Copertina
Autore Ian McEwan
Titolo Bambini nel tempo
EdizioneEinaudi, Torino, 1992 [1988], Tascabili 102 , Isbn 978-88-06-12976-7
OriginaleThe Child in Time [1987]
TraduttoreSusanna Basso
LettoreRenato di Stefano, 1993
Classe narrativa inglese
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Pagina 10 [ tempo ]

... Erano sposati da sei anni, un periodo di adattamenti lunghi e impalpabili alla folla di principi che regolavano il piacere fisico, i doveri domestici e il bisogno di solitudine. Trascurare uno degli elementi significava produrre il caos anche negli altri. Persino ora, stringendo tra il pollice e l'indice il capezzolo di Julie, Stephen non aveva cessato di fare i suoi calcoli. Dopo quella notte insonne e una mattina di spese, Kate poteva aver bisogno di riposare un poco verso mezzogiorno. E allora avrebbero potuto contare sul fatto di non essere interrotti. Quante volte nei desolati mesi e negli anni che vennero poi, Stephen si sarebbe sforzato di rivivere quel momento, di aprirsi a ritroso un cunicolo tra le pieghe degli eventi, infilarsi sotto le coperte e modificare la sua decisione. Il tempo, però - non necessariamente nella sua vera essenza, che tutti ignoriamo, quanto nella rappresentazione che se ne fa il pensiero - nega una seconda chance, con fermezza monomaniacale. Il tempo assoluto non esiste, cosí gli aveva ripetuto la sua amica Thelma in varie occasioni, non come entità indipendente. Ne esiste solo un nostro discernimento fragile e particolare. Cedendo al dovere, Stephen decise di rimandare il piacere. Strinse fra le sue la mano di Julie e si alzò.

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Pagina 27

A dispetto di tutta la sua sicurezza di uomo di successo, del suo abito scuro e della camicia fatta su misura, Darke aveva appena sei anni piú di Stephen. Si trattava però di sei anni cruciali, che avevano conferito a Darke, fin dall'adolescenza, un rispetto eccezionale per la maturità, facendogli sperare di dimostrare il doppio dei suoi anni, e a Stephen, la convinzione che maturità significasse slealtà, impotenza e stanchezza e che la gioventú rappresentasse quindi una condizione beata cui aggrapparsi finché fosse socialmente e biologicamente possibile.

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Pagina 29

«Stephen, ascolta, Stephen, prova, a metà dell'estate, a parlare di Natale a un ragazzino di dieci anni. Tanto varrebbe parlare a un adolescente dei suoi progetti pensionistici. Per i bambini, l'infanzia è senza tempo. È un presente continuo. Tutto quanto si coniuga al presente. Certo, hanno ricordi anche loro. Certo, anche per loro il tempo si muove un poco intorno a un Natale che viene sempre alla fine. Ma non ne hanno la "percezione". Percepiscono quello che è l'oggi soltanto, e quando dicono "da grande"... lo fanno sempre con una certa dose di incredulità. Come potrebbero mai essere altro da quello che sono? ...»

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Pagina 39

Settimane ovattate trascorsero nella pace di mogano, marmo e moquette della stanza degli ospiti in casa Darke. Nell'ordine impeccabile di asciugamani cifrati, pot-pourri, superfici lucide di cera e lenzuola di bucato fragranti di lavanda, Stephen sperimentò un caos di emozioni. Più tardi, quando ebbe recuperato un certo equilibrio, Thelma prese a trascorrere le serate con lui, raccontandogli storie sul gatto di Schroedinger, sul fluire a ritroso del tempo, sul fatto che Iddio non era mancino e altre meraviglie della teoria quantistica.

Thelma apparteneva alla prestigiosa schiera delle donne che si erano dedicate alla fisica teoretica, benché andasse ripetendo di non aver mai fatto in quel campo una sola scoperta, neppure insignificante. Il suo lavoro consisteva nel riflettere e nell'insegnare. Le scoperte, a suo parere, non erano lo scopo essenziale della scienza e per di più non si addicevano ai giovani.

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Pagina 44

Solo crescendo, forse solo quando si hanno dei figli, ci si rende conto fino in fondo del fatto che i nostri genitori possedevano esistenze piene e complesse già prima della nostra nascita.

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Pagina 46 [ viaggio ]

La gente che incontrava diminuiva ad ogni tappa del percorso. Raggiunse Victoria Station a bordo di una metropolitana affollatissima. Di qui il treno sferragliò uscendo nell'ampio cielo biancastro che sovrastava il fiume. Stephen procedette al controllo di ogni vagone alla ricerca del posto più appartato. Una minoranza di guastafeste considerano i viaggi, anche quelli brevi, come occasioni di incontri piacevoli. Ci sono persone pronte ad infliggere le proprie confidenze a perfetti estranei. Viaggiatori di questo genere devono essere evitati se si appartiene alla maggioranza che considera il viaggio un'occasione di silenzio, di riflessione, di sogni a occhi aperti. Non occorre granché: una visuale non impedita del paesaggio che cambia per quanto monotono e la libertà dal fiato, dal calore dei corpi, dai panini e dalle gambe di altri passeggeri.

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Pagina 51

... Frattanto Julie si dedicava alla trasformazione di se stessa, metteva a punto meticolosamente una diversa visione della vita e del posto che vi occupava. Si sarebbe data a lunghe passeggiate tra pini simmetrici, riassestando il passato, il loro passato, modificando le sue gerarchie di valori, facendo piani per un nuovo futuro; gli scarponcini che le aveva regalato per un compleanno avrebbero calpestato quella stradina asfaltata. Prima che lui fosse riuscito a disseppellire i suoi sentimenti e senza la sua presenza di testimone oculare, sua moglie avrebbe potuto trasformarsi in una perfetta estranea, qualcuno con cui non avrebbe saputo come parlare. Non voleva restare indietro, non voleva perdere il proprio posto nella sua storia. Non che lei fosse immune da confusioni o atteggiamenti irrazionali, ma possedeva l'indistruttibile, utilissima capacità di comprendere e presentare le proprie rovine in modo da farle apparire come stadi di un'educazione sentimentale e spirituale. Nel suo caso, le certezze di un tempo non venivano rifiutate in blocco, ma piuttosto riordinate, un po' come, a detta di Thelma, le rivoluzioni scientifiche ridefinivano, anziché scardinare, tutto il sapere che le aveva precedute. Ciò che a Stephen era spesso sembrato contraddittorio - ma l'anno scorso non la pensavi affatto cosí! - per lei era semplicemente una forma di crescita intellettuale. Perché l'anno scorso non avevo ancora capito! Non si trattava soltanto di prendere parte alla propria vita interiore; Julie la gestiva, la dirigeva, ne organizzava gli sviluppi futuri. Non si doveva affidare al cieco caso, all'imprevedibilità il corso della propria indagine esistenziale. E d'altro canto non negava al destino un suo ruolo specifico. Il dovere, la responsabilità che ciascuno era chiamato ad assumersi, era quella di portare quel destino a compimento.

Tale fiducia in una eterna mutevolezza, nella ricostruzione di sé man mano che si comprendevano cose nuove o se ne cambiava l'interpretazione, per Stephen era venuta a costituirsi come un aspetto della sua femminilità. Se un tempo aveva creduto, o almeno pensato di dover credere, che al di là delle ovvie differenze fisiche, uomini e donne fossero essenzialmente identici, adesso sospettava che una delle tante caratteristiche che li distinguevano fosse appunto il rispettivo atteggiamento nei riguardi delle trasformazioni. ...

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Pagina 112 [ tempo ]

«Al giorno d'oggi le teorie te le trovi al supermercato. Puoi scegliere quella che vuoi. Sono già bell'e scritte per l'uomo della strada su una quantità di manuali del tipo "Strano ma vero". C'è chi dice che il mondo divide ogni minima frazione di secondo in un infinito numero di versioni possibili in costante ramificazione e proliferazione e che la coscienza ha il compito di farsi strada e creare l'illusione di una realtà stabile».

«Questa me l'hai già detta una volta, - commentò Stephen. - Ci rifletto sovente».

«Per come la vedo io, tanto vale affidarsi a un vecchio con la barba bianca che sta nei cieli. Poi ci sono i fisici che trovano comodo definire il tempo come una specie di materia, un'efflorescenza di particelle invisibili. E ci sono dozzine di altre teorie, altrettanto assurde, che tentano di eliminare qualche piegolina negli angoli della teoria quantistica. I matematici risultano abbastanza ragionevoli finchè non escono dal loro campo, ma per il resto, quando si arriva alla teorizzazione alla grande, è un vero disastro. Ne vengono fuori cose goffe e perverse. In ogni caso, qualunque cosa sia il tempo, la versione che ne fornisce il buon senso, e cioè di qualcosa di lineare, regolare, assoluto, che procede da sinistra a destra, dal passato al presente al futuro, o è una stupidaggine o una minuscola frazione di verità. Lo sappiamo per esperienza. Un'ora può sembrarci un minuto o una settimana. Il tempo cambia. Lo sappiamo da Einstein, che in questo ambito resta il nostro punto di riferimento. Nella teoria della relatività, il tempo dipende dalla velocità dell'osservatore. Avvenimenti simultanei per qualcuno, possono apparire conseguenti per qualcun altro. Non esiste un «adesso» assoluto, universalmente accettato; ma tutto questo lo sai».

«Mi diventa più chiaro ogni volta».

«Esistono corpi opachi dotati di enormi campi gravitazionali, o buchi neri, in cui il tempo può fermarsi di colpo. Il balenare di certe particelle nella camera di Wilson può essere spiegato solo con il movimento a ritroso del tempo. Nella teoria del Big Bang, si pensa che il tempo sia stato creato insieme alla materia e ne sia inseparabile. E anche questo fa parte del problema; per considerare il tempo come entità, siamo costretti a separarlo dallo spazio e dalla materia, dobbiamo distorcerlo, per osservarlo. Ho sentito dire che la struttura stessa del cervello limita la nostra comprensione del tempo esattamente come ci permette di percepire soltanto tre dimensioni nello spazio. Ma questo mi pare frutto di un materialismo piuttosto vago, oltre che pessimistico. È vero però che dobbiamo restare legati a dei modelli - il tempo come massa fluida, il tempo come complicata sacca con punti di contatto tra i vari momenti».

Stephen ebbe un ricordo che risaliva ai tempi della prima media

Il tempo presente e il tempo passato
Son forse presenti entrambi
            nel tempo futuro.
E il tempo futuro è contenuto
            nel tempo passato.

«Ecco, vedi, anche i tuoi modernisti tornano utili qualche volta. Non posso aiutarti con le tue allucinazioni, Stephen. Di sicuro non può aiutarti la fisica. È ancora una materia controversa. I due grandi pilastri gemelli sono la teoria della relatività e quella dei quanti. Per una, l'universo è qualcosa di casuale e continuo, per l'altra è discontinuo e non casuale. È possibile conciliarle? Einstein non ce l'ha fatta. Io sto dalla parte degli ottimisti, come il mio collega David Bohm che ipotizza un ordine teorico superiore».

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Pagina 120 [ debolezza, solitudine, superstizione ]

... La prossima settimana, dovunque si trovasse, Kate avrebbe compiuto sei anni.

Da giorni ormai sentiva il desiderio di fare un salto al negozio di giocattoli, a una decina di minuti a piedi dall'appartamento. Un'idea ridicola, Una sorta di parodia del lutto. La sofferenza volontaria che ne derivava lo faceva gemere ad alta voce. Si sarebbe trattato di una recita, la messa in scena di una follia non autentica. Intanto però il pensiero si faceva piú insistente. Si trovava magari a passeggiare in quella direzione e immaginava il genere di cose che avrebbe comprato. Era pazzia, debolezza, gli avrebbe procurato un inutile dolore. Ma il pensiero continuava a crescere e una mattina, all'edicola, prese un rotolo di carta colorata da pacchi e la porse al commesso prima di avere il tempo di cambiare idea. L'acquisto di un giocattolo avrebbe distrutto due anni di adattamenti, sarebbe stato irrazionale, malato, autolesionistico e debole, soprattutto debole. Di quella debolezza che impedisce di conservare la linea di confine tra il mondo com'è e come si desidera che sia. Non essere debole, si ripeteva, cerca di sopravvivere. Butta via quella carta, non franare nelle fantasticherie, non prendere quella china. Potresti non tornare piú indietro. E resisteva, ma non poteva impedirsi di desiderarlo.

La solitudine aveva aumentato in lui la tendenza alla superstizione, alle interpretazioni magiche della realtà. Le pratiche superstiziose avevano finito con l'aderire ai cerimoniali quotidiani e, nel costante silenzio della compagnia di se stesso, si erano fatte sempre piú rigorose. Si sbarbava sempre prima la guancia sinistra, non incominciava mai a lavarsi i denti se non aveva rimesso il tappo al tubetto del dentrificio, azionava lo sciacquone del water con la mano sinistra benché gli fosse scomodo e, ultimamente, faceva attenzione a poggiare entrambi i piedi a terra scendendo dal letto. Tale struttura magica del pensiero trovò modo di razionalizzare una visita al negozio di giocattoli.

Prima di tutto, avrebbe rappresentato un atto di fede nella sopravvivenza della sua bambina. Dal momento che di sicuro lei non avrebbe celebrato quel giorno, sarebbe stato come riconfermare la sua precedente esistenza e reale discendenza, ribadire la verità circa la sua nascità: chissà quante bugie le avevano raccontato a questo proposito. L'osservanza di un mistero avrebbe scatenato ignote combinazioni del tempo e del caso, i numeri magici delle date di nascita si sarebbero messi in funzione producendo una serie di avvenimenti che, altrimenti, non si sarebbero mai realizzati. Comprando un regalo avrebbe dimostrato di non essersi ancora dato per vinto, di potere ancora mettere in atto qualcosa di sorprendente e di vivo.

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Pagina 213

Le parole di incoraggiamento di Stephen furono interrotte da un lungo grido. Julie faticava a inspirare e ci fu subito un altro urlo, prolungato e stupito.

«Assecondala, fatti portare dall'onda...» incominciò a dire. Ancora una volta lei lo interruppe. Aveva perso il proprio posto. Ogni esortazione a respirare ritmicamente ormai era inutile. Una tempesta gli aveva strappato di mano il libretto delle istruzioni. Julie gli afferrò l'avambraccio con tutte le forze. Digrignava i denti, muscoli e tendini del collo parevano sul punto di spezzarsi per l'eccessiva tensione. Si sentí perduto. Non aveva da offrirle altro che un braccio.

Le gridò, «Julie, Julie, sono qui, con te».

Ma lei era sola. Di nuovo inspirava e gridava, questa volta senza controllo, come se stesse ridendo; e anche quando ebbe finito il fiato, non ci fu niente da fare: l'urlo doveva proseguire, non si poteva fermare. La contrazione le fece sollevare la schiena e torcersi su un fianco. Il lenzuolo, ancora raccolto intorno al suo ventre, si era tutto attorcigliato. Stephen sentí la struttura del letto fremere sotto gli sforzi di lei. Emise un ultimo schiocco gutturale e tornò a prendere fiato, mentre scrollava la testa. Quando tornò a guardare verso di lui, oltre lui, nel suo sguardo aperto era tornata una vivida determinazione. Aveva recuperato il controllo.

Stephen credette che fosse sul punto di dire qualcosa, ma la stretta al braccio riprese e lei se ne andò via di nuovo. Le sue labbra, tesissime, tremavano, e dal fondo del petto emetteva lamenti strozzati, il rantolo soffocato e gorgogliante di uno sforzo immane. Infine, il grido si affievolí e Julie lasciò ricadere la testa all'indietro sui cuscini.

Tra respiri profondi gli si rivolse con voce sorprendentemente normale. «Devo bere qualcosa di fresco, un bicchiere d'acqua». Stava già per alzarsi, quando lei lo trattenne. «Ma non voglio che tu te ne vada. Forse ci siamo».

«No, no. L'ostetrica non è ancora arrivata».

Julie sorrise, come se lui avesse fatto quella battuta di spirito per incoraggiarla. «Dimmi che cosa vedi».

Dovette passarle una mano sotto il corpo per liberare il lenzuolo.

Quel che seguí fu uno shock, uno sconvolgimento, un rallentare del tempo che accompagnò Stephen nella dimensione del sogno. Si sentí avvolgere da una sorte di quiete. Si trovava al cospetto di una presenza, di una rivelazione. Il suo sguardo fissava la parte posteriore di una testa sporgente. Non si vedeva nient'altro. La faccia era rivolta in basso, verso il lenzuolo bagnato. In quel silenzio e in quell'assoluta immobilità, passò un'accusa. Come hai potuto dimenticarmi? Non ti sei reso conto che si è sempre trattato di me? Sono qui. Non sono vivo. Stephen contemplava la spirale di peli bagnati intorno alla corona. Non si vedeva muovere niente, non un battito, non un respiro. Non era vivo, era solo una testa incastrata, eppure il messaggio era chiaro. Io, la mia mossa l'ho fatta. Ora tocca a te. Doveva essere trascorso un secondo dacché aveva sollevato il lenzuolo. Protese una mano. Quella che stava toccando era una scultura di marmo bianco venato di azzurro, inerte e carica di volontà al tempo stesso. Era fredda, bagnata e fredda; piú in là c'era un calore, è vero, ma troppo debole: un avanzo di tepore preso a prestito dal corpo di Julie. Il fatto che di colpo, ovviamente, si trovasse lí una persona non di un'altra città, o di un altro paese, ma che arrivava dalla vita stessa, la semplicità di questo fatto stava producendo in lui una chiarezza e una precisione di intenti. Si udí rivolgere a Julie qualche parola rassicurante mentre a confortare lui venne un ricordo rapido e nitido come un fuoco d'artificio, come una strada di campagna illuminata dal sole, come un colpo improvviso sul capo. I suoi pensieri andavano assumendo strutture semplici, elementari. Questo è davvero tutto ciò che abbiamo, questo crescere, questa vita che ama se stessa; tutto ciò che ci è dato ha origine qui.

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