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| << | < | > | >> |Pagina 13 [ inizio libro ]Mi chiamo Saverio e racconto questa storia perché è così che vuole il dottor Modrian.Difficile capire se è roba interessante, difficile anche supporre se quello che scrivo uscirà prima o poi di qui; per questo mi rivolgerò a una seconda persona plurale alquanto improbabile. Dirò: "adesso state a sentire questa" oppure voi vi starete chiedendo..." e intanto sarò intimamente preso dal dubbio che non ci sarà nessun voi. Dire così mi aiuta, ecco tutto; mi fa compagnia, e dio sa se ne ho bisogno. Del resto è un atteggiamento a cui sono già per certi versi abituato.
Vedete, a me piace, o perlomeno è sempre piaciuto,
preparare cibi, cucinare pietanze. Io che ho vissuto per
molto tempo da solo, l'ho sempre fatto pensando a un
voi, ad almeno uno tra gli improbabili ospiti della mia
cena. Non vale la pena, ve lo assicuro, cucinare per una
sola persona, soprattutto quando la preparazione richiede
del tempo e delle cure. Peraltro un buon piatto di granchi
allo zafferano, o un
ful
di fave, non lo si può preparare veramente bene per meno di
quattro commensali; è, io credo, per via dei profumi più
sottili che richiedono masse consistenti in cui potersi
distendere in tutta la loro magnificenza. Senza contare poi
che nessuno al mercato vi venderebbe un unico granchio o un
pugnetto di riso: da queste parti la solitudine, almeno a
tavola, non è considerata granché.
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