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| << | < | > | >> |Pagina 13 [ inizio libro ]1776-1789-1848-1949. Le date storiche, normalmente, non eccitano il matematico. Ma queste hanno un potere evocativo, al pari degli ideogrammi cinesi, per noi come per chiunque altro. Le Quattro Grandi Rivoluzioni! Più esattamente, tre grandi rivoluzioni e una gran controrivoluzione. Si possono ignorare tutte le altre date, ma queste si sanno.| << | < | > | >> |Pagina 121«Sì» dissi pensieroso, succhiando il narghilè. «Vienna e Parigi sono sempre state i due pilastri del socialismo cooperativo in Europa».«Devi assolutamente venire a Vienna, Giorgino» riprese Otto. «Sono sicuro di riuscire a ottenere dal governo l'autorizzazione a invirarti. Visita privata, naturalmente: aria di montagna per il ragazzino...». «Bisogna vedere se Hodge mi lascia partire». obiettai. «Ha paura che se mettiamo il naso fuori dall'isola, nessuno ci ferma più fino a Delhi. Vuol farmi visitare le regioni agricole dell'Inghilterra, e prima dovrò accontentarlo. Ma mi piacerebbe venire a Vienna. Non è di lì quel Popek? Ne sai qualcosa?». Stavo pensando a Leonie. Mi domandavo sempre dove fosse finita. «Oh, sì. Uomo pericoloso. L'abbiamo messo in manicomio, insieme a un altro pazzo di nome Hitler, che farnetica di crociate contro i turchi. Qualche tempo fa sono scappati, e Popek ha scritto un libro controrivoluzionario che credo nessuno avrà l'ardire di pubblicare. Su qeusta ideologia, squinternata com'è, è sorto un movimento anti-Inpatco. Bisognerebbe sorvegliarli! A Vienna fioriscono sette demenziali di ogni genere... dev'esserci qualcosa di malsano nell'aria. Figurati che c'è una specie di dottore pazzo che dice di curare la follia interpretando i sogni. Anche lui ha un seguito... tutti questi ciarlatani hanno un seguito. Che vuoi, la vita è così monotona...». | << | < | > | >> |Pagina 129... «Ci toccherà fare i conti con Malthus, prima o poi». «Cosa farebbe lei? Perché non prova un po' a dirmelo?» bercio Hodge, depresso, anche perché aveva fatto indigestione.«Controllo delle nascite» ripetei. «Famiglie più piccole, e mantenere costanti le dimensioni dei poderi. Impedirne la frammentazione. Credo sia questa la ricetta dell'Inpatco». «E per le braccia come si fa? Ha sentito che bisogno ce n'è». «Macchine agricole. Le devolverà l'Inpatco. Mietitrebbie per i raccolti, prima di tutto, e poi per coltivare la terra...». «No» tuonò Hodge. «A sguinzagliare le macchine in campagna c'è rischio che poi si mangino tutta la gente. Distruggerebbero l'armonia della natura. Le belle siepi dovrebbero essere abbattute per far passare quelle fracassone infernali. E poi ci sarebbero enormi fattorie, sempre più grandi, e un'armata di miseri braccianti per i lavori che le macchine e le sostanze chimiche non sanno ancora fare. Ma anche costoro pian piano sparirebbero, mentre le macchine si evolvono... si evolvono... si evolvono! Sicché alla fine avremmo o le fattorie collettive meccanizzate auspicate da quell'asino di Marx nel suo asinino "Manifesto del Partito Comunista", o enormi società agroalimentari dedite alle stesse schifezze, e torneremmo al capitalismo! Gran bella alternativa! Ah, no... e se i suoi amici dell'Inpatco le inculcano simili idee, cittadino re, dovrò proibirle di frequentarli!». | << | < | > | >> |Pagina 248 [ fine libro ]«Beviamo un altro goccio, caro collega, vedo che abbiamo il bicchiere vuoto... ma che dici, non lo sai? Ho la dispensa speciale. Nel mio esofago l'alcol si trasforma printamente in Coca-Cola. Non mangio manzo né maiale. Sono purissimo! Rispetto la legge islamica, io. Sono stato alla Mecca, a Gerusalemme e sul monte Palomar, e mi guardo bene dal dire che lo preferisco alle altre due. Sono pronto a questo e altro pur di evitare che ai fanatici salti la mosca al naso, e sfascino tutto. No no, son puro... abbastanza per incaricarmi di una eventuale mediazione, se dovesse rendersi necessaria...».
Battei le mani.
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