Copertina
Autore Vladimir Majakovskij
Titolo Cinema e Cinema
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2006, Margini 67 , pag. 80, cop.fle., dim. 105x168x7 mm , Isbn 978-88-7226-908-4
CuratoreAlessandro Bruciamonti
LettoreRiccardo Terzi, 2006
Classe cinema , critica d'arte
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Indice


Troppo rivoluzionario                        5


Il teatro il cinematografo e il futurismo   11
Il cinematografo distrugge il teatro        16
La posizione del teatro odierno
e del cinematografo nei confronti dell'arte 22
Cinema e Cinema                             30
Cinecontagio                                32
Aiuto!                                      37
Il cuore del cinema                         39


 

 

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Pagina 5

TROPPO
RIVOLUZIONARIO



Ripensare oggi alla figura di Vladimir Vladimirovic Majakovskij significa tornare indietro con la memoria alla stagione delle avanguardie artistiche del Novecento, quando gli artisti optarono per una elaborazione formale della materia prima, a quella epoca di rottura di cui il poeta è stato «non solo il "cantore", ma anche la vittima», come afferma Trockij.

Volodja nasce nel 1893 in Georgia e fin da giovane partecipa alla vita politica in opposizione al regime instauratosi con la rivoluzione del 1905, passando brevi periodi in carcere fino al 1909.

Nel 1912 insieme a Burejuk, A. Krucënych e V. Chlebnikov pubblica l'almanacco Schiaffo al gusto del pubblico, che segna l'atto di nascita del futurismo russo. Tale movimento artistico determinerà tutta la poetica e la produzione dell'artista, anche dopo aver abbracciato nel 1917 il realismo ed essersi messo al servizio del Partito e aderito all'appello di Lunacarskij rivolto a tutti gli artisti per avvicinare le grandi masse all'arte.

Conosciamo Majakovskij quale poeta, grafico, avendo lavorato nel 1919 per due anni e mezzo alla ROSTA (Agenzia Telegrafica russa) disegnando più di quattromila cartelloni, invece un aspetto poco conosciuto è quello di critico cinematografico, sceneggiatore e attore, e non è strano affermare che con la Rivoluzione d'ottobre scopre davvero che il cinema è l'arma più forte.

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Pagina 11

IL TEATRO
IL CINEMATOGRAFO
E IL FUTURISMO
[1913]



Signori e signore, la grande frattura da noi prodotta in tutti i campi della bellezza, in nome dell'arte dell'avvenire, in nome dell'arte dei futuristi, non si interrompe, né può interrompersi, dinanzi alla soglia del teatro.

L'odio per l'arte di ieri, per la nevrastenia, coltivata dal colore, dal verso, dalla ribalta, per l'indimostrata necessità di esprimere le meschine vicissitudini di chi s'allontana dalla vita, mi costringe ad addurre, quale prova dell'immancabile accettazione delle nostre idee, non già il pathos lirico, ma la scienza esatta, l'analisi dei rapporti fra arte e vita.

E il disprezzo per le attuali "riviste d'arte", ad esempio Apollon e Maski, dove nel grigio fondo dell'assurdità, come macchie di grasso, galleggiano oscuri vocaboli stranieri, mi induce a provare sincera soddisfazione per la pubblicazione del mio scritto in una rivista tecnica, specializzata, cinematografica.

Sollevo oggi due questioni:

1) è arte il teatro contemporaneo? e 2) può questo teatro reggere alla concorrenza del cinematografo?

La città, munendo le macchine di migliaia di cavalli vapore, ha permesso, per la prima volta, di appagare le esigenze materiali del mondo con sei o sette ore di lavoro quotidiano; e l'intensità, la tensione della vita moderna ha con forza sottolineato la necessità di quel libero giuoco delle facoltà conoscitive che è appunto l'arte.

Si spiega così l'eccezionale interesse dell'uomo moderno per l'arte.

Ma, se la divisione del lavoro ha generato un gruppo specifico di lavoratori della bellezza, se, per esempio, l'artista, non più dipingendo il "fascino delle maîtresses ebbre", si dedica all'arte democratica, egli deve dire alla società in quali condizioni il suo lavoro da individualmente necessario si tramuta in socialmente utile.

Il pittore che ha proclamato la dittatura dell'occhio ha diritto di vivere.

Avendo dichiarato il colore, la linea e la forma grandezze autonome, la pittura ha scoperto l'eterna via di sviluppo. Coloro i quali affermano che la parola, il profilo, il suo aspetto fonico condizionano lo sbocciare della poesia hanno diritto di vivere. Costoro hanno scoperto la strada che conduce all'eterna fioritura della poesia.

Ma il teatro, che sino al nostro avvento è stato solo l'artificioso travestimento di ogni forma d'arte, ha forse diritto a un'esistenza autonoma, come specifica forma d'arte?

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Pagina 37

AIUTO!
[1927]



Ho scritto la sceneggiatura intitolata Come state?.

Era basata su alcuni princìpi. Prima di scriverla mi sono posto una serie di domande.

Prima domanda: Perché i film stranieri sono quasi sempre superiori ai nostri, anche artisticamente?

Risposta: Perché il cinema straniero ha scoperto e adopera mezzi espressivi specifici che scaturiscono dall'arte stessa del cinema e sono insostituibili. (Il treno in Accidenti, che ospitalità!, la trasformazione di Chaplin in pollo ne La febbre dell'oro, le luci del treno in movimento in A woman of Paris).

Seconda domanda: Perché bisogna difendere le attualità contro i film a soggetto?

Risposta: Perché le attualità mostrano cose e fatti reali.

Terza domanda: Perché è impossibile sopportare un'ora di cineattualità?

Risposta: Perché le nostre cineattualità sono un'accozzaglia casuale di inquadrature e di vicende. L'attualità deve essere organizzata e organizzare se stessa. Allora sarà tollerata. I giornali offrono una simile organizzazione degli avvenimenti e senza giornali non si può vivere.

Abolire tale organizzazione sarebbe altrettanto saggio quanto proporre la chiusura delle "Izvestia" o della "Pravda".

Quarta domanda: Perché A woman of Paris è così affascinante?

Risposta: Perché, organizzando fatti semplici, raggiunge la massima carica emotiva.

La sceneggiatura di Come state? fu stesa per rispondere a queste domande col linguaggio del cinema...

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