Copertina
Autore Ed Mayo
CoautoreAgnes Nairn
Titolo Baby consumatori
SottotitoloCome il mercato compra i nostri figli
EdizioneNuovi Mondi, Modena, 2010, , pag. 336, cop.fle., dim. 13,8x21x2,8 cm , Isbn 978-88-8909-173-9
OriginaleConsumer Kids. How Big Business is Grooming Our Children for Profit
EdizioneConstable, London, 2009
TraduttoreRoberta Bargellesi
LettoreGiorgia Pezzali, 2011
Classe marketing , bambini , ragazzi
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Indice


    Introduzione                                    13

1   I vostri figli, il loro mercato                 19

2   La guerra del marketing                         41

3   Baby fashion victim                             65

4   Menù per bambini                                87

5   Tecno-bimbi                                    117

6   Cyber-bimbi                                    163

7   Chi mi sta confondendo le idee?                183

8   Una promessa di felicità non mantenuta         207

9   Spirito d'iniziativa                           233

10  Coscienza civile                               255

11  Resilienza                                     275

12  Il Manifesto del Marketing dei Bambini         297

    Note                                           305


 

 

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Pagina 13

Introduzione



Per chi lavora vostro figlio?

Sarah è una ragazzina brillante e vivace. Le piace andare alle riunioni degli scout il lunedì, fare danza moderna il martedì ed è appena stata ammessa nella squadra di ginnastica del locale Circolo delle Aquile, il che significa tre allenamenti settimanali e gare in giro per tutto il paese. Ha un buon carattere, che a scuola la trasforma in una piccola "calamita", sempre al centro dell'attenzione. Passa molto tempo al computer e ultimamente ha cominciato a usare Internet per giocare e chattare.

Sarah ha anche un segreto: essendo una ragazzina piena di impegni e con molti contatti, è stata reclutata attraverso la chat room di un sito per bambini per lavorare come venditrice del lettore MP3 firmato Barbie. È un lavoro piuttosto duro; d'accordo, il contratto le fornisce un lettore Barbie rosa nuovo di zecca, ma Sarah deve portarlo sempre con sé: a scuola, in palestra, ai ritrovi degli scout, agli allenamenti, a danza, ovunque. E non può lasciarlo nel suo armadietto: le è stato detto di magnificarne i pregi per tentare di convincere chiunque incontri ad acquistarne uno. Inoltre, deve scattare svariate fotografie per documentare ognuna di queste "operazioni di marketing" e spedirle alla chat room del marchio Mattel.

Questo lavoro, di certo impegnativo, prevede mansioni quali la progettazione e la realizzazione di un proprio blog come fan del lettore nonché il reclutamento di nuovi sostenitori nella sua ampia rete di amicizie. E non è finita. Sarah deve entrare nei suoi siti web preferiti e inserire commenti entusiastici sul lettore Barbie, per poi convincere tutti i suoi amici a raggiungerla sul sito di Barbie Girl, così da poter raccomandare l'acquisto del prodotto nelle conversazioni online. Trattandosi di un rapporto di lavoro a tutti gli effetti, Sarah risulta assunta con contratto a provvigione. Può collezionare punti lasciando su altri siti giudizi positivi sul marchio Barbie e ottenere un bonus fornendo convincenti prove fotografiche del fatto che sta vendendo un sacco.

A proposito, Sarah ha 7 anni.


Vi sembra impossibile? Eppure, nel 2007, diverse ragazzine di età compresa tra i 7 e gli 11 anni sono state reclutate in tutto il Regno Unito dalla Dubit per conto della Mattel per commercializzare il lettore MP3 Barbie, mentre maschietti della stessa età venivano ingaggiati per vendere i prodotti del marchio Hot Wheels. Ogni fine settimana, uno stuolo di bambini dai 7 anni in su riferisce alle aziende cosa funziona e cosa no. Nel mondo del marketing, è cosa nota che i bambini siano ottimi venditori e portino altri bambini. Anche gli adolescenti lo sanno. Liam, che ha 16 anni, ci ha detto chiaramente: "La pubblicità più efficace per i giovani è quella fatta da altri giovani". Che siano pagati o meno, rappresentano vetrine ambulanti dei marchi che amano, a cominciare dallo zaino che portano in spalla per finire con le scarpe che indossano o con il telefono che accostano all'orecchio.


Piccoli consumatori crescono

I bambini di oggi sono gli ingranaggi di una grande ruota commerciale che gira vorticosamente. Malgrado siano ancora in pochi a lavorare effettivamente per un marchio come Sarah, tutti i bambini sono incoraggiati a desiderare, ad acquistare, a bere succhi di frutta, a mangiare merendine, a collezionare, a crescere velocemente e infine a spendere. Ai bambini piace questo ruolo di consumatori, ma il problema sta in ciò che viene loro offerto. Le pubblicità cui sono esposti sono infarcite di allusioni sessuali, eppure si continua a considerarli spettatori passivi, destinati a rimanere eternamente ingenui riguardo a questi argomenti. Spot e immagini pubblicitarie popolati da celebrità ritoccate e in pose affettate evocano un irraggiungibile mondo di bellezza e perfezione, eppure ci aspettiamo che si accettino per quello che sono e mantengano alto il proprio livello di autostima. In una nazione in cui nessuno patisce la fame, la pubblicità non fa che incoraggiare una dieta a base di zuccheri, sale e grassi. Teniamo i nostri figli in casa, al riparo dai pericoli esterni, e tendiamo a non renderci conto che il pericolo si annida negli schermi del computer e della televisione, sotto forma di messaggi commerciali persuasivi e martellanti.

La letteratura sull'infanzia o sulla famiglia non si occupa abbastanza dell'enorme quantità di tempo che oggi i bambini trascorrono da consumatori. Questo mondo di baby consumatori non comprende solo lo shopping o la pubblicità, ma anche i cortili, le strade, le stanze da letto e gli amici con cui vivono i nostri figli, oltre alle tecnologie che utilizzano.


La nostra storia

Ci siamo conosciuti tramite una rete di contatti che copre diversi paesi. Agnes è un'universitaria che tiene lezioni, fa ricerca e lavora come consulente marketing, soprattutto nel Regno Unito, in Francia e nei Paesi Bassi. Ed è un attivista impegnato nel marketing per il bene pubblico, e ha contribuito al lancio di varie iniziative, dal Comitato Jubilee 2000 per la cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo al marchio Fairtrade e, recentemente, all'associazione per i diritti dei consumatori Consumer Focus. La persona che ci ha fatti incontrare, tramite e-mail, è un'economista radicale di Boston di nome Juliet Schor. Nel 2005, isolata sulle remote montagne del confine italo-francese e lontanissima dai segnali stradali più vicini, Agnes stava leggendo un'innovativa ricerca di Juliet sulla salute mentale dei bambini e sul loro coinvolgimento come consumatori. Agnes scrisse a Juliet chiedendo se qualcuno stesse portando avanti ricerche simili nel Regno Unito e lei rispose quello stesso giorno: "Dovresti lavorare con Ed". Abbiamo seguito il suo consiglio e il risultato è questo libro.

In tre anni, abbiamo fatto un grosso lavoro di ricerca, in parte personalmente e in parte affidandolo ad altri. Ne è risultato un affascinante affresco dell'infanzia e del modo in cui le aziende interagiscono con le nostre famiglie, spesso a nostra insaputa. Forse siamo talmente assuefatti che non riusciamo a capire, e a volte neppure a vedere, la realtà. La strisciante onnipresenza del marketing nella vita dei bambini è qualcosa che urge raccontare, sia in ragione della sua crescente rilevanza economica sia, come vedremo, a causa dei suoi discutibili effetti. Le aziende hanno come obiettivo i profitti e, nell'odierna società dei consumi, il mercato dell'infanzia è prezioso come l'oro. I bambini valgono oro.


Acchiappabambini

Non mancano certo i lati positivi. La vita del consumatore è una costante fonte di divertimento per i ragazzi, che da film, cibi, giocattoli, giochi e gadget traggono piacere e soddisfazioni. In tutto questo i bambini tendono a vedere delle opportunità anche se, come vedremo, non sono affatto privi di senso critico. Tuttavia, siamo convinti che gli aspetti negativi non vadano trascurati e dipendano dalle politiche messe in piedi da aziende che possiamo definire "acchiappabambini". Queste aziende compiono scelte calcolate per attirare bambini sempre più piccoli, giocando sui loro sogni e sfruttandone i punti deboli. Allo stesso tempo, trasmettono nostalgiche immagini di giovinezza agli adulti di una società che non vuole crescere sul serio e che riesce a mantenersi giovane facendo acquisti per i propri figli. Tutto questo, naturalmente, non è privo di ripercussioni sull'ambiente. Nonostante ci venga ripetuto che è necessario limitare i consumi per contrastare i cambiamenti climatici, stiamo comunque crescendo una nuova generazione di consumatori incalliti.

Il mondo interiore dei bambini si modella su un mondo esterno che promette felicità, libertà e realizzazione personale. Per soddisfare questi tre desideri non ci vuole il genio della lampada, basta consumare. In quanto adulti, siamo tutti complici nel prolungare a oltranza questa promessa illusoria e forse persino nel crederci. Ciò che non vogliamo affrontare, e che costituisce il soggetto di questo libro, è l'aumento vertiginoso dell'esposizione ai messaggi commerciali cui sono soggetti i bambini di oggi. Grazie ai telefonini, ai computer o alle TV, la società dei consumi in cui vivono i nostri figli è molto meno mediata dagli adulti di quanto sia mai stata in passato. Le troppe opportunità comportano conseguenze psicologiche e i fatti che presentiamo mostrano chiaramente che, più i bambini diventano materialisti, più possibilità hanno di essere infelici e di vivere con disagio il rapporto con la famiglia.

I giovani hanno un proprio linguaggio per descrivere questo meccanismo. Introdurremo perciò il tema di ogni capitolo usando le parole di alcuni ragazzi intervistati. Tuttavia, è proprio grazie ai bambini con cui abbiamo parlato che questo libro non giunge a conclusioni pessimistiche, ma al contrario rappresenta un invito alla speranza e all'azione. Più avanti, ci soffermeremo sulle capacità di recupero dei giovani e su alcune reazioni positive alla società dei consumi; dialogheremo con giovani imprenditori, giovani sindaci e giovani femministe straordinariamente impegnati. Valuteremo in che misura la paghetta settimanale possa rappresentare per i genitori una soluzione efficace per orientare i propri ragazzi attraverso l'intricata giungla dei consumi e illustreremo ciò che le scuole e la società intera possono fare per permettere ai nostri figli di non essere solo baby consumatori, ma anche di cambiare il mondo che li circonda.

Cominceremo con una panoramica di dati e fatti recenti che riguardano i piccoli consumatori e porteremo esempi di marketing rivolto all'infanzia, la cui portata e raffinatezza sconvolgerà molti genitori. Analizzeremo le industrie che si celano dietro a tutto questo, quelle che abbiamo definito "acchiappabambini", e l'invisibile influenza che esercitano sulle famiglie di tutto il paese. Sono loro che contribuiscono a plasmare il mondo in cui vivono i bambini, determinando di volta in volta la percezione che questi ultimi hanno di sé e delle proprie priorità. Poi prenderemo in esame le diverse situazioni in cui le famiglie vengono irretite dalle opportunità commerciali e subiscono le pressioni della pubblicità, spaziando dai settori della moda e dei prodotti alimentari fino alla tecnologia e ai social network. Il mercato di queste aziende sono i vostri figli.

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Pagina 233

Capitolo 9
Spirito d'iniziativa



"Sì, come la PlayStation 3 che è appena uscita. Nuova costa circa 240 sterline, ma l'anno prossimo la venderanno a metà prezzo." Ahmed, 15 anni


Ora lasciamo spazio all'ottimismo! Ripercorrendo gli insegnamenti delle grandi religioni nel capitolo precedente, abbiamo individuato almeno tre strade che i nostri figli possono percorrere per riuscire a liberarsi dalla morsa degli acchiappabambini e dei loro valori materiali: 1. essere intraprendenti; 2. sviluppare una coscienza civile; 3. sviluppare la resilienza. Nei prossimi tre capitoli ci soffermeremo su ognuno di questi tre punti, mostrando come i giovani possano tentare di affrancarsi dall'onnipresenza e onnipotenza del mercato in modi nuovi e promettenti. Nell'insieme, le pagine che seguono mettono a fuoco la possibilità di una società veramente diversa che non releghi i bambini nel ruolo di consumatori né dia per scontato che siano vittime passive bisognose di protezione da parte degli adulti. Una prospettiva che considera i bambini come persone attive che si interessano agli altri e danno prova di una grande forza interiore.

Dopo aver approfondito come lo spirito commerciale agisca sui bambini e come gli adulti concentrati sui profitti possano danneggiare la loro vita, passiamo a considerare l'altra faccia della medaglia. In che modo i ragazzi possono trarre vantaggio da una cultura dominata da logiche di mercato? Abbiamo visto come i confini tra età adulta e infanzia stiano diventando sempre più labili: i ragazzini guardano programmi televisivi per adulti, le mamme indossano abiti pensati per le figlie, i bambini di 6 anni vogliono macchine fotografiche "vere" per Natale e i papà contendono l'utilizzo della Playstation ai figli decenni. In un contesto simile, è naturale che i più giovani facciano incursione nel mondo dei "grandi" per guadagnare un po' di soldi. Ma cosa succede quando lo fanno?

Tra poco parleremo di alcuni straordinari giovani imprenditori che, grazie alla loro intraprendenza e al loro atteggiamento positivo, sono stati in grado di interagire con le logiche di mercato piuttosto che subirle, dimostrando che i ragazzi di oggi non sono solo capaci di spendere denaro, ma anche di guadagnarlo.

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Pagina 258

Perché non tutte le ragazze sono femministe?

Fin qui abbiamo messo in luce una serie di comportamenti che ostacolano la propensione all'empatia nei confronti degli altri e sembrano rendere l'infanzia un'esperienza molto dura (dalla guerra del marketing alle giornate trascorse in una sorta di segregazione casalinga). Se l'infanzia di oggi fosse caratterizzata solo da questi aspetti negativi, allora sarebbe facile concludere che i giovani hanno maggiori probabilità di essere vittime del degrado ambientale e del collasso sociale che di trasformarsi in salvatori dell'ambiente o semplicemente buoni vicini ... né tantomeno in buoni genitori. Fortunatamente la verità ci lascia maggiori speranze: il mondo abitato dai bambini è questo, ma alcuni di loro stanno finalmente trovando il modo di trasformare il consumismo, la tecnologia e l'interazione in rete in una forza positiva di cambiamento.

Tutto comincia quando i bambini chiedono "perché?" (una domanda che, dopotutto, rappresenta l'essenza di Whyville). Abbiamo già raccontato della protesta delle alunne di Croydon contro la catena di distributori WH Smith che vende alle bambine delle elementari articoli di cartoleria firmati Playboy. Un altro gruppo di loro coetanee di Allegheny, Pennsylvania, ha messo in atto il boicottaggio di un grande magazzino, che vendeva magliette con su scritto: "Chi ha bisogno di un cervello quando ha queste?". La loro azione ha richiamato l'attenzione di tutto il paese, e le ha portate allo show Today, trasmesso in tutta la nazione, dove hanno parlato del marketing misogino della catena di negozi; di conseguenza, le magliette sono state velocemente ritirate dal mercato. Entrambi i gruppi di ragazze avevano sollevato dubbi sul comportamento dei venditori ottenendo un risultato positivo.

Tuttavia, da Topshop o H&M, nessuno troverà magliette con scritte come "uguaglianza per le ragazze", "femminista" o "quale parte della parola 'no' non riuscite a capire?", e Mary, una quattordicenne alta e intelligente che vive a North London, spiega perché:

Qualche giorno fa, io e una mia amica camminavamo per strada chiacchierando quando un uomo di oltre il doppio dei nostri anni si è sporto sfacciatamente dal finestrino dell'auto e ci ha fischiato. Pur non essendo una cosa insolita, ci siamo entrambe sentite offese e abbiamo discusso a lungo sull'impertinenza, la maleducazione e la mancanza di rispetto di cui danno prova così tanti uomini. Perciò, quando ho chiesto alla mia amica: 'Sei femminista?', davo per scontata una risposta affermativa; invece sono rimasta sbalordita quando ha detto: 'No, penso che la situazione delle donne oggi sia buona'... Se chiedete a donne e ragazze quale idea associno alla parola 'femminismo' vi risponderanno: gambe pelose, odio per gli uomini, salopette e disinteresse per il proprio aspetto. Personalmente mi definisco femminista, ma ho le gambe depilate, mi interesso di moda, di certo non odio gli uomini (almeno non tutti...) e per niente al mondo indosserei una salopette. E questo vorrebbe dire che non posso essere femminista? Certo che no! Perché le donne non capiscono che una 'situazione buona' non è sufficiente e che la parità tra i sessi non è stata ancora raggiunta?

Mary ha intitolato questa sua riflessione "Perché non tutte le ragazze sono femministe?" e l'ha inviata a un concorso di saggistica indetto dal Times. Il vincitore avrebbe diretto, assieme ai compagni di scuola, il periodico T2 allegato al giornale. Con sua grande meraviglia e un pizzico di panico ha accolto la notizia di aver vinto il concorso e alla fine del 2007 si è trovata, assieme a undici compagni di classe, a fare una gita scolastica alla roccaforte della fama e del potere e a rivestire per due intensi giorni di lavoro il ruolo di direttore del T2. Mary ci ha parlato di questa sua esperienza tramite MSN:

Ero molto eccitata, non riuscivo a credere che i miei articoli sarebbero apparsi su un giornale nazionale. Era in una zona spiccatamente industriale, e l'entrata era piuttosto particolare, ma dentro era proprio come un grosso ufficio, con giornali dappertutto. Abbiamo deciso noi tutti i contenuti; le uniche cose che ci è stato chiesto di cambiare sono state la lunghezza di alcuni articoli, e a uno dei ragazzi la scuola ha chiesto di modificare il suo pezzo sulle gang perché danneggiava l'immagine dell'istituto. [Così ha dovuto] tagliare molti paragrafi.

Insieme a un'altra ragazza Mary ha scritto la pagina della moda, un argomento di cui è appassionata. Per lei, moda e femminismo "sono due cose diverse. Credo nei diritti delle donne e non vedo come il modo in cui mi vesto possa avere a che fare con le mie idee". L'esperienza di vedere le proprie parole stampate sulle pagine del giornale è stata meravigliosa e l'ha incoraggiata a esprimere il suo pensiero sull'impegno dei giovani:

Penso sinceramente che i giovani debbano avere più voce in capitolo. E, soprattutto, penso che debbano volerlo. Ho molte amiche che non si interessano né di politica, perché pensano che la cosa non le riguardi, né di femminismo, perché non ritengono che la condizione della donna costituisca un problema; ma i giovani nel complesso non pensano abbastanza a questi argomenti da rendersi conto che si tratta davvero di problemi, o di cose che li riguardano sotto molti aspetti. Ci sono molte cose che mi preoccupano, ma le tre che mi stanno più a cuore sono probabilmente il sessismo, specie nella religione e nei paesi del Medio Oriente, il riscaldamento globale, e la povertà come conseguenza della distribuzione totalmente iniqua della ricchezza. Personalmente faccio del mio meglio, ma non credo di poter cambiare le cose da sola.

Anche se molti giovani nutrono seri dubbi sulle proprie possibilità di influenzare la scena mondiale (solo uno su otto è interessato alla politica), e solo uno su tre sente di poter fare qualcosa su scala locale, molti giovani vogliono comunque esprimere un'opinione: nove bambini su dieci ritengono di poter influenzare le scelte che riguardano la propria famiglia, e sei su dieci di poter influire sulle decisioni prese a livello scolastico.

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Pagina 275

Capitolo 11
Resilienza



"Per prima cosa dovrei essere sicura di volerlo." Rhonda, 11 anni


Conoscete la vecchia storia dell'uomo a cavallo? Il cavallo sfreccia attraverso i campi, e tutti pensano che l'uomo in sella si affretti a raggiungere un luogo dove dovrà fare qualcosa di particolarmente urgente e importante. Ma, quando incontra un uomo che grida: "Dove state andando?", il cavaliere risponde: "Non lo so! Chieda a1 cavallo!" A noi genitori di oggi sembra che la supremazia del marketing e dei valori commerciali sull'infanzia abbia uno slancio e una direzione propri, e che non ci sia alcuna possibilità di capire dove arriverà e quali sono i suoi limiti, ammesso che li abbia; continuiamo a galoppare e ci sembra impossibile riuscire a fermarci. Abbiamo ormai perso il controllo.

Per i genitori che abbiamo intervistato per Care for the Family, le pressioni commerciali fanno parte della quotidianità: se da un lato si rendono conto di essere costantemente chiamati a confrontare i propri valori con le logiche del mercato in cui vivono immersi i loro figli, d'altro canto sono anche consci del fatto che l'impulso dei giovani a fare acquisti, la vita in rete e i contatti via cellulare non spariranno. Hanno perciò bisogno di consigli su cosa possono, e non su cosa non possono, fare. La maggior parte dei genitori cerca di barcamenarsi nel mondo in cui si trova a vivere e, quando è possibile, prova a cambiarlo. In un mondo senza regole, in cui ognuno ha le sue idee riguardo a cosa significhi essere buoni o cattivi genitori, è fondamentale avere un maggiore controllo.

Questo terzo capitolo dedicato alle possibili soluzioni per liberare i bambini dalla schiavitù del mercato passerà in rassegna alcuni esperimenti e innovazioni che si sono dimostrati validi a tal fine. Simili approcci, che consentono ai ragazzi di acquisire una maggiore resilienza (in psicologia, indica la capacità dell'uomo di affrontare e superare le avversità della vita) e di essere propositivi, forniscono le risorse e gli strumenti necessari per interagire con le eccessive pressioni commerciali e gli effetti collaterali del sistema di valori creato dal mercato. Tuttavia, per ottenere dei risultati è necessario che i bambini abbiano accanto a sé adulti amorevoli e in grado di sostenerli; e frequentino scuole dalla mentalità aperta e disposte al dialogo con le famiglie. La prima tecnica che prenderemo in esame, e sulla quale ci soffermeremo a lungo, è l'acume finanziario: dopo tutto, le dinamiche di mercato ruotano intorno al denaro. Essenziale è perciò essere padroni, piuttosto che schiavi, dei soldi.

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Pagina 297

Capitolo 12
Il Manifesto del Marketing dei Bambini



"Sii semplice e onesto, e non mentire o, fare promesse che non puoi mantenere." Tanya, 14 anni


Spirito di iniziativa, coscienza civile e resilienza possono fare la differenza per bambini e famiglie, ma c'è bisogno di un dibattito su scala nazionale, e anche di un programma che preveda cambiamenti sistematici. Nelle pagine precedenti abbiamo dimostrano come i valori e le pressioni commerciali esercitate sulla vita dei giovani stiano subendo un'accelerazione incontrollata. Un bambino di 7 anni non dovrebbe lavorare per una multinazionale. Il marketing non dovrebbe disturbare o addirittura compromettere i rapporti dei ragazzi con gli amici o i genitori. I "cibi spazzatura" non dovrebbero essere spacciati per cibi sani. Non si dovrebbero vendere coniglietti porno e biancheria allusiva a bambine delle scuole primarie. Le multinazionali non dovrebbero trarre profitti senza curarsi delle questioni etiche.

Se le pubblicità possono essere divertenti e creative (nelle loro espressioni migliori rappresentano pur sempre una forma d'arte), occorre riconoscere che il marketing sempre più diffuso e la costante esposizione a stimoli commerciali a partire dalla più tenera età generano un effetto cumulativo. I bambini cominciano a sentirsi schiacciati, ingannati e falliti.

Il marketing incontrollato non solo nuoce ai giovani di oggi, ma è destinato a danneggiare la società del futuro. Nel contesto dei cambiamenti climatici diventa sempre più urgente cambiare il nostro stile di vita ad alta emissione di carbonio, soprattutto in paesi come il Regno Unito. Questo non è un buon momento per allevare una generazione dipendente dai consumi, ma allo stesso tempo non si può pensare di invertire le lancette dell'orologio per tornare a un'epoca in cui si pensava che i bambini non andassero né controllati né ascoltati (né tantomeno portati a fare spese). I giovani chiedono di essere rispettati e non si tratta di un'esigenza passeggera, ma rientra nel cambiamento sostanziale di quelle che vengono viste come necessità dell'infanzia: è troppo comodo trattare i bambini come si faceva in epoca vittoriana con le donne (ritenute delicate, vulnerabili e fatte per stare in casa) anziché attribuire loro un ruolo rilevante nel quadro di un sistema di regole destinate a proteggere e promuovere i loro interessi.

Per concludere, è più che mai urgente assumere il controllo della tecnologia così da poterla utilizzare per promuovere la libertà, lo sviluppo equilibrato e il benessere dei bambini. I progressi della scienza e le innovazioni tecnologiche, sostiene Ray Kurzweil, il famoso e ottimista pioniere dell'informatica, si susseguono a una tale velocità che oggi in un anno assistiamo a cambiamenti che avrebbero richiesto due secoli in qualunque altra epoca della storia umana. Come abbiamo visto in questo libro, il ritmo dei cambiamenti è governato più dalla tecnologia che dalle aziende, anche se queste ultime sono pronte a trarre profitto dalla situazione trovando modi sempre nuovi per strumentalizzare i progressi tecnologici a fini commerciali.

Le nuove tecnologie offrono inevitabilmente opportunità di interazione, strumenti per il marketing e modelli di business del tutto inediti; ecco perché la crescita esponenziale del marketing per i bambini è un problema nuovo e urgente, e non semplicemente un rompicapo vecchio quanto la pubblicità. In un mercato aperto, competitivo e sempre più redditizio, le aziende faranno di tutto affinché non vengano imposti limiti alle loro attività.

Ad esempio, le dinamiche del mercato online per i bambini sono qualcosa di totalmente nuovo, per molti aspetti una straordinaria miscela degli opposti estremi del comunismo, l'anarchia e il capitalismo, una situazione che appare grottesca nell'attuale momento storico: il mondo online è comunista perché garantisce libero accesso a tutti; è anarchico perché favorisce una "Comune creativa" in cui ognuno può collaborare con gli altri e generare i propri contenuti; capitalista perché è il luogo ideale dove si perpetua l'aggressione del mercato nei confronti dei bambini. Approfittando della struttura di Internet, le aziende hanno caricato contenuti di libero accesso e imparato a intercettare i desideri di amicizia e condivisione dei bambini, e ora sembrano intenzionate a rifarsi dei costi attuando strategie aggressive e libere da freni. È un modo di agire altamente innovativo e portato a sfidare continuamente i propri limiti, ma spesso, come abbiamo visto, è anche profondamente irresponsabile.

La nuova generazione è più esperta in fatto di consumi, ma è anche incline ad abbracciare i valori improntati al mercato che le vengono continuamente proposti. E chi fallisce, in questa società, è destinato a pagare un prezzo molto alto; i dati sulla salute mentale dei bambini sono davvero preoccupanti: non è questa la promessa di felicità che ci avevano venduto.

Più i nostri figli sono esposti ai messaggi commerciali, più tendono a divenire materialisti. Eppure, se c'è qualcosa che abbiamo imparato sulla natura della felicità, a partire dai filosofi greci passando per gli psicologi positivisti fino ai neuro-scienziati di oggi, è che per sbocciare i bambini hanno bisogno di comprensione e forza interiore, e non di valori materiali. Hanno bisogno di instaurare profondi legami di amicizia con i coetanei e un rapporto solido con i genitori, e non della competizione distruttiva e dei sentimenti di alienazione spesso innescati dal marketing. Infine hanno bisogno di dedicarsi a progetti volti al bene comune, ma in un mondo dominato dal mercato sono molti gli ostacoli che ci allontanano da questo obiettivo.

La sirena d'allarme risuona forte e chiara; l'avanzata del marketing alimentato dalla tecnologia è inarrestabile e la società non riesce a tenere il passo. La maggior parte dei bambini di oggi sono di certo consumatori, ma, in quanto tali, godono senz'altro di un diritto in più rispetto a noi adulti, che è il diritto allo sviluppo e al benessere. È venuto il momento per tutti noi di rallentare, guardarci intorno e decidere come proseguire. Non si può più aspettare: ora si deve agire.


I1 Manifesto dei Bambini

Per cominciare, come dovrebbero rispondere i bambini stessi a un mondo che non stacca gli occhi dal loro portafoglio? Abbiamo chiesto a piccoli gruppi di ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 16 anni e di diversa estrazione sociale, di sviluppare alcune linee-guida da seguire quando si mettono a punto strategie di marketing rivolte ai bambini. Dopo aver discusso sul modo in cui le aziende cercano di vendere i loro prodotti ai più giovani, ogni gruppo ha compilato una cartolina con le proprie indicazioni. Crediamo che le idee suggerite da questi ragazzi non siano meno raffinate, equilibrate e significative di quelle che avrebbe potuto ideare qualunque adulto esperto di marketing o di politiche aziendali. I ragazzi hanno detto sostanzialmente tre cose:

Siate onesti e sinceri con noi riguardo ai vostri prodotti e servizi.

Trattateci con rispetto e prendeteci sul serio.

Proteggeteci dal marketing non adatto a noi e tenete sotto controllo le pubblicità dei prodotti che possono danneggiarci.

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