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| << | < | > | >> |Indice7 Introduzione La paralisi della critica: la società senza opposizione La società a una dimensione 21 1. Le nuove forme di controllo 39 2. La chiusura dell'universo politico 75 3. La conquista della coscienza infelice: la desublimazione repressiva 102 4. La chiusura dell'universo di discorso Il pensiero a una dimensione 139 5. Il pensiero negativo: la sconfitta della logica della protesta 158 6. Dal pensiero negativo al pensiero positivo. La razionalità tecnologica e la logica del dominio 183 7. Il trionfo del pensiero positivo: la filosofia ad una dimensione Le possibilità delle alternative 215 8. L'impegno storico della filosofia 235 9. La catastrofe della liberazione 256 10. Conclusione |
| << | < | > | >> |Pagina 7Introduzione
La paralisi della critica: la società senza opposizione
La minaccia di una catastrofe atomica, che potrebbe spazzar via la razza umana, non serve nel medesimo tempo a proteggere le stesse forze che perpetuano tale pericolo? Gli sforzi per prevenire una simile catastrofe pongono in ombra la ricerca delle sue cause potenziali nella società industriale contemporanea. Queste cause rimangono non identificate, non chiarite, non soggette ad attacchi del pubblico, poiché si trovano spinte in secondo piano dinanzi alla troppo ovvia minaccia dall'esterno - l'Ovest minacciato dall'Est, l'Est minacciato dall'Ovest. Egualmente ovvio è il bisogno di essere preparati, di vivere sull'orlo della guerra, di far fronte alla sfida. Ci si sottomette alla produzione in tempo di pace dei mezzi di distruzione, al perfezionamento dello spreco, ad essere educati per una difesa che deforma i difensori e ciò che essi difendono. Se si tenta di porre in relazione le cause del pericolo con il modo in cui la società è organizzata e organizza i suoi membri, ci troviamo immediatamente dinanzi al fatto che la società industriale avanzata diventa piú ricca, piú grande e migliore a mano a mano che perpetua il pericolo. La struttura della difesa rende la vita piú facile ad un numero crescente di persone ed estende il dominio dell'uomo sulla natura; in queste circostanze, i nostri mezzi di comunicazione di massa trovano poche difficoltà nel vendere interessi particolari come fossero quelli di tutti gli uomini ragionevoli. I bisogni politici della società diventano bisogni e aspirazioni individuali, la loro soddisfazione favorisce lo sviluppo degli affari e del bene comune, e ambedue appaiono come la personificazione stessa della ragione. E tuttavia questa società è, nell'insieme, irrazionale. La sua produttività tende a distruggere il libero sviluppo di facoltà e bisogni umani, la sua pace è mantenuta da una costante minaccia di guerra, la sua crescita si fonda sulla repressione delle possibilità piú vere per rendere pacifica la lotta per l'esistenza - individuale, nazionale e internazionale. Questa repressione, cosí differente da quella che caratterizzava gli stadi precedenti, meno sviluppati, della nostra società, opera oggi non da una posizione di immaturità naturale e tecnica ma piuttosto da una posizione di forza. Le capacità (intellettuali e materiali) della società contemporanea sono smisuratamente piú grandi di quanto siano mai state, e ciò significa che la portata del dominio della società sull'individuo è smisuratamente piú grande di quanto sia mai stata. La nostra società si distingue in quanto sa domare le forze sociali centrifughe a mezzo della Tecnologia piuttosto che a mezzo del Terrore, sulla duplice base di una efficienza schiacciante e di un piú elevato livello di vita. Indagare quali sono le radici di questo sviluppo ed esaminare le loro alternative storiche rientra negli scopi di una teoria critica della società contemporanea, teoria che analizza la società alla luce delle capacità che essa usa o non usa, o di cui abusa, per migliorare la condizione umana. Ma quali sono i criteri di una critica del genere? In essa hanno certamente parte dei giudizi di valore. Il modo vigente di organizzare una società è posto a confronto con altri modi possibili, che si ritiene offrano migliori opportunità per alleviare la lotta dell'uomo per l'esistenza: una specifica pratica storica è posta a confronto con le sue alternative storiche. Sin dall'inizio ogni teoria critica della società si trova cosí dinanzi al problema dell'obbiettività storica, problema che sorge nei due punti in cui l'analisi implica giudizi di valore: 1) Il giudizio che la vita umana è degna di essere vissuta, o meglio che può e dovrebbe essere resa degna di essere vissuta. Questo giudizio è sotteso ad ogni sforzo, ad ogni impresa intellettuale; esso è un a priori della teoria sociale, e quando lo si rigetti (ciò che è perfettamente logico) si rigetta pure la teoria. 2) Il giudizio che in una data società esistono possibilità specifiche per migliorare la vita umana e modi e mezzi specifici per realizzare codeste possibilità. L'analisi critica deve dimostrare la validità obbiettiva di questi giudizi e la dimostrazione deve procedere su basi empiriche. La società costituita dispone di risorse intellettuali e materiali in quantità e qualità misurabili. In che modo queste risorse possono venire usate per lo sviluppo e soddisfazioni ottimali di bisogni e facoltà individuali, con il minimo di fatica e di pena? La teoria sociale è una teoria della storia e la storia è il regno della possibilità nel regno della necessità. Di conseguenza dobbiamo chiederci quali sono, tra i vari modi potenziali e reali di organizzare ed utilizzare le risorse disponibili, quelli che offrono le maggiori possibilità per uno sviluppo ottimale. Il tentativo di rispondere a queste domande richiede, all'inizio, una serie di astrazioni. Al fine di identificare e defìnire le possibilità esistenti per uno sviluppo ottimale, la teoria critica deve astrarre dal modo in cui esse sono organizzate e utilizzate al presente, nonché dai risultati di questo modo di organizzarle e utilizzarle. Tale astrazione, che rifiuta di accettare l'universo dato dei fatti come il contesto decisivo per la validazione, tale analisi «trascendente» dei fatti, condotta alla luce delle loro possibilità arrestate e negate, pertiene alla struttura stessa della teoria sociale. Essa si oppone ad ogni metafisica in vírtú del carattere rigorosamente storico della trascendenza. Le «possibilità» debbono essere alla portata della società considerata; debbono essere scopi definibili in termini pratici. Nello stesso senso l'astrazione dalle istituzioni vigenti deve esprimere una tendenza reale, in quanto la loro trasformazione deve corrispondere ad un bisogno autentico della popolazione interessata. La teoria sociale riguarda le alternative storiche che assillano la società costituita come tendenze e forze sovversive. I valori annessi alle alternative diventano fatti quando sono tradotti in realtà dalla pratica storica. I concetti teorici sono portati a compimento con il mutamento sociale. Ma a questo punto la società industriale avanzata pone dinanzi alla critica una situazione che sembra privare quest'ultima delle sue stesse basi. Il progresso tecnico esteso a tutto un sistema di dominio e di coordinazione crea forme di vita e di potere che appaiono conciliare le forze che si oppongono al sistema, e sconfiggere o confutare ogni protesta formulata in nome delle prospettive storiche di libertà dalla fatica e dal dominio. La società contemporanea sembra capace di contenere il mutamento sociale, inteso come mutamento qualitativo che porterebbe a stabilire istituzioni essenzialmente diverse, imprimerebbe una nuova direzione al processo produttivo e introdurrebbe nuovi modi di esistenza per l'uomo. Questa capacità di contenere il mutamento sociale è forse il successo piú caratteristico della società industriale avanzata; l'accettazione generale dello scopo nazionale, le misure politiche avallate da tutti i partiti, il declino del pluralismo, la connivenza del mondo degli affari e dei sindacati entro lo stato forte, sono altrettante testimonianze di quell'integrazione degli opposti che è al tempo stesso il risultato, non meno che il requisito, di tale successo. [...]
Questa situazione ambigua implica una ambiguità
ancora piú fondamentale.
L'uomo a una dimensione
oscillerà da capo a fondo tra due ipotesi contraddittorie:
1) che la società industriale avanzata sia capace di
reprimere ogni mutamento qualitativo per il futuro che si
può prevedere; 2) che esistano oggi forze e tendenze capaci
di interrompere tale operazione repressiva e fare esplodere
la società. Io non credo si possa dare una risposta netta;
ambedue le tendenze sono tra noi, fianco a fianco, ed anzi
avviene che una includa l'altra. La prima tendenza
predomina e qualsiasi condizione possa darsi per rovesciare
la situazione viene usata per impedire che ciò avvenga. La
situazione potrebbe essere modificata da un incidente, ma,
a meno che il riconoscimento di quanto viene fatto e di
quanto viene impedito sovverta la coscienza e il
comportamento dell'uomo, nemmeno una catastrofe produrrà il
mutamento.
L'analisi è centrata sulla società industriale avanzata, in cui l'apparato tecnico di produzione e di distribuzione (con un settore sempre piú ampio in cui predomina l'automazione) funziona non come la somma di semplici strumenti, che possono essere isolati dai loro effetti sociali e politici, ma piuttosto come un sistema che determina a priori il prodotto dell'apparato non meno che le operazioni necessarie per alimentarlo ed espanderlo. In questa società l'apparato produttivo tende a diventare totalitario nella misura in cui determina non soltanto le occupazioni, le abilità e gli atteggiamenti socialmente richiesti, ma anche i bisogni e le aspirazioni individuali. In tal modo esso dissolve l'opposizione tra esistenza privata ed esistenza pubblica, tra i bisogni individuali e quelli sociali. La tecnologia serve per istituire nuove forme di controllo sociale e di coesione sociale, piú efficaci e piú piacevoli. La tendenza totalitaria di questi controlli sembra affermarsi in un altro senso ancora - diffondendosi nelle aree meno sviluppate e persino nelle aree preindustríalí del mondo, creando aspetti simili nello sviluppo del capitalismo e del comunismo. Di fronte ai tratti totalitari di questa società, la nozione tradizionale della «neutralità» della tecnologia non può piú essere sostenuta. La tecnologia come tale non può essere isolata dall'uso cui è adibita; la società tecnologica è un sistema di dominio che prende ad operare sin dal momento in cui le tecniche sono concepite ed elaborate. Il modo in cui una società organizza la vita dei suoi membri comporta una scelta iniziale tra alternative storiche che sono determinate dal livello preesistente della cultura materiale ed intellettuale. La scelta stessa deriva dal gioco degli interessi dominanti. Essa prefigura modi specifici di trasformare e utilizzare l'uomo e la natura e respinge gli altri modi. È un « progetto » di realizzazione tra altri. Ma una volta che il progetto è diventato operativo nelle istituzioni e relazioni di base, esso tende a diventare esclusivo e a determinare lo sviluppo della società come un tutto. Come universo tecnologico, la società industriale avanzata è un universo politico, l'ultimo stadio della realizzazione di un progetto storico specifico, vale a dire l'esperienza, la trasformazione, l'organizzazione della natura come un mero oggetto di dominio. Via via che il progetto si dispiega, esso plasma l'intero universo del discorso e dell'azione, della cultura intellettuale e di quella materiale. Entro il medium costituito dalla tecnologia, la cultura, la politica e l'economia si fondono in un sistema onnipresente che assorbe o respinge tutte le alternative. La produttività e il potenziale di sviluppo di questo sistema stabilizzano la società e limitano il progresso tecnico mantenendolo entro il quadro del dominio. La razionalità tecnologica è divenuta razionalità politica. | << | < | > | >> |Pagina 25610.
Conclusione
La società unidimensionale che si va affermando altera la relazione tra il razionale e l'irrazionale. In contrasto con gli aspetti fantastici e folli della sua razionalità, il regno dell'irrazionale diventa la sede di ciò che è realmente razionale - delle idee che nossono «promuovere l'arte di vivere». Se la società stabilita governa ogni comunicazione normale, convalidandola o invalidandola a seconda delle esigenze sociali, allora può essere che i valori estranei a tali esigenze non abbiano altro mezzo di comunicazione che quello anormale della finzione artistica. La dimensione estetica serba ancora una libertà di espressione che mette in grado lo scrittore e l'artista di chiamare uomini e cose con il loro nome - di nominare ciò che è altrimenti innominabile. Il vero volto del nostro tempo si mostra nei romanzi di Samuel Beckett; la sua storia reale è scritta nella commedia Der Stellvertreter di Rolf Hochhut. Qui non è piú l'immaginazione che parla, ma la Ragione, in una realtà che giustifica ogni cosa ed assolve ogni cosa - tranne il peccato contro il suo spirito. L'immaginazione sta abdicando a questa realtà, che sta raggiungendo ed oltrepassando l'immaginazione. Auschwitz continua a ossessionare, non la memoria ma le realizzazioni dell'uomo: i voli spaziali, i razzi ed i missili, il «sotterraneo labirintico sotto lo Snack Bar»; le graziose officine elettroniche, linde, igieniche e con le aiole fiorite, il gas velenoso che non è in realtà dannoso per la gente; la segretezza di cui noi tutti partecipiamo. Questo è l'ambiente in cui avvengono le grandi realizzazioni umane della scienza, della medicina, della tecnologia; gli sforzi per salvare e per migliorare la vita sono la sola promessa nel disastro. Il gioco deliberato con possibilità fantastiche, l'abilità di agire con buona coscienza, contra naturam, di far esperimeni con uomini e cose, di convertire l'illusione in realtà e la finsione in verità, dimostrano fino a qual punto l'Immaginazione è diventata uno strumento di progresso. E di esso, come di altri nelle società costituite, si è metodicamente abusato. Nello stabilire il ritmo e lo stile della politica, il potere dell'immaginazione eccede di gran lunga Alice nel Paese delle Meraviglie quanto a manipolazione di parole, voltando il senso in non senso e il non senso in senso comune. | << | < | > | >> |Pagina 260In ogni caso, la combinazione di autorità accentrata e di democrazia diretta è soggetta ad infinite variazioni, a seconda del grado di sviluppo. L'autodeterminazione sarà reale nella misura in cui le masse si saranno dissolte in individuí liberi da ogni propaganda, indottrinamento e manipolazione, capaci di conoscere e di comprendere i fatti e di valutare le alternative. In altre parole, la società sarebbe razionale e libera nella misura in cui è organizzata, sostenuta, e riprodotta da un Soggetto storico essenzialmente nuovo.Allo stato attuale di sviluppo delle società industriali avanzate, tanto il sistema materiaie quanto ii sistema culturale rifiutano questa esigenza. Il potere e l'efficienza del sistema, la perfetta assimilazione della mente con il fatto, del pensiero con il comportamento richiesto, delle aspirazioni con la realtà, si oppongono all'emergere di un nuovo Soggetto. Essi si oppongono inoltre all'idea che la sostituzione del controllo in atto sul processo produttivo con un «controllo dal basso» significherebbe l'avvento di un mutamento qualitativo. Tale idea era valida, ed ancora è valida, dove i lavoratori erano e sono tuttora la negazione vivente e l'accusa della società stabilita. Ma dove queste classi sono diventate un sostegno del modo di vivere stabilito, la loro ascesa al controllo prolungherebbe tal modo di vivere in un quadro diverso.
Nonostante ciò, i fatti che convalidano la teoria
critica di questa società e del suo fatale sviluppo son
tutti presenti: l'irrazionalità crescente dell'insieme; lo
spreco e la limitazione della produttività; il bisogno
dell'espansione aggressiva; la minaccia costante della
guerra; lo sfruttamento intensificato; la disumanizzazione.
E tutti rimandano all'alternativa storica: l'impiego
pianificato delle risorse ner la soddisfazione dei bisogni
vitali con un minimo di fatica, la trasformazione del tempo
dedicato a passatempi in vero tempo libero, la pacíficazione
della lotta per l'esistenza.
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