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| << | < | > | >> |Indice7 Premessa di Alberto Castelli PARTE PRIMA: LE RADICI 11 Prefazione 13 Introduzione Marley e la filosofia di vita Rastafari CAPITOLO I 20 Green, Giamaica. L'isola e i popoli che vi hanno abitato CAPITOLO II 28 Gold, Rasta. Il movimento spirituale e le sue radici CAPITOLO III 35 Il linguaggio giamaicano: tra inglese e creolo CAPITOLO IV 41 Le scritture Rasta: tra Sacra Bibbia e Kebra Nagast CAPITOLO V 49 Red, Reggae. Il genere musicale e i suoi legami con l'isola CAPITOLO VI 55 One Love: Robert Nesta Marley, poeta e profeta Rasta CAPITOLO VII 63 Linguaggio Reggae, tra words of wisdom e songs of freedom PARTE SECONDA: LA MUSICA CAPITOLO VIII 75 Burnin', 1973 77 8.1 Rastaman Chant CAPITOLO IX 86 Rastaman Vibration, 1975 88 9.1 War CAPITOLO X 97 Exodus, 1977 98 10.1 So Much Things to Say 106 10.2 Exodus 112 10.3 One Love — People Get Ready CAPITOLO XI 121 Survivah 1979 122 11.1 Zimbabwe 129 11.2 Babylon System 134 11.3 Survival 141 11.4 Africa Unite 145 11.5 One Drop 152 11.6 Ride Natty Ride CAPITOLO XII 165 Uprising, 1980 166 12.1 Redemption song 176 Conclusioni: Rasta Marley 179 Reggaetoday 193 Appendice (Letture consigliate) 201 Filmografia Rastafari 209 Discografia 215 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 2L'autore e l'editore inoltre riconoscono il principio della gratuità del prestito bibliotecario e sono contrari a norme o direttive che, monetizzando tale servizio, limitino l'accesso alla cultura. Dunque l'autore e l'editore rinunciano a riscuotere eventuali introiti derivanti dal prestito bibliotecario di quest'opera. Per maggiori informazioni, si consulti il sito «Non Pago di Leggere», campagna europea contro il prestito a pagamento in biblioteca «http://www.nopago.org/». | << | < | > | >> |Pagina 5PREMESSAComincio con un'immagine recente: molti degli studenti che nei mesi scorsi hanno protestato contro la riforma Gelmini indossavano delle magliette con il ritratto di Bob Marley. E pensare che quei giovani non erano neanche nati quando il simbolo del Reggae conquistava con la sua voce, con il suo Reggae e con il suo messaggio lo scenario della musica internazionale. Quelle magliette hanno dimostrato ancora una volta quanto la figura di Marley sia passata da una generazione all'altra. Quanto le sue canzoni siano diventate una parte importante e fondamentale della musica popolare contemporanea, e quindi anche e soprattutto della nostra colonna sonora. Recentemente, Chris Blackwell — il fondatore della casa discografica Island Records che giocò un ruolo decisivo nella travolgente ascesa del celebre artista giamaicano — ha dichiarato: "Marley è ancora tremendamente attuale ed è molto più popolare oggi di quanto lo fosse quando era in vita. Questo dimostra in maniera incontestabile il trionfo del suo talento. Il suo è un messaggio universale che ha superato di slancio qualsiasi differenza, qualsiasi barriera. Marley è stato unico. È unico". Ha ragione, Chris Blackwell. Prima non c'era stato uno come Marley. E probabilmente non ci sarà più un altro come lui. Un piccolo uomo che guardava tutti negli occhi. Un musicista in grado di immaginare e comporre canzoni che conquistano fin dal primo istante, fin dalla prima battuta. Un uomo semplice e diretto. Un lavoratore infaticabile. Uno che aveva conosciuto la povertà, la miseria e la paura. Un ribelle che si scagliò contro il razzismo. Un mistico che sognò un trionfale ritorno a casa, in Africa, in Etiopia, per tutta la sua gente. Uno che dichiarò più volte di non essere minimamente interessato alla fama e alla ricchezza. Uno che amava le donne, il calcio e la ganja e che quando saliva sul palco si trasformava completamente. Uno che quando gli chiedevano di definire, di spiegare la sua musica, rispondeva così: "Il ritmo del Reggae è quello del cuore". Continuo con un'immagine molto più lontana nel tempo, anzi lontanissima. Seconda metà degli anni Settanta: una notte, credo nel 1976, da una piccola radio all'improvviso arrivò una canzone che aveva un ritmo strano, rallentato, quasi sbilenco. Poi, quel beat, continuo e ipnotico, prese corpo e colore grazie ad una voce persuasiva e coinvolgente. «E questo chi è?", mi chiesi mentre quella canzone sembrava, per fortuna, non finire mai. Credo che molti della mia generazione, quella del 77, per intenderci, abbiano scoperto così Bob Marley e il Reggae. E sono convinto che abbiano avuto la mia stessa sensazione: quel ritmo era davvero strano e quella voce unica. In quel periodo non era certo facile conoscere in profondità un nuovo artista o un nuovo genere musicale. Non c'erano strumenti come la Rete, non c'erano social network e trovare certi dischi era una vera e propria impresa. Tutto era fondato sul passaparola, su poche trasmissioni radiofoniche e su un numero ancora più esiguo di giornali specializzati. Eppure, nonostante tutto questo, o forse proprio per tutto questo, per molti la scoperta, casuale e benedetta, di Marley e degli altri grandi protagonisti del Roots Reggae fu un'esperienza decisiva, una di quelle che non puoi, non vuoi, non devi dimenticare. Altri ancora si avvicinarono alla musica giamaicana grazie a Eric Clapton che portò in cima alle classifiche internazionali I Shot The Sheriff, uno dei brani più infuocati di Marley, o attraverso i Clash — soprattutto grazie alla loro versione di Police & Thieves, il classico prodotto da Lee Perry e interpretato da Junior Murvin — oppure, qualche tempo dopo, sulla scia dell'esplosione dei Police di Sting. Un percorso, questo, simile a quello intrapreso molti anni prima da tutti quelli che erano partiti dai Rolling Stones o da John Mayall per arrivare poi a Muddy Waters e agli altri maestri del Blues. Già, in fondo, l'influenza del Reggae (e quindi di Marley) sulla musica degli anni 70 fu vicina, molto vicina, a quella esercitata dal Blues e dal grande cuore pulsante del Soul e della Black Music sul Rock del decennio precedente. E tanto per chiudere il cerchio, Ruth Brown, potente cantante di Rhythm'n'Blues e Soul, ha recentemente dichiarato: "Quando è arrivato Elvis Presley, abbiamo scoperto che la nostra musica si chiamava Rock'nRoll...". La generazione del Soul, lo stile african american nato dall'incontro audace e tremendamente terreno tra il Gospel — la musica della fede — e il Rhythm'n'Blues, il suono del peccato, della sensualità. La generazione di artisti quali Sam Cooke, Ray Charles, James Brown e Curtis Mayfield, gli stessi che accesero la fantasia e l'immaginazione del giovane Robert Nesta Marley. Furono questi i suoi maestri per la musica, proprio come i vecchi e saggi Rasta (gli elders) di Trench Town, il ghetto di Kingston, o quelli che vivevano sulle colline giamaicane furono i maestri della sua anima. E ancora, la visione di Marcus Garvey, il sogno di Martin Luther King, la consapevolezza spirituale di Malcolm X, la rabbia delle Black Panthers: furono questi i riferimenti del giovane Marley. Nel libro che state per leggere troverete tutto questo. E molto altro ancora. Non è l'ennesima biografia dedicata al "profeta del Reggae". Con il rigore dello studioso, ma anche con la sincerità e la semplicità dell'appassionato, Lorenzo Mazzoni traccia un ritratto fedele e completo di Marley. Analizza in profondità il suo linguaggio, il suo messaggio spirituale e alcune delle sue canzoni più riuscite e popolari. Racconta la storia della Giamaica e del movimento Rastafari. Affronta con rispetto un patrimonio tanto imponente quanto prezioso. È un libro per tutti quelli che hanno indossato, indossano o indosseranno una maglietta con il ritratto di un uomo libero e orgoglioso: Robert Nesta Marley. Alberto Castelli | << | < | > | >> |Pagina 11PREFAZIONEQuesto libro è uno studio che parte dall'analisi dei testi delle canzoni di Bob Marley per spiegare la storia della musica Reggae e del movimento Rastafari, ed avvicinare il lettore al linguaggio patois giamaicano dei Rasta. Basta dare un'occhiata all'indice per capire di che cosa si tratti. Nell'introduzione si spiegano alcuni concetti fondamentali (cosa significhino Zion, Babylon, Exodus, Jah, Rastafari ecc.). Seguono sette capitoli: il primo e il secondo sulla storia della Giamaica e del movimento Rastafari; il terzo, comprensivo di un minidizionario Rasta – molto utile per chi ascolta il Reggae – sul linguaggio giamaicano (patois, creolo). Il quarto capitolo presenta il testo sacro ai Rasta, il Kebra Nagast. Quinto e sesto capitolo sono dedicati rispettivamente alla storia del Reggae e delle sue liriche e alla vita di Robert Nesta Marley, in arte Bob. Il settimo capitolo svolge infine un approfondito confronto tra i testi di Bob e le sacre scritture. La seconda parte del libro comprende la traduzione ragionata e l'analisi dei testi di dodici canzoni di Marley, scelte come particolarmente esemplificative della filosofia Rastafari. Il commento delle liriche è di tipo narrativo: le canzoni divengono infatti un viaggio simbolico, rappresentando i vari passi che l'utopico "eroe Rasta" deve compiere per portare a termine la sua missione: lasciare Babylon per ricongiungersi con Zion. Le pagine che seguono spiegano in modo semplice e abbastanza sintetico (ma non semplicistico) che cosa significhi RASTAFARI, e lo fanno attraverso le parole del Rasta più conosciuto al mondo, Bob Marley. In Italia esistono già alcuni libri su Bob, la sua biografia, la traduzione dei suoi testi; si trovano anche libri sul Reggae, sulla Giamaica e sull'Etiopia. Ma vi sono pochi libri realmente versatili e seri che affrontino il legame tra Reggae e Rasta analizzando a fondo le varie tematiche. Rasta Marley – Le radici del Reggae vuole offrire un quadro d'insieme, cercando il giusto equilibrio tra profondità e semplicità: infatti è un libro rivolto a tutti, che può avvicinare al Reggae chi non ne sa nulla, ma può anche, grazie soprattutto alle numerose note e agli approfondimenti, appassionare chi ha già affrontato altre letture sul tema. Va inoltre sottolineato che la quasi totalità dei testi pubblicati in Italia sul Reggae sono traduzioni. Questo invece è un libro in italiano scritto da un giovane autore italiano, e pertanto ha la possibilità di arrivare in modo più diretto al suo pubblico, grazie ai diversi riferimenti alla nostra storia e cultura: sia passata, per esempio riguardo alla guerra condotta da Mussolini contro Hailè Selassiè I, sia presente, parlando per esempio della recente organizzazione in Italia del festival Reggae più importante d'Europa, il Rototom Sunsplash. LM, novembre '08 | << | < | > | >> |Pagina 13Introduzione
Marley e la filosofia di vita Rastafari
Come nasce la musica Reggae? Cosa significa Rastafar-I? Che eredità ci ha
lasciato Bob Marley attraverso le sue "songs of freedom"?
Dalla necessità di rispondere a queste ed altre domande nasce questo libro, dedicato a chiunque ami Marley e il Reggae, e voglia riflettere più approfonditamente sulla cultura Rastafari. Molte persone infatti, e in tutto il mondo, conoscono almeno le canzoni più celebri di Bob Marley e associano il cantante alla musica Reggae e al movimento Rastafari. Ma cosa rappresentano al giorno d'oggi le sue "parole Rasta"? È possibile che possano tuttora avere un impatto tale da avvicinare chi le ascolta al culto Tafari? A che cosa si riferiscono queste Rasta words? Dove sono Zion e Babylon? Chi sono Selassiè I e Jah? Che cosa vuol dire Exodus? E che significa I n I? Questo libro è una riflessione monografica svolta attraverso la traduzione ragionata e l'analisi interpretativa dei testi di dodici canzoni del cantautore Robert Nesta Marley (6 febbraio 1945 – 11 maggio 1981), detto Bob, poeta e musicista considerato il maggior esponente del movimento spirituale Rastafari. Una Livity ("filosofia di vita") affermatasi particolarmente in Giamaica nella prima metà del XX secolo, e che si è poi diffusa in tutto il mondo grazie alla sua più celebre forma di realizzazione artistica: la musica Reggae. Parlando di Reggae ci si riferisce a un genere ritmico e melodico che si è delineato nell'isola caraibica della Giamaica attorno alla metà del Novecento, come tramite simbolico tra le popolazioni locali, discendenti dagli schiavi africani costretti alla diaspora, e la patria d'origine. Una musica nata dunque da sonorità devozionali e rituali di ispirazione nettamente Afro. A questa origine rimandano l'assenza nel Reggae di organico ad arco (originariamente addirittura a corda), l'utilizzo di ritmo 4/4 in levare, gli strumenti in prevalenza a percussione, le ampie sezioni di fiati, i cori dalle tonalità piene, le antifone. Relativamente al credo Rastafari, ci si riferisce alla convinzione che l'uomo sia "un essere naturalmente dotato di spiritualità", che "debba possedere qualche forma di credenza", come affermò il padre del Tafarismo, il sindacalista Marcus Mosiah Garvey; che il canto sia un modo perfetto per meditare (come insegnano David e Salomone); che la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), insieme con il libro etiope di ispirazione biblica Kebra Nagast (letteralmente "La Gloria dei Re"), siano i Testi Sacri; e che Jah RastafarI sia Dio, sceso sulla terra con la seconda venuta del Cristo, ovvero l'Imperatore Hailè Selassiè I, il Black Messiah ("Messia nero"). Compito di ogni Rastafari è, come dice Bob in Exodus, "lasciare Babilonia e andare nella terra dei padri", Zion. Sulla dottrina dell'Antico Testamento si sono radicate in Giamaica numerose influenze e leggende della tradizione africana, con particolare riferimento all'Etiopia, vista come biblica Zion, ma anche, per lungo tempo, l'unico Paese indipendente dell'Africa, guidato dall'unico sovrano nero al mondo, appunto Ras Tafari Makonnen (1892-1975; da qui la parola Rastafari e i termini derivati, incoronato Imperatore il 2 novembre 1930 con il titolo di Hailè Selassiè I (in amarico, "Potere della Santa Trinità"). Avendo le truppe italiane iniziato l'occupazione dell'Abissinia (il nome dato dagli italiani alla zona Etiope) nel 1935, l'ideologia Rasta si configura sin dagli albori come una fede spirituale tesa necessariamente verso una resistenza tangibile: contro il fascismo in particolare, ma più in generale contro l'ingiustizia e la corruzione della società (associata simbolicamente al biblico regno di Babilonia). Tale impegno politico non viene meno dopo la liberazione dell'Etiopia nel 1941, né dopo il passaggio a miglior vita del suo sovrano (27 agosto 1975). Al contrario, rafforzatosi col tempo, grazie soprattutto all'appoggio e all'eco del Reggae, arriva a trovare degno coronamento nelle celebrazioni per la conquista dell'indipendenza dello Zimbabwe (18 aprile 1980), l'ultimo Stato ancora sotto regime coloniale di tutta l'Africa: evento totalmente organizzato, e addirittura finanziato, proprio dalla "voce del Terzo Mondo", dei sufferah e di ogni Rasta: Robert Nesta Marley. | << | < | > | >> |Pagina 121CAPITOLO XI
SURVIVAL, 1979
A causa di seri problemi Marley fa seguire al primo grande passo per organizzare il popolo di Jah compiuto con Exodus non la sua diretta prosecuzione, Survival, bensì un disco dai toni più spensierati e sorridenti, Kaya (1978), interamente dedicato all'amore (per Jah, la donna, il Reggae e la ganja). L'apparente leggerezza dei suoi contenuti non significa però disimpegno: tanto che proprio in questo periodo il cantante decide di tornare finalmente alla terra natale, dopo anni di "esodo" forzato, per organizzarvi un nuovo evento, One Love Peace Concert, simbolo della fine (purtroppo solo momentanea) d egli scontri armati tra le gang dell'isola. Durante l'intenso happening il cantante riesce a far stringere pubblicamente la mano ai due acerrimi nemici politici, Seaga del Jlp e Manley del Pnp. L'album Kaya contiene sia momenti di totale euforia che passaggi molto seri e malinconici; presenta inoltre liriche alquanto criptiche, volutamente nebbiose, quasi a lasciar intendere che neanche nei momenti di festa si può abbassare del tutto la guardia. Così è per Crisis, invito a sublimare i problemi e rendere sempre e comunque grazie a Jah ("Stanno ancora ammazzando la gente, e si stanno anche divertendo molto"); per Running Away, "Scappare via", monito ipnotico ad andare fino in fondo e non abbandonare per nessuna ragione la lotta; per Time Will Tell poetica e lungimirante Rasta Song nel più mistico spirito dell'autore; e per un brano inizialmente non incluso nell'album, I Know a Place, "Conosco un luogo", ovviamente riferito a Zion. Marley riceve la "Third World Peace Medal" dai delegati delle Nazioni Unite d'Africa. Contemporaneamente inizia la nuova tournée dei Wailers, su scala finalmente planetaria, che viene raccolta nello scatenato eppure contemplativo album Babylon By Bus. È durante questi viaggi, quasi sempre a bordo di autobus, che il cantante visita per la prima volta il continente nero: un lungo pellegrinaggio spirituale compiuto tra '78 e '79, toccando le rovine degli antichi Imperi (Piramidi d'Egitto, Acropoli dello Zimbabwe, tempio di Axum in Etiopia), finalmente faccia a faccia con gli abissi dell'ultimo mondo, un tempo la terra dei padri, che lo conduce alla creazione del nuovo straordinario album. Survival (originariamente Black Survival) rappresenta la vetta di Marley: qui il musicista, forse sentendo l'approssimarsi della morte, porta all'apice l'intensità di liriche e melodie, unite e coese in un'incessante salmodia panafricanista e anti-apartheid senza precedenti. Un lavoro complesso, che per i suoi toni politici, filosofici e umani tanto profondi ma assolutamente pragmatici e schietti, porta l'opinione pubblica a considerare il cantante come prosecutore ideale dell'azione di Che Guevara (complice la vicinanza geopolitica tra Cuba e Giamaica). Survival è un disco simbolo che rappresenta la chiave delle Robert Nesta Marley's Rasta words: per questo ci apprestiamo ad analizzarne ben sei tracce. Anche gli altri brani meritano di essere menzionati, a partire dall'emblematica canzone d'apertura, So Much Trouble in the World, "Così tanti problemi nel mondo", canto di lamento e di lotta per le sofferenze dei Paesi poveri e dell'animo umano; poi Top Rankin, "Massimo rispetto", contro le strategie di Babilonia volte alle divisioni fratricide anziché alla comunione; Ambush in the Night, "Imboscata nella notte", che associa l'attentato ricevuto e i colpi bassi inferti ai sufferah da Babilonia; fino a Wake Up and Live, "Svegliati e vivi", riferito all'apostolato cui è chiamato ogni Rasta.
I testi commentati nelle pagine che seguono (come per
Exodus
riportati nell'ordine dell'album) conducono il Rasta alla comprensione del perché
vi siano un luogo per cui lottare
(Zimbabwe)
e uno da abbandonare
(Babylon System);
di che cosa significhi sopravvivere
(Survival);
di che cosa realmente siano Zion
(Africa Unite),
la compassione
(One Drop)
e l'alleanza tra Jah e il Rasta
(Ride Natty Ride).
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