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| << | < | > | >> |IndicePrefazione 9 di Paolo De Benedetti TEOLOGIA DEL TERRORE 11 PROLOGO 13 11 SETTEMBRE. MODERNITÀ E FONDAMENTALISMO Svolta epocale? 14 Monoteismi e fondamentalismi 19 PARTE PRIMA 29 TEOLOGIA E TERRORISMO «Il Terrore di Dio». Tre tipologie 31 La Teologia del Bombardamento Preventivo 47 Il «Partito di Dio» e il «Partito di Satana» 59 L'Armaghedon terroristico 71 PARTE SECONDA 85 TERRORE GLOBALE E NUOVA SCEPSI La «Nuova Teologia politica» e l'11/S 87 Filosofia a Manhattan. La nuova scepsi 105 Neo-cons e relativismo 137 Note al testo 155 Bibliografia 183 |
| << | < | > | >> |Pagina 13L'11 Settembre 2001 di Manhattan, da subito oggetto di angosciosi e terribili interrogativi e d'interminabili analisi e riflessioni, ha assunto ormai nell'immaginario collettivo dell'Occidente il cupo significato di un simbolo chiave del nuovo millennio. Una sorta d'incredibile, insanguinata e tragica «festa di apertura e inaugurazione». Dopo gli attentati terroristici di Madrid dell'11 Marzo 2004, feroce replica delle Twin Towers americane nel cuore dell'Europa, l'undici rischia di diventare nella mentalità superstiziosa e cabalistica popolare un numero da scongiuri, infausto, maledetto. E dopo la straziante strage di innocenti di Beslan in Russia il 3 Settembre 2004, sembra diventare infausto anche il mese di Settembre. Lo stesso carattere sembra assumere il mese di Luglio, dopo le bombe omicide esplose nella metropolitana di Londra, il 7 Luglio 2005, che hanno ancora una volta scioccato l'intero Occidente, allungando la lista delle stragi terroriste e infittendo oltre l'immaginabile il calendario dell'orrore. Ma noi occidentali non dovremmo dimenticare neppure la data d'inizio della guerra americana contro l'Iraq, il 19 Marzo 2003 (definiremo infausto anche il mese di Marzo?). Per le popolazioni arabo-islamiche (e forse anche per tanti popoli e paesi del Terzo Mondo) tale data sembra aver assunto lo stesso valore simbolico dell'11 Settembre, pur se di segno valutativo opposto.
Con l'aggravante che in Iraq alla guerra è seguita la lunga interminabile
«guerra del dopoguerra», caratterizzata da scene incrociate di quotidiana
barbarie (le torture ai prigionieri nel lager americano di Abu Ghraib, la
violenza delle truppe di occupazione e degli incessanti bombardamenti sulle
città irachene, l'uccisione di civili [non solo] iracheni ai
check-points
americani, la ferocia degli attentati suicidi e delle autobombe, il rapimento e
la decapitazione di ostaggi, spesso mostrati quasi in diretta dalla tv araba
Al-Jazeera o su alcuni siti web. E col risultato che i morti ammazzati della
guerra (e) del dopoguerra, dall'una e dall'altra parte, assommano oramai a
decine e decine di migliaia).
SVOLTA EPOCALE?
I
«major events»
d'apertura del millennio (l'11 Settembre di New York e l'11 Marzo di Madrid, il
3 Settembre russo di Beslan, il 19 Marzo iracheno, il 7 Luglio londinese)
documentano che ci troviamo ad un bivio, ad una svolta epocale? Ma se sì, quale
e di quale importanza? E ancora: siamo all'inizio di un'epoca «postmoderna»,
all'estremizzazione della modernità o al ritorno ad un Medioevo premoderno? Ma
che senso ha parlare di epoca post-moderna? Di certo, vecchio e nuovo, moderno e
premoderno, progresso e reazione, universalismo e particolarismo, necessità e
contingenza sembrano oggi incrociarsi in modo inestricabile e contraddittorio,
dando origine ad un intreccio paradossale che, con la terminologia dei fisici e
matematici del caos, si potrebbe definire un caos deterministico.
1. La situazione internazionale, non c'è dubbio, è mutata profondamente a partire dagli anni 1989/91, con la caduta del muro di Berlino, il crollo dell'Urss e la scomparsa del blocco sovietico. Al bipolarismo mondiale Usa-Urss è subentrato il momentaneo unipolarismo americano. Ma ciò ha comportato la nascita di un nuovo disordine mondiale, con l'esplosione di nuovi particolarismi e conflitti religiosi e interetnici di ogni tipo. Quasi fosse improvvisamente saltato il benefico coperchio del mitico vaso di Pandora (che conteneva e nascondeva tutti i mali del mondo!). Dopo il crollo improvviso e imprevisto del socialismo reale (contraddittoria utopia/distopia di un mondo radicalmente nuovo), si sono sviluppate nuove e gravi contraddizioni centrate sull'antagonismo globale tra l'Impero americano e il radicalismo islamico e motivate da ragioni non solo economiche e politiche, ma anche ideologiche e religiose.
Ecco dunque da un lato la ripresa in grande stile della Guerra santa
islamica, il
Jihad,
rilanciata con risolutezza estrema dallo sceicco saudita Osama bin Laden, che
nel nome di Allah addita nell'Occidente e negli Stati Uniti «l'Impero di Satana»
da annientare con le armi del Terrore. E dall'altro la rinascita dello spirito,
creduto sepolto per sempre, delle Sante Crociate medievali, rappresentato dal
«cristiano rinato» George W. Bush, presidente degli Stati Uniti, sostenitore
della «guerra preventiva infinita» da scatenare contro la dittatura perversa di
«Satan Hussein», o contro il regime diabolico dei Talebani afghani, o la rete
terroristica del «Principe delle Tenebre» Osama bin Laden, o i cosiddetti «Stati
canaglia
(rogue States)» (identificabili
ad libitum
dall'amministrazione americana). Un antagonismo (tra gli Usa sotto
l'amministrazione Bush jr e il terrorismo islamico) relativo ai fini, ma
implicante una tale complicità nel comune ricorso alla violenza armata, da
giustificare l'accattivante slogan: «No a Osama-Bush-Laden», o
«No a Bin-Bush-Laden» (con altre ingegnose variazioni), gridato dai cortei
pacifisti in numerose città del mondo. Senza dire che il jihadismo si è esteso
anche al separatismo ceceno. Così che oggi anche la Russia di Putin cerca di
arruolarsi nella crociata anti-islamica americana, associandosi alla «guerra
infinita» di Bush contro il «terrorismo internazionale».
2. Ma i cambiamenti decisivi registrati a partire dagli anni 1989/1991 hanno prodotto una svolta storica, nel senso di un passaggio dalla modernità ad una situazione o condizione storica strutturale totalmente diversa? Siamo al superamento post-storico della modernità, al cosiddetto «postmoderno»? O ad un suo presunto rovesciamento e negazione? Oppure siamo, più semplicemente, di fronte alla sua continuazione sotto altra forma, alla sua estremizzazione violenta? | << | < | > | >> |Pagina 257. Il fondamentalismo religioso va oltre, compie ancora due passi. Il primo consiste nel tentativo di trasformare la religione (ebraica, cristiana o musulmana) in ideologia statale, o di subordinare lo Stato alla religione e agli imperativi religiosi. Ossia la religione dovrebbe non soltanto includere la vita privata dei credenti, ma estendersi alla vita pubblica, alla comunità politica dei cittadini, di tutti i cittadini, credenti «autentici», credenti in altre fedi e non credenti. Allo Stato laico, democratico, pluralista, che è a-religioso proprio per consentire la pluralità delle confessioni religiose, verrebbe così a sostituirsi uno Stato confessionale, mono-religioso, auto- o mono-cratico (uno Stato governato dal «Partito di Dio», o dall'«Uomo di Dio o Unto del Signore» di turno). Un «Dio mortale (mortal God)», per dirla con le parole di Hobbes, riflesso in terra del «Dio immortale (unmortal God)» che è nei cieli". Uno Stato di Dio; anzi: uno Stato/Dio. E allora l'ebreo restringe «la siepe intorno alla Torah», rifiutando dialogo e tolleranza, compromessi e mediazioni; il cristiano assolutizza l'autorità statale perché viene da Dio («nulla auctoritas nisi a Deo»), confondendo sovranità divina e statale; il musulmano propugna «l'Islam totale», l'instaurazione di uno Stato teocratico, fondato sulla «sovranità e i diritti di Allah». In tutti e tre i casi i casi si scivola nella teologizzazione e assolutizzazione dello Stato e della politica in nome di Dio. Ma non in nome di un Dio assoluto, in sé un «mistero», inconoscibile e ineffabile anche per il più fervido credente, quanto in nome della propria idea assoluta di Dio.Il secondo passo della possibile degenerazione e deriva fondamentalista dei monoteismi è il ricorso alla guerra santa contro l'Altro, il diverso, il nemico, satanizzato ed elevato a nemico di Dio. Il disprezzo, la condanna e la persecuzione, come eresie, idolatrie, o false ideologie, colpisce non solo le religioni non monoteistiche, ma quelle monoteistiche diverse dalla propria. L'assolutezza di Dio si converte nell'assolutezza della propria idea di Dio, l'ontologia divina in ideologia del fanatismo (pronto a scatenarsi contro credenti e non credenti o miscredenti). Sicché i tre monoteismi invece d'essere ritenuti tre idee diverse e complementari dello stesso unico Dio, diventano tre religioni assolutistiche, esclusivistiche, reciprocamente incompatibili, in lotta mortale l'una con le altre. Giustificando Guerre sacre degli «eletti di Dio», Crociate sterminatrici degli infedeli, e devastanti Jihad contro gli empi e gli idolatri. È in questo contesto che nasce e si sviluppa la «Teologia del Terrore». | << | < | > | >> |Pagina 14811. Il pensiero neocons. Senza pretendere di essere esaustivi, potremmo provare a sintetizzarne in tre punti gli aspetti che ci sembrano più caratterizzanti.Innanzitutto, [A] l'idea degli Stati Uniti come Superpower, la più grande potenza politica, tecnologica, economica, militare della storia umana, oggi, dopo il crollo dell'Urss, senza eguali nel mondo. Epperciò necessitata «a proiettare potere (Projecting Power) a livello globale». Poiché il vantaggio di questo «momento unipolare (Unipolar Moment)» favorevole non può durare in eterno, avvertono i neocons, bisogna approfittarne subito, con risolutezza, prima che altre potenze regionali in sviluppo, come la Russia, l'India e soprattutto la Cina, possano divenire competitive e pericolose per gli Stati Uniti. Imporre ad ogni costo il proprio dominio geostrategico globale, l'«americanizzazione del mondo», il progetto del New American Century: questo l'attuale, urgente compito, la nuova «missione manifesta» degli Usa secondo i neocons. Non capire, sottovalutare, indebolire, o peggio rinunciare a tale missione: ecco il «pericolo odierno» contro cui gli Stati Uniti devono combattere, o a cui devono sottrarsi. In secondo luogo, [B] la teoria della «guerra preventiva infinita». Enunciata da George W. Bush dopo il trauma dell'11/S, tale teoria era stata già elaborata dal pensiero strategico neocons. Secondo il quale, dopo aver sventato la minaccia nazista e quella sovietica, gli Usa non avrebbero dovuto attendere inerti l'avvento della «prossima minaccia», ma prevenirla attivamente, modellando «l'ambiente internazionale in modo da impedire in origine che una tale minaccia si sviluppi». In questa prospettiva, il «destino» odierno dell'America sarebbe «sorvegliare il mondo (Police the Word)», assumersi il ruolo di sceriffi globali, «esercitare una forza di polizia internazionale» per combattere gli «illeciti cronici» (secondo una nota espressione del presidente Theodore Roosevelt citata spesso dai neocons), per ridurre all'impotenza la «malvagità» dei nemici dell'America e dell'umanità: «Finché esiste il male, qualcuno dovrà proteggere i cittadini pacifici dai predatori». È la teoria degli Stati canaglia (Rogue States), che George W. Bush dopo l'11/S ha definito col noto termine di sapore teo-neocons di «Asse del Male».
Infine, [C] il progetto di un «nuovo ordine mondiale». Formulato già da Bush
Padre in occasione della Guerra del Golfo, nel 1991, per definire la nuova era
post-Guerra fredda, tale progetto è stato radicalizzato da Bush Figlio e dai
gruppi neocons. Per i quali sarebbe inadeguato e autolesivo pensare ad un ordine
mondiale sotto la guida americana, ma compatibile col multilateralismo e col
rispetto e la difesa del diritto internazionale. Al contrario, per i neocons il
compito degli Usa è oggi quello di instaurare un ordine geostrategico globale
nuovo, del tutto conforme ai principi e agli interessi degli Stati Uniti,
quale conseguenza ineluttabile della loro eccezionale potenza. Il che non
sarebbe possibile senza trasformare l'attuale «"momento unipolare" in un'era
unipolare», senza imporre con la forza ai riluttanti la supremazia globale
americana, senza attuare un'efficace «strategia di cambi di regime» nei paesi
nemici. Senza arretrare infine nemmeno di fronte al rischio apocalittico di una
«quarta guerra mondiale» (quarta, dopo la Guerra fredda). In questo quadro,
«schiacciare Al-Qaeda è solo l'inizio»; l'inizio di una guerra infinita contro
le forze del male e gli Stati canaglia (Iraq, Iran, Siria ecc.). L'imposizione
di un nuovo ordine mondiale viene giustificato infine anche con la tesi secondo
cui vivremmo in un mondo hobbesiano spietato e selvaggio, regolato dalla
violenza e dalla guerra, dove solo il più forte riesce a sopravvivere: se non
sono gli Stati Uniti a sopraffare gli Stati canaglia, saranno questi,
prima o dopo, a sopraffare gli Stati Uniti.
12. Che cosa dire? Siamo, com'è evidente, alla progettazione di una «politica di potenza (Machtpolitik)» in perfetto stile imperialistico, chiaramente modellata su quella «bismarkiana» della vecchia Europa dell'Otto-Novecento. In questo senso, gli Usa dei neocons non sono il futuro del mondo, ma il passato dell'Europa, a cui l'Europa sembra non voler più tornare. Alla vecchia e disastrosa «politica di potenza» imperialistica (sperimentata nel corso di due guerre mondiali), la nuova Europa sembra oggi preferire, seppur debolmente, la «potenza della politica», dove potenza è «capacità» di proiettare all'esterno modelli e valori politico-giuridici di legittimità democratica e di pacifica convivenza civile e comunitaria. La tesi dell'esistenza di Stati canaglia, d'altra parte, è arbitraria e contraddittoria. Se, come ha osservato Jacques Derrida, lo Stato canaglia è uno Stato banditesco, che si pone e opera fuori e contro la legalità internazionale, il primo e più potente Stato canaglia oggi sono gli Usa, la cui politica estera è ormai da anni una violazione continua, consapevole e sistematica dei trattati, del diritto e delle istituzioni internazionali. Bisognerebbe concludere che i pretesi «poliziotti del mondo» sono in realtà i principali e più pericolosi «fuorilegge» internazionali? Paralogistica è infine l'idea della creazione di un nuovo ordine mondiale per mezzo di una guerra preventiva infinita. il mezzo contraddice e impossibilizza il fine. Una guerra infinita, creando un infinito disordine, distruggerebbe all'infinito ogni seppure aleatoria possibilità di un nuovo ordine mondiale; il nuovo Leviathan (il mostro biblico simbolo dell'ordine) progettato dai neocons si rovescerebbe incessantemente in un nuovo Behemoth (il mostro biblico simbolo del caos). «L'Impero americano» globale del pensiero neocons, com'è stato detto, «forse è davvero l'Impero del caos, condannato a combattere per sempre», «a non avere mai pace e a non dare mai pace». Un Impero caotico, che produce incessantemente un nuovo caos locale e mondiale, un caos glocale (l'Iraq docet, così come le repliche occidentali dell'11/S). Senza considerare il tremendo rischio che, a lungo termine, data la pericolosità e l'incontrollabilità degli armamenti atomici, chimici e batteriologici oggi sempre più diffusi nel mondo, il diktat dell'universale pax americana possa prima o dopo coincidere, per dirla con Kant, con l'universale «pace perpetua dei cimiteri». | << | < | > | >> |Pagina 15315. La «democrazia scettica». Umanizzare i valori si può relativizzandoli. I neoscettici greci ritenevano, come sappiamo, che ogni cosa, che isolatamente e in sé non è comprensibile, lo diventa solo nel rapporto con le altre. L'Assoluto, l'incondizionato, l'assolutamente irrelato e irrelazionabile, è razionalmente inattingibile. Non di Democrazia possiamo dunque parlare, ma di democrazie, al plurale. Se si accettano le proposte teoriche della nuova scepsi di Habermas e Derrida, oltre che le loro riflessioni e indicazioni etico-politiche, risulta evidente l'impossibilità razionale di presupporre un modello o valore assoluto, incomparabile e incommensurabile, da difendere o esportare con la forza (se ci fosse, nessuno, nemmeno il cristiano rinato George W. potrebbe saperlo). Al contrario, occorre prendere atto che esistono nel mondo, in particolare nell'Occidente, tante, diverse e particolari democrazie storico-empiriche, work in progress della faticosa, imperfetta, fallibile e autocorreggibile progettualità e operosità umana. Da un ipotetico idealtipo weberiano, costruito comparativamente, e senza pretesa alcuna di definitività, ne verrebbe fuori l'immagine di una democrazia scettica, incompiuta, perfettibile, migliorabile, ricostruibile all'infinito. Ma anche di una democrazia instabile, precaria, sempre sotto la minaccia degli attacchi dell'assolutismo e del fondamentalismo, religioso e talvolta anche laico.I principi, aspetti o regole procedurali basilari delle odierne democrazie (dal suffragio universale alle libertà politiche, civili, sociali, religiose, culturali alla divisione e bilanciamento dei poteri all'alternanza delle maggioranze al governo ai rapporti pacifici tra gli Stati sull'arena internazionale) acquistano un nuovo senso alla luce del relativismo scettico. Come c'è un tertium datur tra l'assolutamente vero e l'assolutamente falso, così c'è una terza via tra l'anarchia e l'autocrazia. Lo scetticismo democratico non nientifica i valori e le regole della democrazia, ma ne contesta la pretesa assolutezza. Se si supponesse che ci fosse un solo cittadino, governante, partito, organismo religioso o civile, filosofo-re o inviato del Signore, una Chiesa/Stato o uno Stato/Chiesa che detenesse la Verità assoluta (le Tavole della Legge), e perciò si arrogasse la missione di imporla con la forza repressiva nel proprio paese, o di diffonderla nel mondo con la violenza e con la guerra, cadrebbe la stessa possibilità e pensabilità della democrazia.
La teologizzazione della politica è, sul piano ideologico, il nemico
principale dei regimi democratici, perché rifiuta la critica razionale, il
metodo costruttivo/decostruttivo, il dialogo, la comunicazione etico-discorsiva
tra gli interlocutori, l'idea della relatività e perfettibilità dei principi
della convivenza civile. Non è eccessivo dire che il primo teorico della
democrazia occidentale è stato il filosofo Protagora di Abdera, vissuto
nell'Atene periclea del V secolo. Il suo agnosticismo teologico e il suo
principio relativistico dell'
anthropon metron
coincidono tuttora con la condizione di pensabilità della democrazia in alcuni
suoi aspetti centrali: il laicismo dello Stato, il pluralismo delle idee e
l'uguaglianza dei diritti. Protagora, nell'omonimo dialogo platonico, non a
caso narra il mito dell'origine divina della virtù politica democratica
(giustizia unita a temperanza): sarebbe stato Zeus stesso a ordinare a Ermes di
distribuire quella virtù, a differenza dell'arte e della tecnica, in modo eguale
ed egualitario a tutti gli uomini della Città. Se infatti il bene pubblico è il
prodotto dell'apporto libero, creativo e responsabile di tutti, ogni
discriminazione pregiudiziale contro qualcuno sarebbe un danno per tutti, e
porrebbe a rischio la sopravvivenza della Città. Lo scetticismo democratico
(potremmo dire: lo scetticismo non disfattistico della ragione democratica), in
quanto deassolutizza e deteologizza la politica, e al tempo stesso difende la
dimensione umana, laica, relazionale, etico-discorsiva e autocorrettiva dei
valori, rappresenta oggi forse il migliore e più efficace antidoto alle
devastanti Teologie incrociate del Terrore e del Controterrore.
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