Copertina
Autore Torgny Lindgren
Titolo Per non saper né leggere né scrivere
EdizioneIperborea, Milano, 2007 , pag. 236, ill., cop.fle., dim. 10x20x1,8 cm , Isbn 978-88-7091-156-5
OriginaleDorés Bibel
EdizioneNorstedts Förlag, Stoccolma, 2005
PrefazioneCarmen Giorgetti Cima
TraduttoreCarmen Giorgetti Cima
LettoreLuca Vita, 2008
Classe narrativa svedese
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Pagina 11

Qui comincio a raccontare la mia storia sulla Bibbia di Gustave Doré. Parlo in un registratore Sony, modello MZN settecentodieci. Quando diventerà un libro sarà decorato con i più meravigliosi cartigli e miniature.

La mia speranza è che sia pronto al momento giusto per il grande anniversario di Doré, a mia liberazione e per la gloria di Gustave Doré e del Padre.

Quel che cerco di descrivere è semplicemente la mia vita con la Bibbia del Doré, la rara edizione che ha solo le illustrazioni. Come sono cresciuto con quella Bibbia, come l'ho persa e ciò nonostante ho continuato a vivere con essa. E come alla fine, quasi per miracolo, l'ho ritrovata o riconquistata e quindi l'ho di nuovo, qui e ora, aperta davanti a me.

Gesù è seduto tra Marta e Maria, la schiena appoggiata contro il muro di mattoni dell'ingresso. Tende la mano destra vuota verso le due sorelle, ha appena raccontato loro la storiella del pastore che ritrova la pecora smarrita. Rallegratevi con me, dice, perché ho riavuto tutto ciò che avevo perduto.

L'esistenza e governata da leggi immutabili, avrebbe detto mio padre. E quelle leggi sono molto più semplici di quanto non crediamo.

Una collaborazione con la Chiesa Svedese? Non ho assolutamente nulla in contrario. Sì, sono pronto.

Mi sforzo di parlare lentamente e con chiarezza. Il rumore che si sente ogni tanto in sottofondo viene dall'Avabäcken, che scorre sotto casa mia. In realtà è un ruscello assolutamente insignificante, ma nelle registrazioni rimbomba come un'onda di maremoto del Doré.

Quando tutto il mio parlare sarà finito e trasformato in libro, anche i segni di punteggiatura andranno al loro posto e le maiuscole si distingueranno dalle minuscole, il superfluo verrà eliminato e nuovi capitoli saranno creati dove si dimostrerà necessario.

Tutti quelli che hanno letto ad alta voce per me nel corso del tempo, di tanto in tanto dicevano Nuovo capitolo. Non ho mai veramente capito cosa intendessero. Ci sono capitoli nella realtà?


Negli anni in cui lavoravo al museo ho visto un'infinità di quadri con personaggi che leggevano libri. In nessuno, a mia conoscenza, comparivano delle vere e proprie lettere. Le pagine dei libri aperti erano sempre bianche o appena ombreggiate di azzurro o di grigio e in generale mancavano segni. Penso per esempio alla Madonna della Famiglia Pesaro di Tiziano, al ritratto dell'evangelista Matteo del Caravaggio, a Ingrid legge Aspenström di Bertil Almlöf, alle Reggenti dell'Ospizio dei Poveri di Frans Hals. E alla Regina Sofia con la Bibbia di Zorn. O alla Lettrice in costume da bagno di Hopper. Nessuna lettera da segnalare.

Tra me e il mondo non c'è mai stata nessuna lettera dell'alfabeto.

Questo è il mio primissimo ricordo, probabilmente ero ancora in culla:

Mia madre mi era seduta accanto e aveva in mano un libro aperto che teneva sollevato verso di me. Era la Bibbia di Doré nell'edizione rilegata in pelle rossa. Il nonno era in piedi alle sue spalle, appoggiato contro il bracciolo della sedia.

Ma certo! esclamava. Fagli vedere anche La morte che arriva a cavallo nell'Apocalisse! E L'esercito del Faraone che annega nel Mar Rosso!

Aveva in mano la penna, ce l'aveva sempre. Come se un bel giorno dovesse scrivere qualcosa. Che ovviamente non avrebbe mai fatto.

Anni dopo chiesi a mia madre: Perché mi costringevi a guardare quelle figure spaventose? Ero solo un neonato! Non potevo pensare nulla di male del mondo. Mi sarebbe più che bastato guardare te. I tuoi occhi malinconici, un po' obliqui! O le rughe di preoccupazione sulla tua fronte!

Volevo solo assicurarmi che tu ci vedessi, mi rispose. Che i tuoi occhi funzionassero come dovevano.

Sì, funzionavano!

E certo che vedevo! L'immagine mi è rimasta impressa come un marchio. A fuoco. Proprio così: a fuoco.

Su una pagina vedevo Nabucodonosor che faceva uccidere i figli di Sedecìa sotto gli occhi del padre. Un soldato squarciava il petto di un bambino con la lancia. Un altro bambino ucciso giaceva a terra sventrato. Sedecìa distoglieva il viso e urlava rivolto al cielo.

Non lo dimenticherò mai.

Sulla pagina accanto, anch'essa girata verso di me, Sansone abbatteva i pilastri del tempio. Tutti cercavano di fuggire. Ma ovviamente venivano schiacciati. Per schiacciare un uomo non ci vuole più di qualche secondo. Ma è quanto basta perché chi viene schiacciato faccia in tempo a pensare: Adesso sarò schiacciato.

Io ovviamente non capivo niente, feci notare a mia madre. E non c'era nessuna barriera tra me e quelle immagini. Non potevo difendermi, lì nella culla. E ne ero ustionato.

Non eri nella culla, obiettò lei. Eri in un letto a sbarre verdi. E quando avrai imparato a leggere, vedrai che capirai.

Quando avrò imparato a leggere? chiesi.

Sarebbe anche ora. Presto avrai sette anni.

Sì, ammisi. È incredibile come passa il tempo.

Se si legge, disse la mamma, non ci sono più immagini pericolose. Quando si legge tutto trova una spiegazione. Qualcuno ha sempre messo pre iscritto sia le cause che gli effetti.

Vuoi dire, chiesi, che lo scritto è ancora più esplicito e chiaro?

Sì, mi rispose. Lo scritto riporta la realtà stessa. Se si vuole sapere tutta la verità, si deve imparare l'alfabeto e i segni di punteggiatura.

Bisogna proprio sapere tutta la verità? chiesi.

Naturalmente noi vorremmo che tutto ti vada per il meglio, disse la mamma. Che tu riesca nella vita. Senza verità non potrai mai essere felice. Guarda tuo padre!

Poi tirò fuori l'altra Bibbia, quella che conteneva anche le lettere, e si mise a leggermi ad alta voce. La sua voce era dolce e calda, spesso mentre leggeva mi addormentavo. La corrente-elettrica era razionata in quegli anni, la spirale all'interno della lampadina ardeva come lo stoppino di una candela. Lei si chinava piegata sul libro e leggeva per esempio così:

Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse: Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita.

Poi mi mostrava anche la relativa illustrazione nella Bibbia del Doré rilegata in pelle rossa. E ciò che aveva letto era assolutamente esatto! La gente si rallegrava davvero.


Quanto a me, sono nato il sedici giugno millenovecentotrentanove. Mio padre era ispettore forestale della riserva Settentrionale dell'Åman, abitavamo nella residenza di Bostället. Il giorno in cui nacqui tutto il popolo festeggiava l'ottantunesimo compleanno di re Gustavo V. Papà alzò di persona la bandiera, era l'unica bandiera della riserva, e sventolò orgogliosa verso il bosco di abeti dell'Avaberget e il cielo scuro della riserva Meridionale e – nell'altra direzione – verso il delta dell'Avabäck nel Rentjärnssundet.

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Pagina 16

Il nonno abitava nella stanza più piccola, quella oltre la cucina, sotto gli abeti più grandi, per così dire.

Ah, il nonno!

Con quanta lentezza, quasi esitando, dondolava la testa pesante, quando era accanto alla mamma seduta al piano, quella testa che in realtà avrebbe dovuto essere così leggera! Ascoltava la musica e faceva dondolare la testa. A volte ci parlava con la sua voce salmodiante da professore, il timbro profondo rafforzato da quelle cavità uniche che aveva nel cranio.

Nell'ambito dello studio letterario, era capace di dire, non ci occupavamo mai delle verità, ma solo degli enigmi e dei segreti.

Aveva dunque insegnato Lingua e Letteratura svedese, prima di essere colpito dalla disgrazia.

Il piccolo incidente, lo chiamava lui, mai la Disgrazia. Oppure Quel buffo episodio. O anche Il mio bernoccolo.

All'epoca io non ero ancora nato. Il nonno era da poco rimasto vedovo, e papà aveva deciso che doveva passare il periodo natalizio a Bostället, in un ambiente sereno, perché non soffrisse di solitudine. Come regalo di Natale ricevette una pianola Hupfeld, ora che la nonna non poteva più suonare per lui. La sera dell'Epifania se ne andò nel bosco, verso Hattstensborg, papà aveva appena controllato il termometro fuori dalla finestra della cucina e osservato: Meno quaranta gradi. Nessuno l'aveva visto uscire, e solo all'ora del tè ci si accorse della sua assenza. La mamma s'infilò di corsa la sua pelliccia di foca e si precipitò fuori facendo il giro della casa e chiamando a gran voce. Sì, si arrivò al punto che perfino papà uscì sulla scala e si mise a gridare il nome del nonno in direzione dell'Avabäck. Ma invano.

Quando ci penso, a papà che se ne stava là fuori al buio sulla scala, mi vengono le lacrime agli occhi.

Quando alla fine il nonno ricomparve, era tutto coperto di brina, grossi ghiaccioli gli pendevano dal naso e dalla bocca, le dita gli si erano congelate nelle tasche dei pantaloni, era incomprensibile come fosse riuscito a percorrere gli ultimi passi decisivi, era semplicemente un pezzo di ghiaccio ambulante, una scultura uscita dal permafrost.

Quante volte mi hanno raccontato questa storia!


Papà voleva che avessi comprensione per il nonno. Non ha mai capito quanto a fondo ci comprendessimo tra noi.

Posso vedermi la scena davanti agli occhi molto chiaramente, incisa in bianco e nero:

Il nonno è al centro, la più alta delle tre figure, e scintilla della luce che si riflette nei cristalli di ghiaccio, i suoi contorni sembrano dissolversi. Papà è di profilo alle sue spalle e gli tocca titubante la testa, forse è giusto in quell'attimo che i capelli si staccano dal cranio e gli restano in mano. Davanti al nonno c'è la mamma, è in ginocchio e alza le mani giunte verso quel volto bianco e paralizzato. Sullo sfondo si intravede il cielo stellato attraverso i vetri delle finestre. Forse anche il vapore che sale dall'acqua corrente del ruscello.

Ci vollero diverse ore per decongelarlo. Due, secondo la mamma. Quattro ore e diciassette minuti, diceva papà.

Per ultimo gli si scongelò la testa, che era sempre stata molto compatta.

E non ci fu il minimo dubbio che da quel momento fosse perfettamente ristabilito. Mangiò e bevve, perfino due bicchieri di birra leggera di Malå, tutte le sue articolazioni tornarono flessibili e mobili, e riuscì a cantare Una stella passava nel cielo. Con l'accompagnamento della mamma. Era dunque in possesso di tutte le sue facoltà.

Fu solo il giorno dopo che ci si rese conto che gli era successo qualcosa. Se ne accorse lui stesso quando cercò di leggere il Norra Västerbotten. Le lettere non erano più comprensibili, avevano perso il loro significato. Non riusciva a distinguere un segno dall'altro. Ma non vedi, disse la mamma, che qui si può leggere che hanno bruciato intere montagne di libri in Germania? E questo grosso titolo sul ghiaccio che si è formato nei porti di Kåge e Skellefteå! No, obiettò il nonno, io non vedo niente.

Niente?

Voglio dire, ci vedo bene come prima. Ma non vedo le lettere. Tutto il Norra Västerbotten mi sembra un cielo notturno. Fatto da un incisore con il bulino parallelo. In alto vedo l'orizzonte.

Prova con qualcos'altro, disse papà. Il Norra Västerbotten non è che un giornalucolo di provincia che non merita veramente di essere letto. Eccoti qui lo Svensk tidskrift!

Ma non cambiò nulla.

La cultura unitaria del Nord? disse papà. L'orgogliosa eredità? L'epoca della grande potenza svedese?

No, disse il nonno. È sparito. Tutto quanto.

Poi provarono anche con i libri, Dante e Sven Hedin e Heidenstam e Olle Hedberg e Il disagio della civiltà. Tutto altrettanto inutile.

Il nonno non riconosceva più le lettere dell'alfabeto. Per lui si erano congelate per sempre.

In seguito sentii papà spiegare innumerevoli volte quel che era successo:

Il cervello del nonno doveva essersi liofilizzato.

Attraverso la liofilizzazione, spiegava papà, le cellule e il loro contenuto si possono fissare in una condizione che è il più vicino possibile a quella vitale. Sotto questo aspetto, altri metodi di conservazione sono lungi dall'essere ideali, le cellule subiscono un gran numero di cambiamenti morfologici e chimici. Ma nella liofilizzazione avviene un'interruzione istantanea dei processi vitali, tutte le sostanze solubili restano al loro posto, dov'erano nell'attimo della fissazione. Se ne va il vapore acqueo, e nient'altro. Quando si fa rinvenire l'oggetto o il preparato liofilizzato reintegrando il liquido, si scopre che ha mantenuto a grandi linee tutte le sue qualità originarie. Il poco che si è vaporizzato era per lo più irrilevante. Si potrebbe perfino sostenere che la liofilizzazione abbia eliminato il superfluo.

Nel caso del nonno era capitato che era evaporato l'alfabeto, osservava papà. Una sfortuna, è vero. Ma sarebbe anche potuto andare ben peggio. Avrebbero potuto essere colpiti la vista o l'udito o l'umanità o il senso della giustizia e della verità oppure la sensibilità nelle mani e nei piedi. Doveva essere possibile per il nonno vivere in senso stretto senza il sostegno delle lettere dell'alfabeto. La spiegazione dell'accaduto, detto en passant, poteva anche essere così banale come l'aver casualmente aggiunto un liquido inadatto al momento della decongelazione, forse una semplice acqua minerale sarebbe stata preferibile alla birra leggera di Malå.

Ormai comunque non c'era che da essere contenti e soddisfatti del risultato raggiunto. Per un anziano, del resto, non era neanche strettamente indispensabile poter leggere e acquisire nuovo sapere, nella fase finale della vita importava piuttosto meditare su quel che si era letto in precedenza. La vecchiaia dovrebbe essere in se stessa e per sua natura un periodo di digestione spirituale e intellettuale.

Un giovane invece doveva padroneggiare l'arte di leggere e di scrivere, le lettere dell'alfabeto erano gli unici segni affidabili sulla nostra carta del cammino attraverso la vita. Senza segni di scrittura nessuno avrebbe potuto interpretare la mappa dello stato maggiore dell'esistenza.

Chi non sapeva né leggere né scrivere non avrebbe mai potuto per esempio diventare ispettore forestale.

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Pagina 43

Quel modo indiscreto e intimo di guardare superfici limitate l'avevo imparato dal nonno.

Una volta all'inizio della sua avventura di non leggente e non scrivente, papà gli aveva comperato un congegno, una lente d'ingrandimento su cavalletto provvista di lampada che illuminava la superficie da esaminare.

Giorno dopo giorno, sera dopo sera il nonno e io leggevamo la Bibbia del Doré con l'aiuto di quello strumento. Un'unica pagina poteva richiedere una settimana di lettura. La lente d'ingrandimento cancellava la distanza fra l'occhio e ciò che si osservava, la pupilla e la retina e il punto che guardavamo si congiungevano o si fondevano in un'unità che usavamo chiamare la Visione.

Una volta Simone, che più tardi sarebbe stato elevato al rango di apostolo Pietro, era fuori a pescare sul lago di Genesaret, Gesù era con lui sulla barca. Ma di pesci non ne prendeva. No, non prima che Gesù gli indicasse il punto esatto dove, sul fondo, c'era il banco di pesci. Allora le reti si riempirono subito a tal punto che quasi non le riuscivano a issare. E Gesù disse a Simone che poi sarebbe diventato Pietro: Ecco, vedi! Non temere. E d'ora in avanti sarai pescatore di uomini!

I pesci sono grossi, sotto la lente d'ingrandimento diventano ancora più grossi. I loro occhi sono sbarrati, avevano creduto di potersene stare nascosti al sicuro giù nelle loro tane e nel fango del fondo. Fuori alla luce i loro tratti si deformano, l'osso frontale si solleva e le guance si gonfiano, senza alcun dubbio assumono dei lineamenti umani. Con l'aiuto dello strumento si riesce a vedere anche dentro le loro fauci che Doré ha lasciato spalancate e ansimanti, e di lì anche più giù nella gola e oltre, fino alle interiora. I polmoni si stanno formando, il cuore cresce, la vescica natatoria si raggrinza.

Questo modo per così dire nonnesco di vedere mi ha seguito ner tutta la vita. Al museo — in quel tempo davvero troppo breve — vedevo innumerevoli macchie del genere sui grandi capolavori, sì, i miei occhi le andavano a cercare, spinti da una singolare passione per l'ingrandimento e l'approfondimento. Che al tempo stesso, se si considera l'insieme, implica anche riduzione e limitazione.

Probabilmente chi lo desideri può altresì vedere ogni singolo aspetto della propria esistenza in questo modo amplificante e al tempo stesso restrittivo.

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Pagina 99

Era una giornata d'inverno limpida e fredda quando mio padre, al mattino di buon'ora, venne a prendermi.

Avevo creduto che sarebbe arrivato un giorno d'estate.

La nuova Mercedes era blu e aveva forme più arrotondate rispetto alle macchine che mi ricordavo dall'infanzia.

È una bella macchina, dissi. Questo colore dà quasi un senso di felicità. Sullo sfondo della neve è come un po' celestiale.

La concessionaria Fjällström a Skellefteå aveva finito quelle nere, disse papà.

E io chiesi se dovevo mettere in valigia le mie cose, ora che sarei tornato di nuovo a casa a Bostället.

No, non si trattava di questo. Ma solo di un'escursione occasionale nell'entroterra. Una visita di cortesia, per così dire. Io avrei completato la mia istruzione qui.

Ma ho ancora la tua moneta da due corone, dissi. Di tanto in tanto le do una lucidata.

E l'armonica a bocca. Mi esercito un po' ogni giorno.

Dovresti raderti la barba, disse papà. Nonostante tutto sei ancora giovane.


La mamma ci aspettava sulla porta, mi abbracciò subito e mi baciò sulla fronte e mi premette piano l'indice sulla punta del naso, proprio come aveva sempre fatto.

Di quando in quando papà l'aveva fotografata con la sua Hasselblad, e lei mi aveva mandato le foto, ovviamente tramite la direttrice. Ora potei constatare che somigliava molto di più alle ultime fotografie che a a quelle degli anni precedenti.

Mi rendo conto che tu sei tu, disse, perché sei tu che papà è andato a prendere.

Io naturalmente sono sempre lo stesso, replicai. E sempre lo sarò.

Ci sei mancato, disse lei. Abbiamo costantemente nostalgia di te.

Nessuno, dissi io, potrà mai dubitare della mia devozione alla famiglia e al paese nativo.

Questa cura che ti stanno facendo, questo trattamento, credi che sia di qualche utilità? volle sapere.

Sì madre, risposi, ne sono senz'altro convinto.

Poi papà mi prese per mano e mi condusse attraverso la cucina alla stanza del nonno. Era lì che si trovava il motivo della mia visita a casa. Sul fuoco in cucina c'era una pentola fumante, l'inconfondibile profumo di pimento, foglia d'alloro, chiodi di garofano e cipolla in intima unione si diffondeva per tutta la casa. La mamma non aveva dimenticato ciò che più di tutto avrei voluto mangiare.


La stanza era gelida. Il nonno giaceva nella bara, che era stata messa sopra il letto. L'unica cosa che in realtà si vedeva di lui era la testa appoggiata su un cuscinetto ornato di pizzo, per il resto era avvolto in un lenzuolo bianco.

Nella Bibbia Lazzaro è avvolto esattamente così prima che Cristo lo resusciti dai morti.

Molto strano, dissi, che dovesse essere proprio lui a morire.

Nel gelo della stanza il vecchio e ben noto odore di olio da pipa e di fumo di pipa da tempo dissolto era molto chiaro. Così odorava anche la mia stanza all'istituto sul Fiume. La sua pipa finì per toccare a me, da allora possiedo due pipe uguali. Ma quella del nonno ha un sapore più dolce.

A grandi linee aveva esattamente l'aspetto che doveva avere, forse con l'eccezione delle labbra che erano piegate all'insù agli angoli della bocca, così che pareva che sogghignasse per qualche segreto infantile.

Sul comodino accanto al letto e alla bara era posato un libro. Era aperto con le lettere rivolte sotto.

Io lo indicai e chiesi: Quello cos'è?

Ah sì, disse papà. È molto strano. Negli ultimi tre giorni aveva ricominciato a leggere.

Non è possibile! esclamai. Non aveva nessun bisogni di leggere! Aveva già tutto dentro!

Per la prima volta in vita mia ebbi la sensazione che una delle persone a me più care si fosse resa colpevole di tradimento.

Perché, dissi. deviò dalla sua strada così chiaramente tracciata solo perché doveva morire?

Si è concesso un po' di distrazione proprio alla fine, disse papà. Era solo più che giusto e doveroso.

Certe volte, disse la mamma, lo sentivo attraverso la porta che, pur morente, ridacchiava fra sé.

Devo sapere che cos'è che leggeva, dissi.

Ha qualche importanza? disse papà.

È proprio quello che voglio sapere, dissi io. Se aveva qualche importanza.

Allora lasciammo il nonno, così com'era adesso, la mamma prese il libro, con l'indice infilato al punto giusto. E mentre papà andava nel suo studio e si metteva a studiare le sue cartine e mentre il cibo nella pignatta continuava a sobbollire e mentre la radio sul piano di lavoro della cucina diffondeva con un sordo brontolio la musica discografica del pomeriggio, noi ci sedemmo sul divano di fronte al pianoforte. Poi la mamma cominciò a leggere dal punto esatto dove il nonno era evidentemente arrivato nell'attimo in cui se n'era andato per sempre:

"La misericordia, nipote mia, rispose, è quella che in questo momento Dio ha usato con me", lesse, "senza che i miei peccati, come ho detto, lo abbiano impedito. Il mio intelletto è ora libero e chiaro senza le ombre caliginose della ignoranza, in cui lo aveva avvolto la continua e detestabile lettura dei libri di cavalleria."

Certo, dissi io, riconosco ogni singola frase. Il nonno stesso mi ha raccontato questa storia, parola per parola! Oso affermare che la so a memoria.

"Io riconosco ora" continuò la mamma, "le loro stravaganze e i loro inganni, e mi duole soltanto d'essermene accorto troppo tardi, poiché non mi resta più tempo di compensare il mio fallo con la lettura d'altri libri che possano illuminarmi l'anima. Io mi sento in punto di morte, nipote mia, e vorrei morire in modo da far capire che la mia vita non è stata tanto cattiva da meritarmi la reputazione di pazzo."

Lì mia madre interruppe la lettura e con la voce del nonno e con le sue stesse parole e con i suoi gesti io citai ancora un brano:

"Finalmente dopo aver ricevuto tutti i sacramenti e dopo aver rinnegato con molte ed efficaci parole i libri cavallereschi, giunse per Don Chisciotte l'ultima sua ora. Il notaro vi si trovò presente, e disse che non aveva mai letto in nessun libro cavalleresco che un cavaliere errante fosse morto nel suo letto tanto quietamente e tanto cristianamente come Don Chisciotte; il quale fra la compassione e le lacrime dei presenti esalò il suo spirito, ossia morì."

Ricordare, ripetere e imitare è sempre stata la mia forza.

È stata davvero una coincidenza curiosa, disse la mamma.

Più tardi papà domandò se veramente avesse avuto qualche importanza.

No, dissi io. Probabilmente no.

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Pagina 115

Certe volte ci si sente ridicoli, anzi quasi stupidi, quando si racconta un libro. È un'occupazione che indica un'ineducabilità senza speranza.

Come adesso questo libro sulla Bibbia.

Dietro la dizione stessa sembra celarsi una solitudine mortificante quanto penosa. E una presunzione.

Ma suppongo che vi sia qualcosa di ridicolo e imbarazzante anche nello scrivere un libro. Nell'imprimere un segno dopo l'altro. Nell'avere ogni secondo davanti agli occhi il proprio scritto, il proprio secreto.

Molti anziani cominciano a parlare da soli nella vecchiaia, e se ne vanno in giro discorrendo ad alta voce e chiassosamente e scioccamente con il silenzio. È qualcosa di simile.

Quello che io dico, qualcun altro poi lo scriverà. Nessuno potrà mai stabilire con assoluta certezza ciò che ho veramente detto e ciò che l'altro ha scritto. Aggiunto o stravolto.

È attraverso lo scrivere che si infiltrano l'incertezza e perfino il dubbio. Forse, nonostante tutto, il dire è da preferirsi allo scrivere, anche se di primo acchito può apparire più inconsistente ed effimero?

Se sapessi scrivere, scriverei un inno di lode all'alessia e all'analfabetismo.

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Pagina 129

Sono steso supino e dico queste cose. Il salice fiorisce qui fuori accanto alla sorgente dell'Avabäcken.

Il salice è una pianta nobile. Non rara, ma nobile.

Per dissipare i pensieri, di tanto in tanto mi chiedo: Erano veramente le sonate per pianoforte di Brahms, che la mamma mi suonava?

Oppure: Chissà se Manfred Marklund avrà con sé il contenitore di alluminio con quella pietanza che soltanto la sua Eva sa preparare in modo perfetto? Oppure: Che cosa rispose realmente Emma quando il dottor Bovary le chiese di sposarlo? Parola per parola?

Devo proprio spiegare perché è successo questo o quest'altro? Io non ho nessuna spiegazione. Assolutamente nessuna. Le spiegazioni, quelle che trattano di cause e di effetti, mi riempiono solo di dubbi.

Spesso vivo nelle nuvole. Dipende dall'altitudine sul livello del mare e dalle aree di bassa pressione che incessantemente arrivano da ovest. L'unica montagna della zona che è più alta dell'Avaberget è l'Åmliden. Quando è limpido riesco a vedere i vetri delle finestre che luccicano nell'albergo che qualcuno ha costruito sulla cima. È un albergo per gente molto ricca. Dovrei abitare lassù. Io sono una persona molto ricca.

Adesso mi sto evidentemente avvicinando al mio argomento.

Da che cosa puo dipendere che queste nuvole siano sempre flosce e vuote?

La spiegazione è semplice: hanno vuotato il proprio contenuto, le precipitazioni stesse, sulle alpi del Västerbotten, sul Nona Storfjället e lo Stalo e l'Ammarfiället e il Nasa. Quando le nuvole arrivano qui sono rimasti soltanto i loro involucri umidi e flosci.

Sono dunque steso supino sul letto, il registratore appoggiato sul torace. Mi sento molto più tranquillo quando sto steso rispetto a quando sto seduto. È importante sentirsi tranquilli.

La cosa che adesso devo dire non è del genere che va da sé.

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