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| << | < | > | >> |Indice11 Prefazione [Prof. Denberu Mckonnen Siyoum] 15 Premessa 19 Introduzione 22 1. Cronologia biografica 29 2. La profezia di Marcus Garvey 34 3. Discorso per l'inaugurazione della statua di Menelik II (Addis Abeba, 2 novembre 1930) 39 4. La guerra italo-etiope 46 5. Appello alla Società delle Nazioni (Ginevra, 30 giugno 1936) 50 Apertura 52 Devastazione e terrore 53 Un paese più unito 54 Il pretesto di Wal-Wal 55 Sforzi di pace 56 Accordo violato 57 Costretti alla mobilitazione 58 Quali promesse? 60 La società minacciata 61 Assistenza rifiutata 64 6. Ingresso trionfale: il giorno della vittoria (Addis Abeba, 5 maggio 1941) 67 Apertura 69 Migliaia le vittime 71 Avversari formidabili 72 Un nuovo giorno 75 7. Il dopoguerra 82 8. Intervista per il periodico «The Voice Of Ethiopia» (pubblicata a New York il 5 aprile 1958) 83 Intervista 90 9. Discorso ai leader africani (Addis Abeba, 25 maggio 1963) 91 Apertura 92 Per tracciare una rotta 93 Incatenati e legati 94 Sforzo supremo 96 10. Discorso alle Nazioni Unite (New York City, 4 ottobre 1963) 107 11. Discorso al vertice dell'Organizzazione dell'Unità Africana (Il Cairo, 21 luglio 1964) 107 Apertura 109 Vitalità spirituale 110 Nostro figlio 111 Trovare soluzioni 112 Un gravoso compito 113 Accettare le frontiere 114 Neocolonialismo 115 Non-allineamento 116 Alcuni obiettivi 118 12. Discorso alla Conferenza delle Chiese ortodosse d'Oriente (Addis Abeba, 15 gennaio 1965) 120 Apertura 121 Antichi legami 123 Ripristinare il contatto 124 In cerca di unità e di pace 126 13. Discorso al parlamento giamaicano (Kingston, 21 aprile 1966) 126 Visto il progresso 128 L'interesse supremo 129 Unione 131 14. Organizzazione dell'Unità Africana: apertura della settima sessione (Addis Abeba, 2 settembre 1970) 134 Apertura 135 Riconciliazione totale 137 Per chi fa le orecchie da mercante 140 Medio Oriente 141 Stoccaggio degli Armamenti 142 Intervento necessario delle Nazioni Unite 144 15. Discorso rivolto al parlamento etiope (Addis Abeba, 2 novembre 1973) 147 16. Il golpe APPENDICI 155 Jah Children. La nascita del movimento rastafari 159 Haile Selassie e i rasta giamaicani 168 Ras Today. Ras Tomorrow 175 Il Kebra Nagast, libro della "Gloria dei Re" d'Etiopia e Bibbia segreta dei Rastafari 180 Breve storia dell'Etiopia 180 Storia antica 183 Etiopia biblica 184 Il regno di Axum 187 L'Impero Etiope 193 L'Etiopia tra XIX e XX secolo 198 L'Etiopia moderna 205 Breve cronologia etiope 207 Glossario 209 Bibliografia 215 Filmografia documentaria |
| << | < | > | >> |Pagina 15PREMESSA"Give us the teachings of His Majesty, for we no want no devil philosophy. Can you hear?" (Bob Marley, One Drop)
È per un dovere etico che reputo importante la traduzione dei discorsi
dell'Imperatore Haile Selassie I in italiano, spinto da una sincera sete di
verità storica e spirituale: per la necessità di colmare un ingiustificato e non
casuale vuoto culturale. Numerose ragioni potrebbero destare l'interesse del
lettore sull'argomento, ma la motivazione più forte risiede in una parola, che
ricorre spesso nelle pagine che seguono:
moralità.
Ras Tafari Makonnen, incoronato Imperatore d'Etiopia nel 1930 con l'appellativo "Haile Selassie", è una figura emblematica nella storia contemporanea: è l'ultimo sovrano, il Negus, che unisce una tradizione imperiale millenaria, al corso degli eventi odierno; l'ultimo Re Nero, dell'unico Stato Cristiano dell'Africa. Secondo la tradizione etiope riportata nel libro sacro Kebra Nagast, è il 224° discendente di Re Menelik I, figlio del Re Salomone e della Regina di Saba, Makeda: per i credenti "rastafari", rappresenta perciò l'incarnazione della profezia biblica, la seconda venuta del Cristo in veste regale predetta nell'Apocalisse, ovvero la Parusia. Indubbiamente Haile Selassie è il simbolo di un sovrano integerrimo e illuminato, una figura politica a cui purtroppo siamo sempre meno abituati. I suoi discorsi danno adito a varie possibilità di lettura, poiché partendo dalla storia, conducono sui passi dell'educazione morale e spirituale, personale e collettiva. Rappresentano soprattutto un severo monito, precursore della storia contemporanea: celebre è l'avvertimento sul pericolo del fascismo a livello internazionale, rivolto alla Società delle Nazioni nel 1936 ("It is us today, it will be you tomorrow"); importante poiché lungimirante ed esatto, considerato che i tristi e violenti soprusi sofferti dall'Etiopia durante l'occupazione italiana (1935-1941), sarebbero stati subiti anche da molte altre popolazioni nel periodo immediatamente successivo. L'ammonimento del Negus va comunque oltre il semplice antifascismo: è un insegnamento diretto alle coscienze di ogni popolo, su quei principi etici che possono far progredire l'umanità, nel cammino della civilizzazione. Un'esortazione alla consapevolezza e alla responsabilità, indirizzata non solo ai politici di tutto il mondo, ma alla Storia, e al giudizio di ogni essere umano: un invito all'unione e alla collaborazione tra i popoli dell'Africa, dunque, e dell'intera cittadinanza mondiale.
I discorsi dell'Imperatore Haile Selassie non hanno praticamente bisogno di
commenti. Sono comunque stati scelti seguendo un principio divulgativo,
duplice: per chi crede che il Negus incarni il ritorno di Cristo che compie la
profezia apocalittica, la sua parola rappresenta una sorta di Vangelo coevo
dalla fonte diretta, un "Nuovissimo Testamento" che segue la tradizione
millenaria riportata nell'antico testo
Kebra Nagast.
Per chi non sia direttamente
interessato alla filosofia di vita rastafari, i discorsi che seguono tracciano
ad ogni modo un interessante quadro documentario, riportando una pagina della
storia contemporanea spesso dimenticata o per meglio dire, strappata.
Perché i suoi discorsi non erano stati ancora pubblicati in Italiano? Perché i suoi insegnamenti sono stati sottovalutati, se non occultati, da molti storici e politici odierni? La dolorosa condizione dell'Etiopia oggigiorno, dove la povertà è aggravata dall'emergenza sanitaria (dati del 2010 riportano: un medico ogni centomila persone, speranza di vita 45 anni, e il 40% della popolazione sotto la soglia di sostentamento, vivendo con meno di un dollaro al giorno) è una triste risposta a queste e altre domande. Il presente libro vuole quindi servire come severa denuncia dei gravosi problemi che affliggono attualmente l'Etiopia, e che riguardano anche l'Italia; con la speranza di poter sensibilizzare l'attenzione dei lettori e di contribuire a un cambiamento, al miglioramento della condizione di vita del popolo etiope, che ancora "stende le sue mani", e ha bisogno del nostro aiuto. Con la speranza che la Storia stessa rappresenti una lezione di vita per le generazioni a venire. Si tratta di "una somma e terribile responsabilità: assorbire la saggezza della storia e applicarla ai problemi del presente, in modo che le generazioni future possano nascere, vivere e morire in pace". | << | < | > | >> |Pagina 465. APPELLO ALLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI
(Ginevra, 30 giugno 1936)
È importante sottolineare che durante il conflitto italo-etiope del 1935-36, nonostante il numero equiparabile di milizie sui due fronti (circa 500mila soldati per esercito), le truppe etiopi si trovassero completamente impossibilitate alla controffensiva, a causa della superiorità delle moderne armi italiane, come mitragliatrici, artiglieria pesante, esplosivi, carri armati, ma soprattutto flotte aeree (i primi "cacciabombardieri"). In particolare, alla fine del 1935 il maresciallo Badoglio richiede a Mussolini di poter utilizzare armi chimiche come l'iprite (meglio noto come "gas mostarda") e il "fosgene" (i.e. dicloruro dell'acido carbonico), contro la popolazione etiope (militari e civili), in aperta violazione con la Convenzione di Ginevra del 1929. Il permesso viene immediatamente concesso dal Duce: "Roma, 27 ottobre 19.35. A S.E. Graziani: l'utilizzo del gas, come ultima ratio per sopraffare la resistenza del nemico et in caso di contrattacco, è autorizzato. Mussolini"; "Roma, 28 dicembre 1935. A S.E. Badoglio: Dato il sistema nemico, autorizzo V.E. all'utilizzo anche su vasta scala di qualunque gas et lanciafiamme. Mussolini". Per la prima volta nella storia dell'umanità sono dunque usati agenti velenosi a danno di civili: l'aviazione italiana comincia da allora a bombardare con gas letali il territorio etiope, sterminando in breve tempo decine di migliaia di persone, oltre a piante e animali (sono circa 14 milioni i capi di bestiame soppressi in Etiopia durante l'occupazione fascista). Secondo la testimonianza del Negus: "Il paese sembrava sciogliersi. Il silenzio si faceva ogni giorno più grande su questi magnifici altipiani dove gli orizzonti sono così vasti e l'aria così pura. Né gli uomini né le bestie erano più in grado di respirare. Ogni essere vivente che veniva toccato dalla leggera pioggia caduta dagli aerei, che aveva bevuto l'acqua avvelenata o mangiato cibi contaminati, fuggiva urlando e andava a rifugiarsi nelle capanne o nel folto dei boschi per morirvi [...] C'erano cadaveri dappertutto, in ogni macchia, sotto ogni albero, ovunque ci fosse la parvenza di un rifugio. Ma ce n'erano anche di più all'aperto, in piena vista, perché la morte veniva in fretta e molti non avevano il tempo per cercare un rifugio per morirvi in pace. Presto un odore insopportabile gravò sull'intera regione. Non si poteva però pensare di seppellire i cadaveri, perché erano più numerosi dei vivi. Bisognò adattarsi a vivere in questo carnaio. Nel prato vicino al nostro quartier generale più di cinquecento cadaveri si decomponevano lentamente [...] Fu un carnaio come ce n'erano stati pochi durante questa guerra, che pertanto fu senza misericordia. Uomini, donne, bestie da soma si abbattevano a terra, colpiti dagli scoppi delle bombe o ustionati mortalmente. I feriti urlavano per il dolore. Quelli che avrebbero potuto sottrarsi a questo macello venivano presto o tardi raggiunti da una sortile pioggia diffusa dagli aerei. Ciò che uno scoppio di bomba aveva cominciato, il veleno concludeva. Era inutile tentare di difendere il corpo dal liquido corrosivo. I mantelli di cotonina se ne inzuppavano rapidamente [...] E quando sul terreno non vi furono più che corpi immobili, allora gli aerei osarono discendere più in basso per mitragliare quelli a cui restava ancora un soffio di vita". I primi episodi di bombardamenti chimici avvengono al principio del 1936: sul fronte meridionale, nella Battaglia del Generale Doria del 12-20 gennaio (comandata dal generale Graziani), in nove giorni perdono la vita circa 24mila etiopi (e alcune centinaia di italiani); sul fronte settentrionale, nella prima Battaglia di Tembien (20-24 gennaio), Badoglio ordina un uso indiscriminato di iprite e fosgene come armi principali, provocando la morte di circa diecimila abissini. Durante il conflitto in Etiopia gli italiani utilizzano vari tipi di gas: soffocanti (fosgene), vescicatori (iprite), lacrimogeni (cloroacetofenone), e tossici (benzolo); i gas erano immagazzinati nel deposito di Sorodocò, in Eritrea, nella misura di ben 6170 quintali. Come dichiara l'Imperatore nel 1936: "Se la guerra fosse stata condotta in armonia con le leggi che la regolano, la questione della conquista non si sarebbe neppure posta, perché noi abbiamo validamente resistito fino all'impiego dei gas. [...] Se gli italiani non avessero impiegato i gas venefici e se le autorità francesi di Gibuti non avessero confiscato le munizioni destinate alla mia armata, gli italiani non sarebbero riusciti a rompere le nostre linee". Le parole di Haile Selassie sono sostenute dal generale dell'esercito etiope, Ras Kassa: "Il bombardamento era al colmo quando, all'improvviso, si videro alcuni uomini lasciar cadere le loro armi, portare urlando le mani agli occhi, cadere in ginocchio e poi crollare a terra. Era la brina impalpabile del liquido corrosivo che cadeva sulla mia armata. Tutto ciò che le bombe avevano lasciato in piedi, i gas l'abbatterono". Anche il comandante imperiale Ras Mulugeta Yeggazu testimonia l'atrocità delle armi chimiche: "Molti morivano poche ore dopo aver aspirato il gas, altri qualche giorno dopo, a seconda della quantità di gas con cui erano venuti a contatto. Su piedi, mani, volto e altre parti del corpo esposte, le ustioni erano terribili, dopo un paio di giorni la gente perdeva pezzi di carne [...] Naturalmente non avevamo maschere antigas né difesa alcuna contro questo tipo di bomba". Nell'arco di pochi mesi, attraverso l'uso spietato delle armi velenose e le migliaia di bombe sganciate, le forze italiane uccidono complessivamente oltre duecentomila etiopi (tra civili e militari), lasciando l'Imperatore privo dí esercito, di possibilità e di risorse. Il 26 aprile Badoglio ordina alle camicie nere la "marcia della volontà di ferro" da Dessié ad Addis Abeba, e Haile Selassie è costretto a spostare la sede del governo etiope nella città di Gore; in data 2 maggio 1936, il Negus nomina il cugino Ras Imru come Principe Reggente d'Etiopia durante la propria assenza (sarebbero stati cinque anni), e lascia la capitale viaggiando in treno fino a Gibuti, sulla ferrovia imperiale. Appena in tempo, perché il 5 maggio Badoglio entra ad Addis Abeba; contemporaneamente Haile Selassie parte da Gibuti navigando sul Mar Rosso, raggiunge Gerusalemme attraverso il Mandato Britannico della Palestina e inizia il viaggio verso Gibilterra. Prima di approdare in Europa, l'Imperatore invia un telegramma alla Società delle Nazioni dicendo: "Abbiamo deciso di portare a termine la guerra più impari, più ingiusta, più disumana della nostra epoca, prendendo la via dell'esilio in modo che il nostro popolo non sia sterminato, e di poterci consacrare interamente e pacificamente alla conservazione dell'indipendenza millenaria del nostro Impero. [...] Chiediamo ora che la Società delle Nazioni prosegua gli sforzi per garantire il rispetto del Patto, e che decida di non riconoscere alcuna estensione territoriale né l'esercizio di una pretesa sovranità, derivanti dal ricorso illegale alla forza armata e da numerose violazioni agli accordi internazionali." Il telegramma dell'Imperatore suscita reazioni discordi tra i membri della SdN; negli stessi giorni Mussolini ordina a Graziani: "Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani: tutti i ribelli farti prigionieri devono essere passati per le armi [uccisi]. Mussolini". Quando Haile Selassie affronta la Società delle Nazioni, è presentato dal Presidente dell'Assemblea come "Sua Maestà Imperiale, l'Imperatore d'Etiopia": in risposta, un gruppo di giornalisti italiani cominciano a fischiare, urlare insulti e schernire il Negus, finché il Presidente rumeno Nicolae Titulescu non frena la gazzarra dei fascisti e ordina di "far uscire i selvaggi"; finalmente, "il 30 giugno 1936, a tre mesi esatti dalla sfortunata battaglia di Mai Ceu, l'Imperatore saliva í cinque gradini della tribuna ginevrina, avvolto in un ampio mantello di seta nera, che faceva risaltare il suo volto scarno ed espressivo. Erano le 18,30: l'attesa in sala era enorme. Tutti gli occhi erano puntati su quell'uomo minuto e all'apparenza fragile, che per sette mesi aveva saputo resistere agli assalti delle armate fasciste". | << | < | > | >> |Pagina 50APERTURAIo, Haile Selassie I, Imperatore d'Etiopia, sono qui oggi per rivendicare quella giustizia che è dovuta al mio popolo, e l'assistenza promessaci otto mesi fa, quando cinquanta nazioni hanno asserito che era stata commessa un'aggressione in violazione dei trattati internazionali. Non vi sono precedenti di un Capo di Stato in persona che parli in questa Assemblea. Ma non vi sono neanche precedenti di un popolo che sia vittima di una tale ingiustizia, e che attualmente è minacciato di essere abbandonato al suo aggressore. Del resto, non vi era mai stato finora alcun esempio di governo che procedesse con mezzi barbari allo sterminio sistematico di una popolazione, in violazione delle promesse più solenni fatte dalle nazioni della terra, ovvero che non sarebbe stato usato contro esseri umani innocenti il terribile veleno dei gas nocivi. È per difendere un popolo nella lotta per la sua millenaria indipendenza, che il Capo dell'Impero Etiope è giunto a Ginevra, per adempiere questo dovere supremo, dopo aver combattuto di persona alla testa dei propri eserciti. Prego Dio Onnipotente che possa risparmiare le nazioni dalle terribili sofferenze che sono appena state inflitte al mio popolo, e delle quali i Capi che qui mi accompagnano sono stati i testimoni inorriditi. È mio compito informare i governi riuniti a Ginevra, essendo responsabili della vita di milioni di uomini, donne e bambini, del pericolo mortale che li minaccia, descrivendo loro il destino che è stato subito dall'Etiopia. Non è solo contro i guerrieri, che il governo italiano ha mosso guerra. È contro tutte le popolazioni, attaccate lontano dalle trincee, col fine di terrorizzarle e sterminarle. In un primo momento, verso la fine del 1935, l'aviazione italiana ha bombardato le mie armate con gas lacrimogeni. Vi sono stati danni, ma lievi. I soldati erano obbligati a disperdersi, in attesa che il vento allontanasse rapidamente i gas velenosi. L'aviazione italiana è dunque ricorsa al gas mostarda. Barili di liquido sono stati scagliati sui gruppi armati. Ma neanche questo mezzo fu troppo nocivo; il liquido colpì solamente pochi soldati, e i barili lasciati a terra erano essi stessi un monito di pericolo per le truppe e la popolazione. È stato nel momento in cui le operazioni per circondare Macallè sono iniziate, che il governo italiano ha comandato, temendo una disfatta, di seguire la procedura che è ora mio dovere denunciare al mondo.
Delle irroratrici speciali di gas furono installate a bordo degli aeroplani
in modo che potessero vaporizzare, su vaste aree del territorio, una
finissima, mortifera pioggia. Gruppi di nove, quindici, diciotto aerei si
sono succeduti gli uni agli altri, in modo che la nebbia emessa formasse
una cappa continua. Fu così che, dalla fine del gennaio 1936, soldati,
donne, bambini, bestiame, fiumi, laghi e pascoli furono costantemente
bagnati da questa pioggia letale. Col fine di uccidere sistematicamente
tutte le creature viventi, col fine di avvelenare sicuramente le acque e i
pascoli, il commando italiano ha fatto passare i suoi velivoli più e più
volte. Questo è stato il suo principale metodo di guerriglia.
DEVASTAZIONE E TERRORE La vera precisione della barbarie consisteva nel portare devastazione e terrore nelle parti più densamente popolate del territorio, i punti più lontani dalla scena delle ostilità. Il fine era quello di disseminare paura e morte su una vasta parte del territorio etiope. Queste paurose tattiche funzionarono. Uomini e animali morirono. La pioggia mortale che era caduta dagli aerei aveva fatto urlare dal dolore tutti coloro che aveva toccato nel volo. Anche tutti coloro che hanno bevuto l'acqua avvelenata o mangiato cibo infetto, sono morti tra atroci sofferenze. Decine di migliaia sono state le vittime della caduta del gas mostarda italiano. È per denunciare al mondo civile le torture inflitte contro il popolo etiope, che ho deciso di venire a Ginevra. Nessuno oltre a me e ai miei coraggiosi compagni d'armi potrebbe portare alla Società delle Nazioni questa prova inconfutabile. Gli appelli dei miei delegati indirizzati alla Società delle Nazioni sono rimasti privi di alcuna risposta; i miei delegati non erano stati testimoni. Per questo motivo ho deciso di venire io stesso, a portare testimonianza del crimine commesso contro il mio popolo e dare all'Europa un monito del destino che la attende, se si inchina dinnanzi al fatto compiuto. | << | < | > | >> |Pagina 180BREVE STORIA DELL'ETIOPIA"Così Dio riservò maggior gloria al Re d'Etiopia, nonché grazia e maestà più di tutti gli altri Re della terra, a causa della grandezza di Zion, Tabernacolo della Legge di Dio, la Paradisiaca Zion" (Kebra Nagast, la Bibbia segreta del Rastafari, cap. 117)
L'Etiopia è il paese dell'Africa che può vantare il più lungo e antico
periodo d'indipendenza (fatta eccezione per i cinque anni di invasione
fascista), con una storia tra le più remote documentate al mondo (IV millennio
a.C.). Il territorio etiope viene infatti considerato una delle prime zone
abitate dall'uomo primitivo, secondo vari studi scientifici: dai rilevamenti
etnografici sulle migrazioni, alle scoperte antropologiche di artefatti e resti
scheletrici, alle analisi di variazioni genetiche basate sulla misurazione di
radiazioni, sono molte le prove che sostengono questa scuola di pensiero. I
resti di Lucy
per esempio, scoperti nella valle di Awash della regione di Afar dell'Etiopia,
sono considerati i secondi più antichi al mondo, ma i più completi e meglio
conservati fossili di australopiteco adulto: la specie di Lucy è infatti
denominata
australopithecus afarensis
dal nome della regione di Afar, e si stima
che abbia vissuto in Etiopia circa 3,2 milioni di anni fa. Ci sono stati inoltre
molti altri importanti ritrovamenti fossili nel paese, tra cui il potenziale
pre-ominide recentemente ritrovato,
ardipithecus ramidus
(soprannominato Ardi), datato addirittura 4,4 milioni di anni.
STORIA ANTICA Avendo l'Etiopia visto i primi insediamenti preistorici umani in tempi anteriori rispetto alla maggioranza delle altre zone del mondo, è spesso ritenuta uno dei possibili luoghi di inizio della specie umana: i primi documenti della storia etiope consistono nella scrittura rupestre e nel ritrovamento di manufatti di ossidiana etiope presso la necropoli egizia di Naqada (sepolcreto utilizzato nel periodo predinastico egiziano, circa tra il 4400 e il 3000 a.C.); altre testimonianze si hanno attraverso i documenti degli antichi commercianti egiziani (del IV millennio a.C.), che fanno riferimento a terre a sud di Nubia o di Kush, conosciute come Punt e Yam, e corrispondenti approssimativamente alla zona del Corno d'Africa. Gli antichi Egizi erano inoltre in possesso di mirra e di ossidiana proveniente da Punt già dalla prima o seconda dinastia, e ciò indica che un commercio tra i due paesi esisteva sin dagli albori dell'Antico Egitto (attorno al 3000 a.C.): gli scambi commerciali erano probabilmente realizzati seguendo il flusso del Nilo e dei suoi affluenti (ossia il Nilo Azzurro e il fiume Arbara). Lo storico e geografo greco Agatarchide (II sec. a.C.) documenta il commercio navale tra i primi egiziani: "Durante il periodo di prosperità del Regno [tra i secoli 30 e 25 a.C.], i percorsi fluviali erano ordinati, e le navi egiziane salpavano dal Mar Rosso verso il paese della mirra". | << | < | > | >> |Pagina 194Seppure l'Etiopia non sia stata colonizzata da una potenza europea fino al 1936 (con i cinque anni di invasione fascista), tuttavia le potenze coloniali avevano già da molto tempo diversi interessi e progetti sull'Etiopia, nel contesto della Corsa all'Africa del XIX secolo, in particolare dopo l'apertura del Canale di Suez (1869) e il Congresso di Berlino (1884).È importante ricordare che quando la Regina Vittoria del Regno Unito omette di rispondere a una missiva del Negus Tewodros II d'Etiopia nel 1867, questi si sente insultato e fa imprigionare alcuni residenti britannici, tra cui il console: un esercito inglese di 12mila uomini viene immediatamente inviato dalla colonia di Bombay fino all'Etiopia per riscattare i concittadini catturati, sotto il comando del famoso militare Sir Robert Napier. Gli etiopi vengono sconfitti e gli inglesi prendono d'assalto la fortezza di Magdala, il 13 aprile 1868. In questo preciso contesto storico entrano in scena i soldati italiani: nel 1870 una compagnia di spedizioni italiana, la Rubattino, aveva acquistato da un sultano locale il porto di Asseb (attuale Eritrea) nell'ingresso meridionale del Mar Rosso. Dopo aver comprato anche altre terre etiopi tra 1879 e 1880, la Rubattino viene a sua volta acquistata dal governo italiano, nel 1882. Nello stesso anno il Conte Pietro Antonelli è inviato a Shewa, con il fine di migliorare le prospettive della nascente colonia italiana attraverso trattati col Negus Sahle Maryam di Shewa e il Sultano di Aussa. Ma a seguito della Conferenza di Berlino del 1884, iniziava ufficialmente la Corsa all'Africa, ovvero la feroce lotta delle potenze europee alla conquista del Continente Nero. Infatti nell'aprile del 1888 le forze italiane, con oltre ventimila soldati, approdano nel porto di Asseb, lasciando circa cinquemila militi nel territorio (destinato a divenire ben presto la colonia italiana chiamata "Eritrea"). Nel frattempo l'Imperatore Yohannes IV era molto impegnato dalle crescenti tensioni con i Dervisci guidati da Zeki Tumal, che si erano impadroniti della zona sudanese-egiziana (nel 1887): nella grande battaglia di Gailabat tra i due schieramenti, mentre gli etiopi stanno prevalendo, un proiettile colpisce il loro Re e i soldati decidono di ritirarsi. Il Re muore durante la notte e il suo corpo cade nelle mani nemiche (9 marzo 1889). Quando la notizia della morte di Yohannes IV raggiunge Sahle Maryam di Shewa, questi non perde tempo e si proclama Imperatore Menelik II d'Etiopia (eredita il titolo da Menelik I, figlio di Re Salomone e della Regina di Saba), ottenendo il controllo sulle province di Begemder, Gojjam, Tigray, Ahmara, e soprattutto l'obbedienza degli Oromo-Yejju. Nonostante una gravissima carestia abbia colpito l'Etiopia nel 1888 (che causò in tre anni la morte di milioni di persone, circa un terzo della popolazione etiope), Menelik II con l'aiuto della milizia shewan e oromo di Ras Gobena, inizia nel 1889 l'espansione del Regno verso sud e verso est, raggiungendo aree molto remote che non erano mai state sotto il dominio etiope, e determinando approssimativamente 1e frontiere dell'Etiopia odierna. Il 2 maggio dello stesso anno l'Imperatore Menelik II firma il "Trattato di Wuchale" (meglio noto come "Trattato di Uccialli") con il governo italiano di Francesco Crispi, concedendo una parte del nord Etiopia e parte della provincia del Tigray (ovvero l'area che sarebbe poi divenuta Eritrea) all'Italia, in cambio della promessa di trentamila fucili, oltre a munizioni e cannoni. Gli italiani invece notificano alle potenze europee, che tale trattato garantisce loro il protettorato su tutta l'Etiopia; Menelik II protesta, dimostrando che la versione del trattato ìn amarico non afferma niente del genere, ma le sue proteste vengono ignorate. In data marzo 1896 il conflitto tra l'Etiopia e l'Italia, noto come prima guerra italo-etiope, è risolto con la completa sconfitta delle forze armate italiane, nella celebre battaglia di Adua. L'esercito italiano in fuga (bersaglieri e alpini italiani, assieme a mercenari ascari provenienti dall'Eritrea), lascia peraltro a Menelik II un'enorme quantità di armi abbandonata sul campo di battaglia (circa undicimila fucili, oltre all'artiglieria pesante). Pochi giorni dopo in Italia cade il governo di Francesco Crispi, che a seguito della sconfitta di Adua si dimette dall'incarico di Presidente del Consiglio. Un trattato di pace provvisorio viene concluso ad Addis Abeba il 26 ottobre 1896, che riconosce la totale indipendenza dell'Etiopia. Per quanto riguarda invece la questione delle ferrovie, Menelik II concede il permesso a una società francese di costruire una strada ferrata dalla costa dell'attuale Gibuti (allora Somalia francese) verso l'interno, nel 1894. La ferrovia viene ultimata giungendo fino a Dire Dawa, a 45 km dalla provincia di Harar, ed è inaugurata l'ultimo giorno del 1902. Quando Menelik II muore, il nipote Lij Ivasu sale al trono, ma perde ben presto il consenso popolare e di Corte, a causa dei suoi legami col mondo musulmano. Viene dunque deposto nel 1916 dalla nobiltà cristiana, ed è incoronata al suo posto la figlia di Menelik II, col titolo di Imperatrice Zewditu. Il cugino di questa, ovvero Ras Tafari Makonnen, viene nominato reggente e successore al trono, iniziando da subito a governare quale sovrano de facto. Come spiegato nella "Cronologia biografica" (cap. 1), alla morte dell'Imperatrice Zewditu nel 1930, Ras Tafari Makonnen sale al trono col titolo di "Haile Selassie I, Leone Conquistatore della Tribù di Judah, Re dei Re d'Etiopia ed Eletto di Dio", destinato ad essere l'Imperatore più importante della storia etiope, l'ultimo Negus.
Dopo la morte del sovrano della regione di Jimma, di nome Abba Jifar II,
l'Imperatore Haile Selassie annette il territorio di Jimma all'Impero Etiope,
e nel 1932 il Regno di Jimma è formalmente assorbito nell'Etiopia, e
successivamente rinominato Provincia di Kaffa.
Ma nel 1935 l'invasione italiana interrompe il pacifico regno dell'Imperatore Haile Selassie, occupando militarmente il territorio etiope. L'Italia fascista di Benito Mussolini invade l'Etiopia il 3 ottobre 1935, entrando nella capitale Addis Abeba il 5 maggio: in seguito l'Etiopia viene formalmente annessa all'Italia, il 9 maggio 1936, dopo sanguinosi scontri, e definita Africa Orientale Italiana (assieme ai territori dell'Eritrea e della Somalia italiana). La guerra è piena di crudeltà e di atrocità commesse dalle milizie italiane, che – come già ampiamente detto – giungono a utilizzare lanciafiamme e gas letali contro la popolazione civile etiope, e persino a bombardare gli ospedali da campo della Croce Rossa internazionale, violando così ogni clausola della Convenzione di Ginevra del 1929, stipulata dalla Società delle Nazioni e ovviamente sottoscritta anche dall'Italia. L'Imperatore Haile Selassie non ha altra possibilità che ritirarsi in volontario esilio nella lontana Inghilterra, dopo aver fatto la sua celebre denuncia e richiesta di aiuto alla Società delle Nazioni (30 giugno 1936). Ma subito dopo l'Italia chiede alla SdN di riconoscere l'annessione dell'Etiopia all'Italia, e quindi di sostenere la conquista italiana della terra etiope: tutti i paesi membri (tra cui anche Gran Bretagna e Francia), con l'eccezione dell'Unione Sovietica, votano favorevolmente e riconoscono l'occupazione italiana, addirittura abrogando le sanzioni economiche legare alla violazione della Convenzione di Ginevra. Durante l'invasione fascista muoiono moltissimi etiopi, militari, ma soprattutto civili: nel 1937 per esempio, a seguito di un attentato etiope (fallito) contro il Maresciallo Rodolfo Graziani, le milizie italiane compiono una rappresaglia sulla popolazione civile che porta ad oltre 30mila morti. Il Negus, a guerra terminata, afferma che rispetto ai 1537 soldati italiani uccisi, sono morti oltre 275mi1a combattenti etiopi, e oltre 760mila civili, per un totale di circa un milione di etiopi assassinati dalle milizie italiane tra 1935 e 1941. Non solo, il Re d'Italia Vittorio Emanuele III pretende di autoincoronarsi Imperatore d'Etiopia, e gli italiani proclamano l'Impero Italiano in Africa (ovvero l'Africa Orientale Italiana), unendo Etiopia, Eritrea e Somalia italiana: ma in realtà questa costosa operazione bellica prosciuga quasi completamente l'economia dell'Italia fascista, i cui ulteriori progetti coloniali sono bruscamente fermati dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Nella primavera del 1941 gli italiani vengono infine sconfitti dalla resistenza etiope (costituita, come precedentemente detto, dagli Arbegnuc – ovvero "patrioti" – imperiali, assieme ai partigiani popolari chiamati Black Lions), grazie all'aiuto delle forze britanniche della Gideon Force: il 5 maggio 1941 l'Imperatore Haile Selassie I può finalmente rientrare ad Addis Abeba e tornare al suo trono. Comunque le milizie italiane, rifugiate nel baluardo finale di Gondar dal novembre 1941, continuano a condurre una strisciante guerriglia nel nord del paese, fino all'estate del 1943. Nel dicembre 1944 è infine firmato il Trattato anglo-etiope (senza alcun privilegio speciale britannico): con la sconfitta dell'Italia, l'Etiopia può dunque unire al suo Impero l'ex-colonia italiana di Eritrea, realizzando (seppur solo per un periodo, 1952-1962) l'aspirazione etiope di avere uno sbocco sul mare. | << | < | > | >> |Pagina 205BREVE CRONOLOGIA ETIOPE• Evoluzione degli ominidi ("Ardi", ardipithecus ramialus: 4,4 milioni di anni fa). • Preistoria ("Lucy", australopithecus afarensis: 3,2 milioni di anni fa). • Civiltà Punt e Yam (IV millennio a.C. — I millennio a.C.). • Regno biblico della Regina di Saba, Makeda, e di suo figlio Menelik I (circa X sec. a.C.). • Civiltà Kush e D'mt (IX sec. a.C. — VI sec. a.C.). • Civiltà proto-axumite (V sec. a.C. — I sec. a.C.). • Civiltà axumita (I sec. a.C. — IX sec. d.C.). • Medioevo etiope e Principessa Gudit (X sec. d.C.). • Dinastia Zagwe (XI sec. d.C. — 1269 d.C.). • Prima restaurazione della Dinastia salomonica (1270 — 1527). • Guerra adal-ctiope tra musulmani arabi ed etiopi cristiani (1527 — 1543). • Grande migrazione degli Oromo (1543 — XVII sec.). • Invasioni ottomane (1557 — fine XVII sec.). • Lignaggio salomonico di Gondar (1606-1755). • Era dei Principi: "Zemene Mesafint" (1706-1855). • Seconda restaurazione della Dinastia salomonica e modernizzazione dell'Impero (1855-1935). • Prima guerra italo-etiope (1896) e seconda guerra italo-etiope (1935-1936). • Incoronazione di Ras Tafari Makonnen con il titolo di Haile Selassie I (2 novembre 1930). • Occupazione italiana dell'Etiopia (1936-1941). • Campagna dell'Africa Orientale e Restaurazione del potere Imperiale Etiope (1941). • Guerriglia italiana in Etiopia (1941-1943). • Seconda modernizzazione dell'Impero, sotto il Regno di Haile Selassie I (1941-1974). • Guerra eritrea per l'indipendenza (1961-1991). • Golpe (1974) e guerra civile etiope (1975-1991). • Guerra dell'Ogaden (1977-1978). • Creazione della Repubblica Federale Democratica Etiope (1991) e prime elezioni (1995). • Primo ministro etiope dal 1995 al 2015: Meles Zenawi. • Seconda guerra etiope-eritrea (1998-2000). • Presidente dell'Etiopia dal 2001 al 2013: Girma Woldc-Giorgis. • Contestazione popolare dei risultati elettorali e "Massacri della polizia etiope" (2005). • Seconda guerra dell'Ogaden (2006 — in corso).
• Quarte elezioni parlamentari dell'Etiopia: 23 maggio 2010 (durante
queste ultime elezioni, Meles Zenawi si è aggiudicato nientemeno che il 99%
dei voti, evidenziando chiaramente la possibilità di brogli elettorali).
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