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| << | < | > | >> |Indice7 Prefazione 10 Avvertenza bibliografica 11 Introduzione 17 1. Una lezione da Bombay. Lezioni nell’oscurità 38 2. Un mondo invisibile. Il tipo di moto che chiamiamo calore 61 3. Il dottor Boltzmann di Vienna. Il genio precoce 89 4. Trasformazioni irreversibili. L’enigma dell’entropia 109 5. «Non si troverà bene». I terribili prussiani 130 6. La sfida britannica. Pastori, avvocati e fisici 145 7. «È facile scambiare una grossa sciocchezza per una grande scoperta». La filosofia seduce la fisica 170 8. Innovazioni americane. Nuovo mondo nuove idee 189 9. Lo shock del nuovo. L’avvento del secolo atomico 213 10. Beethoven in cielo. Ombre della mente 232 11. Annus mirabilis, annus mortis. Einstein sorge, e un uomo cade 254 Congedo 255 Bibliografia 265 Indice analitico |
| << | < | > | >> |Pagina 69In quella fase Boltzmann stava portando la teoria cinetica in territori inesplorati ed era prossimo a una delle massime conquiste teoriche dell’era della fisica classica.Benché avesse fornito alcuni anni prima qualche giustificazione fisica della correttezza della formula di Maxwell per la distribuzione delle velocità atomiche in un gas, Boltzmann era perfettamente consapevole di che cosa ancora mancasse. Non c’era fino a quel momento alcuna argomentazione che dicesse come e perché un insieme di atomi che collidono incessantemente tra loro secondo le più varie modalità dovrebbe arrivare a conformarsi alla formula di Maxwell-Boltzmann, o se, una volta raggiunta tale distribuzione, vi rimarrebbe indefinitamente. Dal momento che gli atomi si urtano così frequentemente, le velocità e le direzioni di moto di ciascuno di essi cambiano continuamente. Un atomo che in un dato momento si sta muovendo a una velocità superiore alla media, potrebbe colpirne un altro e ritrovarsi improvvisamente in moto con una velocità molto inferiore alla media. Qualunque formula matematica che pretenda di descrivere la distribuzione globale delle velocità atomiche in modo stabile deve chiaramente rappresentare un qualche tipo di media. Deve fornire, a ogni momento dato, il numero più probabile degli atomi che si muovono a una qualsiasi velocità assegnata, ma non può sperare di costituire una specificazione completa del particolare stato di moto di tutti i singoli atomi. Qui stava il problema identificato con chiarezza da Boltzmann: come mai gli atomi che sono perennemente in moto caotico, continuamente in collisione tra loro, che accelerano, rallentano, cambiano direzione, sempre in modi apparentemente imprevedibili, nondimeno conservano una distribuzione media di velocità che segue una formula semplice e invariabile: la distribuzione di Maxwell-Boltzmann? Come possono la casualità e l’imprevedibilità che dominano sulla scala dei singoli atomi dare origine a livello globale d’ordine? | << | < | > | >> |Pagina 112Boltzmann formulò quella che sarebbe divenuta, per qualsiasi fisico, un'equazione semplice e famosa, la quale afferma che l'entropia di qualunque distribuzione di atomi è proporzionale al logaritmo del numero dei modi equivalenti in cui tale distribuzione può essere realizzata. Tenendo conto del principio per cui, in un libro rivolto a un pubblico generico, può trovar posto un’unica equazione, la formula di Boltzmmnn merita di essere riportata qui nella sua forma canonica moderna:S = k log Wdove S è l’entropia, W rappresenta il numero dei possibili modi in cui può essere ottenuta una data distribuzione di atomi nelle celle e log indica il logaritmo (il logaritmo è la funzione inversa della funzione esponenziale; esso aumenta all’aumentare di W, ma sempre più lentamente al crescere di W). Nel 1877 Boltzmann non disponeva di una determinazione precisa del numero di atomi in volume assegnato di gas, e pertanto formulò il suo risultato semplicemente come relazione di proporzionalità tra S e log W. La grandezza k, oggi nota come costante di Boltzmann, fu determinata in seguito. | << | < | > | >> |Pagina 193Boltzmann aveva inoltre lo svantaggio di lavorare all’interno di (o piuttosto, contro) una tradizione filosofica come quella tedesca. Kant era l’ultimo di una lunga serie di filosofi, risalente fino a Platone e Aristotele, i quali assumevano quello che solitamente viene detto un punto di vista idealista o razionalista. Essi ritenevano che l'unica fonte di conoscenza sicura e degna di fiducia fosse la mente umana stessa, e quindi credevano che tutta la conoscenza pratica - l’astronomia, la geometria, la scienza nel suo insieme - dovesse basarsi su una qualche combinazione di principi indiscutibili di ragione e difatti autoevidenti, e quindi anch’essi indiscutibili.Non era stato di questa opinione Democrito, ma il suo stile di ragionamento, almeno agli occhi dei filosofi, era stato fuori moda per molti secoli. Era tornato in auge grazie agli empiristi britannici, in particolare a Bacone, Locke e Hume. Costoro avevano compreso che alcuni tipi di conoscenza non sono autoevidenti e non potrebbero neppure essere generati dalla sola ragione. | << | < | > | >> |Pagina 246Pochi anni dopo la morte di Boltzmann la sua fisica era ormai affermata. L’esistenza degli atomi non era più messa in dubbio; la teoria cinetica appariva indiscutibile. Quanto alla questione del carattere probabilistico del secondo principio della termodinamica, che aveva perseguitato Boltzmann per tanti anni, la semplice conclusione era stata che lui aveva ragione e i suoi critici torto. Le leggi della termodinamica sono, in effetti, leggi approssimate: il calore fluisce quasi sempre dai corpi caldi a quelli freddi; l’entropia aumenta quasi sempre. Per molti fisici classici il fatto che le leggi non siano assolute può aver rappresentato uno shock, ma le successive generazioni di fisici hanno superato lo shock.| << | < | |