|
|
| << | < | > | >> |Pagina 11White Mike è esile e pallido come il fumo.White Mike porta dei jeans e una felpa e un cappotto blu scuro Brooks Brothers che gli pende addosso. Ha i capelli biondi, chiarissimi, quasi bianchi, che sembrano sprizzare tutt'attorno alla testa. White Mike è pulito. Non ha mai fumato una sigaretta in vita sua. Mai bevuto, mai fatto una canna. Eppure White Mike è diventato un ottimo spacciatore, sebbene tutto sia cominciato come una cosa da una botta e via, con suo cugino Charlie. White Mike andava bene a scuola; adesso, però, sono sei mesi che ha finito il liceo e, anche se alcuni potrebbero chiedersi cosa sta facendo, a quanto pare a nessuno importa molto se si prende un anno sabbatico prima del college. Forse più di un anno. White Mike ha visto American Beauty, quel film con il tipo che spaccia e si compra apparecchiature video costosissime con i soldi ricavati dallo smercio: quel tizio a volte dice che nel mondo c'è così tanta bellezza che davvero non si riesce a reggerla tutta. Cazzate, pensa White Mike. White Mike non sta rimirando la bellezza. Guarda l'Uupper East Side di Manhattan. Natale è passato da due giorni, e i ragazzi sono ritornati dai collegi e dai convitti, e tutti hanno soldi da buttare. Adesso è presissimo con un aggancio ad Harlem, e poi sono grammi e deca e cinquantoni e musica sparata e case coi genitori in vacanza strapiene di amici e altri giri e tipi della Hotchkiss e di Andover e di St. Paul's e di Deerfield che se la tirano e raccontano storie su com'è veramente a tizi della Dalton e di Collegiate e di Riverdale, che ovviamente hanno anch'essi delle storie: sono sempre le stesse, in fondo. In questo periodo la città è un casino, ma quest'anno lo è in modo particolare. Madison Avenue sembra risucchiata dai cantieri, e il bordello sulla Lexington è maggiore di quanto White Mike ricordi. I marciapiedi sono affollatissimi, e il peggio viene quando nevica - be', di neve ne è scesa davvero tanta. Quando le nevicate si accumulano, su alcune strade rimane solo un corridoio salato di granito e merde ghiacciate. È dal giorno del Ringraziamento che fa freddo: un gelo tremendo. È l'inverno più freddo da decenni, ha detto la televisione: per White Mike, però, il freddo non è un problema. | << | < | > | >> |Pagina 25Nana vive all'incrocio fra la Centodiciassettesima Strada e la Terza Avenue. La collina scende dalla Novantaseiesima fino all'East Side, per finire a Harlem. Prima è Park Avenue, tutta Audi e portieri; un attimo dopo, è Harlem. Una delle prime cose che vedi quando superi l'incrocio fra la Novantaseiesima Strada e la Terza Avenue è una pessima rosticceria. Nana odia quel posto. Per lui, è sempre molto meglio scendere al Rec che non tornare verso la periferia, verso casa.La "casa" è l'appartamento della madre all'ottavo piano del condominio al 2123 della Terza Avenue, dopo il grande cartello che dice: Benvenuti alle Jefferson Houses. Nana avanza lungo il vialetto che si snoda fino all'entrata del suo palazzo, girato l'angolo dell'edificio di fronte, che nasconde la gabbia per i giochi dei bambini a chi guarda dalla strada. L'ingresso della sua palazzina è davanti al parchetto. Nana svolta l'angolo pensando a come farà a spiegare alla madre il sangue sui vestiti. All'altro lato dell'ingresso, vede due tipi. Non riesce a riconoscerli mentre cammina verso la porta. Sono entrambi alti - uno magro e l'altro corpulento -, entrambi gonfi nei loro giganteschi piumini Northface. Quello magro è bianco. Strano, pensa Nana. Probabilmente c'è qualcuno che spaccia. Nana torna dietro l'angolo - lì non possono vederlo - e ascolta. "Pezzo di merda, mi stai fottendo, eh?" dice quello grosso. Incazzato, ma è un'incazzatura calma. Un'incazzatura che fa paura, pensa Nana. "Ti ho detto che non devi fare queste infamate." "No, a-amico." Quello bianco è nervoso, balbetta. "Intesi, eh? Allora, fuori i soldi." "Okay. Fammeli prendere." Mette la mano in tasca, e Nana si accorge che è tremendamente teso; lo capisce anche quello corpulento perché, proprio mentre il bianco sta estraendo una pistola dalla tasca, un aggeggio piccolo e luccicante con un'impugnatura di madreperla, gli tira un pugno. L'altro fa un balzo all'indietro. Poi, con un movimento fluido, infila una mano in un tascone: ed ecco che, all'improvviso, c'è una pistola avvolta in un piccolo asciugamano puntata contro il ragazzo bianco. L'uomo preme il grilletto; Nana sussulta quando lo sparo smorzato risuona per tutto l'isolato. La salvietta prende fuoco e il tizio la lancia a terra, mentre la vittima cade, lasciando una traccia di sangue e piume del giaccone sul muro alle sue spalle. Nana scatta per arrivare in cima alle scale, pensando che l'uomo con la pistola se ne stia andando dall'altra parte; quello, però, cambia idea e si gira. Per una frazione di secondo, Nana lo guarda fisso negli occhi giallo- marrone iniettati di sangue, prima di essere colpito con una ginocchiata ai testicoli e cadere a terra. Si contorce dal dolore; il nero esce dalla sua visuale. Prova a tirarsi su, strisciando. Dà un'occhiata al cadavere. Il bianco è poco più che un ragazzino: pallido, capelli biondi, chiarissimi, quasi bianchi, gli occhi aperti, sbarrati. Quando Nana cerca di alzarsi in piedi, l'anfibio del tizio corpulento manca la sua tempia, ma si schianta su un lato della bocca. Ricade a terra e non vede più niente. Adesso l'altro cerca l'asciugamano; lo trova e lo avvolge attorno alla pistola, poi gli spara in testa. Si gira di nuovo verso il cadavere del bianco e gli prende la piccola rivoltella color argento. | << | < | > | >> |Pagina 35In primavera, Jessica fa atletica e ne trae beneficio; stasera, invece, non è nemmeno andata in bagno per liberarsi. In effetti, è stata nella stanza da bagno, ma solo per farsi una pista di coca prima che torni quel tipo ubriaco. Lì, tutti fumano erba e bevono: credono che sia da pazzi tirare coca, tranne in occasioni speciali, tipo feste di fine scuola. Jessica non la pensa così. E quindi fuori la bustina di polvere bianca! Un chimico ne avrebbe trovato interessante il contenuto. Non si tratta di cocaina. È qualcos'altro... Twelve, l'aveva chiamata il ragazzo quando gliel'aveva passata, dicendole di tenerla per dopo, per loro due ma non appena Jessica si fa la prima striscia tutto cambia.Le sue sopràcciglia sottili si inarcano; la bocca le si apre. Si siede pesantemente sul water e si appoggia all'indietro. Avverte solletico. Brividi lungo la schiena. Forse come quando si legge per la prima volta quel pezzo del Gettysburg Address. Forse. Sì, Jessica è molto brava a scuola, davvero: la Wesleyan l'ha accettata subito per l'anno prossimo. Il Gettysburg Address. Ha letto tutto su Lincoln durante il corso avanzato di storia americana. Leggendo di Lincoln, ha persino sentito quel brivido lungo la spina dorsale: pronunciava ad alta voce quelle parole, una notte molto tardi, mentre stava imparando il discorso a memoria per compito. Le era piaciuto più che a chiunque altro. Il Gettysburg Address: Poiché da questi morti onorati traiamo una dedizione ancora maggiore per la causa a cui essi rivolsero la loro completa devozione; poiché noi, qui, solennemente proclamiamo che questi morti non sono morti invano... Sticazzi! Jessica si fa un'altra striscia, e il solletico diventa più intenso e sale dalla schiena alla nuca. ... Ma, in senso più ampio... Serra le ginocchia e stringe i glutei e appoggia la nuca al dorso della cassetta dello scarico. ... non possiamo dedicare... Un sorriso enorme irrompe sul suo viso; i colori della stanza da bagno danzano di fronte ai suoi occhi. ... non possiamo consacrare... Jessica ridacchia e scivola giù dalla tazza. La sua faccia striscia mollemente contro la porcellana, lasciando una traccia di sudore.
... non possiamo santificare questa terra.
White Mike si alzò in piedi e si abbottonò il blazer e camminò fino in fondo alla classe. Con voce chiara, disse che la sua ricerca riguardava Abraham Lincoln, perché era così alto... La classe rise, persino l'insegnante: sapeva che White Mike stava scherzando, e che la ricerca sarebbe stata ottima. White Mike iniziò a leggere. Abraham Lincoln divenne un martire, disse, allo stesso modo in cui lo sarebbe diventato John Fitzgerald Kennedy. Nella sua conclusione, White Mike affermò che la morte non può riscattare una persona. Può essere stato un bene per la patria, ma non per Abraham e nemmeno per JFK. E non è stato un bene per me, pensò White Mike, la cui madre era morta il giorno prima. Il padre gli aveva detto che non era obbligato ad andare a scuola, ma lui aveva risposto: "Che cosa cambierebbe?" | << | < | > | >> |Pagina 109Andrew non ha niente da fare. Cammina senza una meta e finisce al Carl Schurz Park, dalle parti di Gracie Mansion, dove vive il sindaco.Un uomo alto, con un berretto calcato sulle orecchie, è seduto da solo a un tavolo di pietra; c'è una scacchiera dipinta sopra. Quel tizio ha un piccolo pon-pon in cima al copricapo e baffi bianchi e ispidi che luccicano per l'umidità del suo fiato condensato. Ha pori giganteschi, craterici, visibili anche da lontano, dal punto dove si trova Andrew. Alcuni scacchi occupano il tavolo: a quanto pare, sta giocando una partita in solitaria. Il ragazzo, in piedi, osserva il gioco. L'uomo resta immobile, immerso nei suoi pensieri, per vari minuti. Andrew finge di studiare lo schieramento dei pezzi; in realtà, analizza l'uomo e il suo naso rosa, a patata. Alla fine, il giocatore sposta un pedone di una casella. Lo fa con una forza inaspettata: un colpo secco risuona quando appoggia il pezzo sulla pietra. Si alza, fa il giro del tavolo, e osserva la partita dalla prospettiva opposta. Andrew si avvicina di qualche passo. L'uomo continua a tenere gli occhi fissi alla scacchiera; espira pesantemente, esalando nell'aria un pennacchio di vapore bianco. Si stringe addosso il cappotto e rassetta la sciarpa gialla. "Vuoi giocare?" dice, alzando improvvisamente lo sguardo e fissando Andrew negli occhi. | << | < | > | >> |Pagina 166Tutti seguirono il corso di morale in terza liceo: era obbligatorio. Chissà perché si chiedeva White Mike, che si annoiava tremendamente durante quelle lezioni, ma riusciva a fingere interesse e prendeva ottimi voti. Poi un giorno, l'argomento fu la religione organizzata: la discriminazione, la fede, la libertà - insomma, tutta quella roba. White Mike si stravaccò sulla sedia e ascoltò i compagni che tentavano di articolare i loro pensieri sul fatto che condividessero i valori morali del Cristianesimo pur pensando che la religione fosse l' oppio dei popoli. La ragazza nera, vincitrice di una borsa di studio, iniziò a dire che cantava in chiesa tutte le domeniche, e che lì trovava un senso di comunità. White Mike, che era di pessimo umore, alzò la mano: tutti guardarono verso di lui perché ogni suo intervento era davvero speciale."Il problema è che la religione rappresenta una via di fuga, così come la comunità. È un modo per fuggire dalla solitudine, qualcosa a cui aggrapparsi quando non ce la fai da solo. È per i deboli. Può essere considerata una forza mantenersi fedeli a dei valori? No, decisamente no." La ragazza nera era sul punto di piangere. L'insegnante tentò di interromperlo, ma White Mike non aveva alcuna intenzione di smettere. Fissò il docente dritto negli occhi. Guarda cosa sto per fare. "Perché in realtà, quando ti chini sull'inginocchiatoio, stai semplicemente facendo un pompino a Dio."
"Esci, Mike," disse l'insegnante, indicando la porta. "Esci."
|