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| << | < | > | >> |Pagina 9Il sayyed Ahmad Abd el-Gawwad si chiuse alle spalle il portone di casa e, con passo lento e fiacco, attraversò il cortile al fioco chiarore delle stelle, affondando la punta del bastone nella terra polverosa, ogni qualvolta vi si appoggiava nella sua svogliata andatura. Quel soffocante calore gli arroventava il petto e gli faceva sospirare l'acqua fresca con cui si sarebbe lavato faccia, testa e collo per placare, fosse anche per poco, la calura di luglio e l'arsura che gli bruciava le viscere e la testa. L'idea dell'acqua fresca lo rallegrò a tal punto da far distendere i tratti del suo volto. Giunto che fu alla porta della scala, scorse la debole luce che veniva giù dal pianerottolo e scivolava lungo le pareti seguendo i movimenti della gracile mano che teneva afferrata la lampada. S'arrampicò su per la scala con una mano appoggiata alla ringhiera e l'altra sul bastone la cui punta faceva risuonare, con regolare scansione, colpi che, da tempo, avevano acquistato un ritmo tanto particolare da renderlo riconoscibile, come qualsiasi tratto del volto. In cima alla scala apparve Amina, con la lampada in mano. Non appena la raggiunse, si fermò, col petto ansimante, giusto il tempo di riprendere fiato, poi la salutò, come era solito fare ogni sera, dicendole: « Buona sera... ». « Buona sera, signore! », replicò Amina bisbigliando, mentre gli faceva strada con la lampada. In camera si precipitò verso il canapè e vi si lasciò cadere. Poi si liberò del bastone, si tolse il tarbush e appoggiò la testa sul cuscino allungando le gambe in avanti, in modo che i fianchi della gubba furono rimossi dal quftan e questo, a sua volta, mise allo scoperto le brache infilate nelle calze. Chiuse gli occhi, mentre col fazzoletto si asciugava la fronte, le guance e il collo. Amina, nel frattempo, posò la lampada sul tavolo, poi si fermò, aspettando che egli si alzasse, per aiutarlo a svestirsi. Se ne stava lì a guardarlo con una sollecitudine venata di angoscia: avrebbe voluto trovare il coraggio di supplicarlo e chiedergli di risparmiarsi quella sua caparbietà nel passare da una veglia all'altra, cosa che, per la sua salute, egli non poteva ormai più prendere alla leggera, come era avvezzo a fare per l'innanzi. Ma non sapeva come esprimere i suoi desolati pensieri! Passarono alcuni minuti prima che riaprisse gli occhi, poi si slacciò l'orologio d'oro dal quftan, si tolse l'anello col diamante e li fece cadere nel tarbush, quindi si alzò per liberarsi della gubba e del quftqn con l'aiuto di Amina. Il suo corpo era là, come era sempre stato: lungo, largo e pieno... a parte dei capelluzzi bianchicci sparsi qua e là sulle tempie. Infilato che ebbe la testa nella bianca camicia da notte, fu colto da una improvvisa voglia di sorridere. S'era infatti ricordato di come il sayyed Ali Abd er-Rahim si fosse messo a vomitare, quella sera stessa, durante il convegno e come, per scusarsi di quella sua debolezza, avesse addotto come scusa un colpo di freddo allo stomaco, e come, infine, i presenti avessero cominciato a rinfacciarglielo dicendo, senza peli sulla lingua, che non era più capace di reggere il bere e che non a tutti è concesso avere familiarità col vino fino alla fine dei propri giorni ..., e così di seguito. E ricordò pure come il sayyed fosse andato su tutte le furie e ce l'avesse messa tutta per allontanare da sé un simile sospetto. Che strano! Era proprio necessario dare importanza a cose tanto futili? Ma allora, se non era così, perché proprio lui s'era vantato, fra schiamazzi di voci e risate, di poter trangugiare una taverna intera senza che il suo stomaco ne risentisse? Si sedette nuovamente sul canapè e allungò le gambe verso la donna che, sfilategli scarpe e calzini, uscì per un poco dalla stanza e ritornò con il catino e con la brocca cominciando a versargli l'acqua perché si lavasse e risciacquasse la testa, la faccia e il collo. L'uomo andò infine a sedersi con le gambe incrociate sul suo materassino, esponendosi alla brezza d'aria che batteva dolcemente tra la mashrabiyya e la finestra che dava sul cortile. « Che orribile estate è quella di quest'anno! ». « Che il cielo ci soccorra! », esclamò Amina, tirando fuori il materasso da sotto al letto e accingendosi anch'ella a sedersi con le gambe incrociate vicino ai piedi del marito. Poi, sospirando: « Se fa tanto caldo dappertutto, immaginiamoci giù nel forno... Il terrazzo, c'è solo il terrazzo, in estate, dove poter respirare dopo il tramonto del sole! ». Seduta sul materassino sembrava diversa da come era sempre stata. Era smagrita, il viso le si era allungato, o, forse, sembrava più lungo di quanto fosse in realtà per la magrezza delle guance e per quei capelli bianchi sparsi tra le ciocche sfuggite al fazzoletto che soleva portare sul capo, e che le davano un'aria più vecchia del dovuto. Il neo che aveva sulla gota era ora più grosso, mentre gli occhi esprimevano — oltre a quello sguardo di sottomissione che non l'aveva mai lasciata — una sorta di abitudine soffusa di tristezza. Come era stata drammatica la sua confusione nel vedere operarsi su di lei un simile cambiamento! Se dapprima l'aveva accolto come una consolazione, ciò nondimeno presto aveva cominciato a domandarsi con angoscia se non dovesse pensare un poco alla propria salute finché restava in vita. Certamente! Anche altri avevano bisogno che ella restasse in buona salute, ma in che modo riportare le cose così come erano state un tempo? Sì, aveva i suoi anni... ma forse non tanti da giustificare una simile metamorfosi... però l'età aveva lasciato il segno: non c'era dubbio alcuno. Era così che passava una notte dopo l'altra incollata alla mashrabiyya, osservando la strada da dietro la graticciata. E vedeva una strada che non cambiava, ma lei sì ... la metamorfosi la incalzava implacabile e l'attanagliava nelle sue spire... Giù nel caffè rintronò la voce del cameriere e volò fino alla stanza silenziosa, come un'eco, ed ella sorrise mentre guardava furtivamente il sayyed. Cos'altro aveva ella di più caro di quella strada che viveva, notte dopo notte, parlandole al cuore... amica incurante del suo cuore che l'amava da dietro una graticciata... Essa riempiva lo spirito della donna, i cui compagni di veglia erano quelle voci animate che si infiltravano nelle sue orecchie... quel cameriere che non stava mai zitto... quell'uomo dalla voce rauca che commentava senza stancarsi e tediare i fatti del giorno... e quell'altro dalla voce nervosa che cercava di pescare "il sette" o "il fante"... e il padre di Haniyya, la bimba malata di pertosse, che rispondeva a chi gli chiedeva della figlia, una notte dopo l'altra: « La guarigione è nelle mani di Dio! ». Ah! La mashrabiyya era l'angolino di un caffè da lei sola frequentato. I ricordi della strada affollarono la sua immaginazione con netti contorni, dietro gli occhi immobili in quella testa poggiata sul cuscino del canapè. Non appena si sedò quel flusso di pensieri, la sua attenzione fu attratta dal sayyed e distinse, allora, ai lati del suo viso, un rossore intenso già altre volte notato dopo le ultime notti. Non se ne diede pace e perciò gli chiese con apprensione: « Vi sentite bene, signore...? ». « Sto bene, grazie a Dio! », rispose egli biascicando, dopo aver sollevato la testa. Poi, riprendendo: « Che brutta aria si respira oggi! ». « Lo zibibbo è la migliore bevanda alcolica in estate ». Così gli avevano detto e ripetuto, ma egli non lo sopportava. O il whisky o niente! E così doveva subire ogni notte, suo malgrado, gli effetti deleteri di una sbornia d'estate — d'una estate violenta. Quanto aveva riso quella notte... Si, aveva riso tanto che le vene del collo gli facevano male. Ma perché aveva riso? Non si ricordava quasi nulla, del resto non c'era niente da raccontare o da ripetere, ma l'atmosfera della riunione era sovraccarica di una piacevole elettricità, ogni minimo contatto provocava una accensione, cosicché, quando il sayyed Ibràhim el-Far si era lasciato sfuggire: « Alessandria ha oggi lasciato il porto di Saad diretta a Parigi », invece di dire: « Saad ha oggi lasciato il porto di Alessandria diretto a Parigi », erano scoppiati tutti a ridere, e la battuta era entrata a far parte delle "perle" legate al bere, e lo avevano incalzato dicendo: « Resterà presente ai lavori del negoziato il tempo di recuperare la salute, poi salperà all'invito, per rispondere a Londra, che egli ha ricevuto da... », o ancora: « e otterrà dell'indipendenza il suo accordo su Ramsey Mac Donald », e ancora: « tornerà portando l'Egitto all'indipendenza », e presero a parlare del previsto negoziato e a commentarlo con spiritosaggini di loro gusto. In verità... l'universo degli amici, per quanto vasto, si riduceva a tre: Muhammad Effat, Ali Abd er-Rahim e Ibra-him el-Far... Poteva mai immaginare che il mondo potesse esistere senza di loro? La gioia schietta di cui si illuminavano i loro volti al vederlo, gli procurava una felicità senza pari... I suoi occhi sognatori incrociarono quelli interrogativi di Amina e, quasi a ricordarle qualcosa di importante, disse: « Domani... ». « Come potrei dimenticarlo! », incalzò ella con un sorriso che le pervadeva il viso. « Mi è stato detto », replicò egli con una punta di orgoglio che non cercò di dissimulare, « che i risultati del baccalaureato sono stati pessimi, quest'anno... ». « Che Dio soddisfi i propositi di nostro figlio Kamal! », gli rispose, partecipando al suo orgoglio ma senza perdere il sorriso, « e ci faccia vivere tanto da vederlo diplomato ». « Sei stata a es-Sukkariyya, oggi? », continuò il sayyed. « Sì... Ho invitato tutti... e verranno, eccetto la padrona di casa che si è scusata dicendo di essere stanca. Però ha detto che i suoi due figli si feliciteranno con Kamal a nome suo ». Puntando il mento in direzione della gubba, il sayyed continuò: « Oggi, lo sheikh Metwalli Abd es-Samad è venuto a portarmi degli amuleti per i figli di Khadiga e di Aisha. Ha pregato per me dicendo: "Voglia Iddio ch'io possa farti degli amuleti per i tuoi pronipoti!" ». Poi scuotendo la testa e sorridendo: « Nulla è impossibile a Dio! Guarda lo sheikh Metwalli, guarda lui... è come un pezzo di ferro nonostante i suoi ottant'anni!... ». « Il Signore vi dia salute e forza! ». Rifletté a lungo, contandosi le dita, poi disse: « Se mio padre — Dio abbia misericordia della sua anima! — fosse ancora vivo, non sarebbe molto più vecchio dello sheikh... ». « Dio abbia misericordia dei morti... ». Regnò un cupo silenzio finché non svanì l'impressione che il ricordo "dei morti" aveva in loro provocato. Poi, col tono di chi ricordi qualcosa di importante, il nostro uomo affermò: « Zainab si è fidanzata! ». Amina sgranò gli occhi e sollevando la testa disse: « Davvero?! ». « Sì, me lo ha riferito Muhammad Effat, proprio stasera! ». « Con chi? ». « Un funzionario a nome Muhammad Hasan, direttore degli Archivi al Ministero della Pubblica Istruzione ». « Ma allora è già vecchio? », chiese ella con costernazione. « Niente affatto! », protestò egli, « è nella quarta decade... trentacinque o forse trentasei... quarant'anni al massimo! ». Poi, con tono ironico: « Zainab ha tentato la sorte con i giovani, ma ha fatto fiasco. E quando dico "giovani" parlo di quelli che non attirano per niente l'attenzione. E così ora punta la sua fortuna sugli uomini dotati di ragione! ». « Yasin sarebbe stato meglio per lei! », replicò Amina con rammarico. « Se non altro, per il bene del loro bambino ». Questa era anche l'opinione del sayyed. L'aveva a lungo difesa davanti a Muhammad Effat. Tuttavia non fece in alcun modo trapelare che condivideva il punto di vista della moglie per tenere nascosto lo scacco del suo tentativo. Perciò disse irritato: « Quell'uomo non ha più fiducia in se stesso, e in verità non merita fiducia alcuna. Per questo non ho fatto pressione su di lui, non ho voluto approfittare del nostro legame per indurlo a fare cose che non avrebbero portato a nulla di buono... ». « Non dovrebbe poi essere così difficile perdonare uno sbaglio di gioventù! », mormorò Amina con una certa trepidazione. A quel punto il sayyed non esitò ad ammettere che una parte del suo tentativo era andato a vuoto, e disse: « Non ho lesinato sforzi nel difendere i diritti di Yasin, ma mi sono trovato davanti ad un muro insormontabile. Muhammad Effat non faceva che supplicarmi insistentemente, dicendo: "La ragione principale per la quale cerco di farti capire la mia inflessibilità è il timore che provo di esporre la nostra amicizia alla rottura". E mi ha altresì detto: "Non posso rifiutarti niente, ma la nostra amicizia vale per me più della tua insistente preghiera" ... E così, ho dovuto starmene zitto ». Sì, era proprio questo che aveva detto Muhammad Effat, e tuttavia era stato così franco al solo scopo di respingere la sua insistenza. In verità il sayyed teneva vivamente a rinsaldare i legami di parentela con Muhammad Effat tanto per se stesso quanto per il prestigio della sua famiglia. Per Yasin non sperava di trovare una moglie migliore di Zainab, ma non gli restava altro che arrendersi alla sconfitta, soprattutto dopo che l'uomo gli aveva confidato, senza mezzi termini, quello che sapeva della vita privata di Yasin, tanto da arrivare a dirgli: « E non venire a dirmi che non c'è differenza alcuna tra noi e Yasin. In verità, siamo in un certo modo diversi. Ad ogni buon conto non accetterò per Zainab quello che ho accettato per sua madre! ». « Dimmi: Yasin è al corrente di quanto è successo? », chiese Amina. « Lo saprà domani, o dopodomani. Credi che se ne preoccupi? È certamente l'ultima persona a dare importanza a una unione di rispetto ». Amina scosse la testa con rammarico, poi chiese: « E Ridwan? ». « Resterà col nonno », replicò il sayyed, accigliato, « o raggiungerà la madre se non saprà sopportare la separazione. Possa Allah colpire coloro che l'hanno precipitato in questa triste situazione! ». « Povero piccino, mio Dio!... la madre da una parte... e il padre da un'altra. E Zainab, sopporterà di essere separata dal figlio? ». « La necessità ha le sue proprie leggi », sentenziò il sayyed con un non so che di scherno. Poi, interrogandosi: « Quando diventerà maggiorenne?... Lo sai, tu? ». Amina rifletté un istante, poi rispose: « È di poco più piccolo di Naima, la figlia di Aisha, e un po' più grande di Abd el-Munim, il figlio di Khadiga. Avrà quindi un cinque anni, signore. Tra due anni il padre se lo riprenderà, non è così, mio signore? ». « Chi vivrà vedrà », replicò il sayyed sbadigliando. Poi, cambiando argomento: « È stato già sposato! ... intendo dire il nuovo marito! ». « E ha figli? ». « No, dalla prima moglie non ne ha avuti ». « Chissà, sarà stato questo a renderlo gradito agli occhi del sayyed Muhammad Effat... ». « Non dimenticare la sua posizione ... », replicò il sayyed con risentimento. « Se è una questione di posizione », obiettò Amina, « allora nessuno è all'altezza di vostro figlio, non fosse che per voi... ». Provò tanta indignazione da maledire in cuor suo — malgrado l'affetto che nutriva per lui — Muhammad Effat, ma sottolineò ancora una volta il punto che gli procurava un certo conforto, e disse: « Non dimenticare che, se non avesse tenuto a non esporre la nostra amicizia alla benché minima incrinatura, non avrebbe esitato a soddisfare la mia preghiera... ». « Naturalmente! », esclamò Amina, esprimendo lo stesso sentimento. « Naturalmente, signore! Si tratta dell'amicizia di una vita, non di un diversivo o di un gioco ». Sbadigliò ancora una volta, poi disse brontolando: « Porta fuori la lampada ».
Amina si alzò per eseguire l'ordine. Egli socchiuse per
un poco gli occhi, poi d'un tratto si levò come per combattere la sua indolenza,
si avviò in direzione del letto e vi si
distese... Ora sì, ora stava proprio bene!! Come era confortevole il riposo dopo
la stanchezza!! Sì, la testa gli batteva
ancora tanto, ma la sua testa rimuginava sempre qualcosa.
Malgrado tutto, poteva lodare Dio! La serenità imperturbabile era cosa d'altri
tempi. C'è sempre qualcosa di cui sentiamo la mancanza tutte le volte che
rientriamo in noi stessi, ma non torna, ci fa segno dal passato offrendoci un
ricordo sbiadito come quel fioco chiarore che filtra dallo spiraglio
d'una porta. Malgrado tutto, poteva lodare Dio!! ... e godersi quella vita
invidiabile!! Era meglio valutare attentamente se accettare o rifiutare
l'invito, o magari rimandare a domani quello che apparteneva al domani. C'era
però Yasin ... il problema di sempre... Non si è più bambini a ventotto
anni. La difficoltà non era quella di trovargli un'altra donna. Ma « Allah non
muta mai la Sua grazia a un popolo, avanti ch'essi non mutino quel che hanno in
cuore ».
Quando sarebbe rifulsa la via di Dio a coprire la terra e ad
abbacinare gli occhi con la sua luce... perché potesse gridare
dal profondo del cuore « Gloria a Dio »? Ma cosa gli aveva
detto Muhammad Effat? Yasin si aggirava e gironzolava in
lungo e in largo per l'Azbakiyya... L'Azbakiyya! Era
tutt'altra cosa quando ci si aggirava e vi gironzolava lui.
Più di una volta l'aveva preso lo struggente desiderio di
ritornarsene in alcuni suoi caffè per fare rivivere i ricordi.
Malgrado tutto, poteva lodare Dio per aver scoperto il segreto di Yasin, prima
di diventare vecchio. Che avrebbe
fatto il demonio, se non ridersela di lui dal profondo del
suo cuore canzonatorio? Fate strada ai giovani, si son fatti
grandi ... te l'hanno sbarrata gli australiani dapprima ... e
in ultimo questo mulo d'australiano...
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