«Ma, papà,» protestai «noi non vogliamo accoppiarci con delle estranee. Abbiamo già le nostre ragazze a casa. Io avrò Elsie, e...».

«Credo proprio di no» mi interruppe papà. «Avrai una di quelle ragazze che stanno laggiù».

«Ma è assurdo, papà!» esclamai. «Era già tutto stabilito».

«Tutti si accoppiano con le proprie sorelle» intervenne Oswald. «È l'unica cosa sensata da fare».

«Fino a ieri» affermò papà. «Da oggi comincia l'esogamia».

«Ma è innaturale, papà» insistetti. «Sai benissimo che gli animali non fanno simili distinzioni. Una volta tanto qualcuno potrà anche uscire dall'orda, immagino, ma non è certo la regola».

«È di una scomodità assurda» aggiunse Oswald. «Le nostre ragazze sono già lì, mentre queste...».

«Queste sono più vicine, in realtà» disse papà. «Ecco perché vi ho portato qui».

«Non riesco a capire perché dovremmo prenderci questa briga» dissi. «Voglio dire, che cos'hanno che non va, le ragazze di casa nostra?».

«Niente» rispose papà. «Ma potrebbe finir male, a furia di accoppiarsi tra consanguinei. Dobbiamo rimescolare un po' i geni. Non è questa, però, la ragione principale. La ragione principale è che sono troppo facili, troppo accessibili, non presentano problemi, e così offrono uno sfogo troppo disinibito alla libido indisciplinata. No! Se vogliamo un qualsiasi sviluppo culturale, dobbiamo mettere sotto pressione le emozioni dell'individuo. In breve, un giovane maschio dovrà allontanarsi per trovare la sua compagna, corteggiarla, catturarla, lottare per lei. Selezione naturale».

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Pagina 115

Fu la gioia più piena, anche se una o due volte quasi passammo il limite.

Dopo il tramonto passeggiavamo insieme, stretti l'uno all'altra, per goderci le luci notturne: il baluginare delle stelle, continuamente striato da sciami di meteore; il fiammeggiare dei vulcani all'orizzonte; il bagliore ammiccante degli occhi dei felini nel sottobosco; il tremolio irrequieto di infinite lucciole ai nostri piedi. Poi parlavo a Griselda della caverna in cui l'avrei condotta; del gran fuoco che bruciava nell'ingresso, e delle liti che scoppiavano violente se qualcuno lo lasciava spegnere; della nostra abilità con le lance e le trappole; delle grandi feste che facevamo. Lei, a sua volta, mi subissava di domande su suoceri e cognati che ancora non conosceva, e mi descriveva l'orribile tirannia a cui l'avevo sottratta: una soffocante oppressione, esercitata da un despota severo che esigeva completa sottomissione dalle sue donne terrorizzate e si accingeva addirittura a espellere dall'orda i figli maschi. I suoi occhi brillavano come quelli di un falco quando esclamava:

«Oh, Ernest, come sarà bello!».

Oh, amore!

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