Autore Thomas Ligotti
Titolo La straziante resurrezione di Victor Frankenstein
Edizioneil Saggiatore, Milano, 2018, La Cultura 1203 , pag. 94, ill., cop.rig., dim. 10,5x15,7x1 cm , Isbn 978-88-428-2522-7
OriginaleThe Agonizing Resurrection of Victor Frankenstein and Other Gothic Tales [2017]
TraduttoreLuca Fusari
LettoreElisabetta Cavalli, 2019
Classe horror , gotico , fantasy












 

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Indice


Prefazione                                          13


TRE SCIENZIATI

Mille dolorose variazioni sulle creature
sottoposte al trattamento del dottor Moreau,
umanista                                            21

Gli atroci ultimi giorni del dottor Henry Jekyll,
inglese                                             23


La straziante resurrezione di Victor Frankenstein,
cittadino di Ginevra                                25


DUE IMMORTALI

Il cuore del conte Dracula, discendente di Attila,
flagello di Dio                                     31

L'intollerabile salvezza di Lawrence Talbot
l'uomo lupo                                         34


PRIMI ATTORI

L'intollerabile lezione del fantasma dell'Opera     39

L'indescrivibile rinascita del fantasma del
Museo delle cere                                    42


EROINE GOTICHE

Il pericoloso lascito di Emily St. Aubert,
ereditiera di Udolpho                               47

L'irreprensibile dichiarazione dell'istitutrice
riguardo agli affari di Bly                         49


SOLITARI

L'innaturale persecuzione, da parte di una vampira,
del professor Jacob J.                              55

La superba compagna di André de V.,
anti-pigmalione                                     58


RECLUSI

I sempre vigili guardiani di ville isolate          63

L'Urlo: dal 1800 a oggi                             65


ANTOLOGIA DI POE

Il trasparente omonimo di William Wilson,
gentiluomo e canaglia                               71

Il degno abitante della volontà di Lady Ligeia      75

L'interminabile soggiorno degli amici di casa Usher 78


OPERE E MORTE DI H.P. LOVECRAFT

La favolosa alienazione dell'Estraneo,
essere senza fissa dimora                           83

La blasfema illuminazione del professor Francis
Wayland Thurston di Boston, di Providence
e della razza umana                                 87

La morte prematura di H.P. Lovecraft,
l'uomo più vecchio del New England                  92


 

 

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Pagina 13

Prefazione


Nell' Isola del dottor Moreau di H.G. Wells, lo scienziato pazzo del titolo brama di trasformare in esseri umani gli animali che abitano nella regione del suo nascondiglio tropicale. Per la precisione, vorrebbe privarli dei tratti bestiali e impiantare in loro una razionalità ideale. Gli animali che il dottore fa evolvere artificialmente, peraltro a un livello decisamente inferiore alle sue ambizioni, chiamano il laboratorio di Moreau «Casa del dolore». Un appellativo che ben si confà a un luogo in cui si compiono azioni innaturali e atroci. Il nome non allude soltanto al dolore provato da chi si vede impiantare a forza la ragione, ma denota il dolore della ragione stessa, facoltà che ogni animale umano possiede in qualche misura da quando, tanto tempo fa, fummo trasfigurati nel laboratorio della natura: la Casa del dolore in cui ancora oggi abitiamo.

Un autore di racconti dell'orrore, creatura dedita alla descrizione di incontri spaventosi, potrebbe chiedersi: perché non accompagnare la storia di Wells un passo o due più in là sul sentiero del dolore? A un certo punto, da generico questo concetto si fa dettagliato. Forse viene un giorno in cui Moreau crede di avere finalmente fatto centro creando un essere perfettamente razionale. Con grande sgomento, però, scopre di aver lasciato troppa irrazionalità in circolo nell'organismo del paziente. Ancora una volta lo scienziato ha fallito nel modo peggiore. Aggiungendo un nuovo personaggio, una fascinosa assistente di laboratorio, siamo in grado di apprezzare appieno quant'è mostruoso l'ideale del dottore. Quale spregevole esemplare ha prodotto il suo ultimo esperimento. Quale sentimento illogico la ex bestia prova in presenza della bella assistente. E il dottore aveva così grandi speranze! Ora la creatura necessita di ulteriori correzioni perché la sua natura si spinga più vicino alla razionalità immacolata che Moreau stima oltre ogni cosa. Sì, ciò comporterebbe un'ulteriore dose di dolore, la consapevolezza che la bestia non soddisferà mai, come non le soddisfiamo noi, le aspettative del professore, e che il suo dolore cesserà soltanto con la sua morte sul tavolo operatorio.

Così il compito è stato portato a termine. Ma una volta eseguita questa nuova versione o deturpazione del raccapriccio di Wells, l'autore di racconti dell'orrore potrebbe cominciare a chiedersi in che modo applicare un simile trattamento ad altre celebri opere dello stesso genere. Rispetto al dottor Moreau l'artista letterario è forse meno curioso o ossessionato da un ideale? Magari si spingerà a riprendere una parte delle sue storie già note con l'intento di rendere anch'esse esperimenti di prolungamento del dolore, dolore infinito ed eterno al di là di ogni sollievo fisico.

Così, accompagnando ogni nuova storia verso la sua unica e perversa apoteosi di dolore, è cominciato e continuato il presente volume. Dopo Moreau, all'autore è sovvenuto un altro scienziato che si spinge troppo oltre: Victor Frankenstein, provetto creatore, o meglio ricreatore. Come Moreau, Frankenstein era un criminale. Quale offesa contro Dio e la natura è peggio che fabbricare la copia blasfema di un essere umano? Nel caso di Frankenstein, il mostro. è un individuo sorprendentemente sensibile e intelligente che viene respinto dal prossimo soltanto in virtù del suo aspetto orribile. Il destino di Frankenstein nel romanzo originale era una degna punizione del suo crimine? E la vita della sua creatura si poteva rendere ancora più tormentosa? Si potrebbe convenire che il dolore inflitto dalla giovane Mary Shelley all'uno e all'altro possa bastare. Ma a volte i lettori di storie dell'orrore non sono sazi delle tragiche agonie offerte alla loro approvazione. E se tra essi c'è un autore dell'orrore, la posta in gioco può raggiungere le vette dei torvi cieli gotici. Ciò non avviene per puro amore di sadismo, il dare alla vite un altro giro per il piacere di strappare nuove urla ai torturati. Si compie - è stato compiuto - a mo' di autoflagellazione vicaria, brutalissimo schiocco di frusta che colpisce alla schiena i personaggi di fantasia e distrae l'autore dai colpi che la vita reale infligge a lui in uno specifico momento dell'esistenza. Nell'universo religioso, l'inferno si sostanzia come luogo destinato agli altri, non come il destino riservato a coloro che l'hanno inventato. Ma in senso figurato, ciascuno di noi è condannato a inventare il proprio inferno. E dopo aver preso residenza in un pozzo, cerchiamo compagni con i quali dolerci: soci nel dolore, nostri pari condannati per i medesimi errori o abbagli, che siano intenzionali o meno.

Con il secondo gruppo di racconti, quelli che hanno come protagonisti Dracula e il Licantropo, cominciano a emergere motivi che perdurano fino alla fine del libro. Queste figure piangevano di solitudine, di brama e per l'orribile esito di certi riti d'amore. Anziché rovinarne i singolari drammi, si lasci che non se ne faccia più parola in questo preludio a una mostra di dolori che dovrebbero a tutti gli effetti mandare in frantumi il mondo in cui trapelano.

Tante sono le storie che si sarebbero potute rielaborare e includere in questo museo di lamenti riecheggianti in eterno e di smorfie deformate all'infinito. Una merita una menzione speciale perché potrebbe essere utile come chiave per capire le altre. Si tratta di Nella colonia penale di Franz Kafka, la cui trama è: un uomo viene condannato per un crimine che gli rimane ignoto finché non lo legge sotto forma di storia inscritta con dolore nella sua carne dall'erpice di una macchina straordinaria. L'aspetto più strano di questa storia di strani personaggi, terre e dispositivi è l'espressione di soggezione sul volto del condannato quando il congegno perforante ne rivela il crimine. Come osserva l'ufficiale della colonia penale responsabile dell'esecuzione: «Anche nel più stupido balugina un riflesso di comprensione [...] Uno spettacolo che potrebbe sedurre qualcuno a stendersi accanto al condannato sotto l'erpice» (e alla fine, disgraziatamente, l'ufficiale lo fa). L'illuminazione dell'uomo di Kafka sulla macchina non è necessariamente definitiva, come nell'originale, ma potrebbe essere soltanto la prima di una serie di illuminazioni, ciascuna delle quali porta alla luce un crimine più grave della precedente, e una più grande fonte di dolore. Mentre l'erpice continua a scrivere, la carne dell'uomo incatenato sotto di esso diventa un palinsesto sul quale vengono scritti crimini inimmaginabili... fino a quando è rivelato il più grave di tutti. Come dice il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, che influenzò Kafka, «ogni uomo va considerato prima di tutto in quanto essere che esiste soltanto come conseguenza della propria colpevolezza, e la cui vita è l'espiazione del crimine di essere nato». Allargando l'idea di Schopenhauer per renderla un po' più agghiacciante, oltre che più puntuale, potremmo specificare che il nostro crimine non è semplicemente l'essere nati, ma l'essere nati nella Casa del dolore.

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