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| << | < | > | >> |IndiceIX Prologo XIX Sintesi per il lettore di formazione scientifica XIX Ringraziamenti Il disordine dei mercati Parte prima. La vecchia visione 5 I. Rischio, rovina e redditività 9 1. Lo studio del rischio 14 2. La potenza delle leggi di potenza 17 3. Un gioco d'azzardo 27 II. Come testa o croce, o come la freccia dell'arciere bendato 28 1. Il caos nella finanza 31 2. Il caso, semplice o complesso 34 3. La forma «lieve» di caso 38 4. I risultati dell'arciere bendato 41 5. Ritorno al mondo della finanza 45 III. Bachelier e il suo lascito 48 1. «Non è un'aquila» 50 2. La finanza come testa o croce 54 3. Il mercato efficiente 61 IV. L'edificio della finanza moderna 62 1. Markowitz: che cos'è il rischio? 67 2. Sharpe: quanto vale un'attività? 71 3. Black-Scholes: quanto vale il rischio? 75 4. La notizia si diffonde a Wall Street 81 V. Gli argomenti contro la teoria moderna della finanza 84 1. Presupposti deboli 88 2. Saggio illustrato: immagini dell'anormalità 90 3. Le prove 92 4. Materie prime 95 5. Azioni 96 6. Valute 97 7. Dipendenza 99 8. Ma funziona? 102 9. La persistenza dell'errore Parte seconda. La nuova visione 111 VI. I mercati turbolenti: un'anteprima 113 1. Contrattazioni turbolente 116 2. Cartoni di Brown-Bachelier 119 3. Anteprima di cartoni piú aderenti alla realtà 121 VII. Studi preliminari sull'irregolarità: un abbiccí dei frattali 122 1. Le regole dell'irregolarità 126 2. Una dimensione per misurare l'irregolarità 130 3. Saggio illustrato: una galleria frattale 143 VIII. Il mistero del cotone 145 1. Primo indizio: una legge di potenza del tutto inaspettata 147 2. Secondo indizio: le leggi di potenza nell'economia 153 3. Terzo indizio: le leggi dell'eccezionalità 156 4. Il caso del cotone: sostanzialmente chiuso 159 5. Dénouement 161 6. Il significato del cotone 164 7. Gran finale: ripresa dei cartoni per il caso delle code lunghe 167 IX. Memoria a lungo termine, dal Nilo al mercato 169 1. Abu Nil 172 2. Padre tempo 179 3. Una successione casuale 181 4. La vendita di H 185 5. Gran finale: il cartone della dipendenza a lungo termine 189 X. Noè, Giuseppe e le bolle del mercato 190 1. Un extraterrestre gioca in borsa 191 2. Due forme duali di variabilità selvaggia 194 3. Una buona ragione per le «bolle» 199 XI. La natura multifrattale del tempo di contrattazione 201 1. Ultimi cartoni 202 2. Il tempo multifrattale 208 3. Al di là dei cartoni: il modello multifrattale senza griglie 211 4. Il modello in funzione Parte terza. La visione del futuro 219 XII. Dieci eresie della finanza 220 1. I mercati sono turbolenti 223 2. I mercati sono molto rischiosi - piú rischiosi di quanto presuppongano le teorie standard 225 3. Il «tempismo» è molto importante nel mercato. I guadagni e le perdite rilevanti si concentrano in piccoli intervalli di tempo 228 4. I prezzi spesso fanno grandi balzi, piú che variare a poco a poco, e il rischio aumenta ulteriormente 231 5. Nei mercati, il tempo è flessibile 233 6. I mercati funzionano allo stesso modo in tutti i luoghi e in tutte le epoche 234 7. I mercati sono inerentemente incerti e le bolle sono inevitabili 236 8. I mercati sono ingannevoli 239 9. Le previsioni dei prezzi possono essere pericolose, però si può stimare la probabilità della volatilità futura 241 10.Nei mercati finanziari, il concetto di «valore» ha un valore limitato 245 XIII. La sperimentazione 252 1. Problema 1: analizzare gli investimenti 256 2. Problema 2: selezionare un portafoglio 258 3. Problema 3: valutare le opzioni 262 4. Problema 4: controllare il rischio 264 5. Aux armes! 269 Bibliografia 283 Indice analitico |
| << | < | > | >> |Pagina IXPrologo
di Richard L. Hudson
Presentazione di uno scienziato anticonformista. L'indipendenza è una grande virtú. Per illustrarlo, Benoît Mandelbrot racconta come suo padre scampò alla morte durante la Seconda guerra mondiale, quando la Francia era occupata dai Tedeschi. Un giorno, un gruppo di partigiani attacca il campo di concentramento in cui è prigioniero, disarma le guardie e dice ai prigionieri di scappare prima che il grosso delle forze tedesche risponda all'attacco. E cosí i prigionieri, sorpresi e disorientati, si mettono in marcia verso la vicina Limoges, tutti insieme sulla strada principale. Dopo cinquecento metri, Mandelbrot padre decide che procedere in quel modo è una follia. Abbandona il gruppo principale e la strada aperta e si addentra nel bosco per tornare a casa da solo. Subito dopo, sente un bombardiere Stuka che mitraglia i prigionieri in marcia sulla strada principale. Da solo nel bosco, l'aveva scampata. «Questo fu il comportamento di mio padre per tutta la sua vita, - ricorda il figlio. - Era un uomo indipendente, e anch'io sono fatto cosí». Mandelbrot, che durante la guerra era un ragazzino, oggi è famoso. Si laureò in scienze matematiche a Parigi, si uní al flusso di scienziati europei che si riversò in America e intraprese una lunga carriera di scoperte scientifiche e di plauso. Inventò una nuova branca della matematica, la geometria frattale, e la applicò a decine di campi di inverosimile varietà, ricevendo grande attenzione dai media e numerosi premi. Ma le sue precoci lezioni di indipendenza in tempo di guerra - le sue esperienze, dice, lo resero aguerri - lo hanno sempre fatto procedere con gran vigore in una direzione diversa rispetto agli altri. Agendo in tal modo, ha provocato molte controversie, che mai gli hanno fatto cambiare idea. Si definisce un anticonformista e con questo intende che in tutta la sua vita ha fatto soltanto ciò che riteneva giusto, ficcando il naso là dove non sempre era gradito, senza far parte di una qualche comunità scientifica. «Sono stato un cavaliere solitario cosí spesso e cosí a lungo che ormai non ci faccio piú caso», afferma. In altre parole, per citare un suo amico portato per la matematica, «procede in direzione ortogonale rispetto a qualsiasi moda». È importante ricordare questi fatti della vita di Mandelbrot quando lo si incontra, come accade leggendo questo libro. Quel che dice è diverso da quel che si insegna normalmente a Harvard, a Londra, a Fontainbleau o nella sua stessa università, Yale. È stato un pioniere, si è opposto alle mode, ha sollevato problemi in quasi tutti i settori di cui si è occupato: fisica statistica, cosmologia, meteorologia, idrologia, geomorfologia, anatomia, tassonomia, neurologia, linguistica, tecnologia informatica, computer graphics e, naturalmente, matematica. Nell'ambito dell'economia è particolarmente controverso. La sua prima comparsa nel settore, all'inizio degli anni Sessanta, provocò una tempesta. Paul H. Cootner, all'epoca famoso economista del MIT, lodò il lavoro di Mandelbrot come «lo sviluppo piú rivoluzionario nella teoria dei prezzi speculativi» dall'inizio delle ricerche, nel 1900 - ma in quello stesso contesto criticò nei dettagli i contenuti e il «tono messianico». Da allora, è sempre andata cosí. L'establishment economico lo conosce bene, lo trova intrigante e ha adottato, a malincuore, molte sue idee (anche se spesso non gliene attribuisce la piena paternità). Per tali motivi, Mandelbrot è diventato una delle forze di cambiamento piú importanti nella teoria finanziaria, ma l'establishment lo trova anche sconcertante. Questo libro è quindi una manovra di aggiramento per raggiungere un mondo e un pubblico piú ampi di quelli presenti nelle aule universitarie della Cambridge americana o della Cambridge inglese. Quel che Mandelbrot ha da dire è importante e di immediato interesse per tutti i professionisti della finanza, per quanti investono nel mercato e per chiunque voglia semplicemente capire com'è che si guadagna o si perde denaro con tanta spaventosa rapidità. Sin dagli studi iniziali del mercato, Mandelbrot ha sempre usato un approccio scientifico, sperimentale e teorico. Com'è noto, Einstein disse: «Il grandioso scopo della scienza è di abbracciare la massima quantità di fatti empirici attraverso deduzioni logiche fatte a partire dalla minima quantità di ipotesi o di assiomi». Tale parsimonia è sempre stata l'obiettivo di Mandelbrot. Ai suoi occhi, la borsa valori è una «scatola nera», un sistema al contempo complesso, variegato ed elusivo, da studiare con strumenti concettuali e matematici che poggiano sugli strumenti della fisica. Negli anni Sessanta Mandelbrot è stato il pioniere di questo approccio, che da allora ha visto una grande evoluzione e oggi offre una prospettiva scientifica sui mercati diversa da tutte quelle presentate nei testi tradizionali sugli investimenti, i mercati e l'economia. Di conseguenza, leggere questo volume non vi farà diventare ricchi. Ma vi renderà piú saggi - e forse in tal modo vi impedirà di diventare piú poveri. [...] Per Mandelbrot, l'economia è stata una fonte di ispirazione, ma anche una maledizione. Lo studio dei diagrammi finanziari condotto negli anni Sessanta contribuí a stimolare le sue teorie frattali dei due decenni successivi. Fu docente di Economia a Harvard per un anno; il suo primo articolo importante nel settore, pubblicato nel 1962 (poi ampliato e rivisto nel 1963 e negli anni immediatamente successivi), era un'analisi dei prezzi del cotone, in cui presentava prove significative contro uno degli assunti fondamentali di quella che divenne la teoria finanziaria «moderna». A quell'epoca la teoria iniziava a radicare nei dipartimenti di economia - e ben presto divenne l'ortodossia a Wall Street. Proseguendo nelle sue ricerche sui frattali, Mandelbrot è tornato spesso a occuparsi di economia. Ogni volta, ha studiato come funzionano i mercati, come sviluppare un buon modello economico e, in definitiva, come evitare le perdite. Oggi, alcune delle sue idee sono accettate come ortodosse. Come si vedrà nell'ultimo capitolo, sono incorporate in alcuni dei piú sofisticati modelli matematici, seguendo i quali le banche e le agenzie di compravendita amministrano il denaro, e nei modi in cui i laureati in matematica valutano opzioni insolite o calcolano il rischio di portafoglio da Wall Street alla City di Londra. Per motivi di precisione storica, a questo punto è opportuno un elenco tecnico. Mandelbrot è stato il primo a prendere sul serio e a studiare le cosiddette distribuzioni a legge di potenza. La sua tesi, del 1962, che i prezzi variano molto piú di quanto preveda il modello standard - che le loro distribuzioni hanno code «spesse» - oggi è largamente accettato dagli econometristi. Per inciso, la terminologia scientifica non sempre è semplice e chiara: la distribuzione di probabilità alla base di questo particolare approccio è variamente denominata L-stabile, Pareto stabile, Lévy stabile, o Lévy-Mandelbrot stabile. Oggi si accetta anche la sua tesi che i prezzi, per la loro stessa natura, possono subire variazioni repentine, piú che cambiare in maniera continua e, parimenti, la sua tesi, del 1965, che le variazioni odierne dei prezzi dipendono dalle variazioni del lontano passato. Sono tutti dati di fatto del mondo finanziario che Mandelbrot stabilí molto presto e su cui insistette anche se erano in contrasto con la teologia della finanza allora dominante. Mandelbrot percorse da pioniere molte strade economiche ora ben note. Nel 1965, iniziò a pubblicare sull'argomento che ben presto battezzò «moto browniano frazionario» e sul concetto sotteso di integrazione frazionaria, che di recente è diventata una tecnica econometrica molto diffusa. Nel 1972, pubblicò un lavoro su un modello multifrattale che incorpora e sviluppa i temi delle code lunghe e della dipendenza a lungo termine. I suoi articoli degli anni Sessanta sono i pilastri su cui poggia un ramo oggi popolare della triste scienza chiamata «econofisica». Nel 1966, sviluppò un modello matematico che spiega come i meccanismi razionali del mercato possano generare «bolle» dei prezzi. Da ultimo, va citata la sua costruzione di multifrattali a partire dal concetto di tempo di contrattazione «subordinato», elaborato nel 1967 insieme a H. M. Taylor, anch'esso entrato a far parte dell'insieme di strumenti usati da alcuni creatori di modelli finanziari - anche se spesso, come certe altre sue teorie, viene attribuito a ricercatori posteriori. Di fatto, da giornalista finanziario mai coinvolto prima in controversie sulla priorità accademica, direi che il «primato» di Mandelbrot di analisi corrette del comportamento del mercato gli riserva un posto fra i personaggi famosi dell'economia. Tale curriculum, da solo, dovrebbe rendere questo libro meritevole di essere letto. Ma tante altre idee di Mandelbrot continuano a essere controverse in ambito economico: per esempio, le teorie dell'invarianza di scala, dell'analisi multifrattale e della dipendenza a lungo termine - tutte fondamentali per questo libro. Una delle ragioni è accennata nell'analisi originaria di Cootner. Interrompendo per un momento la sfilza di critiche, l'economista del MIT riassumeva il significato di ciò che Mandelbrot, in quei giorni lontani, aveva appena iniziato a dire: Mandelbrot, come il primo ministro Churchill prima di lui, non ci promette un'utopia, ma sangue, sudore, fatica e lacrime. Se ha ragione, quasi tutti i nostri strumenti statistici sono obsoleti - minimi quadrati, analisi spettrale, soluzioni di massima verosimiglianza trattabili, distribuzioni chiuse, teorie del campione. Quasi senza eccezioni, il lavoro econometrico del passato è privo di significato. Nel 2004, all'età di ottant'anni, Mandelbrot continua a disturbare. Lavora a tempo pieno, anche il sabato e la domenica, come ha sempre fatto. Continua a pubblicare articoli di ricerca e libri, a insegnare a Yale e a percorrere il mondo dei congressi scientifici per promuovere le sue opinioni. Perché no? Dopo tutto, come fa notare, la tragedia di Racine che piú ha resistito nel tempo, Atalia, l'opera piú importante di Verdi, Falstaff e le quattro opere dell' Anello del Nibelungo di Wagner sono state tutte scritte quando l'autore era nel crepuscolo della vita, quando l'artista, dopo anni di esperienza e di sperimentazione, era al culmine delle sue capacità. Anche questo libro è un po' una rappresentazione operistica - un'interazione di voci, dramma e scenario. Nel corpo del testo, la voce in prima persona è quella di Mandelbrot; le idee sono le sue ed è il dramma della loro scoperta a motivare gran parte del testo. Lo scenario è ampio e complicato: figure, grafici e diagrammi sono fondamentali per la comprensione. Come le migliori opere, inoltre, questo libro è stato scritto per essere gradevole e anche popolare. Come suggeriscono le note e la Bibliografia, le nostre affermazioni sono sostenute da una grande quantità di dati scientifici e matematici - e lo scienziato o l'economista curiosi sono invitati a consultare queste fonti. Tutti i lettori, di qualsiasi formazione, sono invitati a visitare le appendici on-line, nel sito www.misbehaviorofmarkets.com, che deriva in parte da un sito Web davvero straordinario, creato da un collega di Mandelbrot a Yale, il professor Michael Frame, per il loro popolare corso sui frattali per gli studenti di discipline non scientifiche, Math 190 (http://classes.yale.edu/fractals/index.html). Oggi il messaggio di Mandelbrot è piú opportuno che mai, dopo un turbolento decennio di mercati al rialzo, crisi valutarie, mercati al ribasso e bolle che si formano e scoppiano di continuo. I mercati finanziari sono luoghi molto pericolosi. Finora la nostra comprensione è stata appesantita dalle complicate leggi matematiche della teoria finanziaria ortodossa — con un gran numero di presupposti sbagliati, di equazioni applicate in modo scorretto e di conclusioni fuorvianti. I mercati finanziari sono complicati, ma non occorre farli diventare troppo complicati. Ribadisco: l'obiettivo della scienza è la parsimonia. Lo scopo di questo libro è la semplicità. | << | < | > | >> |Pagina 5Capitolo primo
Rischio, rovina e redditività
Nell'estate del 1998, l'improbabile si realizzò. A Wall Street, lo storico mercato al rialzo dei «felici» anni Novanta dava segni di stanchezza. A caratterizzare la situazione non era un unico problema schiacciante, ma una serie di preoccupanti incertezze: la recessione in Giappone, una possibile svalutazione in Cina e, a Washington, un presidente che combatteva contro l'impeachment. Poi arrivò la notizia che la Russia, fino a due anni prima il mercato emergente piú vivace del mondo, stava correndo il rischio di insolvenza. In Occidente, le banche e gli investitori istituzionali ne avrebbero sofferto; alcuni, come emerse in seguito, erano già prossimi alla rovina. Cosí, il 4 agosto, l'indice Dow Jones diminuí del 3,5 per cento, Tre settimane piú tardi, mentre le notizie da Mosca peggioravano, le azioni scesero ancora, del 4,4 per cento. E poi ancora, il 31 agosto, del 6,8 per cento. Altri mercati vacillarono: le obbligazioni bancarie crollarono di un terzo del valore usuale rispetto ai titoli di stato. Le mazzate furono impressionanti e, per molti investitori, inesplicabili. Subentrò il panico, irrazionale e imprevedibile; fu «il culmine di una catastrofe», disse un analista al «Wall Street Journal». «Gli investitori potrebbero aver bisogno di una vita per rifarsi di una parte delle perdite», disse un altro. A tanto valsero le concezioni tradizionali del mercato. Come sappiamo oggi, il Fondo Monetario Internazionale rattoppò la situazione russa, la Federal Reserve stabilizzò Wall Street e il mercato al rialzo proseguí per qualche altro anno. Di fatto, in base alle concezioni tradizionali, gli eventi dell'agosto 1998, molto semplicemente, non si sarebbero mai dovuti verificare: secondo i modelli standard dell'industria finanziaria, la sequenza di eventi era talmente improbabile da essere impossibile. In base alla stima delle teorie standard, quelle insegnate nelle facoltà di economia di tutto il mondo, la probabilità del collasso finale del 31 agosto è pari a 1 su 20 milioni, il che significa che si tratta di un evento che, operando tutti i giorni nel mondo della Borsa per quasi 100000 anni, non ci si aspetterebbe di vedere neanche una volta. La probabilità di avere tre crolli del genere nello stesso mese è ancora piú insignificante: all'incirca 1 su 500 miliardi. L'agosto 1998 fu senz'altro il massimo della sfortuna, un caso anomalo, una calamità naturale che nessuno avrebbe potuto prevedere. In termini statistici, fu un «valore erratico» molto, molto, molto lontano dal normale valore atteso nel mondo azionario. Ma è proprio vero? Nei mercati finanziari accadono di continuo eventi all'apparenza improbabili. Un anno prima, il Dow Jones era diminuito del 7,7 per cento in un solo giorno (probabilità: 1 su 50 miliardi). Nel luglio 2002, l'indice registrò tre cadute notevoli nell'arco di sette giorni di contrattazione (probabilità: 1 su 4000 miliardi). Il 19 ottobre 1987, il giorno peggiore in almeno un secolo, l'indice diminuí del 29,2 per cento. La probabilità di un tale evento, secondo i calcoli usuali dei teorici finanziari, è inferiore a 1 su 10^50, una probabilità cosí piccola da non avere senso. È un numero che non appartiene alla scala della natura: considerando l'intera gamma delle potenze di 10, dalla piú piccola particella subatomica alle dimensioni dell'universo misurabile, non si incontra mai un numero simile. Qual è la novità, allora? I mercati finanziari sono rischiosi, lo sanno tutti. Ma uno studio approfondito di questo concetto, il rischio, può offrire una nuova comprensione del nostro mondo e la speranza di arrivare ad averne un controllo quantitativo. Per piú di un secolo, i finanzieri e gli economisti si sono sforzati di analizzare il rischio nei mercati finanziari, di spiegarlo, di quantificarlo e, in definitiva, di trarne profitto. È mia opinione che la maggior parte dei teorici abbia seguito la pista sbagliata. La probabilità di una rovina finanziaria in una libera economia di mercato globale è stata grossolanamente sottovalutata. In questo senso, con il suo pregiudizio che i mercati sono rischiosi — specie dopo che la bolla di Internet si è sgonfiata —, l'uomo comune si dimostra saggio. Ma i teorici della finanza non sono altrettanto saggi. Durante il secolo scorso, hanno concepito un insieme di complicati strumenti matematici per valutare il rischio, adottato in maniera indiscriminata a Wall Street negli anni Settanta. Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley e i loro simili l'hanno inserito in intricate strategie di compravendita. Hanno cercato di sintonizzare i portafogli di investimenti su frequenze diverse di rischio e redditività, cosa come si potrebbe sintonizzare una radio. Ma i tonfi e gli sbandamenti finanziari degli anni Ottanta e Novanta hanno costretto a un ripensamento tanto i finanzieri quanto gli economisti. Il «lunedí nero» del 1987, la crisi economica asiatica del 1997, l'estate russa del 1998 e il mercato al ribasso degli anni 2001-2003: indubbiamente, c'è qualcosa che non va, come molti si rendono conto oggi. Se redditività e rischio vanno in proporzione, i calcoli usuali devono essere sbagliati. Il denominatore, il rischio, è piú grande di quanto si riconosca in genere, quindi il risultato è destinato a deludere. Una migliore valutazione del rischio, e una migliore comprensione del modo in cui il rischio dirige i mercati, sono l'obiettivo di gran parte del mio lavoro. Tutta la mia vita è stata uno studio del rischio. La scuola che mi impartí le prime, brutali, lezioni fu la Seconda guerra mondiale, quando ero un profugo polacco nascosto nella campagna francese, con un'identità presa a prestito e una tessera annonaria truccata, e cercavo (con scarso successo) di farmi passare per un semplice ragazzo di campagna in una terra occupata. In seguito, ho affrontato il rischio nella mia carriera, rifiutando la sicurezza del mondo accademico francese in cambio della libertà intellettuale concessa a uno scienziato dall'industria in un paese piú permissivo, gli Stati Uniti. Tutte le mie ricerche scientifiche hanno sempre seguito, in qualche modo, l'uno o l'altro dei due poli dell'esperienza umana: i sistemi deterministici, ovvero l'ordine e la pianificazione, e i sistemi stocastici, o casuali, vale a dire l'irregolarità e l'imprevedibilità. Il mio contributo fondamentale è stato la scoperta di una nuova branca della matematica che individua l'ordine nascosto in ciò che all'apparenza è privo di ordine, il piano nell'accidentale, la struttura regolare nell'irregolarità della natura. Questo ramo della matematica, la geometria frattale, può offrire un notevole contributo alle scienze naturali. È stata d'aiuto per elaborare modelli meteorologici, per studiare il flusso dei fiumi, per analizzare le onde cerebrali e i movimenti sismici e per capire la distribuzione delle galassie. Negli anni Ottanta la teoria del «caos», che studia l'ordine nell'apparente caos di un vortice o di un uragano, l'ha prontamente adottata come strumento matematico essenziale. Oggi viene utilizzata abitualmente nel regno delle strutture costruite dall'uomo, per misurare il traffico su Internet, per la compressione dei dati e per realizzare film (è il motore matematico alla base dell'animazione computerizzata di Star Trek II). Sono convinto che la geometria frattale possa offrire un grande contributo anche alla finanza. Per quarant'anni, come e quando lo consentivano i miei interessi personali, lo svolgersi degli eventi e le possibilità di discuterne con i colleghi, lo sviluppo della geometria frattale ha sempre interagito con le mie ricerche sui mercati finanziari e sui sistemi economici. Non ho condotto questi studi come esperto di economia o di finanza, ma come matematico e scienziato sperimentale. Per me, tutto il potere e la ricchezza della Borsa valori di New York o di un ufficio bancario londinese di compravendita di valute sono astratti; sono analoghi a sistemi fisici di turbolenza in una macchia solare o a vortici nelle acque di un fiume. Li si può analizzare con gli strumenti di cui la scienza dispone già, e con i nuovi strumenti che continuo ad aggiungere in base alle esigenze e alle mie capacità. Con questi strumenti, ho analizzato come si distribuiscono i redditi nella società, come si formano e come scoppiano le bolle del mercato azionario, come variano le dimensioni delle aziende e la concentrazione industriale e come si muovono i prezzi finanziari - i prezzi del cotone, del grano, le azioni delle ferrovie, i titoli industriali di prim'ordine, il cambio dollaro/yen. Vedo uno schema nell'andamento di questi prezzi - di certo, non uno schema che potrà arricchire qualcuno; sono d'accordo con gli economisti ortodossi: probabilmente i corsi azionari non sono prevedibili in nessun senso utile del termine. Senza alcun dubbio, però, il rischio segue effettivamente alcuni schemi che si possono esprimere matematicamente e modellare al computer. Pertanto la mia ricerca potrebbe aiutare le persone a non perdere tutto il denaro che perdono a causa della sconsiderata sottovalutazione del rischio della rovina. Considerando i mercati come un sistema scientifico, prima o poi potremmo riuscire a costruire un'industria finanziaria piú forte e un sistema di controllo migliore. Un avvertimento al lettore, una volta per tutte: una parte delle mie idee è stata accolta come ortodossia economica nell'ultimo decennio, ma altre continuano a essere contestate, ridicolizzate e persino vilipese. Quando pubblico su riviste accademiche, come è tenuto a fare uno scienziato, spesso scateno violente polemiche. Ogni volta, ho ascoltato le critiche, ho riformulato le mie tesi, ho ripreso in mano le ricerche per riflettere, ho effettuato nuove analisi al computer e ho ideato nuovi modelli, piú precisi. Ne è sempre seguito un progresso, ma pure, come effetto collaterale inevitabile, un elemento di complicazione. In effetti, non ho concepito un solo modello di variazione dei prezzi, ma molti. Muovendo le prime mosse nel 1963 e nel 1965, ho ideato due modelli di comportamento distinti, ma incompatibili, riuscendo infine a conciliarli nel 1972. Dopo una lunga deviazione in altri settori della scienza, ho ripreso le mie ricerche finanziarie nel 1997. Questo libro guida il lettore attraverso il mio tortuoso viaggio di scoperta scientifica. L'obiettivo è una migliore comprensione dei mercati finanziari. Le mie intuizioni piú vecchie, e piú corroborate, oggi influenzano alcuni dei modelli matematici in base ai quali gli operatori stabiliscono i prezzi delle opzioni e le banche valutano il rischio. Il mio approccio scientifico ai mercati è stato emulato da una nuova generazione di ricercatori che si definiscono «econofisici». I miei modelli piú recenti sono stati studiati da un gruppo, ristretto ma in espansione, di matematici, economisti e finanzieri di Zurigo, Parigi, Londra, Boston e New York. Non nutro interessi finanziari per il loro successo o fallimento: mi occupo di scienza, non di denaro. Ma a tutti auguro buona fortuna. Spero che i lettori di questo libro, indipendentemente dal loro accordo con le mie idee, mettano da parte, quanto meno per un momento, i dettagli pratici dei perché ed emergano dalla lettura di queste pagine comprendendo meglio come funzionano i mercati finanziari e con una maggiore consapevolezza del grande rischio che corriamo quando abbandoniamo il nostro denaro ai capricci del caso. | << | < | > | >> |Pagina 173. Un gioco d'azzardo.Allora, come diceva il manifesto rivoluzionario di Lenin, che fare? Per prepararci a rispondere, facciamo un gioco. [...] Rimane quindi il quarto grafico - l'elemento che gioca sotto falso nome. Si tratta di una serie fittizia di variazioni di prezzo generata usando il mio modello piú recente del funzionamento dei mercati finanziari. Tale serie simula accuratamente la «volatile volatilità» dei grafici reali e, che si tratti di modellizzazione finanziaria o di previsioni meteorologiche, la dimostrazione di un modello sta nei risultati che produce. In passato le previsioni di un modello si esprimevano con un piccolo insieme di numeri e diagrammi. In maniera pionieristica, ho scelto invece di usare il computer per esprimere le previsioni dei miei modelli in questa forma grafica, una specie di falsificazione della realtà. Il modello alla base di questa elaborazione è il moto browniano frazionario in un tempo multifrattale. Anche se il nome è poco attraente, si tratta di un modello estremamente parsimonioso, come mostreranno i capitoli successivi, in cui sarà esaminato nei dettagli.
Come funziona? È un modello ancora in via di sviluppo, basato sulla mia
teoria frattale, come si vedrà nei capitoli seguenti. I risultati ottenuti non
sono ancora utilizzabili per scegliere azioni, scambiare derivati o valutare
opzioni; il tempo, e ulteriori ricerche da parte di altri, determineranno se mai
lo saranno. Ma riuscire a imitare la realtà è una forma di comprensione e, come
tale, il modello multifrattale offre già alcune intuizioni immediate sul
funzionamento dei mercati. Come fa la stampa finanziaria popolare, posso
condensarne alcune in cinque «regole» di comportamento del mercato, cinque
principi che, se compresi e seguiti, possono contribuire a diminuire la nostra
vulnerabilità finanziaria.
Regola I. I mercati sono rischiosi.
Le oscillazioni estreme dei prezzi sono la norma nei mercati finanziari, non
aberrazioni che si possono ignorare. I movimenti dei prezzi
non seguono una garbata curva a campana, come presuppone la finanza
moderna, ma una curva piú violenta che rende molto piú accidentato il
viaggio degli investitori. È un fatto nudo e crudo, che una strategia di
contrattazione o un criterio di valutazione del portafoglio dovrebbero
incorporare nei propri fondamenti per essere sensati. Come inserirlo
esattamente dipende dalle risorse, dai talenti e dalla propensione al rischio
dell'individuo; come sempre, il mercato è fatto di opinioni diverse. Ma già il
solo fatto di sapere che i mercati presentano variazioni violente è utile. Lo si
può usare, come avviene sempre di piú, nelle simulazioni al computer per
verificare la resistenza di un portafoglio, per studiare sulla carta una gamma
piú ampia e piú complicata di scenari e di loro possibili conseguenze, prima di
impegnare denaro sonante in una strategia di compravendita. In tal modo, un
investitore prudente può comporre un portafoglio con maggiore sicurezza rispetto
ai suggerimenti dei modelli usuali. Un operatore aggressivo può essere piú
preparato a non farsi sfuggire i momenti di elevata volatilità. È un organo di
controllo cauto può rendersi conto piú prontamente dei problemi urgenti,
evitando in tal modo la catastrofe finanziaria e il danno macroeconomico.
Alcuni commentatori hanno richiesto una «scala Richter» della
turbolenza del mercato; come la nota misura dell'intensità sismica, l'analoga
misura finanziaria classificherebbe le scosse del mercato e fornirebbe agli
organi di controllo una scala per valutare la gravità dei problemi incombenti.
Uomo avvisato mezzo salvato.
Regola II. I guai non arrivano mai soli.
Le turbolenze di mercato tendono a raggrupparsi. Un operatore dotato di
esperienza non se ne sorprende. Ogni mattina, nei borsini finanziari di tutto il
mondo, i primi quindici minuti di contrattazione hanno un'importanza critica; è
in quel momento che gli operatori esperti, fissando gli schermi, saggiano la
temperatura del mercato. Sanno che un mercato con un'apertura agitata può
proseguire nello stesso modo. Sanno che un martedí selvaggio può benissimo
essere seguito da un mercoledí ancora piú selvaggio. E sanno anche che è proprio
nei momenti piú turbolenti — le rare, ma ricorrenti, crisi del mondo finanziario
— che si creano e si distruggono le grandi fortune di Wall Street. Non hanno
bisogno che glielo dicano gli economisti. Ma le loro intuizioni, non comprese
nel modello standard dei mercati efficienti, vengono interamente
confermate dal modello multifrattale.
Regola III. I mercati hanno una personalità.
I prezzi non sono pilotati esclusivamente da eventi del mondo reale,
notizie e persone. Quando in un mercato reale si riuniscono investitori,
industriali e banchieri, emerge una dinamica nuova e particolare —
piú grande della somma delle parti e diversa da questa. Per usare il linguaggio
degli economisti, i prezzi sono determinati in misura considerevole da effetti
endogeni
caratteristici del funzionamento interno dei mercati stessi e non soltanto
dall'azione
esogena
degli eventi esterni.
Questo meccanismo interno al mercato, inoltre, è straordinariamente
robusto. Iniziano le guerre, ritorna la pace, le economie si espandono,
le aziende falliscono — tutto questo viene e va, influenzando i prezzi.
Ma il processo fondamentale mediante il quale i prezzi reagiscono alle
notizie non cambia. Un matematico direbbe che i processi di mercato
sono «stazionari». Questo contraddice alcuni aspiranti riformatori del
modello del cammino casuale che spiegano come si raggruppa la volatilità
affermando che il mercato in qualche modo sta cambiando, che la volatilità varia
perché varia il meccanismo di determinazione dei prezzi. Falso. Un esempio
saliente: la mia analisi dei prezzi del cotone nel secolo passato mostra che la
loro variabilità seguiva uno stesso andamento generale tanto all'inizio del
secolo, quando i prezzi non erano controllati, quanto negli anni Trenta, quando
il New Deal ne inaugurò il controllo.
Regola IV. I mercati traggono in inganno.
Le strutture regolari sono i miraggi dei mercati finanziari. La potenza
del caso è sufficiente a creare false strutture e pseudo-cicli che paiono
proprio prevedibili e tali da garantire il successo e un mercato finanziario è
particolarmente soggetto a tali miraggi statistici. I miei modelli matematici
possono generare diagrammi che, solo per l'azione di processi
casuali, paiono avere tendenze e cicli. Ingannerebbero qualsiasi analista
professionale. Allo stesso modo, anche le bolle e i crolli sono intrinseci
ai mercati. Sono l'inevitabile conseguenza dell'umana necessità di trovare
regolarità nell'irregolare.
Regola V. Il tempo di mercato è relativo. Nei mercati finanziari esiste quella che si potrebbe definire una relatività del tempo. Molti anni fa, ma più che altro durante lo sviluppo del modello multifrattale, ho finito per pensare che i mercati funzionano in base al proprio «tempo di contrattazione», del tutto distinto dal tempo lineare del nostro modo di pensare normale. Questo tempo rende piú veloce l'orologio nei periodi di elevata volatilità e lo rallenta nei periodi di stabilità. In termini matematici, posso scrivere un'equazione che mostra il rapporto tra le due strutture temporali e usarla per generare lo stesso tipo di serie frastagliata di prezzi che si osserva nella vita reale. Il falso ben riuscito mostrato tra i diagrammi della figura 1.2 è stato realizzato proprio in questo modo. È quasi come se i borsini avessero bisogno, oltre alla solita fila di orologi a muro che segnano l'ora di Tokyo, di Londra e di New York, anche di un quarto orologio che mostra 1'«ora di mercato di Greenwich». Quest'ultimo punto mette in luce un'importante implicazione di questo libro: i professionisti del mercato sanno molto piú di quanto siano consapevoli di sapere. Gli operatori professionisti parlano spesso di un mercato «veloce», o di un mercato «lento», a seconda di come giudicano la volatilità del momento; riconoscerebbero immediatamente, e confermerebbero, il concetto di tempo di contrattazione. Analogamente, in base all'opinione popolare tutti i diagrammi hanno lo stesso aspetto: in mancanza di didascalie, nessuno potrebbe dire se un diagramma dei prezzi riguarda diciotto minuti, diciotto mesi o diciotto anni. Questo si esprime dicendo che i mercati sono invarianti rispetto alle trasformazioni di scala. La stessa considerazione vale anche per la stampa finanziaria: esistono rassegne annuali, bollettini trimestrali, notiziari mensili, riviste settimanali, giornali quotidiani e, ultimamente, notiziari elettronici e servizi Internet che forniscono le variazioni al minuto. Le credenze popolari e gli aneddoti relativi al mercato, com'è ovvio, non possono confermare il modello multifrattale; lo può fare soltanto una rigorosa analisi statistica. Ma le credenze popolari in effetti indicano che il modello è sulla pista giusta. Il modello multifrattale ha pure numerose implicazioni pratiche per la finanza. Come si è detto, è necessario ripensare la teoria del portafoglio, rivedere la valutazione delle opzioni e riesaminare le strategie di contrattazione. Un piccolo esempio: gli ordini «stop-loss» sono a dir poco imperfetti. Molti investitori e operatori dettano istruzioni per chiudere una posizione quando il prezzo raggiunge un traguardo particolare ma, come molti hanno imparato a proprie spese, quando i prezzi volano davvero, è normale che superino d'un balzo il traguardo con una velocità tale che anche il broker piú attento non può attuare gli ordini abbastanza alla svelta. Il risultato è una perdita piú grande, o un profitto piú piccolo, rispetto ai piani dell'investitore. Un altro esempio: le caratteristiche matematiche di questo modello offrono alcuni criteri potenzialmente nuovi per misurare la volatilità e il rischio. Al posto delle deviazioni standard e dei coefficienti (3 della finanza tradizionale, si possono immaginare nuove scale basate su due nuove variabili, che saranno descritte in seguito: l'esponente H della dipendenza dei prezzi e il parametro α che caratterizza la volatilità. Alcuni gestori di fondi hanno condotto esperimenti con questi concetti e a tale proposito parlano di teoria del caos - anche se, a rigor di termini, questo è un linguaggio di marketing che cavalca una tendenza scientifica popolare. In realtà, l'analisi matematica non è affatto completa, la ricerca è appena iniziata e le applicazioni affidabili sono per il momento lontane. Avverto quindi i lettori: questo libro non vi farà diventare ricchi. E ai librai dico: non sistematelo vicino a libri quali Come diventare miliardari con la Borsa. Se appartiene a un qualche genere, si tratta di divulgazione scientifica. Spiega un modo nuovo e importante di considerare il mondo - in questo caso, il mondo finanziario -, cerca di farlo con un linguaggio comune, usando il meno possibile formule e gergo matematico, o quanto meno spiegando ogni espressione gergale. Questo perché intendo stimolare un dibattito piú ampio sulla modellizzazione del mercato finanziario. È un dibattito che finora è rimasto confinato nei circoli esclusivi dei matematici che si interessano di economia, o degli economisti appassionati di matematica. Questi modelli matematici sono francamente piuttosto intimidatori — e questa è la ragione principale per cui quando cominciai a pubblicare su questo tema, negli anni Sessanta e Settanta, pochi economisti tradizionali erano disposti ad ascoltare. Ma il fragore e lo scompiglio straordinari del tumultuoso mercato fin de siècle stanno aprendo le orecchie di molti che in precedenza fingevano di essere sordi. In questo settore la ricerca ha molta strada da percorrere. Sono dovuti passare piú di sessant'anni dalla tesi di Bachelier prima che gli economisti formulassero correttamente l'«ipotesi del mercato efficiente» e un'altra decina d'anni prima che il loro lavoro trovasse preziose applicazioni nel mondo reale delle obbligazioni a cedola zero e delle opzioni di acquisto. I frattali, pur essendo soltanto a poche decine d'anni dal punto di partenza, illuminano già alcune profonde verità della finanza e dell'economia. Una delle principali è l'importanza suprema del rischio. Abbiamo sempre misurato male il rischio.
Una conoscenza migliore del rischio permette una sicurezza maggiore. Da
secoli i costruttori navali progettano scafi e vele con grande cura. Sanno che,
nella maggior parte dei casi, il mare è tranquillo. Ma sanno anche che esistono
i tifoni e gli uragani. I loro progetti non riguardano soltanto il 95 per cento
dei giorni di navigazione in cui le condizioni atmosferiche sono clementi, ma
anche il 5 per cento in cui infuria la tempesta e la loro capacità viene messa
alla prova. I finanzieri e gli investitori del mondo sono, al momento, come
marinai che non prestano attenzione agli avvertimenti del bollettino
meteorologico. Il presente libro è un avvertimento di questo genere.
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